di narcisi e di fiamme, evento post-profezia

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view post Posted on 20/6/2020, 22:44
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Nemo me impune lacessit Nessuno mi aggredisce impunemente.

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Memory MacWood 12 anni - II anno


Era difficile trattenere il ragazzo. Seppure stremato dalle ferite che gli gravavano in corpo, il richiamo dei suoi familiari aveva suscitato una nuova ondata di forza.
La spalla già compromessa di Memory lanciava segnali di ulteriore affaticamento, ma la ragazzina non era in grado di dar loro peso. Piuttosto restò ferma nell'intenzione di bloccare Jamie e concentrata nell'impedirgli di correre e finire anche lui travolto nel tafferuglio in cui la sua sorellina si era tuffata.
Ti chiedo molto, lo so, ma gli altri agiranno per il meglio. Ne sono certa.
Ciononostante, in un luogo remoto della sua mente, non poteva negare con sé stessa: era davvero certa di essersi schierata dalla parte giusta?
Si, era realmente preoccupata del destino del ragazzo dai capelli ricci, ferito e angosciato da quanto stesse accadendo al proprio genitore. Tuttavia era preoccupata anche del fatto che non conosceva la verità di quello che stava succedendo.
Però si, il suo istinto le diceva che non stava del tutto sbagliando. Aveva lottato al fianco del Corvonero, una volta e non ci aveva rimesso.
Eppure già da un bel po' la danza oscura s'era fatta spazio nelle sue viscere. Forse adesso che la sua Bacchetta restava inoperosa nella sua stretta, accusava maggiormente gli effetti di quel martellante tamburellare nello stomaco.
Un altra scossa fece vacillare i due corpi, coinvolti in forze contrastanti, ma ancora la ragazzina si ostinò con più forza e vigore, rispetto al giovane spossato.
E il dolore le inondò le orecchie. Le urla le giungevano, ma non avrebbe saputo districarle. Non era il suo dolore, non era quello di Jamie. Non era solo il pensiero del dolore di suo padre, non era solo quello di cui era intrisa la voce di Priscilla. Era molto di più e in quegli istanti, non era in suo potere riuscire nel discernimento.
L'ennesimo inatteso evento la sorprese. Ma questa volta fu come una carezza sulla pelle. Dapprima goccioline timide e via via frescura che giungeva con sempre maggior frequenza.
Un profondo sospiro.
L'istinto urlava ancor più forte nel suo intimo frastornato: in quel momento doveva impedire che Jamie le sfuggisse.





STATS
PS 130/177 | PC 55/78 | PM 88/88 | EXP 16.5
Danni subiti:

Taglio superficiale poco sopra i malleoli della caviglia sinistra, causato dallo sfregamento ad alta velocità di una pietra aguzza, proveniente in volo dal crollo delle mura dell'edificio.
Urto alla spalla sinistra per il quale fatica a muovere il braccio, non presenta tuttavia fratture.
Escoriazione ad un polpaccio.
Qualche lieve ustione sparsa (piccole schegge, ormai innocue ma che si sono estinte sulla pelle)

Incantesimi conosciuti:
Prima Classe ~ tutti
Seconda Classe ~ tutti eccetto Orcolevitas / Monstrum
Terza Classe ~ tutti i "normali"
Innati: Acclario, Aparecium, Ardesco, Illegibilus, Lapsus, Luminarium, Manina, Orchideus, Veronesi, Vitreo.

Attivo/borsetta
Bacchetta e monete varie
Anello del Giusto. Caduceo. Bracciocchio.

 
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view post Posted on 5/9/2020, 11:47
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Il Fato

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«Prima del fischio del Treno in arrivo, la Cera esigerà il pegno di un patto;
tra le dolcezze del vecchio Sobborgo, ciò che è pagato resterà pagato,
così il solo Edificio dai cinque e più piani sarà preso d'assalto,
di pietra viva sarà profanato, e di cenere a fondo rivestirà i suoi abitanti.


Quarantuno saranno i Dannati dell'Ardemonio,
così presto si allineerà la Schiera Infernale:
come Fuga mutata ormai in Caccia, crolleranno le Vite degli uni sugli altri,
alle porte dell'Oltre - amici e nemici, incautamente.


Il Narciso vedrà annegare tra le fiamme il Bene più caro,
e svelata allo Sguardo la coppia di amanti sancirà conclusione,
fino a punirsi e sottrarsi, dalla finestra del tetto più alto.


Screziati di sangue, le macerie urleranno,
più di una vittima si potrà salvare prima che il rosso colori la Sera,
quando la Compassione bagnerà piovana l'infido Orrore.»



Apocalisse, l'epilogo.
Il tutto o il niente, il tremito del cosmo in rivolta. Il Dormiente crede sia pura e solitaria distruzione, l'errore infinito e finito insieme, ed è così peccaminoso da chiuderne ogni discorso. Pagine lontane, atipiche, spesso irrisolte; il mistero che scuote gli abissi, la danza dell'aria e dell'acqua in tempesta, il vento che diviene bagnato, la terra arida di un deserto: la battaglia eccelsa degli elementi e lentamente, secolo dopo secolo, la loro Distruzione. Il Passeggero scende alla stazione, è la fermata giusta. Si chiede cosa abbia capito, mentre il treno abbandona la corsia raggiunta: un inizio, una nuova strada, un vecchio ritrovo. La ragazzina al suo fianco recupera una valigia, è in difficoltà, così l'uomo le porge aiuto. Non potrebbe fare altrimenti, è la natura del bene profondo; sul volto dell'altra spunta un sorriso, è il pregio migliore per quel giorno, più squisito del macchiato acquistato in carrozza. Si allontana tacitamente, è in pace con se stesso. La sua borsetta di pelle contiene poche cose, lo stretto necessario: una bambola di stoffa leggera, trapunta di azzurro e di ocra per sua figlia; un sacchetto di bastoncini allo zenzero, i preferiti di sua moglie; una bacchetta in legno di salice piangente, infine i documenti più rilevanti.
Torna a casa. Un passo, verso la stazione brulicante; il villaggio lo attende, gli basta socchiudere lo sguardo per sentire sottopelle il tepore del contatto con i suoi cari, perché la famiglia è lì, proprio dietro la porta. Lo squillo di un vagone che scorre in chiusura, la frizzante atmosfera estiva di ferie agognate, infine l'orrore. Una vertigine, la valigetta che scivola dalle sue mani, la caduta d'impatto estremo. Sbalzato di destra, come colpito alla rinfusa, una furia vivente; non capisce, non subito, e quando apre gli occhi pensa di essere a casa, per davvero. La bambola di sua figlia è accanto alla sua guancia, tessuto di pezza e pelle arrossata. Ma è bagnata, l'azzurro è macchiato di tempra scura. Un battito di ciglia, i rumori affievoliti: la stoffa è rosso vivo in quel momento, e quando la terra trema sotto il suo corpo, spingendolo altrove, sempre più altrove, l'uomo non si preoccupa. Si lascia andare. C'è la bambolina, sua figlia è con lui. Si lascia andare.
Si lascia andare.


[Killian, Elliott, Auror #1]
La caduta dall'alto sembrava di esito scritto: un colpo secco, la gravità a compiere lo scacco decisivo, infine la morte come salvifica attesa. La velocità che l'Ispettore Auror (K) aveva raggiunto non ammetteva possibilità, non naturalmente, e il suo gesto eroico nei riguardi del corpo che stringeva a sé aveva il senso di un giuramento compiuto. Mancavano pochi metri allo schianto, il palazzo alle loro spalle si sgretolava negli ultimi resti, imprigionava così vita e morte indistintamente. Chi era riuscito a porsi in salvo, chi non era stato in grado di uscirne indenne, chi giaceva sotto le macerie, chi sussurrava una preghiera inascoltata - le ricerche ne avrebbero dato un numero: undici, undici morti, undici caduti. Più di un padre e più di una madre, più di un figlio e più di una figlia, a malincuore i corpi nascosti di bambini si sarebbero aggiunti alla conta peggiore. Undici, undici vite recise nell'imprevedibilità di un atto incompreso. In quel crollo non sarebbero stati ritrovati feriti, altri abitanti erano riusciti a fuggire, ad uscire all'esterno prima che potesse essere troppo tardi. Non appena i piani superiori furono smantellati, le barriere protettive e tutti i sortilegi antimaterializzazione che vestivano l'edificio a cinque piani si spezzarono, e consumarono così l'ultima, amara scintilla di una magia che non era stata sufficiente, non quel giorno. In fuga, in fretta, alcuni si imbatterono nella grazia dei cieli, altri - si sarebbe scoperto nei momenti successivi - erano stati salvati dal sacrificio di una coppia di Auror e dall'intervento di altri Antimago. Le forze dell'ordine avevano fatto del proprio meglio, e per alcuni era stata una seconda occasione - preziosa, vibrante, gioiosa. Il palazzo era distrutto completamente, e tutto quello che restava cominciava ad incendiarsi: l'Amante, il giovane Elliott, aveva concluso il percorso cui era destinato, e il fuoco alla fine era arrivato fino al tetto. Sarebbe stato spento, così come era accaduto all'esterno, lungo la piazzetta. C'era già chi accorreva, bacchette alle mani, e le loro voci mutavano in una litania sentita, ormai conosciuta: Extinguo, Extinguo, Extinguo. Un incantesimo che aveva salvato, e che poneva un punto fisso a quella storia. Anche in basso il cerchio di fuoco tornava agli abissi infernali, l'Ardemonio era stato spento in definitiva, e sotto di sé Killian Resween poté scorgere l'acciottolato che bruciava lentamente, sempre più affievolito. Il tempo si cristallizzò al comando del suo sortilegio, e di quello altrettanto tempestivo dell'Auror Montgomery (Ax). L'aveva visto, così familiare, e l'aveva infine riconosciuto: l'Arresto Momentum sopperì l'impatto imminente, e sospesi sui resti della città in fiamme, Killian Resween e il ragazzo che aveva salvato toccarono delicatamente terra. Le ferite che entrambi riportavano non erano indifferenti, necessitavano di cure. Già al primo sguardo dell'Ispettore Auror, l'esito della battaglia dell'Ardemonio sulla piazza, nei dintorni e per diversi metri, si rivelava come scena d'averno. Il silenzio, alla fine, tentava di scivolare tra gli uni e gli altri: un atto misericordioso, dal cielo trapunto dei colori accesi delle fiamme, delle ceneri, e di un tramonto già timido. La piazza, un tempo gioiello vivace del Villaggio di Hogsmeade, si prostrava allo scempio che aveva incontrato: le pietre divelte, i corpi carbonizzati di chi non aveva avuto altra via, perfino in lontananza si scorgeva il vetro spezzato di negozietti, e ovunque i detriti del crollo del palazzo - pronto ad assestarsi, come gigante abbattuto - compromettevano una visuale altrimenti variopinta. Così come prevista, la pioggia era arrivata. Dalle bacchette magiche sollevate ai cieli zampillava la promessa di una fine, una vera fine, una fine assoluta. I feriti venivano condotti alle tende allestite sul margine della piazzetta, i Medimaghi si destreggiavano da un punto all'altro: una coppia, tra loro, raggiunse Resween insieme a Montgomery.
«Signore, riesce a sentirmi? Può camminare?»
Un contatto leggero, alla sua spalla. «Ispettore, lei...»
L'Auror, sorpreso, era lì a sua volta e parve cercare le giuste parole. Sul volto recava i segni di ustioni leggere, sulle braccia il discorso già si complicava. Un Medimago se ne accorse, sapeva di non poter attendere oltre. Sulla bocca di Montgomery il cenno di un sorriso si fece passeggero, mentre la sorprendente consapevolezza di quanto vissuto da Resween rinvigoriva la virtù del loro ruolo.
«Ha rischiato la sua vita»
Portò lo sguardo allora sul ragazzo vicino, fortunatamente illeso. Montgomery non aggiunse altro, la ricostruzione delle ultime vicende era per lui evidente. Poco distante, l'Amato era in piedi, all'apparenza immobile. La polvere macchiava i suoi abiti, l'avambraccio destro era stato sfregiato da un guizzo di fiamme dal suo appartamento, prima di gettarsi oltre la finestra: il tessuto era stato bruciato, lasciava intravedere sulla spalla destra il tatuaggio di un narciso stilizzato. Quel segno che era stato per lui inizio e fine, quel segno che era stato nuovo nome, nuova identità. Per il resto stava bene, fisicamente bene. Il salvataggio da parte di Killian Resween era avvenuto con successo. Il giovane era di spalle, esattamente immobile, e sembrava rivolgere tutte le sue attenzioni ad un punto più avanti, dove a diversi metri convergevano altri Medimaghi. Correvano con il passo decisivo di chi non poteva fermarsi, di chi scacciava la morte, di chi ne inseguiva l'avvenenza peggiore. Le loro frasi mutarono in ordini, le loro guarigioni scintillarono argentee nel cerchio che ben presto formarono. Un primo incantesimo, infine la mano sospesa di un Dottore tra tutti. Si spostarono, lasciarono così spazio, e allo sguardo vitreo dell'Amato la scena che già aveva compreso si manifestò tristemente.
«Non c'è battito.» Non c'è battito. Il commento pragmatico di una bocca granitica, l'asettico accentuarsi di una verità già attesa, il diniego di un capo, e di un altro, e di un altro ancora. Si ritiravano, i Medimaghi. Il primo, il secondo, il terzo, e il gruppo per intero. C'erano altri pazienti, le grida di aiuto chiamavano la loro attenzione, ed era evidente di dover portarsi oltre, di essere ormai di fretta. Lì non c'era altro da fare. La vita, fino a quel momento rinnegata così vergognosamente, reclamava ora attenzione. Per i caduti, invece, sarebbe giunto in seguito il tempo del giusto onore. Non c'è battito. Non c'è battito, avevano detto. L'annuncio che non ammetteva repliche, la certezza di un confine che i Medimaghi affrontavano quotidianamente. Il corpo di Elliott giaceva scomposto a pochi metri dalla pattuglia: la gamba destra era piegata in modo convulso, distorta in un movimento che non avrebbe potuto mai compiere da sé; le braccia, invece, sembravano essere state raccolte al petto, e il sangue delle ustioni più gravi brillava come scherno infido. Declinava la vita nelle sue forme migliori, la conseguenza di un fuoco che non aveva avuto compassione neanche per chi, come Elliott, l'aveva evocato. Nascente sulle pareti di quello che era stato il proprio appartamento, la fiamma aveva consumato la calce, e nel crollo aveva trascinato via una vasca da bagno, i suoi fiori, le sue candele di profumo vibrante; la distruzione, di fuoco e di pietra, aveva coinvolto una memoria preziosa, destinata all'eterno segreto. Un primo passo, Narciso tremava. Un altro passo, e un altro, e un altro ancora - il calvario per l'amore irrisolto, il tormento per una storia che non poteva più continuare. Era lì, l'Amante, vinto dalle sue stesse fiamme, vinto dalla discesa, e il corpo era spezzato come un narciso dalla corolla strappata. Il sangue intingeva la camicia che l'Amato aveva stretto a sé, al proprio petto, e bagnava le braccia, il collo distorto, e il volto, il volto conosciuto, il volto desiderato. Narciso procedeva, lento, sotto lo sguardo dei primi, sotto la consapevolezza degli ultimi. Perché lui, da sempre, non aveva saputo essere né l'uno né l'altro - la vergogna di un'identità che aveva a lungo rinnegato, la certezza di aver sprecato il tempo, il suo tempo, il loro tempo. Non pianse: non una volta, non una lacrima. Instabile, conteneva il peso di un cuore infranto, e il desiderio di morire, di morire per sempre, si rese di nuovo fertile. Era stato salvato dall'Ispettore Auror, era stato preso prima che potesse essere troppo tardi. Ma quando raggiunse il cadavere di Elliott, scoprì di non avere altra ragione per vivere. Il cielo al tramonto catturava spirali di fumo e di cenere, impallidiva nelle ridenti sfumature dell'arancio, del giallo, del rosa. Caleidoscopico, il riflesso si infrangeva nelle pupille fisse, tuttora dilatate, del giovane morto. Mentre si abbassava per raggiungere il suo volto, l'Amato si lasciò addolcire dal ricordo di una notte d'Islanda. Una tenda, un rifugio, un luogo dimenticato dove poter essere chi sentiva di essere. Un soffio di vento, un tremito indistinto, un lontano incedere di stelle e aurore boreali. Sospese, le mani non rabbrividirono più: non c'era dubbio né mistero, non c'era sotterfugio, non più. Quello che Elliott era stato per lui, quello che l'Amante e l'Amato erano stati. Le dita carezzarono il profilo di sangue e infine, ferme, lasciarono che le palpebre scivolassero sugli occhi spenti.
Il suo, il suo volto, sarebbe stato l'ultimo che avrebbero visto.
Un Medimago, vicino, seguì la scena.
«Ragazzo, lo conoscevi?»
Una domanda, una delle tante.
«Come ti chiami?»
Sollevò lo sguardo sull'altro. La bocca si aprì al singhiozzo che non riuscì più a trattenere, e tornò in piedi. Osservò a lungo il corpo disteso, e quando il Medimago ripeté la sua domanda, più preoccupato, il contatto divenne effettivo distacco. Come ti chiami, gli aveva chiesto. Come ti chiami. Colse l'occasione che da sempre aveva allontanato, colse l'occasione di non mentire, di rivelarsi, di uscire allo scoperto. E non ne ebbe sentore di imbarazzo, non più.
Non aveva nulla da perdere, non aveva altro da perdere.
Come ti chiami. In piedi, folle nel suo dolore, Narciso sorrise.
«Jasdel Brior.» Aveva un gusto aspro sulle sue labbra, un suono spezzato. Indicò in basso, al giovane caduto. Le fiamme, alla fine, si erano spente anche per lui, e la pioggia ricadeva compassionevole su tutti i presenti, vivi e morti, indistintamente.
«E lui è Elliott.» Pizzicava, il cuore. Pizzicava.
«Era l'amore della mia vita.»
Dirlo, a voce alta, apparve come l'ultimo omaggio,
dell'Amato, che tutto aveva perso,
e dell'Amante, che tutto aveva abbandonato.
Svelata allo sguardo, la coppia sanciva conclusione.


