| «Prima del fischio del Treno in arrivo, la Cera esigerà il pegno di un patto; tra le dolcezze del vecchio Sobborgo, ciò che è pagato resterà pagato, così il solo Edificio dai cinque e più piani sarà preso d'assalto, di pietra viva sarà profanato, e di cenere a fondo rivestirà i suoi abitanti.
Quarantuno saranno i Dannati dell'Ardemonio, così presto si allineerà la Schiera Infernale: come Fuga mutata ormai in Caccia, crolleranno le Vite degli uni sugli altri, alle porte dell'Oltre - amici e nemici, incautamente.
Il Narciso vedrà annegare tra le fiamme il Bene più caro, e svelata allo Sguardo la coppia di amanti sancirà conclusione, fino a punirsi e sottrarsi, dalla finestra del tetto più alto.
Screziati di sangue, le macerie urleranno, più di una vittima si potrà salvare prima che il rosso colori la Sera, quando la Compassione bagnerà piovana l'infido Orrore.» Apocalisse, l'epilogo. Il tutto o il niente, il tremito del cosmo in rivolta. Il Dormiente crede sia pura e solitaria distruzione, l'errore infinito e finito insieme, ed è così peccaminoso da chiuderne ogni discorso. Pagine lontane, atipiche, spesso irrisolte; il mistero che scuote gli abissi, la danza dell'aria e dell'acqua in tempesta, il vento che diviene bagnato, la terra arida di un deserto: la battaglia eccelsa degli elementi e lentamente, secolo dopo secolo, la loro Distruzione. Il Passeggero scende alla stazione, è la fermata giusta. Si chiede cosa abbia capito, mentre il treno abbandona la corsia raggiunta: un inizio, una nuova strada, un vecchio ritrovo. La ragazzina al suo fianco recupera una valigia, è in difficoltà, così l'uomo le porge aiuto. Non potrebbe fare altrimenti, è la natura del bene profondo; sul volto dell'altra spunta un sorriso, è il pregio migliore per quel giorno, più squisito del macchiato acquistato in carrozza. Si allontana tacitamente, è in pace con se stesso. La sua borsetta di pelle contiene poche cose, lo stretto necessario: una bambola di stoffa leggera, trapunta di azzurro e di ocra per sua figlia; un sacchetto di bastoncini allo zenzero, i preferiti di sua moglie; una bacchetta in legno di salice piangente, infine i documenti più rilevanti. Torna a casa. Un passo, verso la stazione brulicante; il villaggio lo attende, gli basta socchiudere lo sguardo per sentire sottopelle il tepore del contatto con i suoi cari, perché la famiglia è lì, proprio dietro la porta. Lo squillo di un vagone che scorre in chiusura, la frizzante atmosfera estiva di ferie agognate, infine l'orrore. Una vertigine, la valigetta che scivola dalle sue mani, la caduta d'impatto estremo. Sbalzato di destra, come colpito alla rinfusa, una furia vivente; non capisce, non subito, e quando apre gli occhi pensa di essere a casa, per davvero. La bambola di sua figlia è accanto alla sua guancia, tessuto di pezza e pelle arrossata. Ma è bagnata, l'azzurro è macchiato di tempra scura. Un battito di ciglia, i rumori affievoliti: la stoffa è rosso vivo in quel momento, e quando la terra trema sotto il suo corpo, spingendolo altrove, sempre più altrove, l'uomo non si preoccupa. Si lascia andare. C'è la bambolina, sua figlia è con lui. Si lascia andare. Si lascia andare.
[Killian, Elliott, Auror #1] La caduta dall'alto sembrava di esito scritto: un colpo secco, la gravità a compiere lo scacco decisivo, infine la morte come salvifica attesa. La velocità che l'Ispettore Auror (K) aveva raggiunto non ammetteva possibilità, non naturalmente, e il suo gesto eroico nei riguardi del corpo che stringeva a sé aveva il senso di un giuramento compiuto. Mancavano pochi metri allo schianto, il palazzo alle loro spalle si sgretolava negli ultimi resti, imprigionava così vita e morte indistintamente. Chi era riuscito a porsi in salvo, chi non era stato in grado di uscirne indenne, chi giaceva sotto le macerie, chi sussurrava una preghiera inascoltata - le ricerche ne avrebbero dato un numero: undici, undici morti, undici caduti. Più di un padre e più di una madre, più di un figlio e più di una figlia, a malincuore i corpi nascosti di bambini si sarebbero aggiunti alla conta peggiore. Undici, undici vite recise nell'imprevedibilità di un atto incompreso. In quel crollo non sarebbero stati ritrovati feriti, altri abitanti erano riusciti a fuggire, ad uscire all'esterno prima che potesse essere troppo tardi. Non appena i piani superiori furono smantellati, le barriere protettive e tutti i sortilegi antimaterializzazione che vestivano l'edificio a cinque piani si spezzarono, e consumarono così l'ultima, amara scintilla di una magia che non era stata sufficiente, non quel giorno. In fuga, in fretta, alcuni si imbatterono nella grazia dei cieli, altri - si sarebbe scoperto nei momenti successivi - erano stati salvati dal sacrificio di una coppia di Auror e dall'intervento di altri Antimago. Le forze dell'ordine avevano fatto del proprio meglio, e per alcuni era stata una seconda occasione - preziosa, vibrante, gioiosa. Il palazzo era distrutto completamente, e tutto quello che restava cominciava ad incendiarsi: l'Amante, il giovane Elliott, aveva concluso il percorso cui era destinato, e il fuoco alla fine era arrivato fino al tetto. Sarebbe stato spento, così come era accaduto all'esterno, lungo la piazzetta. C'era già chi accorreva, bacchette alle mani, e le loro voci mutavano in una litania sentita, ormai conosciuta: Extinguo, Extinguo, Extinguo. Un incantesimo che aveva salvato, e che poneva un punto fisso a quella storia. Anche in basso il cerchio di fuoco tornava agli abissi infernali, l'Ardemonio era stato spento in definitiva, e sotto di sé Killian Resween poté scorgere l'acciottolato che bruciava lentamente, sempre più affievolito. Il tempo si cristallizzò al comando del suo sortilegio, e di quello altrettanto tempestivo dell'Auror Montgomery (Ax). L'aveva visto, così familiare, e l'aveva infine riconosciuto: l'Arresto Momentum sopperì l'impatto imminente, e sospesi sui resti della città in fiamme, Killian Resween e il ragazzo che aveva salvato toccarono delicatamente terra. Le ferite che entrambi riportavano non erano indifferenti, necessitavano di cure. Già al primo sguardo dell'Ispettore Auror, l'esito della battaglia dell'Ardemonio sulla piazza, nei dintorni e per diversi metri, si rivelava come scena d'averno. Il silenzio, alla fine, tentava di scivolare tra gli uni e gli altri: un atto misericordioso, dal cielo trapunto dei colori accesi delle fiamme, delle ceneri, e di un tramonto già timido. La piazza, un tempo gioiello vivace del Villaggio di Hogsmeade, si prostrava allo scempio che aveva incontrato: le pietre divelte, i corpi carbonizzati di chi non aveva avuto altra via, perfino in lontananza si scorgeva il vetro spezzato di negozietti, e ovunque i detriti del crollo del palazzo - pronto ad assestarsi, come gigante abbattuto - compromettevano una visuale altrimenti variopinta. Così come prevista, la pioggia era arrivata. Dalle