Pasquino's, Privata.

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view post Posted on 11/10/2019, 14:49
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MAURIZIO PISCIOTTUsquadra antimago Cantante da Pianobar ✧ 28 anni ✧ Amore, Fermati
Non è mai stata mia intenzione trovarmi un secondo lavoro. Al Ministero pagano bene. Ma quando mai mi ricapita un'occasione del genere?
Una sera come tante altre di non troppo tempo fa mi sono ritrovato a cenare per la prima volta da Pasquino's, un ristorante Italiano da leccarsi i baffi. Il caso ha voluto che proprio quella sera il loro cantante, Freddie Pellini, avesse avuto un malore e che questo avesse mandato la band nel panico. La serata sarebbe andata in fumo... non fosse stato per il mio intervento provvidenziale. Mi sono fatto avanti senza pensarci come sempre, proponendomi come solista. Il mio repertorio da cantante è sempre stato classico: Fred Buongusto, Franco Staco, Pino Daniele, Domenico Modugno e tanti altri che in un ristorante italiano all'estero possono far fare solo bella figura grazie agli stereotipi sulla nostra cultura. La collaborazione improvvisata di quella sera è stata un tale trionfo che il proprietario, Pasquino Bernulli, ha pensato di offrirmi il posto. Ovviamente ho accettato in tempo zero. Così da quel giorno quasi ogni weekend, di sera, lavoro da "Pasquino's".

Oggi è un Sabato come gli altri. Sono nel backstage che mi mangio il mio piatto di spaghetti in attesa che arrivi un buon numero di clienti per cominciare la serata. Indosso un vestito con giacca rigorosamente bianca. La chicca dell'abito non è solo rendermi uno strafigo, ma sta nel fatto che sia incantato perché le macchie di sugo scivolino via come se il tessuto fosse impermeabile. Così non devo preoccuparmi delle buone maniere e posso godermi la pasta senza troppi pensieri per la testa.
Ci vuole giusto qualche minuto prima che la serata cominci.

"Vai, Joe! Tocca a te!"

Ah, già! Joe D'Angelo è il mio nome da performer. Avrei preferito usare il mio vero nome, ma Pasquino dice che un nome d'arte italo-americano a Londra "fa bagnare le ragazzine e ancora di più le donne sposate". Tant'è, mi avevano detto la stessa cosa quando facevo questo lavoro dieci anni fa in Italia. Quindi perché scontentare le signore inglesi?
La serata procede come al solito. Dal palchetto su cui mi esibisco con la band canto e attiro gli occhi sognanti di chi sta ai tavoli. Il repertorio è sempre lo stesso ma soprattutto l'effetto che faccio è sempre lo stesso. La novità è una sola stasera e io la noto subito: una donna seduta al bancone attira il mio sguardo, una strega bellissima e spero anche single. Durante una pausa mi metto a parlare con i ragazzi della band per preparare un fuori programma e sono tutti d'accordo con me.

"Signore e Signori. Stasera, per voi e voi soltanto perché siete un pubblico speciale abbiamo un fuori programma. La prossima canzone è "Amore Fermati". Sperando che la bellezza a cui la sto dedicando si fermi e mi conceda un po' del suo tempo..."



Il pezzo è un successone. Ragazzine sognanti mi fissano con lo sguardo di chi non ha mai visto un italiano cantare, mariti litigano con le mogli perché "lui è meglio di te, hai sentito che voce?" ma la mia serata deve continuare. Faccio un altro paio di pezzi e ci prendiamo tutti una pausa. Non vi sto nemmeno a dire in che direzione mi dirigo.
Arrivo al bancone e Carmelo il barista mi chiede subito se desidero qualcosa ma io aspetto e mi avvicino alla ragazza bellissima. Mi siedo accanto a lei.

"Prendo due di qualunque cosa lei desideri. Metti sul mio conto."