[Killian, Maurizio, Raves]
Il sapore della cenere era concreto, lo era per tutti.
Si insidiava nell'aria più di quanto non avesse fatto fino a quel momento, mentre la pioggia ne dissipava ogni altra voluta. Il palazzo si era assestato, altro non era che roccia e detriti, e corpi come tesori dimentichi, disprezzati, mai voluti. Con le successive indagini più accurate, al di là del numero di undici caduti, sarebbe stata rinvenuta la traccia più e più volte ripetuta di polvere esplosiva; era nel grembo screziato d'ocra dei narcisi, gli stessi fiori che avevano tempestato la piazza di fiamme in successione - polvere incauta, finemente lavorata fino ad essere ricamata all'interno dei narcisi come pistillo d'eccezione, avvinghiatasi infine tra i petali candidi. Così come all'esterno da un punto all'altro della piazza, anche tra le macerie dell'edificio distrutto sarebbe stata trovata: gli scoppi erano stati generati dalla stessa strategia d'azione, e nell'impatto così energico i piani si erano sgretolati gli uni sugli altri. Per molti non c'era stata soluzione, non c'era stata via di fuga. Per altri, pochi altri, la conclusione si manifestava salvifica. Per l'Antimago Maurizio (M), la situazione si era complicata più del previsto. L'incontro con i tre stregoni appariva come un ricordo lontano: tre in numero, tre caduti nello schianto al piano superiore, sarebbero stati ritrovati tra i corpi morti; identità indistinte, l'analisi delle restanti bacchette magiche avrebbe rivelato l'ausilio di sortilegi offensivi, alcuni dei quali subiti e vissuti dallo stesso Antimago, e dall'Auror con lui. Quanto tuttavia gli stregoni potessero essere stati coinvolti nell'assalto del palazzo, quella era una domanda che la Magiquestura avrebbe continuato a porsi. Lo stesso Aminia, il ragazzo che viveva in solitaria nell'appartemento pieno di statue di cera, non sarebbe stato più trovato: né le testimonianze degli inquilini vicini né di altri interrogati, infatti, avrebbero portato a qualcosa di più concreto. Maurizio Pisciottu, l'avrebbe scoperto nelle ore che lo attendevano, era stato l'unico ad aver ufficialmente visto il giovane Aminia, e ad essersi imbattuto nelle sue opere di cera antropomorfa nelle sue stanze. Lo stesso profilo del ragazzo disteso nello sgabuzzino, come privo di sensi, sarebbe apparso al suo sguardo tra scatti fotografici di chi l'aveva conosciuto. Quando si districò dai blocchi di pietra e cemento che ostruivano i suoi movimenti, Maurizio poté finalmente uscire allo scoperto e raggiungere la piazzetta. Satura di fumo e di cenere, l'aria dell'esterno rinvigorì comunque la sua lucidità, e si palesò come scacco alla morte da parte dell'Antimago. Dietro di sé, tuttavia, lasciava qualcosa che i suoi sensi più sviluppati - unici tra tutti - avevano già percepito più di una volta, per più istanti, tra i blocchi: l'olezzo della cera, la visuale di un braccio, e una mano della stessa materia. Così come abbandonati, i pezzi si sciolsero al caldo delle fiamme che bruciavano tuttora nelle vicinanze. Da parte propria, tuttavia, Maurizio era ufficialmente salvo: ferito, i processi di guarigione della sua natura si ripristinavano, così acquistò maggiore fermezza sulle gambe. Presto fu raggiunto da un volto familiare, il collega Raves (an2) fu il primo ad individuarlo e con l'appello ai vicini Medimaghi, cercò il braccio sinistro dell'altro Antimago per stringerlo a sé per sostegno. Insieme, ormai ritrovati, non erano troppo distanti da altri Medimaghi e dall'Auror Montgomery, accanto al quale Killian Resween era appena arrivato. Sarebbe stato chiesto loro, tutti loro, di spostarsi dai confini del palazzo - il crollo era finito, ma il pericolo non poteva dirsi tale, e c'era bisogno di interventi tempestivi per la ricerca di eventuali caduti, di feriti, e perfino di tutti quei morti che il gigante di pietra aveva fagocitato. Una pattuglia di Auror e un'altra di Antimaghi, volti nuovi, erano arrivate relativamente da poco. L'allarme del Villaggio aveva raggiunto il Quartier Generale, e i rinforzi erano lì, seppur in ritardo. Cercarono l'Ispettore (K) e con lo stesso si affrettarono a comunicare quanto scoperto. Un criminale era stato catturato, l'Auror Aiden Weiss e l'Antimago Mìreen Fiachran erano più avanti e l'avevano in custodia. In seguito sarebbe stato chiaro per loro, e poi per tutto il mondo magico, che quel criminale fosse l'Auror Betterson.
Una storia irreale, ma che custodiva l'ultima delle verità peggiori.
La figura di una donna, il camice bianco macchiato di sangue e di cenere, si avvicinò rapidamente e riuscì ad ascoltare quanto necessario per collegare volti ai ruoli. «Ispettore, sono la Dottoressa Rudy Brown. La prego, dovete seguirmi al San Mungo, tutti voi.»
Le ferite riportate, in particolare le ustioni più gravi, non potevano attendere. Brown, tuttavia, lavorava in quel campo da più tempo per non sapere come effettivamente procedessero situazioni simili.
«Sarà predisposta un'ala per gli interrogatori, scorteremo tutti al San Mungo. La zona va sgomberata per lasciare spazio ai feriti più gravi, i Medimaghi sono all'opera. Tutti alle Passaporte. Subito
In fondo, sulla destra, sulla sinistra, pattuglie di più medici di quanti potessero esserne contati a prima vista erano finalmente giunte a loro volta. Le bacchette sfidavano la morte nei sortilegi più complessi, le cure in atto si rivelavano a tratti come rituali senza precedenti. Le Passaporte - secchi, barelle, strumenti da lavoro - erano in più punti, e brillavano ripetutamente di un azzurro scintillante. L'ultimo baluardo di una tragedia estinta. Il gruppo di Auror e Antimago, capeggiato da Resween, avrebbe ufficialmente ritrovato tutti - colleghi, civili, criminali - all'Ospedale Magico. Sale di chirurgia, posti letto e corsie d'urgenza erano già pronti, e le vittime continuavano ad arrivare.
Ci sarebbe stato così modo di svolgere più interrogatori, nessuno ne sarebbe stato risparmiato. Perché in una vicenda come quella, ognuno poteva essere un sospettato. Altri esponenti del Quartier Generale sarebbero stati disponibili, il Capo Auror era stato avvisato.
Dovevano andare, lì non c'era altro che cenere.


[Sirius, Oliver]
Così si affievoliva la voce del Veggente,
quello che aveva predetto, quello che aveva previsto,
mutava in un'amara consolazione: la certezza di non aver compiuto errore, di non essere stato affatto marginale, in una verità che chiunque al suo posto avrebbe desiderato rinnegare. La cornice d'insieme rammendava gli ultimi punti di contatto, e nel ricamo che ne esaudiva si realizzava l'epilogo già conosciuto, e finalmente scritto. Era un paradosso infinitamente complesso, quello del tempo. L'alternarsi dispettoso delle epoche, il divenire divenuto, il futuro presente, il presente passato - come entità indomite, così primordiali, le trame cercavano e fuggivano ogni altro incontro, fino a ritrovarsi volenti o meno che potessero ormai essere. Sulla bocca profetica, le fiamme brillavano in gocce vermiglie, il sangue di ustioni tanto impavide da screpolare la pelle. Si era gettato avanti, un passo e un altro ancora, perché toccare era il pregio che ogni Divinatore avrebbe voluto. Toccare, avere consistenza, sfidare l'intangibile. Al suo sguardo, bagnato di un dolore che non poteva più essere trattenuto, Oliver (O) viveva quanto già aveva vissuto. La città in fiamme e in cenere, ridotta allo stato antico di un soffio di drago: volute di fumo salivano al cielo al tramonto, e attingevano simbologie occulte che lente, instancabili, sfumavano fino a perdersi ancora. Non avevano più segreti da svelare, non avevano più prosieguo. Con il crollo del palazzo a cinque piani, con l'avvento dell'Ardemonio, con le esplosioni dei narcisi - di nuovo, per tutti sarebbe stato chiaro, nei giorni a venire, di come quei fiori avessero custodito polvere esplosiva tra petali e gineceo -, non c'era altro da considerare. Quella che sarebbe stata descritta dalla stampa come la tragedia di Hogsmeade altro non era, ai loro occhi, che esperienza diretta. Non sarebbe stato così facile dimenticare le sensazioni e il pericolo che aveva portato con sé, e d'altronde se il tempo era stato meschino nelle sue anticipazioni, si sarebbe rivelato invece compassionevole nell'adombrare memorie tuttora vivide. La Profezia si era compiuta fin nelle sue ultime battute, e l'intervento di maghi e streghe presenti aveva cambiato, imprevedibilmente, frammenti di un esito più delicato. Più criminali erano stati fermati, chi per l'incontro della morte, chi per l'intervento tempestivo delle autorità e dei cittadini più coraggiosi. Al fianco del giovane ragazzo, il Docente di Hogwarts (S) rispondeva al tacito appello di un bene che non aveva confini, e parimenti di un soccorso che non poteva più attendere. Oliver cadeva, vinto dal fuoco che aveva lambito il suo corpo, scosso da quanto infine era accaduto per davvero, e il peso della degenza dei mesi addietro tornò con la spossatezza maggiore. Il dolore, fisico e psichico, raggiunse picchi estremi, e sulla sua bocca le grida paventarono il vaticinio di una condanna ultima, ormai in conclusione. A metri di distanza, infatti, la scena delle sue più remote Visioni trovava legame reale, di nuovo concreto. Narciso, e chi per il Chiromante era sempre stato, giungeva così dove doveva giungere: la pioggia zampillava dalle bacchette degli stregoni vicini, spegneva le fiamme restanti e vestiva, leggiadra e caritatevole, sopravvissuti e morti - entrambi, generosamente - che giacevano ormai nei dintorni. La figura familiare, la figura che Oliver aveva cercato, la figura che Sirius poté a sua volta vedere nella direzione dell'attenzione dell'amico, era in piedi, e avanzava poco oltre la pattuglia di Auror, Antimaghi e Medimaghi. Dove il corpo di Elliott si affidava al riposo eterno, l'Amato sedimentava il tormento assoluto. Si volse indietro, chiamato da altri, e infine ritrovò il profilo di Oliver Brior. Così come era già scritto, così come si scriveva: l'incrocio di due sguardi, il brivido dell'uno, il disprezzo dell'altro. Un battito di cuore, il grido eterno che il Caposcuola aveva già gridato, e che finalmente gridava ancora.
Un nome, il suo nome, il nome di Jasdel Brior.
Quando l'uno sparì al contatto dei Medimaghi, l'altro chiuse gli occhi. Non c'era altro da vedere, tutto quello che sarebbe stato era già stato. Colto dalla vertigine, le parole di Sirius non arrivarono mai. Entrambi si strinsero, si ritrovarono, e il cielo brillò di un tramonto più nitido sui loro volti, quei volti che non sapevano di poter essere belli. Il San Mungo, alla fine, attendeva anche loro. Potevano Materializzarsi, era il momento, e l'uno si sarebbe affidato ancora una volta all'altro. Sarebbero stati interrogati, entrambi, e a lungo. Sirius White avrebbe potuto aiutare a riconoscere l'Angelo Caduto, il criminale e i suoi narcisi, una storia che poi avrebbe segnato le pagine dei giornali.
A tarda sera, nei letti d'ospedale, il risveglio sarebbe stato spento.
Quello che nessun altro sapeva, al di fuori degli interessati, era che la tragedia di Hogsmeade fosse stata prevista.
Da un Veggente, e dalla sua Profezia.
Dal tempo, e dal suo Divenire.
Ma credere, perfino per maghi e streghe,
era una forza poco comune.


