Justin K. Hardy STUDENT ♢ SLYTHERIN ♢ 11 Y.O.
Effettivamente avrebbe potuto impiegare il pomeriggio in maniera totalmente differente: i giorni della settimana appena trascorsa li aveva passati a zonzo per il castello in cerca dei suoi angoli più remoti, con l’intento di scovarne i più reconditi segreti e – magari – imparare a saper riconoscere i vari corridoi che, ad una prima impressione, parevano avere tutti esattamente il medesimo aspetto. Durante quelle gite solitarie, ove l’unico rumore udibile era unicamente il rumore del suo respiro nervoso, aveva trovato assai curiosi i dipinti in movimento siti nelle pareti: con alcuni di essi ci aveva persino parlato, sbalordendosi – e quasi “spaventandosi” – sempre di più del mondo del quale oramai faceva parte.
E per quanto si fosse anche abituato – per esigenza – alla penombra di quei Sotterranei, visto che la Sala Comune dei Serpeverde (luogo che frequentata più di ogni altro, dopo le aule durante le ore scolastiche) si trovava proprio in quei pressi, il suo senso dell’orientamento appariva ancora precario e i suoi sensi poco affinati si lasciavano influenzare dal minimo spostamento d’aria – specie quando era da solo – mettendolo all’erta.
Tuttavia detestava non poco l’idea che un “uomo” come lui potesse mostrarsi impaurito o timoroso del buio o dei fantasmi (o di qualunque altra cosa possibile) dinanzi ad una ragazza, visto che in quel modo certamente non ci avrebbe guadagnato una gran bella figura; e poi per un Serpeverde rivelarsi un “codardo” non era esattamente il massimo – ma non era neppure un rampante Grifondoro. Comunque, era un pur sempre un essere umano con delle debolezze.
Tuttavia, anche dover ammettere davanti alla Corvonero di essersi perso non gli pareva il caso, anche perché effettivamente non era proprio così, ecco; certo, non poteva mica dire di conoscere quei corridoi a menadito, ma non era poi così messo male come lei pensava. Non le avrebbe nemmeno detto che a distrarlo dal recupero del libro di testo di Pozioni era stato quel rumore e il timore che a seguirlo fosse una creatura ancora a lui sconosciuta, o – peggio – il Barone Sanguinario che faceva sempre in modo di evitare a tutti i costi: gli raggelava il sangue anche solo vederlo passare senza che incrociasse gli occhi vitrei nei suoi, al punto da credere che gli fosse passato attraverso mutandolo in pietra.
«Lo dici come se fosse una cosa brutta. Sai che alle volte non è poi così tanto male? Per esempio, quando hai fame puoi benissimo sgattaiolare nelle Cucine senza doverti fare mille scalini perdendo nel frattempo l’appetito. Voialtri, piuttosto, come fate a stare tanto alti? Povero chi soffre di vertigini!»
L’aveva detto con un cipiglio nervoso, ma tuttavia quelle cose non le pensava per davvero – o almeno non del tutto; Justin Keegan Hardy avrebbe pagato milioni e milioni di sterline (o meglio, galeoni) pur di dormire nei loro letti a baldacchino e con il cielo della notte a fargli compagnia, talmente tanto su da pensare di poter riuscire a volare. Si chiese che effetto facesse, ma non lo avrebbe chiesto alla giovane perché.. beh, perché oramai la figura dell’idiota ce l’aveva fatta, sperare di riprendersi era pura utopia.
«Ti sbagli, so esattamente dove sto andando. Ma se proprio insisti..»
Come un perfetto “gentiluomo”, lo studente di Serpeverde allungò il braccio destro in avanti come a voler far capire alla studentessa di avanzare per prima così da fargli strada; nel frattempo un sorriso divertito si sarebbe formato sulle sue labbra.
Seguì la rossa per i corridoi bui con l’intento di arrivare nell’aaula di Pozioni: cosa mai poteva racchiudere quel posto, al punto da far dimenticare lì i libri di testo agli studenti che la visitavano durante le ore diurne? Non sapeva nulla della Corvonero, eccetto quale fosse la sua Casa di appartenenza ed il perché si trovasse lì in quel momento, motivazione che per altro li accomunava.
Trovò piuttosto buffo che lei avesse accettato di vivere “tranquillamente” nel castello di Hogwarts durante l’anno scolastico nonostante fosse al corrente della presenza dei fantasmi dei quali aveva timore: lui, dal canto suo, non era sicuro che sarebbe riuscito a passar sopra alle proprie paure così facilmente, per cui su questo la ragazza era assolutamente da lodare. Un Molliccio si sarebbe trasfigurato esattamente in questi Esseri?
Piegò la testa di lato, mostrandosi sorpreso, ma quando le venne rivolta la medesima domanda da lei rimase di sasso, per poi distogliere lo sguardo. Lui di cosa aveva paura, invece? Lo sapeva, solo che non lo aveva mai proferito ad alta voce. Ed era una cosa talmente tanto sciocca, che persino se ne vergognava. Non era neppure una cosa “tangibile”, bensì semplicemente un’idea.
Gliel’avrebbe rivelata con così tanta facilità? Assolutamente no.
«Degli squali, anche se li ho visti soltanto nei documentari che trasmettono in televisione.»
Scrollò le spalle e riprese a camminare, superando la ragazza.
«Com’è che ti chiami?»
Chiese quasi distrattamente, aggrottando le sopracciglia e cercando di ricordare se conoscesse già il suo nome - ma con scarsi risultati. Poteva desumere, quindi, che i due non si fossero ancora neanche presentati - non che fosse obbligatorio farlo, del resto -, eppure avevano appena rivelato l’un l’altro le loro paure.
Una volta arrivati dinanzi la porta dell’aula di Pozioni, poggiò le nocche sul legno e le batté ripetutamente avvicinandoci l’orecchio per capire se vi fosse qualcuno all’interno della stanza: da essa non provenne alcun suono, per cui lo studente avrebbe poi piegato la maniglia per aprire la porta.
«A te l’onore!»
Le avrebbe indicato il libero accesso all’aula, facendo un gesto con la mano destra e sollevando il sopracciglio, ammiccando verso la sua direzione.
@hime