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view post Posted on 19/10/2019, 14:29
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Ariel A. Vinstav
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« I wandered lonely as a cloud | that floats on high o'er vales and hills |
when all at once I saw a crowd, | a host, of golden daffodils »
"Strana" è forse il termine più banale, quanto più azzeccato che le è stato accreditato nel cercare di descrivere come gli altri possano percepirla.
"Fuori dalla norma", "Ambigua", "Sognatrice a occhi aperti", "Troppo distratta", "Folle".
Le parole su di lei avevano perso forma e concretezza, davanti all'abuso sotto il quale anche solo semplici passanti l'avevano sottoposta.
Abuso, si sottintende, della lingua in sè. Del resto sarebbe stato oltremodo riprorevole se proprio lei, fra tutti, non percepisse cruciali - fondamentali, persino - le sfumature del significato.
Forse era per questo che sostava ferma al bancone, senza un piatto e un bicchiere a portata di mano e col barista che ormai si era fatto schivo, lontano da quella cliente che non sembrava per nulla interessata a far conversazione - o anche solo accennare alla sua ordinazione.
Si era persa nell'oceano del mondo, come si era solito fare quando si era bambini e ogni input sembrava ridestare correnti di pensiero contrastanti e con essa immagini, sapori, odori e vibrazioni al tatto.
La dolce perdizione quel giorno era fatta di fiati, percussioni e la voce calda da crooner del soft jazz che d'un tratto si era impossessato della sala.
Le labbra si erano lasciate andare, morbide e prive di pressione dei nervi, come quando si è cullati dal sonno. Ogni tanto però, leggeri spostamenti e contrazioni potevano far denotare l'accennato scandire di parole a cui ora non da voce. "Amore", "mar", erano parole banalissime che alle sue orecchie avevano più senso ed erano ben più facile capiremerito della vicinanza con la propria madrelingua - il francese.
Non cantava, ma decantava. La musica era forse una delle forme più comuni e sottovalutate di espressione che lei amava da troppo tempo, qualunque potesse essere l'accezione di amore che un uomo potesse dare a questa.
Non fiatava, non si perdeva in parole: non sarebbero state utili al momento. Si faceva trasportare dalla climax musicale facendo oscillare lentamente il capo a destra e manca, scandendo il tempo come un metronomo. I piedi che sfioravano i poggi dello sgabello erano stati liberi delle scarpe (stivaletti bordeaux), non era ben chiaro quando o come, ma le aveva sfilate durante la performance per permetterle di sentire e con esse le mani erano state trasportate dai canti degli strumenti e la voce profonda di Joe. Come un direttore d'orchestra, andava pizzicando l'aria con le dita, ripercorrendo il ritmo della musica con scossoni di braccia e poi gradualmente anche con l'alzare e abbassare del capo. Se la musica aumentava in potenza, così faceva il movimento del corpo; un equalizzatore musicale vivente.
«L’amour fait les plus grandes douceurs et les plus sensibles infortunes de la vie.»
Era la prima espressione che le lasciava la bocca. Aveva un tono di voce leggiadro, delicato che faceva suonare il tutto come un sospiro, fiato di vento che prendeva vita; non aveva un'impronta vocalica che sembrava capace di saper aggredire, o apparire incisiva. Era tutto trascendentale con lei, persino lì fra i tavoli e i piatti fumanti di pasta da Pancino's.
Non aveva avuto il tempo necessario a cogliere pienamente come il mondo a torno a lei aveva ripreso a muoversi e che Maurizio - o Joe, in arte - si era avvicinato a lei e quindi, nemmeno aveva avuto l'acutezza di cogliere come all'introduzione del cantante, quel pezzo fosse presumibilmente dedicato a lei. Persa nel proprio mondo, non v'era facilmente qualcosa che potesse destarla... o per lo meno non più della musica.
«Pomodoro.»
Non evitava di 'peccare' dell'accento francese che ne addolciva la voce.
Sollevava il capo, ruotandolo lentamente per mettere pienamente a fuoco la figura robusta dello sconosciuto commensale. Sbatacchiò le ciglia lunghe, chiarissime che parevano costellate di sfumature dorate sotto le luci calde del locale. Sarebbe stato esagerato descriverla come stupita, per quanto con gli occhi grandi e un po' incavati che si ritrovava poteva apparir come tale.
Era lo sguardo del bambino che voleva scoprire il mondo, il suo, nonostante alla sua età in quel mondo cruento che era quello Magico, ben pochi suoi coetanei amavano ancora circondasi dei sogni, schiacciati dalle preoccupazioni della vita adulta.
Non era il suo caso, però. Anche in Maurizio c'era un mondo da scoprire.
«Volevo una pizza» Inclinò il capo di lato, puntando lo sguardo sui capelli altrui e poi discendendo sulla linea della mascella, dove la barba curata doveva tracciare un pattern definito sulla pelle. «Perché ha dentro il pomodoro.»Eccessivi erano i dettagli che coglieva alla vista e questi rendevano la sua parlata più scostante, discontinua e quindi opportunamente lenta, come se si fosse effettivamente dimenticata di star parlando con qualcuno. «Ma credo sarebbe strano averla al bancone»
Concludeva poco dopo, prima di vederla scoccare un'occhiata a Carmelo, il povero barista che interdetto non aveva potuto evitare di squadrarla sottecchi, preso in contropiede dall'improvvisa presa di vita della cliente che - per un lasso di tempo piuttosto lungo per la media - era stata lì ad ascoltare i suoni del locale, piuttosto che del suo stomaco.
«E non potrei mangiare pomodoro intero. O almeno. Potrei, ma non sarei sazia, lo stesso se lo bevessi. Ma ...» E le parole si perdevano ancora, mentre quella sognante si fermava ancora dal parlare. Le mani che pendavano ai lati si erano d'un tratto sollevate a passare i polpastrelli e i palmi sul tessuto morbido della gonna plissettata nera, lunga fino a coprirle le ginocchia. «... non posso tenere i piedi così, se son seduta.» Lo constatava, mentre sollevava appena le gambe, mostrando piedi inscuriti dai collant, nudi, privi degli stivaletti abbandonati sotto il proprio sgabello. No, non si era ancora rimessa le scarpe ed evidentemente non sembrava intenzionata a farlo.
«Volevo anche una piuma nuova» Lo sguardo si era portato già verso il soffitto, soffermandosi sulle intercapedini di questo. Stralunata, potrebbe già dire qualcuno, a vederla così facile alla distrazione dello sguardo. «Ma non credo che lei desideri davvero ciò che brama ogni prossimo con cui prova a parlare, oui?»
Le sfuggiva occasionalmente la madrelingua, almeno in biechi intercalari che si era abituata per troppi anni ad usare. «O bramerebbe la morte e la vita alla stessa portata. O il sesso. O i broccoli. O il fertilizzante che piace a mio padre. Tutte insieme.»
Inclinava ancora il capo, ma stavolta dall'altro lato, apriva e chiudeva gli occhi sognanti, riportandoli ora sul volto di Maurizio, soffermandosi prima sulle labbra e poi sugli occhi scuri, scrutandoli. Tanto faceva, tanto era immersiva la sui analisi che si ritrovò con l'allungare il busto verso di lui e facendo pressione dei piedi sulle basi dello sgabello, tirarsi appena su, tentando ai vvicinare il volto a quello dell'altro. Più vicino era, meglio lo poteva guardare.
E i muscoli che erano flesusosi, ma di certo non incastonati in un corpo robusto come quello del Pisciottu, si erano già fatti visibili, trasportati dall'allungarsi di un sottile maglioncino prugna, puntellato qua e là da sottilissimi punti luce (glitter, forse?) che si era parzialmente sollevato, rivelando un addome piatto e un costato esposto parzialmente nel profilo; era magra, parecchio, seppur mai al punto da farla apparire emaciata - è semplicemente di costituzione fragile.
I capelli chiarissimi le incorniciavano il viso in ciocche frontali lasciate libere, più vaporose di quelle posteriori, nascoste fra il collo del maglioncino e l'incavatura delle spalle.
Forse era davvero strana o troppo distratta.
«Ordini ciò che vuole Signor D'Angelo. Non serve far così se vuol parlare con me.»
O pure tutto il contrario, troppo attenta.
Così tornerebbe a sedere sul posto, non dimenica di muovere le punte dei piedi su e giù, dimostrando sempre quella punta di infantilità che il proprio aspetto giovane, rendeva splendidamente.