[Jolene, Rowena]
Sul lato sinistro della piazzetta, a pochi metri di distanza dai frammenti di vetro di Mielandia, un'altra coppia di Streghe seguiva il decorso di un tempo che non poteva più essere scritto, e che libero si esprimeva in un arbitrio rinnovato. Era lì, la Danzatrice di Fuoco (R), la bacchetta magica stretta tra le dita di mani che avevano compiuto la differenza: l'Ardemonio, con le sue gargantuesche, infernali creature, era stato abbattuto, respinto dai sortilegi dai quali era stato generato, infine estinto. Quello che aveva lasciato risultava evidente, la piazzetta svestiva l'incantevole vivacità che da sempre, soprattutto in un giorno estivo come quello, l'aveva contraddistinta. Non c'era altro che il borbottio indistinto di altri incantesimi - chi costruiva, chi recuperava i feriti dalle macerie, chi cercava vita nell'impetuoso passaggio della morte. La pioggia bagnava, la pioggia portava ristoro: fino a che punto, si chiedevano in molti, fino a che punto. Quando nuovi Auror, Antimago e Medimaghi apparvero nelle vicinanze, il peggio era ormai passato, e tutto quello che restava era il teatro di una battaglia imprevista. Il palazzo si assestava, le scintille delle ultime fiamme si innalzavano via, così lontane, e guidavano in alto le preghiere inaudite di troppi, troppi caduti. Rowena Abyss era parte attiva in quella tragedia, e forse per una delle prime volte si poneva al di là di uno schieramento che conosceva, e che quel giorno non era stato né bene né male. Chi più di lei, infatti, avrebbe potuto percepire l'impavido districarsi dell'oscurità - le sue forme, le sue minacce, le sue macchinazioni. Cos'era successo, da chi era stato scaturito, perché era accaduto. Domande che si ripetevano e che avrebbero coinvolto le massime autorità del paese per lungo, lungo andare. Pagine e pagine di articoli in stampa al Profeta, supposizioni e teatrali verità, tutti avrebbero voluto prendere parte al simposio postumo. Ma per loro, per tutti loro, era stata e sempre sarebbe stata un'altra storia. Al suo fianco, la Guaritrice di Hogwarts (J) assisteva all'ultimo assaggio di una sorpresa ormai matura: aveva recuperato una boccetta dal corpo di cera della ragazza incontrata, la stessa che ad ora giaceva in una pozza liquida - i colori di abiti, pelle, materia, gli uni sugli altri in un turbinio confuso, era corpo ed era cera, la creazione di un anonimo artigiano. Il richiamo alle statue sarebbe stato svelato, nei giorni successivi, dopo che le ricerche avrebbero trovato altre cere dalle fattezze umane nel palazzo crollato. Mani, braccia, gambe, fino a teste e busti antropomorfi, finemente lavorati in un'arte attenta, così singolare. Secondo le testimonianze di alcuni inquilini sopravvissuti e interrogati dalle autorità, infatti, quelle creazioni erano frutto del genio solitario di un giovane artigiano di nome Aminia. Viveva a sua volta nel palazzo, al terzo piano, e non era più stato ritrovato - né vivo né morto, l'identità misteriosa di un sospettato e di un ricercato insieme. Quelle informazioni sarebbero state rese pubbliche, al momento opportuno, e già nelle ore serali per Rowena e per Jolene. Avrebbero così scoperto che la ragazza di cera da loro incontrata altri non fosse che una tra le figuranti che aveva incendiato la piazzetta: al lato opposto, poco distante dall'edificio a cinque piani, era stata vista da altri passanti, altri sopravvissuti, con le stesse collane e gli stessi bracciali pieni di boccette di Pozioni, e di narcisi. Quei fiori che contenevano pozione esplosiva, come l'analisi più accurata avrebbe rivelato, erano stati causa scatenante delle prime esplosioni. Il corpo di statua dell'adolescente sarebbe stato recuperato come prova autentica, e una volta ricomposto dalla magia, il collegamento alla ragazzina vista da altri sarebbe stato immediato. Anche lì, prima che i Medimaghi e gli Auror giungessero dalle due Streghe, la cera restante si scioglieva con le promesse di segreti ancora celati. Una fiala caduta alla fine si infranse al suolo, il soffio di fiamme passeggere raggiunse le due donne in un improvviso bruciore. Nulla che un colpo di bacchetta non riuscì a fermare, non era più lo stesso pericolo affrontato. Le autorità chiesero loro di spostarsi al San Mungo, con la tacita consapevolezza di dover essere a loro volta interrogate e curate il prima possibile.
«La prego, non faccia alcun movimento brusco con quella boccetta. Ne sono state ritrovate altre, contengono esplosivo.»
Uno tra gli Auror parlò nitidamente, lo sguardo rivolto al manufatto che Jolene White aveva recuperato da terra. A tempo debito, poco dopo, avrebbe trovato conferma proprio di quanto già accennato dall'uomo. Delicato, un grappolo di narcisi brillava apparentemente innocuo nella prigionia di vetro della boccetta. Impassibili, trattenevano il fuoco. Della ragazza, invece, non restavano che blocchi di cera, e quando un Medimago vi sospese per magia un lenzuolo bianco, tu chiaro che lì - come altrove - non ci fosse altro da fare. Anche per loro il San Mungo era una meta necessaria. Altre Passaporte erano state predisposte d'urgenza, e prima ancora di poter sfiorarne una, un rappresentante della Magiquestura - era arrivata una delegazione sul posto - chiese all'Infermiera di Hogwarts la boccetta che stringeva. Lentamente, occorreva che passasse di mano, e venisse così sigillata come prova sequestrata e da analizzare il prima possibile. Quello che restava, per Rowena e Jolene, era sangue, fiori e cenere. Con la memoria dannata di quello che avrebbe cesellato per sempre.


[Mìreen, Aiden, Betterson,
Daddy, Issho, Gwen, Memory]

La tensione era palpabile, racimolava dettagli che sfuggivano
agli uni e che invece erano già chiari per altri. Si rendeva portavoce di una rivelazione sorprendente, dalle tinte fosche, l'esito incerto. A poca distanza da Zonko da un lato e dalle tende allestite per i feriti sul limitare della piazzetta, quel che restava era un cumulo di detriti, il baluginio delle fiamme pronte ad estinguersi, e tutta una serie di pietre divelte, rocce scomposte e travi di un carretto che custodiva il dimentico effluvio dei fiori. Come una cerimonia ormai finemente compiuta, i narcisi erano stati dispersi da mani sicure, secondo un ordine ben delineato. Il venditore ambulante era morto, era altrove, il corpo ritrovato da chi impegnato nelle ricerche e nelle rispettive analisi più immediate; ma il carretto gli apparteneva, aveva venduto lui molti tra i narcisi che erano stati distribuiti. Dall'Angelo caduto, tra i primi a liberare le schiere infernali, e dalla ragazza che sarebbe passata alle pagine come la giovane Pozionista con boccette piene di fiori; i narcisi, sarebbe stato chiaro dalle indagini, contenevano polvere esplosiva, era incastrata come tassello perfetto nell'incanto atipico della natura ridente. Qualcuno era arrivato alla rivelazione ben prima della successiva conferma delle autorità: i narcisi non appartenevano a quella stagione e si erano manifestati troppo vistosamente per passare inosservati, privi di un legame più interessato. Nel candore appena velato d'ocra, sulla terra scomposta erano stati schiacciati fino alla corolla centrale. I petali che restavano si mostravano bruciati e accerchiati da una miriade di puntini dorati, dove la polvere esplosiva si era consumata, e quasi davano l'impressione di essere fiori colti da sabbia desertica. La Magiquestura avrebbe preso in esame dettagli, interrogatori, e tutte le prove raccolte. La chiave di svolta, tuttavia, non poteva essere né il Venditore ambulante né l'Angelo dimenticato. Era lì, invece, nel volto più indiscreto, nella figura di un alleato e soprattutto nell'identità di chi vestiva l'onore, e l'onere, dell'ordine pubblico. Era lì, l'Auror Betterson (A2), al centro esatto delle controversie maggiori: dapprima partecipe di un assalto così versatile lungo la piazza, il Mago aveva finto intimamente di essere quello che da sempre era stato. Quel giorno, tuttavia, non c'era una parte giusta della barricata, non c'era alcun confine che potesse dirsi stabile. La piazza era stata distrutta, l'edificio a cinque piani pure, e non restavano che macerie. Il cerchio che stavano formando, indirettamente, attirò presto attenzione: Betterson, l'Auror, capitombolò sotto il peso del sortilegio, impossibilitato a rialzarsi nei suoi tentativi; le bende stringevano ancora il corpo, iniziavano a comprometterne il respiro in un rantolo sempre più asfissiante, e soltanto l'intervento tempestivo della giovane Gwen (G) pose fine al prosieguo di ogni altro strazio. Betterson era di certo ferito, ma la vista dei suoi figli aveva compromesso un disegno che aveva accuratamente seguito in prima linea. Con l'ultimo assalto perse i sensi, e giacque così sull'asfalto brulicante di cenere e detriti. Jamie, il più grande tra i figli del criminale, stentava a capire cosa potesse essere successo e cosa, ancora, stesse succedendo. Abbassò il volto, e rafforzò il contatto più vicino, lasciandosi cullare dalle braccia di Memory (Y).
A sua volta, con il singhiozzo disperato di un pianto che non arrivava, la piccola Priscilla si volse indietro, e poi avanti, e così spostava faziosamente lo sguardo dal gruppo di maghi e streghe che la circondavano al volto del genitore lì astante. Una lacrima ripristinò un dolore incontenibile e scalfì la sofferenza di un cuore provato.
«Papà, il mio papà.»Si rivolse a tutti indistintamente.
«Cosa avete fatto al mio papà
Immobile, ebbe sentore di un pericolo più grande,
di una paura che non aveva mai sperimentato prima. Non aveva mai visto suo padre, l'Auror Betterson, in quelle condizioni. Né aveva mai sentito qualcuno rivolgerglisi in quel modo. Cercò le figure che aveva imparato a conoscere, di cui soprattutto aveva scelto di fidarsi, e in pochi passi tornò dal Ministeriale (I), fino a stringerglisi alle gambe. La pioggia promessa era arrivata, così zampillava dall'alto e bagnava vestiti, volti, e corpi feriti. Spegneva le ultime avvisaglie del fuoco, in rivoli impetuosi che si destreggiavano dalle punte di più bacchette magiche, e così la Profezia ultima si completava. Il pericolo sembrava effettivamente passato, la tragedia si estingueva al pari della più resistente tra le braci. Una pattuglia nuova, di Auror e di Antimaghi, era arrivata dietro ordine e avviso immediato del Quartier Generale. Nei volti che videro, dal Corvonero (D) alla coppia di Tassorosso, dal Ministeriale ai due bambini, il guizzo di sorpresa lasciò spazio alla consapevolezza, finalmente, di avere un punto fermo nella familiarità di altre due presenze: l'Antimago Mìreen (L) e l'Auror Weiss (A). Il lavoro che avevano scelto da tempo aveva reso fertile una temperanza necessaria in situazioni critiche come quella in corso, e così quando la voce dell'una acquietò grida e proteste, l'intervento dell'altro ne arrestò ogni prosieguo. Le bacchette di Gwen, di Issho e di Daddy, al pari di quella di Betterson stretta flebilmente nella mano, si staccarono dalla presa di ogni proprietario e giunsero nel pugno fermo di Aiden Weiss. Così, negli ultimi istanti, altri cinque tra Auror e Antimago affiancarono i colleghi. Non c'era spazio per i convenevoli, e di certo gli uni avrebbero riconosciuto gli altri, chi più e chi meno. Specter, l'Auror a capo di quella pattuglia, parlò nitidamente.
«Un gruppo di civili è stato già interrogato.» Un cenno del capo tanto verso Aiden quanto verso Mìreen, avrebbero afferrato rapidamente. Spostò lo sguardo sul traditore, e abbassò appena il tono. «Hanno visto l'Auro- » Si fermò, la bocca si punse di disprezzo. «Betterson era uno di loro, era invischiato nell'assalto. Il Quartier Generale è stato avvisato, altri Auror e Antimago stanno coadiuvando le azioni con i Medimaghi intervenuti. L'intera zona deve essere sgomberata, tutti...» Sollevò il volto e riprese più distintamente, nei riguardi di ogni altro presente. «Tutti dovranno essere scortati al San Mungo, per le cure e per gli interrogatori. Le Passaporte sono già in funzione. Weiss, Fiachran, portate tutti alla Passaporta più vicina. Ci vediamo all'Ospedale. E...» Non aggiunse altro, ma reclinò il capo ancora una volta: un segno di rispetto, un segno di gratitudine. Non servivano spiegazioni per sapere che l'uno e l'altra fossero stati attivi nella battaglia, le ferite che entrambi riportavano erano evidenti. Il tempo del giusto onore sarebbe giunto, tanto per Auror e Antimago presenti, quando per il gruppo di Ministeriali e Studenti. La piazza si faceva infatti gremita di camici bianchi, a riprova della presenza assidua dei Medimaghi. Ne erano arrivati molti altri, le macerie venivano spostate al comando dei sortilegi, e la ricerca di feriti, di superstiti, di sopravvissuti continuava ancora. Sarebbe continuata ancora per molto, mentre il tramonto rosseggiante - di cielo e di fuoco - incendiava la speranza di vita. Le Passaporte erano in più punti, erano oggetti comuni come secchi, letti per pazienti e tutta una serie di cuscini: al San Mungo, tutti loro sarebbero stati interrogati, Aiden e Mìreen sarebbero stati chiamati per seguire alcune dinamiche. Le bacchette sarebbero state così restituite ai legittimi proprietari, tutti avrebbero ricevuto le giuste cure fino a ricostruire, nelle ore successive, la cornice d'insieme. La testimonianza del Caposcuola Daddy, tra tutte, avrebbe rappresentato un punto fermo, fondamentale per le indagini della stessa Magiquestura. Aveva ragione, aveva avuto ragione fin dall'inizio: si sarebbe scoperto, infatti, che tanto il venditore ambulante quanto l'Auror Betterson fossero colpevoli, partecipi di un piano bene organizzato. La stampa avrebbe chiarito quanto tutti loro già sapevano in parte, l'idea di un attacco terroristico sarebbe stata voce comune già tra le corsie del San Mungo. Sul calare della sera, infine, la notizia del ritrovamento della madre dei due bambini spaesati, Jamie e Priscilla, avrebbe coltivato una scintilla di gioia: a sua volta vittima del crollo del palazzo, nella confusione che ne era conseguita, la donna aveva perso i sensi e con gli stessi aveva perso i propri figli. Il ritrovo, tuttavia, avrebbe portato con sé una nota dolceamara, perché Betterson restava marito dell'una e padre degli altri, e per tutti invece criminale e traditore di un ruolo - quello dell'Auror - che non avrebbe più meritato. Con Betterson, tuttavia, l'interrogatorio sarebbe stato lungo, complicato, estremo: l'intervento delle autorità ministeriali sarebbe stato impegno per molte settimane, fino a scoprire una macchinazione ben complessa all'origine.

[tutti]
Cassandra, l'Evocatrice del Fuoco Demoniaco, aveva parlato di sette punti. Così era caduto l'Angelo, respinto in cielo e dimentico sulla terra; così era caduto il Venditore, in una fuga che non gli spettava; tra tutti, l'Auror traditore era l'unico ad essere stato effettivamente catturato, e la sua testimonianza - forzata e ricercata dopo più tentativi - avrebbe rivelato di come altri criminali fossero partecipi dell'intera tragedia. Con loro, c'era la giovane Pozionista da pochi incontrata e da molti fuggita, con le boccette di narcisi in collane e bracciali pendenti; e c'era ancora Elliott, l'Amante, che aveva sacrificato la sua stessa vita nel crollo del palazzo, e nel suo successivo incendio. Di Aminia, l'artigiano di cera all'interno dell'edificio a più piani, sembrava non ci fosse stata mai traccia, e come indagato le ricerche sul suo conto sarebbero continuate per lungo andare. Mentre la pioggia scendeva in misericordia così disperatamente attesa, la piazza si spogliava di un incanto che aveva vestito quel giorno d'estate. Le Passaporte avrebbero condotto tutti al San Mungo, guarigioni e interrogatori attendevano tutti loro. Il tempo, fino ad allora per nulla benevolo, avrebbe infine rivelato la comprensione che i sopravvissuti necessitavano fin nel profondo. Quella che la stampa avrebbe descritto come tragedia era la sciagura peggiore che il Villaggio di Hogsmeade, per intero, avesse vissuto da molti anni. Quello che lasciava era il rimorso, il dolore, l'incauta certezza di notti di incubi vividi, di preghiere inascoltate, di canti già sfumati in litanie ormai così continue. Quel che lasciava era undici vittime nel crollo del palazzo, tra i caduti al suo interno e gli altri al suo esterno. Quel che lasciava era un segreto svelato, il numero di cittadini che il Fuoco aveva mietuto. La Profezia si era realizzata fino alla fine, a malincuore era stata chiara. Quarantuno saranno i Dannati dell'Ardemonio, così aveva detto. Nelle ricerche, i corpi caduti sarebbero stati scortati al San Mungo, affidati ai propri affetti più cari per il riposo dei giorni futuri. Così i registri si sarebbero riempiti, il necrologio si sarebbe allungato per troppi nomi in successione. Quarantuno saranno i Dannati dell'Ardemonio, sanciva la Profezia. Ma i corpi scoperti, i corpi nella conta d'averno, erano invece quaranta.