bacchette magiche sollevate ai cieli zampillava la promessa di una fine, una vera fine, una fine assoluta. I feriti venivano condotti alle tende allestite sul margine della piazzetta, i Medimaghi si destreggiavano da un punto all'altro: una coppia, tra loro, raggiunse Resween insieme a Montgomery. «Signore, riesce a sentirmi? Può camminare?» Un contatto leggero, alla sua spalla. «Ispettore, lei...» L'Auror, sorpreso, era lì a sua volta e parve cercare le giuste parole. Sul volto recava i segni di ustioni leggere, sulle braccia il discorso già si complicava. Un Medimago se ne accorse, sapeva di non poter attendere oltre. Sulla bocca di Montgomery il cenno di un sorriso si fece passeggero, mentre la sorprendente consapevolezza di quanto vissuto da Resween rinvigoriva la virtù del loro ruolo. «Ha rischiato la sua vita» Portò lo sguardo allora sul ragazzo vicino, fortunatamente illeso. Montgomery non aggiunse altro, la ricostruzione delle ultime vicende era per lui evidente. Poco distante, l'Amato era in piedi, all'apparenza immobile. La polvere macchiava i suoi abiti, l'avambraccio destro era stato sfregiato da un guizzo di fiamme dal suo appartamento, prima di gettarsi oltre la finestra: il tessuto era stato bruciato, lasciava intravedere sulla spalla destra il tatuaggio di un narciso stilizzato. Quel segno che era stato per lui inizio e fine, quel segno che era stato nuovo nome, nuova identità. Per il resto stava bene, fisicamente bene. Il salvataggio da parte di Killian Resween era avvenuto con successo. Il giovane era di spalle, esattamente immobile, e sembrava rivolgere tutte le sue attenzioni ad un punto più avanti, dove a diversi metri convergevano altri Medimaghi. Correvano con il passo decisivo di chi non poteva fermarsi, di chi scacciava la morte, di chi ne inseguiva l'avvenenza peggiore. Le loro frasi mutarono in ordini, le loro guarigioni scintillarono argentee nel cerchio che ben presto formarono. Un primo incantesimo, infine la mano sospesa di un Dottore tra tutti. Si spostarono, lasciarono così spazio, e allo sguardo vitreo dell'Amato la scena che già aveva compreso si manifestò tristemente. «Non c'è battito.» Non c'è battito. Il commento pragmatico di una bocca granitica, l'asettico accentuarsi di una verità già attesa, il diniego di un capo, e di un altro, e di un altro ancora. Si ritiravano, i Medimaghi. Il primo, il secondo, il terzo, e il gruppo per intero. C'erano altri pazienti, le grida di aiuto chiamavano la loro attenzione, ed era evidente di dover portarsi oltre, di essere ormai di fretta. Lì non c'era altro da fare. La vita, fino a quel momento rinnegata così vergognosamente, reclamava ora attenzione. Per i caduti, invece, sarebbe giunto in seguito il tempo del giusto onore. Non c'è battito. Non c'è battito, avevano detto. L'annuncio che non ammetteva repliche, la certezza di un confine che i Medimaghi affrontavano quotidianamente. Il corpo di Elliott giaceva scomposto a pochi metri dalla pattuglia: la gamba destra era piegata in modo convulso, distorta in un movimento che non avrebbe potuto mai compiere da sé; le braccia, invece, sembravano essere state raccolte al petto, e il sangue delle ustioni più gravi brillava come scherno infido. Declinava la vita nelle sue forme migliori, la conseguenza di un fuoco che non aveva avuto compassione neanche per chi, come Elliott, l'aveva evocato. Nascente sulle pareti di quello che era stato il proprio appartamento, la fiamma aveva consumato la calce, e nel crollo aveva trascinato via una vasca da bagno, i suoi fiori, le sue candele di profumo vibrante; la distruzione, di fuoco e di pietra, aveva coinvolto una memoria preziosa, destinata all'eterno segreto. Un primo passo, Narciso tremava. Un altro passo, e un altro, e un altro ancora - il calvario per l'amore irrisolto, il tormento per una storia che non poteva più continuare. Era lì, l'Amante, vinto dalle sue stesse fiamme, vinto dalla discesa, e il corpo era spezzato come un narciso dalla corolla strappata. Il sangue intingeva la camicia che l'Amato aveva stretto a sé, al proprio petto, e bagnava le braccia, il collo distorto, e il volto, il volto conosciuto, il volto desiderato. Narciso procedeva, lento, sotto lo sguardo dei primi, sotto la consapevolezza degli ultimi. Perché lui, da sempre, non aveva saputo essere né l'uno né l'altro - la vergogna di un'identità che aveva a lungo rinnegato, la certezza di aver sprecato il tempo, il suo tempo, il loro tempo. Non pianse: non una volta, non una lacrima. Instabile, conteneva il peso di un cuore infranto, e il desiderio di morire, di morire per sempre, si rese di nuovo fertile. Era stato salvato dall'Ispettore Auror, era stato preso prima che potesse essere troppo tardi. Ma quando raggiunse il cadavere di Elliott, scoprì di non avere altra ragione per vivere. Il cielo al tramonto catturava spirali di fumo e di cenere, impallidiva nelle ridenti sfumature dell'arancio, del giallo, del rosa. Caleidoscopico, il riflesso si infrangeva nelle pupille fisse, tuttora dilatate, del giovane morto. Mentre si abbassava per raggiungere il suo volto, l'Amato si lasciò addolcire dal ricordo di una notte d'Islanda. Una tenda, un rifugio, un luogo dimenticato dove poter essere chi sentiva di essere. Un soffio di vento, un tremito indistinto, un lontano incedere di stelle e aurore boreali. Sospese, le mani non rabbrividirono più: non c'era dubbio né mistero, non c'era sotterfugio, non più. Quello che Elliott era stato per lui, quello che l'Amante e l'Amato erano stati. Le dita carezzarono il profilo di sangue e infine, ferme, lasciarono che le palpebre scivolassero sugli occhi spenti. Il suo, il suo volto, sarebbe stato l'ultimo che avrebbero visto. Un Medimago, vicino, seguì la scena. «Ragazzo, lo conoscevi?» Una domanda, una delle tante. «Come ti chiami?» Sollevò lo sguardo sull'altro. La bocca si aprì al singhiozzo che non riuscì più a trattenere, e tornò in piedi. Osservò a lungo il corpo disteso, e quando il Medimago ripeté la sua domanda, più preoccupato, il contatto divenne effettivo distacco. Come ti chiami, gli aveva chiesto. Come ti chiami. Colse l'occasione che da sempre aveva allontanato, colse l'occasione di non mentire, di rivelarsi, di uscire allo scoperto. E non ne ebbe sentore di imbarazzo, non più. Non aveva nulla da perdere, non aveva altro da perdere. Come ti chiami. In piedi, folle nel suo dolore, Narciso sorrise. «Jasdel Brior.» Aveva un gusto aspro sulle sue labbra, un suono spezzato. Indicò in basso, al giovane caduto. Le fiamme, alla fine, si erano spente anche per lui, e la pioggia ricadeva compassionevole su tutti i presenti, vivi e morti, indistintamente. «E lui è Elliott.» Pizzicava, il cuore. Pizzicava. «Era l'amore della mia vita.» Dirlo, a voce alta, apparve come l'ultimo omaggio, dell'Amato, che tutto aveva perso, e dell'Amante, che tutto aveva abbandonato. Svelata allo sguardo, la coppia sanciva conclusione.
