ELOISE LYNCH △ PREFETTO TASSOROSSO △ 17 ANNI
Sull’incrocio tra Ashworth Road ed Elgin Ave, a un passo dai giardini di Paddington, non tirava un filo d’aria. Il canale non era molto distante, ma la sua larghezza non era sufficiente a smuovere le correnti che tipicamente accompagnano i fiumi. E tuttavia, improvviso e inaspettato, venne un soffio leggero, capace di scuotere le tenebre e di destabilizzare l’atmosfera stagnante, subito seguito da un
pop che sarebbe stato udibile soltanto a chi fosse stato già in ascolto.
La Lynch fece la sua comparsa in un turbinio disordinato, generando attorno a sé un vortice di foglie secche. Dopo essersi passata una mano fra i capelli con l’unico risultato di ingarbugliarli ulteriormente, osservò quelle amiche fluttuanti scivolare verso terra con sguardo giocoso, e solo quando toccarono terra decise che era tempo di avviarsi.
Era una fortuna che non ci fosse stato nessuno nei paraggi, ma la zona era sufficientemente tranquilla da garantirle un atterraggio sicuro. Non c’era altro che case e cancelletti, e sebbene le luci oltre le finestre mandassero una luce calda, nessuno sguardo sembrava essere focalizzato sul mondo esterno. Prese a camminare per Ashworth Road con decisione, gettando uno sguardo rapido al foglietto che stringeva tra le dita: recitava le poche parole che l'avrebbero condotta al 15 di Cirencester Street, vergate nella grafia familiare di sua cugina. Era stata lei a consigliarle di Smaterializzarsi in quel punto, a suggerirle che in quella zona non avrebbe avuto problemi con Babbani troppo curiosi.
Raggiunse una rotonda e prese una strada curva, esattamente come le era stato detto di fare, godendosi la frescura sulle guance accaldate. Era uscita dai Tiri Vispi poco prima, e la mattina successiva sarebbe dovuta tornarci, e un po’ di silenzio, pace e aria fresca non potevano che giovarle. Inspirò profondamente, socchiuse gli occhi, e subito dopo sbuffò, scocciata. Ma a chi voleva darla a bere?
Aveva cercato di scacciar via il fastidio, ma la verità era che aveva passato la giornata con addosso un nervosismo che non era troppo da lei. Con il fatto dei doppi turni da coprire ai Tiri Vispi - possibile che in tutto il mondo magico non si trovasse un secondo garzone adatto al ruolo? - avrebbe dovuto presenziare in negozio per tutto il fine settimana. E se in un primo momento organizzare di dormire da sua cugina le era sembrata una splendida idea, tutto l’entusiasmo era crollato quando i Tassini avevano deciso di mettere su un sabato sera intensivo in Sala Comune. Tornei idioti e caciara notturna li avrebbero tenuti arzilli per tutta la serata, e oltre, e lei si era trovata incastrata in una situazione scomoda senza la vera possibilità di cambiare i piani secondo le sue preferenze. Una fiamma dal sapore adolescenziale la faceva ardere di fastidio, e sebbene sapesse che sarebbe bastato poco per estinguerla, era come se provasse un piacere spontaneo nell’attaccarsi alle sensazioni negative, e coltivarle quel suo ruolo di vittima. A tutto dire, si era fatta grasse risate con i gemelli, quel pomeriggio, ma da quando aveva messo piede fuori dal negozio si era ricordata di cosa si stava perdendo, ed era tornata a incupirsi. Calciò una castagna solitaria che stava lì a terra, affidandole il compito di esorcizzare un po’ della sua rabbia. O almeno, di manifestarla al mondo esterno.
Proseguì il cammino osservando gli edifici che la circondavano, un mezzo broncio accuratamente montato in volto. Si distrasse da quel prezioso compito solo nel momento in cui i suoi occhi si posarono su una placca che marchiava il luogo di nascita di un certo Alan Turing, che pareva essere stato un celebre Rompi-Codice (strani mestieri, quelli Babbani!). Dopo esserselo immaginato come uno Spezzaincantesimi senza magia, aveva proseguito, guidata verso i canali dal pigro gorgoglio dell’acqua sugli argini.
Stava attraversando la strada, curiosa di cosa le avrebbe offerto la vista completa sulla suggestiva Little Venice, quando il suo sguardo cadde su un oggetto dall’aria familiare. Era a terra, ai suoi piedi, tra il bianco e il grigio di un striscia pedonale, e se a un primo impatto non seppe dire perché aveva attirato la sua attenzione, quando lo osservò meglio riconobbe con chiarezza la
M che identificava il Ministero della Magia, con tanto di bacchetta che la spaccava sulla metà. Chinatasi per raccoglierlo, si accorse all'ultimo di una macchina che aveva svoltato l’angolo a tutta velocità, le ruote che grattavano l’asfalto. Eloise balzò indietro, in allarme, mentre un clacson suonato con insolenza e una voce raggiunse le sue orecchie
«Levati di torno, ritardata!», lasciandola sufficientemente imbambolata. E così rimase per una buona manciata di istanti, il distintivo stretto al petto.
Controllò che non ci fossero altri pericoli in arrivo, e azzerò i metri che la separavano dal marciapiede opposto. Solo allora si concesse di eseguire un'analisi più completa del reperto ritrovato: era un distintivo tondo, in metallo, piuttosto pesante, e sembrava appartenere a tutti gli effetti a qualche ministeriale. Non aveva idea di quale fosse l’ufficio di riferimento, ma una cosa era certa: c'erano maghi nei paraggi.
In the place that's safe from harm I had been blessed with a wilder mind