Era quello, il paradosso del Divenire.
Credere che l'ultima vittima fosse sopravvissuta,
o che dovesse ancora morire.

In lontananza, l'ultimo narciso si dischiuse in fioritura acerba,
e si spense nei petali bianchi, si spense nel palmo di chi pregava,
e di chi non era stato ascoltato. Non era quello il suo tempo, non lo era.
Ma nella piazza infestata di spettri, il fuoco estinto e la pietra spezzata non celarono l'impavida scena di uno stelo, e di una fogliolina verde.

Di cenere, di roccia, di resti.
Solitario, cresceva un germoglio.
Nel teatro distrutto, nella scelta recisa.
Candido, appariva innocente. Resistente, cercava una strada.
Così sospirava, e l'ultima goccia di pioggia lo rese fertile.
Tra gli altri fiori e le altre braci, tra la vita e la morte ultima.

Il cielo omaggiava la città oltraggiata,
nella forma semplice, impavida, coraggiosa,
così cresceva appena un germoglio.
Candido, appariva innocente. Il gineceo vibrante, i petali gialli.
Un narciso, un narciso leggero.

Anche la città omaggiava il cielo oltraggiato,
spazzava in soffio di vento fumo e cenere,
sussurrava l'appello dell'acqua piovana,
e così cresceva un germoglio.
Di speranza e di sollievo,
di un estremo, nuovo inizio.

Un germoglio,
soltanto un germoglio.
Di narcisi,
e di fiamme.



L'evento è ufficialmente concluso.
La Profezia è così compiuta: il palazzo si è ormai assestato, il fuoco è stato spento, la pioggia salvifica è infine giunta. Prima di lasciarci, poche indicazioni: la mappa non è più necessaria, siete dove volevate essere. Siete tutti pregati di dirigervi al San Mungo, provvedendo da soli oppure sfruttando una delle Passaporte predisposte dai Medimaghi lungo la piazza. I vostri post da aprire al San Mungo dovranno tenere conto di due aspetti fondamentali: siamo temporalmente al 31 Agosto dello scorso anno, e una volta all'Ospedale verrete subito interrogati, una delegazione ministeriale sarà presente. È un iter comune, anche se non verrà ruolato. Seguirà un articolo sulla Gazzetta del Profeta per informare il mondo magico di quanto accaduto, con quello che gli interrogatori avranno raccolto. È chiaro, badate bene, che nel caso di tutti voi partecipanti i risvolti siano molto più accurati poiché in prima linea. In merito alle ferite riportate, avete libertà circa cosa descrivere nei dettagli: fanno fede le statistiche di seguito riportate.

L'esperienza che avete vissuto resta irripetibile, è una vicenda che pone un punto tanto nella storia del Gdr quanto nella vostra, e vi fa onore il fatto di esserne stati protagonisti. Il peso di un evento simile è un tesoro inestimabile per le vostre storie, se ben coltivato: da parte mia è stato un privilegio poter seguirvi e ringrazio tutti per la dedizione manifestata fino alla fine.

Le Profezie sono estremamente complesse, quella che ha portato a questo evento ha più rivelazioni conclusive - a ciascuno le giuste riflessioni con le dovute, possibili conoscenze. Per la narrazione così intensa, per l'originalità dei vostri interventi e di quanto affrontato, per l'impeccabile impegno, premio ciascuno di voi con +2 Exp +3 Punti Statistiche. Un evento del genere non era facile e ognuno ha dato il meglio. Inoltre, acquisite tutti per esperienza diretta la conoscenza teorica dell'Ardemonio.

Chiedo così un ultimo post di chiusura prima di procedere alle cure, avete un mese di tempo: scadenza entro 5 Ottobre, 23.59. Dopodiché l'evento verrà definitivamente concluso.
Resto a disposizione come sempre per eventuali dubbi. È stato un piacere.


I quadrati verdi indicano i Png principali
I quadrati viola indicano i Png secondari

Statistiche

Killian (K)
Punti Salute: 150/234
Punti Corpo: 140/201
Punti Mana: 160/196
Exp: 34
Elliott ()
Punti Salute: 0/150
Punti Corpo: 0/110
Punti Mana: 0/110
Exp: //
Narciso ()
Punti Salute: 50/170
Punti Corpo: 30/150
Punti Mana: 30/150
Exp: //
Auror #1 (Ax)
Punti Salute: 140/170
Punti Corpo: 100/130
Punti Mana: 100/130
Exp: //



Maurizio (M)
Punti Salute: 160/225
Punti Corpo: 130/183
Punti Mana: 160/194
Exp: 35
Aminia ()
Punti Salute: 70/160
Punti Corpo: 20/110
Punti Mana: 20/110
Exp: //
Trevis (A1)
Punti Salute: 0/180
Punti Corpo: 0/220
Punti Mana: 0/220
Exp: 32
Kim (A3)
Punti Salute: 0/160
Punti Corpo: 0/170
Punti Mana: 0/170
Exp: 28



Raves (an2)
Punti Salute: 100/170
Punti Corpo: 90/130
Punti Mana: 130/130
Exp: 30
Magalli (an3)
Punti Salute: 0/170
Punti Corpo: 0/130
Punti Mana: 0/130
Exp: 30
Angelo ()
Punti Salute: 0/160
Punti Corpo: 0/110
Punti Mana: 0/110
Exp: //
Cassandra ()
Punti Salute: 170/200
Punti Corpo: 120/150
Punti Mana: 120/160
Exp: //
Auror #2 (Ax)
Punti Salute: 0/170
Punti Corpo: 0/130
Punti Mana: 0/130
Exp: //
Auror #3 (Ax)
Punti Salute: 0/170
Punti Corpo: 0/130
Punti Mana: 0/130
Exp: //
Sirius (S)
Punti Salute: 250/325
Punti Corpo: 380/406
Punti Mana: 400/422
Exp: 92
Oliver (O)
Punti Salute: 180/278
Punti Corpo: 170/248
Punti Mana: 260/285
Exp: 56


Venditore ()
Punti Salute: 0/160
Punti Corpo: 0/110
Punti Mana: 0/110
Exp: //
Pozionista ()
Punti Salute: 0/110
Punti Corpo: 0/110
Punti Mana: 0/170
Exp: //
Jolene (J)
Punti Salute: 130/196
Punti Corpo: 100/140
Punti Mana: 156/156
Exp: 27
Rowena (R)
Punti Salute: 280/350
Punti Corpo: 310/351
Punti Mana: 340/363
Exp: 49


Mìreen (L)
Punti Salute: 160/218
Punti Corpo: 140/163
Punti Mana: 181/181
Exp: 31
Aiden (A)
Punti Salute: 210/242
Punti Corpo: 170/192
Punti Mana: 215/215
Exp: 35
Issho (I)
Punti Salute: 120/196
Punti Corpo: 110/132
Punti Mana: 126/126
Exp: 29
Gwen (G)
Punti Salute: 68/118
Punti Corpo: 40/53
Punti Mana: 55/55
Exp: 4
Memory (Y)
Punti Salute: 130/177
Punti Corpo: 55/78
Punti Mana: 88/88
Exp: 16,5
Daddy (D)
Punti Salute: 240/308
Punti Corpo: 230/267
Punti Mana: 270/282
Exp: 72,5
Betterson (A2)
Punti Salute: 70/180
Punti Corpo: 130/220
Punti Mana: 170/220
Exp: 32
Medimago #2 (mx)
Punti Salute: 0/150
Punti Corpo: 0/130
Punti Mana: 0/130
Exp: 30


Jerkins (an1)
Punti Salute: 20/170
Punti Corpo: 20/130
Punti Mana: 30/130
Exp: 30
Medimago #1 (mx)
Punti Salute: 150/150
Punti Corpo: 130/130
Punti Mana: 130/130
Exp: 30
Medimago #1 (mx)
Punti Salute: 0/150
Punti Corpo: 0/130
Punti Mana: 0/130
Exp: 30
Medimago #3 (mx)
Punti Salute: 0/150
Punti Corpo: 0/130
Punti Mana: 0/130
Exp: 30
 
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view post Posted on 9/9/2020, 20:47
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Infine tutto si consumò. la profezia trovò piena attenzione e in quell’abbraccio, quella vicinanza fisica che univa un caposcuola con il suo docente di pozioni tutto si concluse. Sarebbe stato difficile riprendersi da quella vicenda. I morti, la disperazione, le grida dei feriti erano tali che sopportare tutto senza perdere i sensi era impresa estremamente ardua. Tutto era accaduto esattamente come Oliver aveva profetizzato ma il colpo così duro lo avrebbe presto strappato alla vista di quello scempio che chissà quali forze oscure avevano architettato. Sirius aveva cercato fino alla fine di stimolarlo, di tenerlo sveglio ma la fatica, lo stremo delle forze, lo aveva portato inevitabilmente a perdere il contatto con la realtà. Così scivolava rapidamente nell’oblio, l’unica soluzione, il solo porto sicuro. Abbandonarsi avrebbe in qualche sollevato l’amico dalla responsabilità e dalla necessità di dover far i conti con tutto quanto era appena avvenuto. Sirius White dal canto suo aveva visto così tanto che ponderarle a lungo sarebbe stato solo una perdita di tempo. Di una cosa era certa. La necessità di dover sgomberare il campo, di dover prendere Brior e di portarlo con sé in ospedale prima che a quelle tragedie ormai infinite si aggiungesse qualcosa di peggiore come la perdita del caro grifondoro. La squadra degli maghi ministeriali si era già messa all’opera. Numerose passaporte venivano attivare e con esse piano piano la piazza iniziò a sfollarsi. Placida e serena era venuta la risposta dal cielo, quasi a voler placare l’ira e la rabbia, a voler sedare la guerra e i conflitti che in in quella piazza si erano consumate. Non c’era niente di cui ragionare, niente di cui preoccuparsi in quel frangente che voleva come unica priorità quella di cercare aiuto in un ambiente protetto come poteva essere solo un ospedale. Avrebbe avuto il tempo per piangere i morti, prendersi cura dei feriti, rammentare quello che sarebbe stato per sempre ricordato come la tragedia di Hosgmeade ma ora era ad Oliver che doveva dare la sua attenzione. Doveva prendersi cura di lui. Ancora una volta chiamato in suo aiuto non si sarebbe sottratto con la stessa facilità con la quale aveva fatto qualche tempo addietro. Non lo avrebbe lasciato. Gli sarebbe stato accanto fin proprio alla fine.
La mente si concentrò, mentre con le braccia cingeva il corpo del grifondoro ormai privo di senti. La sua attenzione si focalizzò sull’ingrasso dell’ospedale dove già era stato molte volte prima di allora. Non ci sarebbe stato spazio per l’errore. Deciso e ben motivato avrebbe impresso al suo corpo la rotazione necessaria affinchè il suo corpo e quello di Brior venissero compressi nel vortice di materializzazione che li avrebbe condotti al San Mungo. Le braccia strette intorno al suo corpo avrebbe evitato qualsiasi forma di spaccamento. Non era certo il suo primo ballo ma la stanchezza accumulata, gli incantesimi già lanciati potevano aver fiaccato il suo fisico. La mente lasciò andare i suoni che al momento affollavano il suo presente. Le urla, la disperazione, tutto si sarebbe fatto via via sempre più lontano, ovattato, lontano dalla sua realtà. E sarebbe stata pace, solo silenzio per qualche attimo prima di arrivare al San Mungo dove un lungo ricovero probabilmente attendeva. Non si sarebbero arresi. Avrebbero lottato fino alla fine. Avevano ancora così tanto da fare.
 
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view post Posted on 10/9/2020, 14:15
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LA MANGIAMORTE

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Quello che quell’esperienza le aveva lasciato, oltre ad un dolore fastidioso e diffuso in tutto il corpo era che il suo cuore batteva ancora. Non le interessavano la morte e la devastazione che la circondavano, le interessava solo Jolene e il semplice fatto che le fosse entrata dentro in qualche modo. Questo non era accettabile, non per lei che aveva fatto il possibile per tagliare i ponti con il resto del mondo, che aveva votato la sua esistenza ad un solo individuo, ad una sola causa che tra le altre cose, si accorse che non avrebbe potuto servire per sempre. Il suo corpo era fragile, la sua esistenza effimera su quella terra e sarebbe bastato qualcosa di più grosso di un ardemonio per spazzarla via, per lasciare Voldemort circondato da inetti. Avrebbe dovuto trovare una soluzione ma affrontare tutto questo assieme era al momento troppo. Prima di tutto, avrebbe dovuto allontanare Jolene da lei, distanziarsi per non essere attaccabile, corruttibile.
Le fiamme erano oramai estinte e senza perdere tempo, stava già visualizzando nella mente un luogo sicuro da poter raggiungere per far riposare le membra, rinfoncillarsi e guarire quelle ferite, che aveva sparso un po’ qui e un po’ là sul corpo. Ma non fece in tempo che autorità le volevano al san mungo, sia per curarsi, che per essere interrogate. Questo complicava decisamente le cose. L’ardemonio, anche se era stato usato per proteggere in questo caso, era comunque una magia antica e oscura, qualcosa di temibile e che in tempi non troppo lontani aveva raso al suolo la congrega dei duellanti e annoverato un numero notevole di vittime. Conoscere questa sorta d’incantesimo non era illegale ma di certo avrebbe levato qualche campanello d’allarme che non era intenzionata a suonare doveva pensare a cosa dire per uscirne pulita, conscia che chiedere a Jolene di tacere era come affermare la propria colpevolezza di aver fatto qualcosa di pericoloso e fuorilegge. Decise di stare zitta, lasciandosi dietro la figura della rossa e raggiungendo la più vicina passaporta, sperando che tutta quella pagliacciata finisse presto e casomai, cercando di liberarsi prima del tempo assumendo le sembianze d’impicciona giornalista, cosa che le riusciva sempre bene.
 