[Killian, Maurizio, Raves] Il sapore della cenere era concreto, lo era per tutti. Si insidiava nell'aria più di quanto non avesse fatto fino a quel momento, mentre la pioggia ne dissipava ogni altra voluta. Il palazzo si era assestato, altro non era che roccia e detriti, e corpi come tesori dimentichi, disprezzati, mai voluti. Con le successive indagini più accurate, al di là del numero di undici caduti, sarebbe stata rinvenuta la traccia più e più volte ripetuta di polvere esplosiva; era nel grembo screziato d'ocra dei narcisi, gli stessi fiori che avevano tempestato la piazza di fiamme in successione - polvere incauta, finemente lavorata fino ad essere ricamata all'interno dei narcisi come pistillo d'eccezione, avvinghiatasi infine tra i petali candidi. Così come all'esterno da un punto all'altro della piazza, anche tra le macerie dell'edificio distrutto sarebbe stata trovata: gli scoppi erano stati generati dalla stessa strategia d'azione, e nell'impatto così energico i piani si erano sgretolati gli uni sugli altri. Per molti non c'era stata soluzione, non c'era stata via di fuga. Per altri, pochi altri, la conclusione si manifestava salvifica. Per l'Antimago Maurizio (M), la situazione si era complicata più del previsto. L'incontro con i tre stregoni appariva come un ricordo lontano: tre in numero, tre caduti nello schianto al piano superiore, sarebbero stati ritrovati tra i corpi morti; identità indistinte, l'analisi delle restanti bacchette magiche avrebbe rivelato l'ausilio di sortilegi offensivi, alcuni dei quali subiti e vissuti dallo stesso Antimago, e dall'Auror con lui. Quanto tuttavia gli stregoni potessero essere stati coinvolti nell'assalto del palazzo, quella era una domanda che la Magiquestura avrebbe continuato a porsi. Lo stesso Aminia, il ragazzo che viveva in solitaria nell'appartemento pieno di statue di cera, non sarebbe stato più trovato: né le testimonianze degli inquilini vicini né di altri interrogati, infatti, avrebbero portato a qualcosa di più concreto. Maurizio Pisciottu, l'avrebbe scoperto nelle ore che lo attendevano, era stato l'unico ad aver ufficialmente visto il giovane Aminia, e ad essersi imbattuto nelle sue opere di cera antropomorfa nelle sue stanze. Lo stesso profilo del ragazzo disteso nello sgabuzzino, come privo di sensi, sarebbe apparso al suo sguardo tra scatti fotografici di chi l'aveva conosciuto. Quando si districò dai blocchi di pietra e cemento che ostruivano i suoi movimenti, Maurizio poté finalmente uscire allo scoperto e raggiungere la piazzetta. Satura di fumo e di cenere, l'aria dell'esterno rinvigorì comunque la sua lucidità, e si palesò come scacco alla morte da parte dell'Antimago. Dietro di sé, tuttavia, lasciava qualcosa che i suoi sensi più sviluppati - unici tra tutti - avevano già percepito più di una volta, per più istanti, tra i blocchi: l'olezzo della cera, la visuale di un braccio, e una mano della stessa materia. Così come abbandonati, i pezzi si sciolsero al caldo delle fiamme che bruciavano tuttora nelle vicinanze. Da parte propria, tuttavia, Maurizio era ufficialmente salvo: ferito, i processi di guarigione della sua natura si ripristinavano, così acquistò maggiore fermezza sulle gambe. Presto fu raggiunto da un volto familiare, il collega Raves (an2) fu il primo ad individuarlo e con l'appello ai vicini Medimaghi, cercò il braccio sinistro dell'altro Antimago per stringerlo a sé per sostegno. Insieme, ormai ritrovati, non erano troppo distanti da altri Medimaghi e dall'Auror Montgomery, accanto al quale Killian Resween era appena arrivato. Sarebbe stato chiesto loro, tutti loro, di spostarsi dai confini del palazzo - il crollo era finito, ma il pericolo non poteva dirsi tale, e c'era bisogno di interventi tempestivi per la ricerca di eventuali caduti, di feriti, e perfino di tutti quei morti che il gigante di pietra aveva fagocitato. Una pattuglia di Auror e un'altra di Antimaghi, volti nuovi, erano arrivate relativamente da poco. L'allarme del Villaggio aveva raggiunto il Quartier Generale, e i rinforzi erano lì, seppur in ritardo. Cercarono l'Ispettore (K) e con lo stesso si affrettarono a comunicare quanto scoperto. Un criminale era stato catturato, l'Auror Aiden Weiss e l'Antimago Mìreen Fiachran erano più avanti e l'avevano in custodia. In seguito sarebbe stato chiaro per loro, e poi per tutto il mondo magico, che quel criminale fosse l'Auror Betterson. Una storia irreale, ma che custodiva l'ultima delle verità peggiori. La figura di una donna, il camice bianco macchiato di sangue e di cenere, si avvicinò rapidamente e riuscì ad ascoltare quanto necessario per collegare volti ai ruoli. «Ispettore, sono la Dottoressa Rudy Brown. La prego, dovete seguirmi al San Mungo, tutti voi.» Le ferite riportate, in particolare le ustioni più gravi, non potevano attendere. Brown, tuttavia, lavorava in quel campo da più tempo per non sapere come effettivamente procedessero situazioni simili. «Sarà predisposta un'ala per gli interrogatori, scorteremo tutti al San Mungo. La zona va sgomberata per lasciare spazio ai feriti più gravi, i Medimaghi sono all'opera. Tutti alle Passaporte. Subito.» In fondo, sulla destra, sulla sinistra, pattuglie di più medici di quanti potessero esserne contati a prima vista erano finalmente giunte a loro volta. Le bacchette sfidavano la morte nei sortilegi più complessi, le cure in atto si rivelavano a tratti come rituali senza precedenti. Le Passaporte - secchi, barelle, strumenti da lavoro - erano in più punti, e brillavano ripetutamente di un azzurro scintillante. L'ultimo baluardo di una tragedia estinta. Il gruppo di Auror e Antimago, capeggiato da Resween, avrebbe ufficialmente ritrovato tutti - colleghi, civili, criminali - all'Ospedale Magico. Sale di chirurgia, posti letto e corsie d'urgenza erano già pronti, e le vittime continuavano ad arrivare. Ci sarebbe stato così modo di svolgere più interrogatori, nessuno ne sarebbe stato risparmiato. Perché in una vicenda come quella, ognuno poteva essere un sospettato. Altri esponenti del Quartier Generale sarebbero stati disponibili, il Capo Auror era stato avvisato. Dovevano andare, lì non c'era altro che cenere.