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view post Posted on 11/9/2020, 21:13
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Jolene White
‣ Infermiera‣ Ex Corvonero‣ 20 anni‣ Outfit

Jolene
Là dove aveva cercato un qualsiasi residuo di vita, Jolene trovò solo cera: i colori della ragazza erano colati, mischiandosi come tempera che, priva di forma, avesse perso ogni memoria del quadro che aveva dipinto un tempo – la pelle liscia, i capelli adorni di fiori, gli occhi che si erano posati su Jolene come se fossero in grado di vederla. Solo un trucco. Solo un altro incubo.
Il luccichio di una boccetta intatta la portò a chinarsi per raccoglierla. Dovette vincere l'avversione contro l'ammasso di cera, la cui vista e il cui odore si facevano di momento in momento più nauseanti. Davanti ad un corpo sventrato, spesso si vomita; Jolene era sul punto di cedere, pur non avendo accanto nient'altro che materia inanimata. Non avrebbe sopportato il puzzo delle candele bruciate per molto tempo a venire.
Strinse le labbra, che divennero una linea livida prima che riuscisse a stringere le dita intorno al vetro e si tirasse nuovamente in piedi. Indietreggiò, e la mano si sollevò a portarle la fiala davanti agli occhi. Gocce di pioggia si raccolsero come lacrime sulle sue ciglia, dovette asciugarle con la manica. Avrebbe potuto sollevare il cappuccio, ma in quel momento non le importava. Si concentrò sul liquido all'interno del vetro, sui narcisi che vi galleggiavano dentro. Morte. Piccoli e graziosi, petali delicati che altro non erano se non distruzione assoluta. Era così semplice incapsulare la fine? Rigirò l'oggetto tra le dita sottili e bianche come osso, e per pochi secondi si scordò di tutto ciò che aveva intorno. I sopravvissuti cessarono di gridare, le macerie non vennero più smosse alla ricerca di corpi sepolti; c'era solo la pioggia, che batteva regolare sul suo capo, inzuppandole i capelli, le vesti, coprendo la superficie trasparente della boccetta di gocce effimere. Nessun pensiero cosciente, solo un formicolio che le cresceva alla base del petto la avvisò di quanto quel momento fosse pericoloso. Era come ipnotizzata, e il fuoco che ancora sentiva sulle proprie mani, sulle braccia, la invischiava ancora più a fondo nell'incantesimo cui era caduta preda. Sapeva cosa sarebbe successo se avesse lasciato cadere la fiala. Sì, ma se davvero lo avesse fatto?
«La prego, non faccia alcun movimento brusco con quella boccetta.»
Forse perché così perfettamente mirate, solo quelle parole riuscirono a spezzare l'incanto. Suo malgrado, Jolene staccò lo sguardo dai narcisi, e vide l'Auror che aveva parlato.
«Contengono esplosivo.»
Annuì: sì, se ne era accorta. Ne portava i segni sulla pelle, e aveva bisogno di cure. Eppure, nonostante tutto, faticò a muoversi. Fu con una certa riluttanza che lasciò l'oggetto nelle mani delle autorità, rispondendo alla necessità di cautela più per istinto che per reale paura. I narcisi passarono di mano, e d'improvviso Jolene sentì che un peso molto più greve del reale le era stato tolto di dosso. Non fu piacevole, quanto piuttosto sconcertante: non aveva più niente a cui aggrapparsi.
Una rapida perlustrazione dei suoi dintorni le rivelò che Rowena si era allontanata mentre lei non vi faceva caso. Un'improvvisa vampata di emozione le fece contrarre le dita e serrare la mascella, quando la consapevolezza di essere stata abbandonata fece breccia nell'apparente apatia cui era caduta preda. Che stupida ad essersi aspettata qualcosa di diverso: aveva forse creduto che fronteggiare l'Ardemonio una di fianco all'altra le avrebbe legate in qualche modo riconosciuto anche dall'altra? In passato Rowena le aveva già dimostrato di non farsi scrupoli e, a ben pensarci, probabilmente lo scenario di morte non aveva prodotto su di lei nessuna impressione. Jolene si rendeva conto di essere crudele nel suo giudizio, e non vi credeva davvero; ma vi si aggrappò come alla scintilla di vitalità che avrebbe potuto scuotere il suo intorpidimento. Fare di Rowena l'oggetto della sua rabbia impotente l'accese sempre di più, lo sdegno che divampava dietro ad un'espressione ora corrucciata, prossima al pianto. Era più semplice concentrarsi su quel torto minuscolo, piuttosto che fronteggiare nel pieno della coscienza la grande, enorme ingiustizia che si era abbattuta sull'intero villaggio. Nomi e volti che conosceva le passarono tra i pensieri, rapidi come battiti di ciglia: Aiden, Mìreen, Oliver, Maurizio. Erano solo quelli che sapeva per certo si trovassero nella piazza al momento dell'esplosione, la consapevolezza della loro vulnerabilità troppo dolorosa da accettare.
Ora la pioggia le inzuppava il mantello, così, quando finalmente si mosse, si sentì ancora una volta appesantita, le spalle incurvate sotto all'acqua come sotto ad ogni grido, ad ogni ferito che aveva visto nella sua corsa tra le macerie, ai morti che aveva fatto in tempo ad occhieggiare davanti alle fauci del fuoco maledetto. Non si dette pena di pensare alle gocce che le scorrevano lungo il viso. Cominciò a dirigersi verso l'assembramento più vicino, là dove immaginava esserci una passaporta. Passi da automa le stirarono i muscoli in una pesantezza fatta di scatti. Doveva avere un'aria spaventosa, con i capelli attaccati alle tempie, il rosso e il nero a macchiarle le guance, le mani, a impregnare i vestiti fino a farsi sentire sulla pelle, ancora, nell'impressione del tutto stranita che aveva del proprio corpo.
Quando raggiunse il piccolo capannello e osò incontrare coloro che la circondavano, vide solo altre facce grigie di cenere e terrore. Gli sguardi erano tutti stranamente vuoti, o almeno così parve a lei, in un'impressione che era la proiezione della propria interiorità. Si chiese quanti di loro avessero saputo della profezia: Io lo sapevo, avrebbe voluto dire, Lo sapevo e comunque non ho potuto fare niente. Jolene non era un'eroina. A dir la verità, era già tanto che fosse sopravvissuta; e, se ne era grata, quel sentimento era sepolto sotto a tutte le macerie di Hogsmeade.
Ciò nondimeno, allungò la mano verso la passaporta: un secchio arrugginito ed ammaccato, privo di spettacolarità come qualsiasi altro dettaglio in quel contesto. Strinse le dita lungo il bordo e chiuse gli occhi. Aspettò.

‹ PS: 130/196 ‹ PC: 100/140 ‹ PM: 156 ‹ EXP: 27

Riassunto & Status delle Ferite

Raccolta la boccetta con dentro il materiale esplosivo, Jolene la fissa, quasi incantata, fino a quando l'Auror non cattura la sua attenzione. Quando le viene chiesto rende l'oggetto alle autorità.
In seguito si accorge dell'assenza di Rowena, e si infuria per l'indifferenza della donna nell'averla abbadonata. Si aggrappa a questo sentimento come motore per smuoversi, e infine raggiunge una delle passaporte intorno a lei, un vecchio secchio arrugginito.

Danni:
- sbucciature su entrambe le mani a causa di una caduta
- graffi e tagli su braccia e viso, a causa dei detriti
- ustioni su mani e braccia


Inventario

‣ Bacchetta: legno di Larice, piuma di Abraxas, 13 pollici, flessibile
‣ Cappa della resistenza: resiste a moltissimi colpi e folate di calore o di gelo (indossata)
‣ Anello difensivo: protegge da danni fisici e incantesimi; anche da Avada Kedavra, ma poi si spezza. Usabile una volta per quest (anulare destro)
‣ Patente di Smaterializzazione e qualche Galeone (tasche)

Conoscenze

‣ Classi di Incantesimi I, II, III, IV (esclusi i proibiti)
‣ Classe VI:
Adduco Maxima















 
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view post Posted on 12/9/2020, 17:54
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You are not saving this world, you are preparing it for me.

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MAURIZIO PISCIOTTUsquadra antimago ✧ 28 anni ✧ A quiet place
Quello che succede dopo un disastro è sorprendentemente sereno, e questa volta non è da meno. Lo sento mentre striscio tra le macerie che è tutto già finito perché mi rendo conto di essere l'unico a produrre rumori, sembra quasi che io sia rimasto solo in quel palazzo, niente esplosioni, niente urla, niente magia scagliata per aria. Ed è proprio per quello che, vedendo la luce sempre più vicina, mi fermo un secondo a sorridere, so di avere fatto il mio nel bene e nel male ho avuto la mia parte d'azione e quel brivido che solo l'idea di aver salvato una vita può darti.
Continuo a strisciare verso l'uscita e qualche istante dopo mi ritrovo nella piazza di Hogsmeade, vedo subito Raves accorrere in mio aiuto e, per una volta, sono disposto a darglielo. Nella mia testa non era solo un braccio ma per quello che ho fatto mi meriterei di essere quantomeno portato da quattro persone, una per arto, in gloria come è giusto che sia. Ma mi accontenterò di un braccio, per questa volta, mentre andiamo verso il gruppo di Antimaghi e Auror. Li osservo senza dire granché, mi limito ad osservare e ascoltare gli aggiornamenti mentre qualcuno va alla ricerca di Killian. Di lui mi ricordo soltanto in quel momento, di come non ho ascoltato gli ordini pur avendolo palesemente visto al centro della piazza prima dell'inizio del disastro, eppure penso a quanti sarebbero morti senza il mio intervento.
Continuo passivamente ad ascoltare la situazione, abbiamo l'obbligo di ritrovarci al San Mungo, eppure il mio interesse è conoscere la lista dei morti, molte persone che conosco vivono ad Hogsmeade e ho bisogno di sapere che questi stanno ancora bene.
Raggiungendo le passaporte dico a Raves che può benissimo lasciarmi, la mia Licantropia mi permette di stare ancora sulle mie gambe mentre provo a fare mente locale e racconto a Raves quello che è successo mi blocco e mi volto verso di lui.
"Ora che ci penso Raves...ma da quando c'è un palazzo al centro di Hogsmeade?"
La domanda causa ilarità nel gruppo eppure, ancora confuso, mi dirigo verso il San Mungo.

@ CODE BY SERENITY

 
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view post Posted on 16/9/2020, 12:46
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When the snow falls, the fox tries to survive.

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Aiden Weiss
Di Narcisi e di Fiamme

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Aiden-evento

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Disappunto. Era questo che l’Auror provò nel medesimo istante in cui le urla del ragazzo giunse alle sue orecchie con la stessa rabbia e frustrazione di un cucciolo ferito che voleva disperatamente far udire la propria voce, le proprie ragioni, la propria versione dei fatti.
Aiden Weiss corrugò la fronte, la quale venne solcata da profonde rughe che rivelarono fino a che livello di spossatezza fosse giunto, per poi scuotere la testa con gli occhi induriti. Sarebbe potuto sembrare un pezzo di ghiaccio, forse lo era davvero, ma dopo tutto quello che era successo all’interno di quella piazza chi mai poteva biasimarlo? Aveva provato talmente tanta di quella rabbia che ora non desiderava altro raggiungere suo fratello al San Mungo, sfogarsi con lui, e tornare al Quartier Generale per fare rapporto; solo dopo si sarebbe concesso il lusso di riposare, di ritornare ad essere l’Irlandese sorridente e disponibile con tutti.
Quando l’incantesimo, infine, sortì l’effetto sperato, il Mago di Galway si ritrovò tra le mani ben quattro bacchetta. Da lì in poi, conscio di aver finalmente piantato un paletto in quella discussione, l’uomo alzò la voce affinché tutti lo udissero con chiarezza, e non si risparmiò dall’essere autoritario. Già non gli era piaciuto il fatto che nessuno dei presenti si fosse identificato come richiesto, segno inequivocabile di come la popolazione se ne fregasse altamente delle autorità, ma considerando quanto era successo decise di chiudere un occhio dato che aveva le loro bacchette. «Sono l’Auror Weiss e riavrete le vostre bacchette a tempo debito. Fino ad allora vi consiglio di darvi una sana calmata.» Lo disse in generale a tutti, per poi fissare il ragazzo con austerità. «Modera il linguaggio, ragazzo, con l’arroganza non otterrai di certo l’effetto sperato.» E più osservava quel giovane e più gli sembrava familiare, come se lo avesse già visto da qualche parte, forse… La Scuola di Atene? Possibile?
Ma quei pensieri vennero interrotti con l’arrivo di sia di Mireen che di altri Auror e Antimago, i quali giunsero sul posto capitanati da un volto a lui conosciuto, il collega Specter. Alle parole di Mireen riuscì a stento a sospirare di sollievo, troppo stanco per fare altro, e annuire appena. «Se non altro sta bene. Grazie dell’informazione, Mireen.» le disse. Mentre quando avvertì Specter affiancarsi a lui, Aiden allungò appena il collo verso la sua direzione per udirlo meglio, mentre continuava a tenere lo sguardo vigile sui presenti. Non passò inosservata quella punta di disprezzo che aveva percepito nel collega quando parlò di Betterson e di come la versione del ragazzo combaciasse con quanto altri civili avevano visto.
Disprezzo.
Era una parola forte, un’emozione pericolosa ma assolutamente naturale da provare, perché rientrava nella natura umana. Per un Auror era difficile lottare con tutti gli aspetti negativi dell’umanità di cui era fatto, ma la parte più ardua era riuscire a non farsi condizionare da esse. Percepire il disprezzo in Specter era stato facile perché, infondo, anche lui si era ritrovato a provare qualcosa di simile, più un disgusto misto a disappunto.
Fin dal giorno in cui aveva assunto il Distintivo, Aiden aveva costantemente montato la guardia, si era sempre guardato le spalle da possibili traditori. Suo padre era morto in circostanze misteriose e ancora non chiarite, per questo il timore che potesse essere stata una mano - che si era da sempre finta amica e alleata - a portargli via l’epicentro del suo mondo non l’aveva mai abbandonato. Venire a conoscenza che Betterson aveva tradito, per una chissà quale ragione, aveva ravvivato le fiamme del proprio furore e - per un attimo, solo e soltanto per un attimo - fu tentato di prendere l’ormai ex collega per i capelli e trascinarlo lui stesso da Rhaegar. Tuttavia soffocò ogni impulso e si limitò ad annuire alla richiesta di Specter.
«Molto bene. Se riesci a trovare Resween prima del ritrovo in ospedale, pensaci tu a fargli rapporto.» Si limitò a dire, per poi tornare a guardare Mireen. «Vai avanti con loro, io devo parlare con il ragazzo.» aggiunse, facendo un cenno con la testa nella direzione di Issho e del gruppetto di minorenni. Non era sua intenzione fare una lavata di capo a quel ragazzo che aveva osato urlare con una certa dose di arroganza da mandarlo in escandescenza, ma piuttosto fargli capire che non era quello l’approccio più consono se voleva essere ascoltato e creduto; gli era andata di lusso che fossero saltati fuori dei testimoni in grado di confermare la sua versione, ma se non ci fossero stati?
Emise un sospiro profondo mentre attese qualche secondo in più, affinché Mireen conducesse gli altri fino alla Passaporta più vicina, prima di invitare il ragazzo ad unirsi a lui con un lieve movimento della mano visibilmente ustionata e che ancora stringeva le bacchette degli altri.
«Come ti chiami?» Il tono si era fatto improvvisamente morbido, tranquillo, visibilmente provato da quella che era una bomba di stanchezza che, infine, era esplosa. «Ho l’impressione che ci siamo già incontrati, ma non è questo il punto per il quale voglio parlarti. Sei stato coraggioso oggi nell’aver affrontato qualcosa più grande di te, nell’aver fronteggiato chi sarebbe dovuto restare un Auror in tutto e per tutto. Ma sei stato anche un incosciente nell’esserti rivolto in quel modo ai presenti e a me. E’ un tuo diritto essere ascoltato, certo, ma con l’arroganza non si ottiene lo stesso tipo di ascolto che vorresti avere. Pensa a cosa sarebbe potuto accadere se non ci fossero stati testimoni a confermare la tua versione, pensa a quanto la tua parola avrebbe avuto valore in confronto a quella di Betterson.» Quella lezione lui l’aveva imparata sulla propria pelle, era per esperienza che stava parlando, non di certo per sembrare il saccente o il savio di turno. Desiderava solo che il ragazzo capisse, perchè aveva avvertito in lui una cosa che li rendeva in parte simili: la rabbia; e se poteva evitare che cadesse nei suoi stessi errori, allora tanto valeva provarci. «Non è mia intenzione riprenderti o educarti, ma solo consigliarti di fare più attenzione la prossima volta. La rabbia non è sempre una valida alleata.» aggiunse, riconoscendo di essersi lasciato troppo andare e che - forse - era stata quella la ragione per la quale la donna dai capelli rossi era fuggita via prima ancora di tentare di fermarla.
Quando giunsero in prossimità della Passaporta, Weiss rivolse un ultimo sguardo addolorato al villaggio, mentre la pioggia si era già portata via i residui di sporco e sangue presenti sul suo corpo, tranne una cosa: il senso di impotenza che ancora provava nel non essere riuscito a fermare un responsabile di quello scempio, nel non aver tentato a sufficienza nel cercare di alterare il flusso degli eventi profetizzati. Pesava tremendamente su di lui e non si sarebbe dato pace tanto facilmente, lo sapeva.
Fu quindi un pensiero che lo accompagnò oltre la soglia che lo avrebbe condotto al San Mungo: Voglio il Potere. Voleva tutto ciò che poteva garantirgli un maggior margine di successo, voleva gli strumenti per fare la differenza, per fare del Bene.

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‹ PS: 210/242 ‹ PC: 170/192 ‹ PM: 215 ‹ EXP: 35

Inventario

› Bacchetta in legno di biancospino, piuma di Ippogrifo, 12 pollici e mezzo, flessibile;
› Distintivo Auror;
› Ciondolo "Giada delle Fate" ─ Ciondolo creato dalle Fate con le loro magiche mani, dona forza e sicurezza in sé.;
› Cinturone d'argento con incastonate Perla Mistero, Punto Luce del Corpo e Punto Luce del Mana;
› Bracciale Celtico originale;
› Veste della Metamorfosi ─ Veste che aiuta chi la possiede a compiere trasformazioni. Facilitato il cambiamento in Animagus, possibilità maggiori di trasformarsi in ciò che si vuole per i Metamorfomagus e modesta facilitazione per l'utilizzo di incantesimi Trasfigurativi che hanno impatto su chi lancia l'incanto (come quelli di camuffamento). Utilizzabile solo in Quest ed Eventi.;
› Cappello della Nebbia ─ Anche se sembra sgualcito e un po' usato, questo cappello comodo è utile anche per nascondersi fra i babbani; scherma leggermente il capo dai cambiamenti di temperatura e dai danni da incantesimo grazie ad alcuni incanti di protezione;
› Bracciale di Damocle ─ Chi indossa questo oggetto avrà la possibilità di lanciare un "doppio incanto", ovvero due incantesimi in un solo post/azione, ma non più di una volta ogni 6 post di Quest/Evento (non portabile in duello del Club);
All'interno di una borsetta a tracolla (oggetto comune):
› Mantello Leprecaunico della Disillusione ─ Realizzato con pelliccia di camaleonte, il Mantello della Disillusione rende una buona, anzi ottima mimetizzazione: se il tuo corpo è ben avvolto in questo tessuto, esso sembrerà donarti l'invisibilità. Se l'esterno del mantello, quando utilizzato, acquisisce il colore di ciò che lo circonda per mimetizzarvi, il suo interno sarà foderato in seta finemente decorata da tanti piccoli quadrifogli verdi;
› Coppia di Specchi ─ in collegamento con Oliver Brior; ─ Consegnato a Killian Resween.
All'interno di una piccola scarsella (oggetto comune) appesa al cinturone, contenente:
› 1 x Fiala di Dittamo;
› 1 x Fiala di Puzzalinfa ─ La Puzzalinfa è un liquido che proviene dalle bolle rosse delle Mimbulus Milmbletonia (piante molto simili a cactus, ma senza spine). Una fialetta di Puzzalinfa impedisce all'avversario di respirare aria pulita e può metterlo in condizione di non riuscire ad attaccare;
› 1 x Caramella dell'Illusione ─ Chi la ingerisce si “sdoppia” rendendo difficoltoso per l'avversario riconoscere quello vero.

Incantesimi & Abilità

Classe I, II, III, IV complete, esclusi i proibiti;
Proibiti: Iracundia (Classe III), Ignimenti (Classe IV), Claudo/Parclaudo e Nebula Demitto (Classe V);
Classe VI: Incarceramus;
Incantesimi da Auror: Stupeficium, Expecto Patronum, Rompisigillo, Nego Negligetiam, Homenum Revelio, Deletrius.
Incantesimi da Animagus: Mutas/Immūtas.

Vocazione: Occlumante Apprendista, Animagus Apprendista (Volpe Rossa).


Riassunto & Status delle Ferite

Al di là delle varie riflessioni, Aiden cerca di riportare tutti all’ordine e segue le direttive di Specter nel dirigersi verso le Passaporte. Chiede a Mireen di portare gli altri mentre lui cerca di consigliare Daddy.
Diversi tagli e schegge di vetro conficcati lungo braccia e gambe. Contusione spalla sinistra. Bruciature sempre più evidenti su faccia e mani. Mano sinistra ustionata.
Turni trascorsi dall’utilizzo del Bracciale di Damocle 5/6.
























 
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view post Posted on 16/9/2020, 18:49
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Dicono sia l'inizio. Per me, Loras, sarà sempre la fine
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L'asfalto aveva un odore proprio, si concentrava insieme, pizzicava le narici, arricciava il naso e il volto intero; gli occhi mettevano a fuoco, tra gli scroscianti rivoli d'acqua piovana, una figura che l'osservatore avrebbe riconosciuto in ogni caso, in qualsiasi momento, in ogni luogo. Quando il cuore si strinse in una morsa energica, quando una voce poco distante gridò un Incanto, quando il calore più pericoloso, vivido, ardente sulla sua stessa pelle si dissipò in cenere e lapilli, in sbuffi di fumo e di fiammelle disperse, soltanto allora riuscì a stabilirsi; un respiro profondo, rapido, necessario, che puzzava di fuoco e di disperazione. Chiudi gli occhi, bambino mio. Era finita. Era finita davvero. [...] La pioggia era arrivata, ma era tardi, sarebbe stato tardi. Chiuse gli occhi.

Esame Materializzazione, Ministero [x]


PrwrPHH
Chiudi gli occhi, bambino mio.
Il corpo vestiva la cenere promessa, e si esprimeva infine giustizia al suo tempo, ad ogni altro tempo. La sua bocca sfidava l'asfissia di un respiro compromesso, attingeva al fumo e ne invitava l'ingresso, lì tra le labbra socchiuse, lì tra la smorfia pungente. Era dolcissima la conferma di non aver peccato, di non essere caduto in errore, ed era ancor più afrodisiaca la consapevolezza di porre un punto fisso, un punto fermo a tutto quello che aveva già visto, e che tuttora rivedeva. Le pagine di Vablatsky scrivevano supposizioni e teorie circa quando e come un Divinatore potesse arrivare a sentirsi completo, e di pari modo pullulavano di indicazioni, di consigli, perfino di pratiche. Al chiarore delle stelle, al gelido sospiro della Torre d'Astronomia di Hogwarts, anche lui ne aveva stuzzicato la curiosità, e quelle stesse parole erano scivolate tra i suoi pensieri fino a rendersi fertili; alla tremula danza delle fiammelle del camino, nell'accogliente Sala Comune Grifondoro, anche lui era stato rapito dai discorsi di quella che difatti era ormai diventata la sua autrice preferita in assoluto. Vablatsky era impeccabile, lo era da sempre, e il suo nome era garanzia di veridicità. Ogni sua congettura aveva fondamenta solide, si incastrava perfettamente all'altra, formava così una cornice d'insieme sorprendente. Restava ai giorni odierni la voce più limpida per l'arte mantica, e per tutti i segreti, i misteri, gli intricati grovigli che ne conseguivano. Quello che Vablatsky non sapeva, e forse mai avrebbe potuto sapere, bruciava invece sulla pelle del Veggente, lì nella piazzetta divelta del Villaggio di Hogsmeade. Con le ustioni più gravi, il sangue zampillava in rivoli indistinti, e per un attimo, un lungo attimo, Oliver si domandò se quel colore, quel rosso, quel vivo vermiglio fosse sempre stato lì, perenne, appena dimenticato. Con il fuoco a lambire la sua figura, era stata calda, quasi rassicurante la sua vicinanza, e per un attimo, un lungo attimo, Oliver non aveva desiderato altro, non avrebbe mai più potuto desiderare altro. L'estasi dei sensi al risveglio non aveva confronto, vibrava di un pericolo che sfumava in cambiamento, in evoluzione, soprattutto in chiarezza. Lo era, lo era davvero, e per la prima volta da quando aveva memoria. Quello che Vablatsky non sapeva si esprimeva nitidamente ai suoi occhi, quegli stessi occhi già offuscati, stanchi, spossati. Era lì, Visione eterna. Era lì, il Futuro atteso, e si rivelava come privilegio tanto estenuante quanto a lungo, troppo a lungo ricercato. Era lì, Visione finita. Era lì, il Presente compreso. Non aveva paragone, non poteva; vivere quanto già vissuto, vedere quanto già visto, non aveva prezzo. Così com'era stato, così come doveva essere. «Così com'è.»
Vestiva di cenere, ancora, ancora una volta. Quando le ginocchia cominciarono a tremare, quando il confine della vita non gli parve più impossibile. Vestiva di fuoco, ancora, ancora una volta. Quando preferì cedere, e cadere insieme.
Cedere, e cadere ora, ieri, domani, e in ogni altro tempo. Il singulto di un nome reciso, la voce che aveva parlato e aveva predetto; quella stessa voce da sempre pacata, delicata, gentile, e che infine gridava al cielo offeso. Quando incrociò il suo sguardo, quando lo vide, e lo vide pienamente, il suo nome morì lentamente sulle labbra. Disumano, sconcertante, fino ad essere brutale, la voce accolse la tragedia e vi pose il punto d'epilogo. Jasdel era lì, mentre la pioggia bagnava i sopravvissuti, benediva le vittime, spegneva le fiamme - anche sulla sua pelle il pizzicore si costrinse ad affievolirsi, l'acqua salvifica rispondeva così all'appello previsto. I sensi si affaticarono, il corpo non riuscì più a reggere il peso contro cui si era imbattuto, e lui, lui neanche avrebbe dovuto sforzarsi fino a quel modo. Intimamente, sapeva di dover essere lì, e chiunque avesse pensato il contrario non avrebbe mai potuto comprendere. Perché lì, davanti al suo sguardo adombrato, c'era storia, ed era la sua storia. Una parte di sé, atipica, pretese che continuasse, che giungesse al termine; non doveva andare così, non esattamente così. Jasdel era vivo, era in piedi, era salvo. Il suo ultimo pensiero andò a lui, prima di spegnersi. Nelle sue Visioni era morto tra i morti, caduto a sua volta sotto la sferzante furia del fuoco e delle macerie, e invece, invece il tempo cambiava. Non riuscì ad indagare le sue sensazioni, se fosse sorpreso, felice, sollevato o cos'altro; una punta di indifferenza lo colse impreparato, e un'altra di attenta malinconia lo rese confuso. Il dolore anestetizzava ogni altra percezione, e la degenza dei mesi addietro tornava in quel modo con conseguenze affatto imprevedibili. Si era spinto oltre quanto preteso, si era spinto oltre quanto possibile. Quando le braccia di Sirius gli cinsero il petto, Oliver non comprese da subito: si lasciò andare, come all'abbraccio di un affetto mai dimentico, e come porto d'approdo. All'ultimo battito di ciglia, Jasdel non c'era più, scomparso a sua volta. Prima che la Materializzazione sfidasse di buio i colori, il suo volto salì ai resti del palazzo. Aprì bocca, e le parole inseguirono l'odio, la vendetta, la rabbia.
«Possiate morire, possiate morire tutti.» Maledì il palazzo, maledì il Quartier Generale degli Auror. Maledì tutti, dal primo all'ultimo, e incautamente si crogiolò in un tormento che mai avrebbe creduto appartenergli.
«Morire, morire, morire... tutti Cambiò in cantilena, sussurro dopo sussurro, inconsapevole di ogni altro significato. «Che la vita fugga questo luogo.»
Sparì alla Vista, sparì alla vista. Prima di perdere i sensi, il suo singulto sfumò in un sorriso folle. Quando cominciò a ridere, a ridere ancora, a ridere sincero, tutto il resto scomparve. Per un attimo, un lungo attimo, immaginò di non riuscire più a smettere. Sulla bocca profetica, la condanna così già imperversava. Chiuse gli occhi.

inventario bacchetta magica, galeone ES, spilla C.r.e.p.a., specchi comunicanti (Aiden, Sirius), amuleto propiziatorio; sfera di cristallo, tarocchi.

salute 180/278 corpo 170/248 mana 260/285 exp 56

abilità Divinatore, Maridese, Materializzazione
 
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view post Posted on 21/9/2020, 14:29
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simbolo1issho


isshonome
Dipendente Ministeriale ☯ C.M.I. ☯ 67 anni ☯ Giapponese
PS: 196 ☯ PC: 132 ☯ PM: 126 ☯ EXP: 29


La quiete. La triste e drammatica quiete che giungeva a completamento di una delle pagine più tragiche e devastanti che la comunità magica aveva negli ultimi anni vissuto. Uno sguardo perso nel vuoto, probabilmente in stato confusionale, quella del giapponese messo lì un attimo prima a intimare con la propria bacchetta il criminale rivelato, padre di due vittime dell’intera faccenda; non si rese nemmeno conto di quando la bacchetta in ciliegio gli fu sottratta, tanto era il flusso di coscienza in vigore nella sua testa che, per quanto si impegnasse, non trovava senso e logica d’azione nei suoi districarsi logico-deduttivi. Come poteva un padre arrivare al punto di giocare con la vita della propria famiglia? Quanto un oscuro cammino poteva annebbiare la mente dai propri affetti, ricordi, sentimenti verso un qualcosa di cosi legante e vincolante come il concetto di famiglia? Come poteva un’alta carica ministeriale come quella Auror mettere da parte i propri giuramenti, le proprie vocazioni per scopi legati all'oscuro? Soprattutto l’ultimo punto metteva a disagio il ministeriale che, in quanto tale, non poteva non chiedersi cosa ci fosse stato di sbagliato nel percorso di Betterson, ora privo di sensi a terra, nel suo reclutamento, nella sua formazione. Aveva peccato un’istituzione come il Ministero in tutta quella faccenda? Poteva essere tutto evitato o prevenuto? I limiti e le funzioni istituzionali, dove non avevano avuto forza e valore? Immaginava già un futuro articolo di giornale: L’ennesimo fallimento di un’istituzione: I cittadini protetti da nessuno. Ci volle un atto di purezza e innocenza a tirarlo giù da quei macigni mentali, da quel peso imponente che gravava sul suo sentimento di impotenza: la piccola Priscilla aggrappata alla sua gamba. Quanta genuinità nell'atto e quanta cattiveria da parte del mondo riservata a quei due pargoli che, ugualmente incapaci di capire come tutti i presenti la situazione attuale, realizzavano solo la disfatta del loro bene prezioso, del loro padre supino su quel terreno martoriato. Pioggia lacrimosa, polvere funerea e fumo come incenso erano ciò che accompagnavano l’intera scena, fra le urla di soccorso e le grida d’ordine delle truppe di antimago e Auror ora tutti presenti sul posto in piena attività così come era giusto. Un’ amarissima e lunga lacrima scendeva dal restante occhio abile del giapponese su un volto impolverato e sporco; una lacrima che raccontava la triste storia di uomini e donne perite sotto la maledizione di profezie del loro mondo, in totale sconoscenza e possibilità di andarvi contro se non con calcolata volontà e pragmatico approccio. La sua mano destra, anziana, stanca e lenta andava a poggiarsi sul capo della bambina devastata dalla situazione. Non una parola al momento, non uno sguardo…solo l’ascolto. L’ascolto del silenzio innocente; l’ascolto del lento scorrere; l’ascolto della lunga riflessione. Ulteriori sguardi rivolti ai presenti, chi scortato e chi richiamato all'ordine. Osservava i volti conosciuti dell’intera faccenda, quasi sconfortato ulteriormente dal fatto che tanti erano stati coinvolti in quel tragico giorno. Ancora silenzio nell'ascolto delle informazioni emanate da altri funzionari ministeriali che incitavano ad avvicinarsi alla passaporta più vicina per essere sottoposti a cure e interrogatori…si, perché’ il vero inferno cominciava adesso, tra le spiegazioni confuse, drammatici ricordi e funeste imprecazioni. Andiamo a cercare la mamma piccola Priscilla. Sarebbero state le ultime parole del ministeriale di quel giorno, congedandosi da tutti con la bambina e facendo segno alle due ragazze che lo avevano ‘’accompagnato’’ in quell'avventura per avventurarsi assieme a lui e il fratello della bambina alla più vicina passaporta possibile per smaterializzarsi al S. Mungo dove avrebbero cercato la roccia salda e protettrice dei due figli: la madre. Tra strascichi, dolori e pensierose imprecazioni, Issho quel giorno maturava per sé e per la sua utopica società un senso di giustizia e difesa oggi mancanti e fallimentari; quel giorno Issho avrebbe consacrato la sua vocazione alla formazione di una società più giusta e sicura. Quel giorno Issho avrebbe devoluto tutta la sua esperienza, conoscenza e attività alla ricerca di una giustizia Assoluta per omaggiare e rendere onore chi quel giorno aveva perso la vita, i sogni e gli ideali per qualcosa che non seguiva la strada retta e legale.

simbolo2issho




Statistiche:
PS: 120/196 ☯ PC: 110/132 ☯ PM: 126 ☯ EXP: 29

Inventario Attivo:
Bastone, Bacchetta, Guanti dell'eroe caduto, Giaccone in pelle di Erumpent , Sovrapantaloni in pelle, Cintura samurai, Calzature degli elfi

 
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view post Posted on 22/9/2020, 18:10
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Ero furioso, per non dire furibondo.
Le tempie pulsavano con irruenza, facendomi capire come il sangue stava arrivando con forza al cervello, rendendomi incapace di ragionare, di pensare con razionalità.
Chiusi gli occhi, poi immediatamente li riaprii .
Stavo male, ero instabile e questo era chiaro. Dovevo sfogare la mia rabbia su qualcuno altrimenti sarei imploso.
Inconsapevolmente provai a tenere a bada l'elemento che avevo in corpo quando l'Auror iniziò a parlarmi.
Sapevo che l'acqua sarebbe potuta emergere da me, colpire i presenti e inondarli e dovevo evitare che ciò accadesse altrimenti sarebbe stato difficile spiegare quella situazione.
Rimasi in silenzio, infilandomi le unghie nella carne presente nei palmi delle mani. Quella saccenza non l'accettavo, specialmente da chi aveva un distintivo.