[Sirius, Oliver] Così si affievoliva la voce del Veggente, quello che aveva predetto, quello che aveva previsto, mutava in un'amara consolazione: la certezza di non aver compiuto errore, di non essere stato affatto marginale, in una verità che chiunque al suo posto avrebbe desiderato rinnegare. La cornice d'insieme rammendava gli ultimi punti di contatto, e nel ricamo che ne esaudiva si realizzava l'epilogo già conosciuto, e finalmente scritto. Era un paradosso infinitamente complesso, quello del tempo. L'alternarsi dispettoso delle epoche, il divenire divenuto, il futuro presente, il presente passato - come entità indomite, così primordiali, le trame cercavano e fuggivano ogni altro incontro, fino a ritrovarsi volenti o meno che potessero ormai essere. Sulla bocca profetica, le fiamme brillavano in gocce vermiglie, il sangue di ustioni tanto impavide da screpolare la pelle. Si era gettato avanti, un passo e un altro ancora, perché toccare era il pregio che ogni Divinatore avrebbe voluto. Toccare, avere consistenza, sfidare l'intangibile. Al suo sguardo, bagnato di un dolore che non poteva più essere trattenuto, Oliver (O) viveva quanto già aveva vissuto. La città in fiamme e in cenere, ridotta allo stato antico di un soffio di drago: volute di fumo salivano al cielo al tramonto, e attingevano simbologie occulte che lente, instancabili, sfumavano fino a perdersi ancora. Non avevano più segreti da svelare, non avevano più prosieguo. Con il crollo del palazzo a cinque piani, con l'avvento dell'Ardemonio, con le esplosioni dei narcisi - di nuovo, per tutti sarebbe stato chiaro, nei giorni a venire, di come quei fiori avessero custodito polvere esplosiva tra petali e gineceo -, non c'era altro da considerare. Quella che sarebbe stata descritta dalla stampa come la tragedia di Hogsmeade altro non era, ai loro occhi, che esperienza diretta. Non sarebbe stato così facile dimenticare le sensazioni e il pericolo che aveva portato con sé, e d'altronde se il tempo era stato meschino nelle sue anticipazioni, si sarebbe rivelato invece compassionevole nell'adombrare memorie tuttora vivide. La Profezia si era compiuta fin nelle sue ultime battute, e l'intervento di maghi e streghe presenti aveva cambiato, imprevedibilmente, frammenti di un esito più delicato. Più criminali erano stati fermati, chi per l'incontro della morte, chi per l'intervento tempestivo delle autorità e dei cittadini più coraggiosi. Al fianco del giovane ragazzo, il Docente di Hogwarts (S) rispondeva al tacito appello di un bene che non aveva confini, e parimenti di un soccorso che non poteva più attendere. Oliver cadeva, vinto dal fuoco che aveva lambito il suo corpo, scosso da quanto infine era accaduto per davvero, e il peso della degenza dei mesi addietro tornò con la spossatezza maggiore. Il dolore, fisico e psichico, raggiunse picchi estremi, e sulla sua bocca le grida paventarono il vaticinio di una condanna ultima, ormai in conclusione. A metri di distanza, infatti, la scena delle sue più remote Visioni trovava legame reale, di nuovo concreto. Narciso, e chi per il Chiromante era sempre stato, giungeva così dove doveva giungere: la pioggia zampillava dalle bacchette degli stregoni vicini, spegneva le fiamme restanti e vestiva, leggiadra e caritatevole, sopravvissuti e morti - entrambi, generosamente - che giacevano ormai nei dintorni. La figura familiare, la figura che Oliver aveva cercato, la figura che Sirius poté a sua volta vedere nella direzione dell'attenzione dell'amico, era in piedi, e avanzava poco oltre la pattuglia di Auror, Antimaghi e Medimaghi. Dove il corpo di Elliott si affidava al riposo eterno, l'Amato sedimentava il tormento assoluto. Si volse indietro, chiamato da altri, e infine ritrovò il profilo di Oliver Brior. Così come era già scritto, così come si scriveva: l'incrocio di due sguardi, il brivido dell'uno, il disprezzo dell'altro. Un battito di cuore, il grido eterno che il Caposcuola aveva già gridato, e che finalmente gridava ancora. Un nome, il suo nome, il nome di Jasdel Brior. Quando l'uno sparì al contatto dei Medimaghi, l'altro chiuse gli occhi. Non c'era altro da vedere, tutto quello che sarebbe stato era già stato. Colto dalla vertigine, le parole di Sirius non arrivarono mai. Entrambi si strinsero, si ritrovarono, e il cielo brillò di un tramonto più nitido sui loro volti, quei volti che non sapevano di poter essere belli. Il San Mungo, alla fine, attendeva anche loro. Potevano Materializzarsi, era il momento, e l'uno si sarebbe affidato ancora una volta all'altro. Sarebbero stati interrogati, entrambi, e a lungo. Sirius White avrebbe potuto aiutare a riconoscere l'Angelo Caduto, il criminale e i suoi narcisi, una storia che poi avrebbe segnato le pagine dei giornali. A tarda sera, nei letti d'ospedale, il risveglio sarebbe stato spento. Quello che nessun altro sapeva, al di fuori degli interessati, era che la tragedia di Hogsmeade fosse stata prevista. Da un Veggente, e dalla sua Profezia. Dal tempo, e dal suo Divenire. Ma credere, perfino per maghi e streghe, era una forza poco comune.