*Stai tranquillo Daddy, non lo stare a sentire*

Mi disse la coscienza, mentre il rosso proseguiva nel parlare di quanto fosse successo e di come fosse corretto comportarsi.

*Vuole veramente parlare di arroganza? Non è arroganza quella che lo ha portato a levarmi la bacchetta tra le mani?*

Sentivo dentro di me un nuovo flusso di pensieri, decisamente malevolo rispetto a quelli precedenti.
Perché non ero apprezzato? Perché non ero additato come eroe, ma bensì come arrogante?
I miei comportamenti erano frutto di una rabbia e nervosismo che si protaeva da tempo e mi aveva portato ad essere maggiormente cattivo negli atteggiamenti.


*Non capiscono, non ci arrivano!
Sono buoni solo a parlare e pulirsi la bocca con belle parole.*

Pensai nuovamente in maniera maligna.
Non vedevo del buono in quelle autorità, erano semplicemente dei pagliacci messi lí per il volere di uno Stato assente che senza la figura di Camille veniva temporaneamente a vacillare.

Sentivo il respiro mancare, l'aria bruciare quando entrava nei polmoni, un blocco all'altezza del petto che non ricordavo di avere ma che portavo sempre con me.
Era rabbia quella che provavo? Era oppressione quella che avvertivo sulla mia persona?
Proprio quando sentivo di stare ad esplodere e un fischio nelle orecchie iniziava a farsi presente e costante, sentii un qualcuno parlare della situazione.
Oramai non ci speravo più! Qualcuno aveva dato notizia del fatto che quell'insulso padre di famiglia era un impostore e che io, Daddy Toobl, ero stato l'unico a capire quanto fosse successo.
Respirai per la prima volta correttamente, tra gli sguardi dei presenti che prima mi avevano visto come un pazzo e che ora mi vedevano come se potessi forse essere "normale".
Tra la folla e gli sguardi impauriti risi, risi di buon cuore, risi in maniera inquietante, quella risata era lo sfogo di un avere ragione che era stato represso con forza da persone anziane, convinte di sapere cosa fosse giusto e di aver saputo cosa fosse successo lì.


-Che c'è? Non sono più un pazzo scatenato? Non sono più un matto da portare ad Azkaban?

Domandai alla folla con tono provocatorio.
Gli occhi spiritati, lo sguardo in una smorfia inquietante erano il segno di come ero stato colpito da quegli eventi, da quello scontro fatto prima di colpi di bacchetta e successivamente tristi parole.


-Cosa fai? Dove scappi? Non mi dici "Grazie"? Te ne vai soltanto dopo avermi disarmato?

Domandai all'anziano orientale, mentre si allontanava portando sotto braccio quella che era la vera vittima di quella storia, la prole che avrebbe avuto in seguito il trauma di vivere sapendo chi fosse il padre e cosa rappresentasse.
Ero prossimo fare una nuova sceneggiata, l'ennesima in quel circo bizzarro, fatto di ustionati e morti, di lacrime e sopravvissuti, quando l'Auror si rivolse nuovamente a me.
Cosa voleva? Come pensava di poter parlare con me dopo quello che era successo? Come pensava di poter portare me alla consapevolezza ora che aveva provato a portare la ragione dalla sua utilizzando in maniera abietta l'autorità che aveva piuttosto che il giudizio?
Mi fermai nel ridere e lo sproloquiare, quindi mi avvicinai da lui con sguardo serio e severo.
Sapevo cosa gli dovevo dire e glielo avrei detto, anche se rischiavo di essere sbattuto in una cella del quartier generale Auror.


-Tu non sei nessuno per potermi giudicare-

Sottolineai con tono secco e deciso.
Riuscivo a sentire la rabbia scorrere lungo la mia pelle, ma non potevo più contenerla; non ora che ero stato ripreso come un bambino, nuovamente.


-Quello che è successo oggi è frutto di una società corrotta, di un Mondo che vede noi giovani stritolati dalla mano invisibile di voi adulti, sempre alla ricerca di riempire le vostre tristi vite con assurde manie di potere.
Che sia un attentato o un comandare a bacchetta il prossimo, puntate sempre a prevaricare sul prossimo facendo soffrire chi non può reagire o chi è più sensibile rispetto a voi.-


Strinsi il pugno con forza; la voce tremava, ma non perché avevo paura, ma perché ero arrabbiato con il Mondo che si poneva davanti ai miei occhi.
Cercando di farmi forza, dopo alcuni istanti proseguii a parlare.


-Tutto ciò non lo posso più sopportare, ne ora ne mai e farò in modo che non si ripeta.
L'arroganza, la vostra arroganza, verrá sopressa in favore di ideali veri e puri.
-


Respirai un secondo, il tempo necessario per prendere coraggio, per essere strafottente fino al midollo, quindi dissi:

-Io sono Daddy Toobl, Caposcuola Corvonero e ti assicuro che un giorno, non molto lontano metterò fine a questo scempio.

Presto farò capire a tutti come si fa veramente del bene; fermare Betterson, fermare un Auror e padre di famiglia in preda a una triste crisi di mezza età è stato solo un assaggio.-


Senza aggiungere altro, mi spinsi oltre, verso la passaporta predisposta, quindi dissi:

-Quando ti senti pronto puoi ridarmi la bacchetta. Sono certo che il Corniolo sente già la mia mancanza.-

Non aggiunsi altro prima di afferrare la passaporta per sentire un gancio trasportarmi oltre.
Quel giorno con quella storia avevo scoperto la mia totale inclinazione verso il Bene.
Bene non inteso come aiutare il prossimo, ma come obiettivo primario per far star bene la comunità magica, costantemente torturata da atteggiamenti crudeli e privi di alcuna logica.



Daddy (D)
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Punti Corpo: 230/267
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KILLIAN Friedrich RESWEENPer un attimo, un attimo soltanto, Killian si ritrovò in un limbo. L'aria aveva smesso di fischiare nelle orecchie e di gonfiare gli abiti; gli arti si rilassavano dopo aver stretto convulsamente il corpo dell'altro caduto; il tempo, suo nemico, gli concedeva finalmente un respiro. L'ultimo? Sì, Killian credette di essere morto. O forse impiegò troppo per rendersi conto di essere ancora vivo. Poi il calore dell'acciottolato che fino a qualche istante prima ardeva di fuoco maledetto gli scaldò la schiena, in contrasto con la pioggia sottile che rinfrescava la pelle ustionata del volto e delle braccia. Gli provocava un dolore fresco, leggero e continuo. Testimoniava la vita e Killian lo accolse e abbracciò come un fratello. Tornarono in un lento processo di riscoperta del mondo anche gli altri sensi: il fischio sordo che rimbalzava nella sua testa prese forma nelle ultime parole pronunciate da un uomo. L'aveva chiamato "Ispettore" perciò si sforzò di ripulire i contorni sfocati della sua vista e riconoscere a sua volta il collega. Non rifiutò l'aiuto di Montgomery per tirarsi faticosamente in piedi - la ferita al fianco era ancora lì a reclamare attenzioni - ma ignorò la frase sull'aver rischiato la propria vita. Sarebbe stato un azzardo vano se quella del ragazzo non fosse stata graziata allo stesso modo. Lo cercò con lo sguardo dell'esatto colore del cielo che li sovrastava e lo trovò a fissare il proprio Amore infranto. Assistette allo scambio con il medimago e la voce del Narciso confermò quel che l'Auror già sospettava.

«Rimani con lui, non abbandonarlo un secondo» ordinò al sottoposto.

Jasdel, come Elliot, era un pezzo cruciale del puzzle e a differenza dell'altro era ancora recuperabile. Montgomery doveva provvedere alla sua sicurezza per difenderlo da minacce esterne e soprattutto per evitare altri gesti autodistruttivi. Troppe vite erano state sottratte, la sua non poteva essere aggiunta alla triste conta per innumerevoli motivi. Il più importante era proprio dare un senso ed un perché alle numerose perdite.
Fu raggiunto da un manipolo di colleghi, volti nuovi allo scenario apocalittico. Killian li ascoltò con attenzione, ma una parte di lui vagava tra le macerie del palazzo e quel che rimaneva della piazzetta in cerca dei compagni di sventura di cui era responsabile. Individuò gli agenti Pisciottu e Raves, nel resoconto vennero nominati Aiden e l'Antimago Fiachran, ma tutti gli altri? Non fece domande, i civili avevano la precedenza assoluta e le ricerche dovevano attivarsi per aiutare chi poteva ancora essere salvato, ma uno squarcio nell'animo dell'Ispettore si era già formato, destinato a divenire voragine molto presto.
Concordò con la dottoressa Brown: i feriti, gravi o lievi che fossero, dovevano essere trasferiti immediatamente al San Mungo. Il mago rientrava nella categoria: un Auror doveva saper riconoscere quando la propria presenza era più un intralcio che un valido aiuto. Un ultimo cenno di intesa lanciato all'indirizzo di Montgomery, ancora vicino a Brior, e poi usufruì della borsetta abbandonata da qualche passante che aveva iniziato ad emanare la luce tipica delle passaporte. Anche se avesse avuto la forza fisica e magica di compiere una smaterializzazione per conto proprio, i pensieri erano ancora dedicati agli agenti che mancavano all'appello e non c'era spazio per altro nella sua mente se non per una preghiera silente di ritrovarli nella destinazione comune ai sopravvissuti.

ISPETTORE AUROR ✧ 25 Y.O.


Inventario:
- Bacchetta (e portabacchetta);
- Distintivo Auror;
- Borsello con galeoni;
- Mantello della Resistenza;
- Anello Vegvisir;
- Pantaloni scuri;
- Cappello della Nebbia;
- Carillon Soporifero;
- Polvere Buiopesto Peruviana;
- Appunti consegnati da Aiden (X);
- Specchio collegato a quello di Oliver consegnato da Aiden.

Statistiche:
PS: 150/234
PC: 140/201
PM: 160/196
PE: 34

Stato psicofisico attuale: lesione profonda al fianco, tagli e ustioni su volto e arti. Piuttosto scosso dagli avvenimenti.


 
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view post Posted on 30/9/2020, 10:04
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‖ PS: 68/118 ‖ PC: 40/53 ‖ PM: 55/55 ‖ EXP: 4 ‖
Le fiamme dell'Inferno andavano via via spegnendosi sotto la pioggia, che si consumava generando vapore e fumo. La chiarezza della situazione era lontanissima dalla mente della giovane strega, neanche poteva più essere certa del perché si trovasse lì in quel preciso momento. Cosa l'aveva ingenuamente spinta a seguire quella profezia? Avrebbe dovuto rendersi conto che quello non era il suo posto già per il modo in cui la Voce aveva parlato, avrebbe dovuto considerare che non sarebbe stata in grado di reggere tutto quel peso anziché pensare che fosse solo qualcosa da giocare.
L'uomo, il padre ora libero di respirare, era accasciato a terra inerme e indifeso, ma vivo. Priscilla avrebbe potuto, in futuro, capire o almeno provare a farlo; avrebbe avuto una possibilità. Adesso era giusto che cercasse il conforto di qualcuno che era in grado di asciugare tutte quelle lacrime. Era quindi finita l'Apocalisse? I Demoni si erano placati? Molti erano stati puniti per i loro peccati, anche se quelli non erano i Demoni che aveva immaginato lei: forse non esistono creature del genere, ma traspaiono dalle azioni delle persone come se esistessero davvero. Come il padre di Priscilla, che a quanto pare era un Auror, quindi un membro di un ordine che avrebbe dovuto agire per il bene, ma così non era stato.
Quando Gwen realizzò che fosse davvero tutto finito, avrebbe voluto trarre un sospiro di sollievo, o per lo meno qualcosa che placasse il groviglio che continuava a pressarle lo stomaco, ma sapeva che non sarebbe bastato; alzò gli occhi alla ricerca di quelli di Memory, nella speranza di trovarvi la forza di non cedere nuovamente a quel dolore ed essere forte, anche se ormai non comprendeva più se a bagnare il suo viso fosse solo la pioggia.
La fatica ed il peso della situazione fu momentaneamente messo da parte quando le sfuggì via dalle mani il suo legno di quercia, l'incapacità di riuscire a trovare un senso agli avvenimenti era superiore al chiedersi il perché delle azioni altrui e non sarebbe riuscita a replicare in alcun modo, anche se il vuoto della sua bacchetta poteva solo sommarsi a tutte quelle sensazioni opprimenti. Solo la reazione del Caposcuola la risvegliò da quello stato di limbo: la voce alta del Corvonero e la follia che traspariva dalla sua risata quasi spaventarono la giovane Tassorosso, che ascoltò quello sfogo con uno sgomento tale che non gli permise di comprendere quanto fosse vicino anche a lei, che dagli adulti cercava sempre di fuggire. Lei che aveva creduto fino la fine all'esistenza di quei Demoni, che invece si erano rivelati un male radicato nell'essere umano. Qualcuno avrebbe mai potuto davvero porre fine all'Apocalisse? Lo sguardo ricadde su Priscilla e sull'uomo che aveva fatto quasi da Angelo Custode per lei e per Memory; si dirigevano verso una delle passaporte per l'ospedale ed il giapponese invitava entrambe le studentesse a seguirlo. Di certo Gwen avrebbe accettato quell'invito, piuttosto che restare in mezzo ai Demoni, ma avrebbe atteso la sua concasata, aiutandola con il fratello di Priscilla se ce ne fosse stato bisogno. Avrebbe accusato debolmente il colpo della lontananza dalla sua Quercia, potevano finalmente andare via da quella distruzione, dovevano farlo.

Gwen si interroga sulla vera natura dei Demoni e si pente di aver deciso di seguire così ingenuamente la Voce. Cerca di non disperarsi troppo e quasi non si accorge di non avere più la sua bacchetta. Utilizza il poco che rimane delle sue forze per trovare l'energia per muoversi verso una delle passaporte più vicine.

Indosso / in mano
Outfit; Bacchetta; sotto la maglietta: Catena della Notte; al polso sinistro: un bracciale con inciso il suo nome (non se ne conosce l'origine né il valore).
Nello zaino
Divisa scolastica ben ripiegata (pronta per il giorno successivo); Occhi di Fenice; borsello con 27 Galeoni.
Conoscenze
Prima classe di incantesimi (completa), Confundo, Evanesco, Expelliarmus, Inversum, Muffliato, Riddikulus, Silencio.

Grazie a tutti per quest'avventura :flower:

 
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view post Posted on 4/10/2020, 18:02
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Nemo me impune lacessit Nessuno mi aggredisce impunemente.

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Memory MacWood 12 anni - II anno


Deglutì a fatica per il peso di tutto quanto stava accadendo, ma fu con maggior sicurezza che si rivolse al ragazzo dai capelli ricci:
Ecco vedi, la mia amica Gwen lo ha aiutato…
Cercò così di rassicurarlo. E in tutta la compassione e comprensione della sua stretta, provò a infondere al ragazzo quella fiducia che forse in quel momento sentiva come perduta.
Forse in un qualche modo era riuscita a lasciarsi ascoltare. Forse per quanto lei stessa così piccola, oppure forse proprio perché piccola quanto poteva sentirsi lui in quel momento, era stato più facile per Jamie lasciarsi andare a quel contatto, fino a trasformarlo in un abbraccio carico di dolore.
Il peso gravò maggiormente sulle braccia della ragazzina, che per sua fortuna era dotata di un corpo tutt'altro che fragile. Fu in grado di sorreggerlo dunque, le fu più facile fisicamente di quanto poteva emotivamente. Perché si, doveva essere onesta con sé stessa: tutto quanto non aveva senso; tutto sembrava il contrario di tutto. Perciò, con un barlume di coscienza, se da un lato lasciava che il ragazzo piangesse le sue lacrime sulla sua spalla, dall'altro cercava di non perdere la scena che ora era finita a ritrovarsi a guardare proprio dal di sopra della spalla del ricciuto.

Andrà tutto bene. Non ti lascerò finché ne avrai bisogno.
E Priscilla è al sicuro, non devi preoccuparti.
Tuo padre si rimetterà… si stanno già occupando di lui…"

Disse tutto quello che le passava per la testa. Senza riflettere se tutto avesse davvero fondamento. Era vero solo una parte di ciò che gli stava raccontando. Si, non lo avrebbe lasciato solo, così come non avrebbero lasciata sola la bambina, però non era affatto sicura che per il padre sarebbe andata a finire bene.
Andrà tutto bene - ripetè al ragazzo e rivolse un sorriso a Gwen, quando questa cercò il suo sguardo. Era piuttosto provata la sua amica, come se cercasse in tutti modi una spiegazione a tutta quella devastazione. Memory, punta dal rimorso di essersi lasciata travolgere dai racconti dell'amica fino a convincersi con lei che non potevano perdersi quel fatidico 31 agosto, sperò di poter dare un briciolo di conforto alla giovane con quel piccolo atto di dolcezza.
Andrà tutto bene - sussurrò ancora e ancora, ma già le sue sopracciglia avevano assunto il cruccio di qualcosa che trovava ingiusto, mentre osservava Gwen privata del suo Legno.
Ammutolì nell'impossibilità di realizzare il forte vuoto che avrebbe provato se di colpo le avessero strappato via quel legame da cui traeva ogni forza. Strinse il pugno finché le nocche sbarcarono e non le importò, lasciò che l'istinto seguisse il suo flusso pur di vincere la paura della perdita.
Avrebbe voluto poter dire una parola alla sua amica e tuttavia non avrebbe saputo cosa dire.
La baraonda di ordini che seguì, così come le accuse e i rimproveri proclamati con comprensibile trasporto da quel giovane che lei aveva subito riconosciuto, malgrado tutto le riunì, finalmente. E Memory fece in modo di prendere un istante solo per loro. Senza smettere di sostenere Jamie, allungò una mano verso quella dell'amica, che accogliendo quel flebile gesto, avrebbe percepito tutta la vicinanza e la solida forza che Memory poteva condividere con lei.

Presto sarà tutto chiarito.
E questa volta disse ciò in cui credeva.
Del resto Gwen aveva solo aiutato quell'uomo. Restando al di sopra delle parti ed evitando che perisse prima di poter dire ciò che tutti avevano bisogno di sapere.
Quindi poi, insieme, accettando l'aiuto nel sostenere il ragazzo, seguirono l'invito dell'unico uomo in tutta quella folla che fino a quel momento le aveva guidate in modo del tutto disinteressato. Fu una piccola luce di speranza, agli occhi della ragazzina, quella cura che fino alla fine mostrò verso di loro.






STATS
PS 130/177 | PC 55/78 | PM 88/88 | EXP 16.5
Danni subiti:

Taglio superficiale poco sopra i malleoli della caviglia sinistra, causato dallo sfregamento ad alta velocità di una pietra aguzza, proveniente in volo dal crollo delle mura dell'edificio.
Urto alla spalla sinistra per il quale fatica a muovere il braccio, non presenta tuttavia fratture.
Escoriazione ad un polpaccio.
Qualche lieve ustione sparsa (piccole schegge, ormai innocue ma che si sono estinte sulla pelle)

Incantesimi conosciuti:
Prima Classe ~ tutti
Seconda Classe ~ tutti eccetto Orcolevitas / Monstrum
Terza Classe ~ tutti i "normali"
Innati: Acclario, Aparecium, Ardesco, Illegibilus, Lapsus, Luminarium, Manina, Orchideus, Veronesi, Vitreo.

Attivo/borsetta
Bacchetta e monete varie
Anello del Giusto. Caduceo. Bracciocchio.

 
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view post Posted on 5/10/2020, 22:59
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Mireen Fiachran

◆ 25 ◆ Sangue BANSHEE ◆ P. Antimago

Quest "di Narcisi e di Fiamme"
Dopo che dal cielo erano cadute schegge di vetro e macerie per dilaniare chi si trovasse sotto di loro.
Dopo che la terra aveva tremato ed enormi crepe avevano inghiottito chiunque sul loro cammino.
Dopo che il fuoco era divampato, indomabile e letale, bruciando e incenerendo senza pietà ogni cosa...
Era in fine giunto il 4° elemento, il preferito di Mìreen, ma per loro fortuna non era portatore di sventura come gli altri.
Prima qualche goccia qua e là, poi un sempre più gran scrosciare d'acqua, cadeva su quella piazza distrutta e ormai priva di vita.
Leniva le ferite e le bruciature, lavava via il sangue che ricopriva il terreno sconnesso, ripuliva il volto di chi ancora non avesse trovato riparo, dallo sporco delle macerie e dalla cenere dei morti.
Col suo picchiettare ripetuto e sempre uguale, cercava di nascondere il pianto e i lamenti di chi quel giorno non aveva perso solo una casa, ma una famiglia.
Mìreen restava immobile dov'era, cercando di seguire le ultime battute di una scena che faceva solo da sfondo ai suoi reali pensieri.
Benchè il tentativo di ascoltare quello scambio di parole, chi adirato, chi confuso, chi controllato, la sua attenzione si perse nell'osservare ciò che restava della piazza, del grattacielo, di quell'innocente angolo di Hogsmeade che mai avrebbero potuto immaginare poter esser preso di mira con una tale crudeltà.
Ogni suo respiro diventava sempre più difficile mano a mano i suoi occhi continuavano a guardare quel lugubre spettacolo.
Fece qualche passo per allontanarsi dal gruppo, tanto la sua presenza era obsoleta, c'era Aiden a gestire la situazione, lui era un auror con esperienza e aveva mostrato che neanche la vista di una compagna pietrificata dalla paura l'avrebbe fermato dall'eseguire i suoi compiti.
Lei non serviva, era inutile e la sua reazione davanti a quell'incendio le aveva dato prova che era solo un'illusione quella di "aver visto abbastanza" per considerarsi pronta al ruolo di auror.
Ma infondo era ciò che voleva veramente?
Non ne era più sicura e quel giorno provava solo repulsione verso quel ruolo di pura sottomissione al Ministero.
Un altro passo, e poi un altro ancora.
Lentamente si allontanava da quel vociare e discutere.
Per cosa stavano discutendo? Chi avesse ragione e chi torto?
Cosa importava veramente, dopo quello che era successo?
Nell'aria ancora permeava il lezzo di carne bruciata, satura di morte, che loro stessi stavano respirando.
Troppo lentamente la pioggia cercava di disperderlo, troppo lentamente i sangue veniva diluito, ancora chiaramente distinguibile rispetto alla dura e ancora calda pietra.
Cos'aveva mietuto più vittime?
I detriti e macerie del grattacielo? Gli squarci nel terreno? O l'Ardemonio, lanciato da quella strega in rosso?
Una strana sensazione le attanagliò lo stomaco, il petto appesantito da quell'atmosfera di morte e distruzione.
Percepiva gli Spiriti di chi quel giorno aveva perso la vita irrequieti, confusi, non sapevano dove andare, cosa fare, altri ancora non credevano cosa fosse loro successo.
Anime confuse, luci tremolanti. Le sentiva tristi e spaventate, mentre la morte vagava tra i cadaveri che per ultimi erano espirati, i cui deboli battiti si erano da poco silenziati.
Cadde sulle ginocchia, come prosciugata di colpo di ogni energia.
Chiuse gli occhi e cercando di regolare il respiro si concentrò sul suono della pioggia, quella tranquillità che solo i suoni dell'acqua riuscivano a darle.
Le sue labbra si dischiusero, un suono basso e melodioso, come stesse intonando un canto funebre, iniziò a uscire lento e delicato.

<< Dea Madre, benedici queste anime cadute ingiustamente, placa la loro rabbia e paura, accoglile nel tuo ventre da cui tutti proveniamo, nell'attesa della rinascita.
Hecate, dea della magia e dell'oltretomba, accompagna coloro che hanno concluso il proprio ciclo di purificazione, apri loro le porte del regno degli Spiriti, affinchè possano ricongiungersi coi propri amati.>>


Di colpo una carezza fredda percepì sul proprio braccio destro, dove ormai non aveva più la manica, bruciata dal fuoco che aveva attraversato in gran fretta, ma quando girò di scatto la testa in quella direzione, non vide niente e nessuno.
Eppure le sembrò di percepire la presenza del padre, come che stesse cercando di farle coraggio dopo quello che aveva passato, dopo quanto aveva rischiato quel giorno.
Si strinse le spalle, in un abbraccio silenzioso che non aveva calore.
Tremava, ma non per il freddo, ma tutti quelle emozioni che durante l'attentato aveva trattenuto, segregati in un angolo perchè non poteva permetter loro di fermarla.
Nervo, confusione, incertezza, tristezza, rabbia... e paura.
Paura di morire, di non farcela, di non rivedere i suoi familiari, i suoi amici. paura di rivedere il padre.
Lacrime salate iniziarono a scorrerle lungo il viso, ma la pioggia, come una madre premurosa, le nascose, bagnandole il viso con acqua che avrebbe dovuto esser fresca e limpida, ma che raggiunta la sua pelle si era ormai contaminata con quell'aria malsana.
Nel suo cuore una macchia nera si allargava e una voce si faceva avanti, prima solo un sussurro, poi sempre più chiara e forte.

<< Non piangere. Non sei debole, non sei inutile. Non sei sola.
Questo cimitero di anime e cadaveri non merita la purezza del tuo spirito, non versare lacrime per i caduti, perchè loro ora troveranno pace, mentre te dovrai continuare a lottare... a vivere.
Presto ci sarò io con te e non sarai mai più sola.>>


I suoi occhi si aprirono e in una superficie d'acqua davanti a lei, leggermente increspata dalle gocce di pioggia, vide chiaramente il volto di colei che aveva impedito al fuoco maledetto di sopraffarla, che l'aveva destata dalla sua paralisi e le aveva dato la forza di reagire.
Coi suo capelli bianchi e gli occhi ametista, Muìryn le sorrideva da quello specchio d'acqua piovana, come per infonderle coraggio e fece il gesto di asciugarsi le lacrime.
Senza rendersene conto Mìreen la imitò e voce lontana ma autoritaria di un collega la ridestò da quel momento di sconforto.
Tornata a casa avrebbe pregato gli Dei e gli Spiriti per le vittime di quel giorno, ma prima doveva compiere il suo dovere di Antimago.
Si rialzò, determinazione e senso di responsabilità incisi sul suo volto per tornare al gruppetto che si era creato di adulti e studenti.
Doveva occuparsi di chi quel giorno aveva perso qualcuno, non poteva esser così egoista da piangere quando c'era chi aveva una vera ragione per farlo.
Ubbidì all'ordine del suo collega e con Aiden scortò i presenti alla passaporta più vicina che li avrebbe portato al San Mungo.

Ci sono momenti nella vita che passano veloci e senza lasciar traccia, attimi di vita che probabilmente non verranno ricordati.
Ma ci sono altri, che invece lasciano segni così profondi da cambiarci per sempre, cicatrici sul cuore, sul corpo, sull'anima che resteranno per sempre.
Che siano ricordi belli o brutti, anche dolorosi, saranno lo stesso importanti, perchè se sono stati in grado di farci provare emozioni e sentimenti tanto forti, se hanno segnato chi li ha vissuti, significa che ci hanno cambiati, fatti crescere... e resi ciò che siamo adesso.



PS: 160/218 PC: 140/163 PM: 181 EXP: 31
◆ codice role Akicch; NON COPIARE - WANT YOUR OWN? GET IT


INVENTARIO
Attivo (tasche, mani)
Bacchetta: Legno di noce nero, baffo di troll, polvere di papavero, 11 pollici e 3/4, semi-flessibile.
Distintivo di riconoscimento della P. ANTIMAGO
Spilla del C.R.E.P.A.
Collana con ciondolo "Triquetra" incastonato di pietre preziose e rametti rosmarino e tiglio


Oggetti:

Orecchini di Drago
Consente di avere successo in un’azione e di far fallire l’avversario. Usabile una volta per Quest

Anello Luminoso
Anello che acceca l'avversario per 2 turni, facendo scaturire dalla pietra incastonata in esso, un raggio di luce molto chiaro ed abbagliante.
Sull'anello sono presenti incisioni non ancora decifrate.

Anello del Coraggio
Attacco e Difesa raddoppiati nei confronti di un unico avversario – 2/5 azioni

Anello del Potere
Blocca l'avversario per 2 turni. Utilizzabile solo in Quest.

Polvere Buiopesto Peruviana (dentro tracolla)
Polvere finissima e nera come la pece, proveniente dal Perù, è’ in grado di creare un buio intenso e impenetrabile per la durata di 5 minuti. Ottima in caso di pericolo per una fuga immediata.
Ogni scatola contiene polvere sufficiente per un solo utilizzo.

Caramella d’Illusione (dentro tracolla)
Chi la ingerisce si “sdoppia” rendendo difficoltoso per l'avversario riconoscere quello vero!

Vestiti&Accessori

Mantello Lepricanico della Disillusione
Realizzato con pelliccia di camaleonte, il Mantello della Disillusione rende una buona, anzi ottima mimetizzazione: se il tuo corpo è ben avvolto in questo tessuto, esso sembrerà donarti l'invisibilità. Se l'esterno del mantello, quando utilizzato, acquisisce il colore di ciò che lo circonda per mimetizzarvi, il suo interno sarà foderato in seta finemente decorata da tanti piccoli quadrifogli verdi.

INCANTESIMI
- QUARTA Classe di Incantesimi (COMPLETA) esclusi i Proibiti
- INCANTESIMI BONUS per "Squadra Antimago"

 
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