[Jolene, Rowena] Sul lato sinistro della piazzetta, a pochi metri di distanza dai frammenti di vetro di Mielandia, un'altra coppia di Streghe seguiva il decorso di un tempo che non poteva più essere scritto, e che libero si esprimeva in un arbitrio rinnovato. Era lì, la Danzatrice di Fuoco (R), la bacchetta magica stretta tra le dita di mani che avevano compiuto la differenza: l'Ardemonio, con le sue gargantuesche, infernali creature, era stato abbattuto, respinto dai sortilegi dai quali era stato generato, infine estinto. Quello che aveva lasciato risultava evidente, la piazzetta svestiva l'incantevole vivacità che da sempre, soprattutto in un giorno estivo come quello, l'aveva contraddistinta. Non c'era altro che il borbottio indistinto di altri incantesimi - chi costruiva, chi recuperava i feriti dalle macerie, chi cercava vita nell'impetuoso passaggio della morte. La pioggia bagnava, la pioggia portava ristoro: fino a che punto, si chiedevano in molti, fino a che punto. Quando nuovi Auror, Antimago e Medimaghi apparvero nelle vicinanze, il peggio era ormai passato, e tutto quello che restava era il teatro di una battaglia imprevista. Il palazzo si assestava, le scintille delle ultime fiamme si innalzavano via, così lontane, e guidavano in alto le preghiere inaudite di troppi, troppi caduti. Rowena Abyss era parte attiva in quella tragedia, e forse per una delle prime volte si poneva al di là di uno schieramento che conosceva, e che quel giorno non era stato né bene né male. Chi più di lei, infatti, avrebbe potuto percepire l'impavido districarsi dell'oscurità - le sue forme, le sue minacce, le sue macchinazioni. Cos'era successo, da chi era stato scaturito, perché era accaduto. Domande che si ripetevano e che avrebbero coinvolto le massime autorità del paese per lungo, lungo andare. Pagine e pagine di articoli in stampa al Profeta, supposizioni e teatrali verità, tutti avrebbero voluto prendere parte al simposio postumo. Ma per loro, per tutti loro, era stata e sempre sarebbe stata un'altra storia. Al suo fianco, la Guaritrice di Hogwarts (J) assisteva all'ultimo assaggio di una sorpresa ormai matura: aveva recuperato una boccetta dal corpo di cera della ragazza incontrata, la stessa che ad ora giaceva in una pozza liquida - i colori di abiti, pelle, materia, gli uni sugli altri in un turbinio confuso, era corpo ed era cera, la creazione di un anonimo artigiano. Il richiamo alle statue sarebbe stato svelato, nei giorni successivi, dopo che le ricerche avrebbero trovato altre cere dalle fattezze umane nel palazzo crollato. Mani, braccia, gambe, fino a teste e busti antropomorfi, finemente lavorati in un'arte attenta, così singolare. Secondo le testimonianze di alcuni inquilini sopravvissuti e interrogati dalle autorità, infatti, quelle creazioni erano frutto del genio solitario di un giovane artigiano di nome Aminia. Viveva a sua volta nel palazzo, al terzo piano, e non era più stato ritrovato - né vivo né morto, l'identità misteriosa di un sospettato e di un ricercato insieme. Quelle informazioni sarebbero state rese pubbliche, al momento opportuno, e già nelle ore serali per Rowena e per Jolene. Avrebbero così scoperto che la ragazza di cera da loro incontrata altri non fosse che una tra le figuranti che aveva incendiato la piazzetta: al lato opposto, poco distante dall'edificio a cinque piani, era stata vista da altri passanti, altri sopravvissuti, con le stesse collane e gli stessi bracciali pieni di boccette di Pozioni, e di narcisi. Quei fiori che contenevano pozione esplosiva, come l'analisi più accurata avrebbe rivelato, erano stati causa scatenante delle prime esplosioni. Il corpo di statua dell'adolescente sarebbe stato recuperato come prova autentica, e una volta ricomposto dalla magia, il collegamento alla ragazzina vista da altri sarebbe stato immediato. Anche lì, prima che i Medimaghi e gli Auror giungessero dalle due Streghe, la cera restante si scioglieva con le promesse di segreti ancora celati. Una fiala caduta alla fine si infranse al suolo, il soffio di fiamme passeggere raggiunse le due donne in un improvviso bruciore. Nulla che un colpo di bacchetta non riuscì a fermare, non era più lo stesso pericolo affrontato. Le autorità chiesero loro di spostarsi al San Mungo, con la tacita consapevolezza di dover essere a loro volta interrogate e curate il prima possibile. «La prego, non faccia alcun movimento brusco con quella boccetta. Ne sono state ritrovate altre, contengono esplosivo.» Uno tra gli Auror parlò nitidamente, lo sguardo rivolto al manufatto che Jolene White aveva recuperato da terra. A tempo debito, poco dopo, avrebbe trovato conferma proprio di quanto già accennato dall'uomo. Delicato, un grappolo di narcisi brillava apparentemente innocuo nella prigionia di vetro della boccetta. Impassibili, trattenevano il fuoco. Della ragazza, invece, non restavano che blocchi di cera, e quando un Medimago vi sospese per magia un lenzuolo bianco, tu chiaro che lì - come altrove - non ci fosse altro da fare. Anche per loro il San Mungo era una meta necessaria. Altre Passaporte erano state predisposte d'urgenza, e prima ancora di poter sfiorarne una, un rappresentante della Magiquestura - era arrivata una delegazione sul posto - chiese all'Infermiera di Hogwarts la boccetta che stringeva. Lentamente, occorreva che passasse di mano, e venisse così sigillata come prova sequestrata e da analizzare il prima possibile. Quello che restava, per Rowena e Jolene, era sangue, fiori e cenere. Con la memoria dannata di quello che avrebbe cesellato per sempre.
[Mìreen, Aiden, Betterson, Daddy, Issho, Gwen, Memory] La tensione era palpabile, racimolava dettagli che sfuggivano agli uni e che invece erano già chiari per altri. Si rendeva portavoce di una rivelazione sorprendente, dalle tinte fosche, l'esito incerto. A poca distanza da Zonko da un lato e dalle tende allestite per i feriti sul limitare della piazzetta, quel che restava era un cumulo di detriti, il baluginio delle fiamme pronte ad estinguersi, e tutta una serie di pietre divelte, rocce scomposte e travi di un carretto che custodiva il dimentico effluvio dei fiori. Come una cerimonia ormai finemente compiuta, i narcisi erano stati dispersi da mani sicure, secondo un ordine ben delineato. Il venditore ambulante era morto, era altrove, il corpo ritrovato da chi impegnato nelle ricerche e nelle rispettive analisi più immediate; ma il carretto gli apparteneva, aveva venduto lui molti tra i narcisi che erano stati distribuiti. Dall'Angelo caduto, tra i primi a liberare le schiere infernali, e dalla ragazza che sarebbe passata alle pagine come la giovane Pozionista con boccette piene di fiori; i narcisi, sarebbe stato chiaro dalle indagini, contenevano polvere esplosiva, era incastrata come tassello perfetto nell'incanto atipico della natura ridente. Qualcuno era arrivato alla rivelazione ben prima della successiva conferma delle autorità: i narcisi non appartenevano a quella stagione e si erano manifestati troppo vistosamente per passare inosservati, privi di un legame più interessato. Nel candore appena velato d'ocra, sulla terra scomposta erano stati schiacciati fino alla corolla centrale. I petali che restavano si mostravano bruciati e accerchiati da una miriade di puntini dorati, dove la polvere esplosiva si era consumata, e quasi davano l'impressione di essere fiori colti da sabbia desertica. La Magiquestura avrebbe preso in esame dettagli, interrogatori, e tutte le prove raccolte. La chiave di svolta, tuttavia, non poteva essere né il Venditore ambulante né l'Angelo dimenticato. Era lì, invece, nel volto più indiscreto, nella figura di un alleato e soprattutto nell'identità di chi vestiva l'onore, e l'onere, dell'ordine pubblico. Era lì, l'Auror Betterson (A2), al centro esatto delle controversie maggiori: dapprima partecipe di un assalto così versatile lungo la piazza, il Mago aveva finto intimamente di essere quello che da sempre era stato. Quel giorno, tuttavia, non c'era una parte giusta della barricata, non c'era alcun confine che potesse dirsi stabile. La piazza era stata distrutta, l'edificio a cinque piani pure, e non restavano che macerie. Il cerchio che stavano formando, indirettamente, attirò presto attenzione: Betterson, l'Auror, capitombolò sotto il peso del sortilegio, impossibilitato a rialzarsi nei suoi tentativi; le bende stringevano ancora il corpo, iniziavano a comprometterne il respiro in un rantolo sempre più asfissiante, e soltanto l'intervento tempestivo della giovane Gwen (G) pose fine al prosieguo di ogni altro strazio. Betterson era di certo ferito, ma la vista dei suoi figli aveva compromesso un disegno che aveva accuratamente seguito in prima linea. Con l'ultimo assalto perse i sensi, e giacque così sull'asfalto brulicante di cenere e detriti. Jamie, il più grande tra i figli del criminale, stentava a capire cosa potesse essere successo e cosa, ancora, stesse succedendo. Abbassò il volto, e rafforzò il contatto più vicino, lasciandosi cullare dalle braccia di Memory (Y). A sua volta, con il singhiozzo disperato di un pianto che non arrivava, la piccola Priscilla si volse indietro, e poi avanti, e così spostava faziosamente lo sguardo dal gruppo di maghi e streghe che la circondavano al volto del genitore lì astante. Una lacrima ripristinò un dolore incontenibile e scalfì la sofferenza di un cuore provato. «Papà, il mio papà.»Si rivolse a tutti indistintamente. «Cosa avete fatto al mio papà.» Immobile, ebbe sentore di un pericolo più grande, di una paura che non aveva mai sperimentato prima. Non aveva mai visto suo padre, l'Auror Betterson, in quelle condizioni. Né aveva mai sentito qualcuno rivolgerglisi in quel modo. Cercò le figure che aveva imparato a conoscere, di cui soprattutto aveva scelto di fidarsi, e in pochi passi tornò dal Ministeriale (I), fino a stringerglisi alle gambe. La pioggia promessa era arrivata, così zampillava dall'alto e bagnava vestiti, volti, e corpi feriti. Spegneva le ultime avvisaglie del fuoco, in rivoli impetuosi che si destreggiavano dalle punte di più bacchette magiche, e così la Profezia ultima si completava. Il pericolo sembrava effettivamente passato, la tragedia si estingueva al pari della più resistente tra le braci. Una pattuglia nuova, di Auror e di Antimaghi, era arrivata dietro ordine e avviso immediato del Quartier Generale. Nei volti che videro, dal Corvonero (D) alla coppia di Tassorosso, dal Ministeriale ai due bambini, il guizzo di sorpresa lasciò spazio alla consapevolezza, finalmente, di avere un punto fermo nella familiarità di altre due presenze: l'Antimago Mìreen (L) e l'Auror Weiss (A). Il lavoro che avevano scelto da tempo aveva reso fertile una temperanza necessaria in situazioni critiche come quella in corso, e così quando la voce dell'una acquietò grida e proteste, l'intervento dell'altro ne arrestò ogni prosieguo. Le bacchette di Gwen, di Issho e di Daddy, al pari di quella di Betterson stretta flebilmente nella mano, si staccarono dalla presa di ogni proprietario e giunsero nel pugno fermo di Aiden Weiss. Così, negli ultimi istanti, altri cinque tra Auror e Antimago affiancarono i colleghi. Non c'era spazio per i convenevoli, e di certo gli uni avrebbero riconosciuto gli altri, chi più e chi meno. Specter, l'Auror a capo di quella pattuglia, parlò nitidamente. «Un gruppo di civili è stato già interrogato.» Un cenno del capo tanto verso Aiden quanto verso Mìreen, avrebbero afferrato rapidamente. Spostò lo sguardo sul traditore, e abbassò appena il tono. «Hanno visto l'Auro- » Si fermò, la bocca si punse di disprezzo. «Betterson era uno di loro, era invischiato nell'assalto. Il Quartier Generale è stato avvisato, altri Auror e Antimago stanno coadiuvando le azioni con i Medimaghi intervenuti. L'intera zona deve essere sgomberata, tutti...» Sollevò il volto e riprese più distintamente, nei riguardi di ogni altro presente. «Tutti dovranno essere scortati al San Mungo, per le cure e per gli interrogatori. Le Passaporte sono già in funzione. Weiss, Fiachran, portate tutti alla Passaporta più vicina. Ci vediamo all'Ospedale. E...» Non aggiunse altro, ma reclinò il capo ancora una volta: un segno di rispetto, un segno di gratitudine. Non servivano spiegazioni per sapere che l'uno e l'altra fossero stati attivi nella battaglia, le ferite che entrambi riportavano erano evidenti. Il tempo del giusto onore sarebbe giunto, tanto per Auror e Antimago presenti, quando per il gruppo di Ministeriali e Studenti. La piazza si faceva infatti gremita di camici bianchi, a riprova della presenza assidua dei Medimaghi. Ne erano arrivati molti altri, le macerie venivano spostate al comando dei sortilegi, e la ricerca di feriti, di superstiti, di sopravvissuti continuava ancora. Sarebbe continuata ancora per molto, mentre il tramonto rosseggiante - di cielo e di fuoco - incendiava la speranza di vita. Le Passaporte erano in più punti, erano oggetti comuni come secchi, letti per pazienti e tutta una serie di cuscini: al San Mungo, tutti loro sarebbero stati interrogati, Aiden e Mìreen sarebbero stati chiamati per seguire alcune dinamiche. Le bacchette sarebbero state così restituite ai legittimi proprietari, tutti avrebbero ricevuto le giuste cure fino a ricostruire, nelle ore successive, la cornice d'insieme. La testimonianza del Caposcuola Daddy, tra tutte, avrebbe rappresentato un punto fermo, fondamentale per le indagini della stessa Magiquestura. Aveva ragione, aveva avuto ragione fin dall'inizio: si sarebbe scoperto, infatti, che tanto il venditore ambulante quanto l'Auror Betterson fossero colpevoli, partecipi di un piano bene organizzato. La stampa avrebbe chiarito quanto tutti loro già sapevano in parte, l'idea di un attacco terroristico sarebbe stata voce comune già tra le corsie del San Mungo. Sul calare della sera, infine, la notizia del ritrovamento della madre dei due bambini spaesati, Jamie e Priscilla, avrebbe coltivato una scintilla di gioia: a sua volta vittima del crollo del palazzo, nella confusione che ne era conseguita, la donna aveva perso i sensi e con gli stessi aveva perso i propri figli. Il ritrovo, tuttavia, avrebbe portato con sé una nota dolceamara, perché Betterson restava marito dell'una e padre degli altri, e per tutti invece criminale e traditore di un ruolo - quello dell'Auror - che non avrebbe più meritato. Con Betterson, tuttavia, l'interrogatorio sarebbe stato lungo, complicato, estremo: l'intervento delle autorità ministeriali sarebbe stato impegno per molte settimane, fino a scoprire una macchinazione ben complessa all'origine.
[tutti] Cassandra, l'Evocatrice del Fuoco Demoniaco, aveva parlato di sette punti. Così era caduto l'Angelo, respinto in cielo e dimentico sulla terra; così era caduto il Venditore, in una fuga che non gli spettava; tra tutti, l'Auror traditore era l'unico ad essere stato effettivamente catturato, e la sua testimonianza - forzata e ricercata dopo più tentativi - avrebbe rivelato di come altri criminali fossero partecipi dell'intera tragedia. Con loro, c'era la giovane Pozionista da pochi incontrata e da molti fuggita, con le boccette di narcisi in collane e bracciali pendenti; e c'era ancora Elliott, l'Amante, che aveva sacrificato la sua stessa vita nel crollo del palazzo, e nel suo successivo incendio. Di Aminia, l'artigiano di cera all'interno dell'edificio a più piani, sembrava non ci fosse stata mai traccia, e come indagato le ricerche sul suo conto sarebbero continuate per lungo andare. Mentre la pioggia scendeva in misericordia così disperatamente attesa, la piazza si spogliava di un incanto che aveva vestito quel giorno d'estate. Le Passaporte avrebbero condotto tutti al San Mungo, guarigioni e interrogatori attendevano tutti loro. Il tempo, fino ad allora per nulla benevolo, avrebbe infine rivelato la comprensione che i sopravvissuti necessitavano fin nel profondo. Quella che la stampa avrebbe descritto come tragedia era la sciagura peggiore che il Villaggio di Hogsmeade, per intero, avesse vissuto da molti anni. Quello che lasciava era il rimorso, il dolore, l'incauta certezza di notti di incubi vividi, di preghiere inascoltate, di canti già sfumati in litanie ormai così continue. Quel che lasciava era undici vittime nel crollo del palazzo, tra i caduti al suo interno e gli altri al suo esterno. Quel che lasciava era un segreto svelato, il numero di cittadini che il Fuoco aveva mietuto. La Profezia si era realizzata fino alla fine, a malincuore era stata chiara. Quarantuno saranno i Dannati dell'Ardemonio, così aveva detto. Nelle ricerche, i corpi caduti sarebbero stati scortati al San Mungo, affidati ai propri affetti più cari per il riposo dei giorni futuri. Così i registri si sarebbero riempiti, il necrologio si sarebbe allungato per troppi nomi in successione. Quarantuno saranno i Dannati dell'Ardemonio, sanciva la Profezia. Ma i corpi scoperti, i corpi nella conta d'averno, erano invece quaranta.
Era quello, il paradosso del Divenire. Credere che l'ultima vittima fosse sopravvissuta, o che dovesse ancora morire.
In lontananza, l'ultimo narciso si dischiuse in fioritura acerba, e si spense nei petali bianchi, si spense nel palmo di chi pregava, e di chi non era stato ascoltato. Non era quello il suo tempo, non lo era. Ma nella piazza infestata di spettri, il fuoco estinto e la pietra spezzata non celarono l'impavida scena di uno stelo, e di una fogliolina verde.
Di cenere, di roccia, di resti. Solitario, cresceva un germoglio. Nel teatro distrutto, nella scelta recisa. Candido, appariva innocente. Resistente, cercava una strada. Così sospirava, e l'ultima goccia di pioggia lo rese fertile. Tra gli altri fiori e le altre braci, tra la vita e la morte ultima.
Il cielo omaggiava la città oltraggiata, nella forma semplice, impavida, coraggiosa, così cresceva appena un germoglio. Candido, appariva innocente. Il gineceo vibrante, i petali gialli. Un narciso, un narciso leggero.
Anche la città omaggiava il cielo oltraggiato, spazzava in soffio di vento fumo e cenere, sussurrava l'appello dell'acqua piovana, e così cresceva un germoglio. Di speranza e di sollievo, di un estremo, nuovo inizio.
Un germoglio, soltanto un germoglio. Di narcisi, e di fiamme.
L'evento è ufficialmente concluso. La Profezia è così compiuta: il palazzo si è ormai assestato, il fuoco è stato spento, la pioggia salvifica è infine giunta. Prima di lasciarci, poche indicazioni: la mappa non è più necessaria, siete dove volevate essere. Siete tutti pregati di dirigervi al San Mungo, provvedendo da soli oppure sfruttando una delle Passaporte predisposte dai Medimaghi lungo la piazza. I vostri post da aprire al San Mungo dovranno tenere conto di due aspetti fondamentali: siamo temporalmente al 31 Agosto dello scorso anno, e una volta all'Ospedale verrete subito interrogati, una delegazione ministeriale sarà presente. È un iter comune, anche se non verrà ruolato. Seguirà un articolo sulla Gazzetta del Profeta per informare il mondo magico di quanto accaduto, con quello che gli interrogatori avranno raccolto. È chiaro, badate bene, che nel caso di tutti voi partecipanti i risvolti siano molto più accurati poiché in prima linea. In merito alle ferite riportate, avete libertà circa cosa descrivere nei dettagli: fanno fede le statistiche di seguito riportate.
L'esperienza che avete vissuto resta irripetibile, è una vicenda che pone un punto tanto nella storia del Gdr quanto nella vostra, e vi fa onore il fatto di esserne stati protagonisti. Il peso di un evento simile è un tesoro inestimabile per le vostre storie, se ben coltivato: da parte mia è stato un privilegio poter seguirvi e ringrazio tutti per la dedizione manifestata fino alla fine.
Le Profezie sono estremamente complesse, quella che ha portato a questo evento ha più rivelazioni conclusive - a ciascuno le giuste riflessioni con le dovute, possibili conoscenze. Per la narrazione così intensa, per l'originalità dei vostri interventi e di quanto affrontato, per l'impeccabile impegno, premio ciascuno di voi con +2 Exp +3 Punti Statistiche. Un evento del genere non era facile e ognuno ha dato il meglio. Inoltre, acquisite tutti per esperienza diretta la conoscenza teorica dell'Ardemonio.
Chiedo così un ultimo post di chiusura prima di procedere alle cure, avete un mese di tempo: scadenza entro 5 Ottobre, 23.59. Dopodiché l'evento verrà definitivamente concluso. Resto a disposizione come sempre per eventuali dubbi. È stato un piacere.
■ I quadrati verdi indicano i Png principali ■ I quadrati viola indicano i Png secondari
Statistiche Killian (K) Punti Salute: 150/234 Punti Corpo: 140/201 Punti Mana: 160/196 Exp: 34 | Elliott (■) Punti Salute: 0/150 Punti Corpo: 0/110 Punti Mana: 0/110 Exp: // | Narciso (■) Punti Salute: 50/170 Punti Corpo: 30/150 Punti Mana: 30/150 Exp: // | Auror #1 (Ax) Punti Salute: 140/170 Punti Corpo: 100/130 Punti Mana: 100/130 Exp: // |
Maurizio (M) Punti Salute: 160/225 Punti Corpo: 130/183 Punti Mana: 160/194 Exp: 35 | Aminia (■) Punti Salute: 70/160 Punti Corpo: 20/110 Punti Mana: 20/110 Exp: // | Trevis (A1) Punti Salute: 0/180 Punti Corpo: 0/220 Punti Mana: 0/220 Exp: 32 | Kim (A3) Punti Salute: 0/160 Punti Corpo: 0/170 Punti Mana: 0/170 Exp: 28 |
Raves (an2) Punti Salute: 100/170 Punti Corpo: 90/130 Punti Mana: 130/130 Exp: 30 | Magalli (an3) Punti Salute: 0/170 Punti Corpo: 0/130 Punti Mana: 0/130 Exp: 30 | Angelo (■) Punti Salute: 0/160 Punti Corpo: 0/110 Punti Mana: 0/110 Exp: // | Cassandra (■) Punti Salute: 170/200 Punti Corpo: 120/150 Punti Mana: 120/160 Exp: // | Auror #2 (Ax) Punti Salute: 0/170 Punti Corpo: 0/130 Punti Mana: 0/130 Exp: // | Auror #3 (Ax) Punti Salute: 0/170 Punti Corpo: 0/130 Punti Mana: 0/130 Exp: // | Sirius (S) Punti Salute: 250/325 Punti Corpo: 380/406 Punti Mana: 400/422 Exp: 92 | Oliver (O) Punti Salute: 180/278 Punti Corpo: 170/248 Punti Mana: 260/285 Exp: 56 | |
Venditore (■) Punti Salute: 0/160 Punti Corpo: 0/110 Punti Mana: 0/110 Exp: // | Pozionista (■) Punti Salute: 0/110 Punti Corpo: 0/110 Punti Mana: 0/170 Exp: // | Jolene (J) Punti Salute: 130/196 Punti Corpo: 100/140 Punti Mana: 156/156 Exp: 27 | Rowena (R) Punti Salute: 280/350 Punti Corpo: 310/351 Punti Mana: 340/363 Exp: 49 |
Mìreen (L) Punti Salute: 160/218 Punti Corpo: 140/163 Punti Mana: 181/181 Exp: 31 | Aiden (A) Punti Salute: 210/242 Punti Corpo: 170/192 Punti Mana: 215/215 Exp: 35 | Issho (I) Punti Salute: 120/196 Punti Corpo: 110/132 Punti Mana: 126/126 Exp: 29 | Gwen (G) Punti Salute: 68/118 Punti Corpo: 40/53 Punti Mana: 55/55 Exp: 4 | Memory (Y) Punti Salute: 130/177 Punti Corpo: 55/78 Punti Mana: 88/88 Exp: 16,5 | Daddy (D) Punti Salute: 240/308 Punti Corpo: 230/267 Punti Mana: 270/282 Exp: 72,5 | Betterson (A2) ■ Punti Salute: 70/180 Punti Corpo: 130/220 Punti Mana: 170/220 Exp: 32 | Medimago #2 (mx) Punti Salute: 0/150 Punti Corpo: 0/130 Punti Mana: 0/130 Exp: 30 |
Jerkins (an1) Punti Salute: 20/170 Punti Corpo: 20/130 Punti Mana: 30/130 Exp: 30 | Medimago #1 (mx) Punti Salute: 150/150 Punti Corpo: 130/130 Punti Mana: 130/130 Exp: 30 | Medimago #1 (mx) Punti Salute: 0/150 Punti Corpo: 0/130 Punti Mana: 0/130 Exp: 30 | Medimago #3 (mx) Punti Salute: 0/150 Punti Corpo: 0/130 Punti Mana: 0/130 Exp: 30 |
|