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view post Posted on 20/11/2019, 19:35
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MAURIZIO PISCIOTTUsquadra antimago Cantante da Pianobar ✧ 28 anni ✧ Amore, Fermati
Fra le miriadi di risposte che mi potevo immaginare, chiaramente sentirmi dare dell'ortaggio era l'ultima cosa che mi aspettavo. Proprio per questo guardo la ragazza con gli occhi dilatati mentre lo stupore prende il sopravvento su tutto il resto.
Tutta la spavalderia mi crolla addosso come un macigno e non riesco a fare altro che balbettare un banalissimo
"C-Come scusi?"
mentre di voce me ne esce soltanto un filo e con una mano mi gratto/massaggio la tempia e inarco la schiena come nei peggiori anime giapponesi.
Persino il barista nota che sono stato colpito in contropiede e abbozza un sorriso che tenta di nascondere sotto la mano fingendo un colpo di tosse improvviso.
La ragazza non sente nemmeno il mio tentativo di controbattere che prosegue in uno strambo ma divertente discorso che assimila pizza, cocktail al pomodoro (un Bloody Mary suppongo), il fatto che il bancone non sia un ottimo posto per consumare un pasto solido, il desiderio di una piuma e tante altre cose di cui onestamente non sono riuscito a capire nulla.
Mentre la ragazza parla Giovanni, il tipo che serve i cocktail, più per origliare che per darmi man forte intuisce la situazioni e mi porta un po' di "Elisir di Lungavita", antico nome dell'Amaro Montenegro e mi mette una mano sulla spalla. Penso che mezzo Pancino ( :fru: ) mi prenderà in giro per tutti i giorni a venire.

C'è un breve silenzio prima che mi metta a parlare, tutto questo perché...non so che dire!
Sicuramente è la prima volta che vengo messo a nudo in così poco tempo, tutto il personaggio che per settimane ho costruito nel locale smutandato come un bulletto di quartiere, è denigrante.
"Oh beh, diretta è dir poco."
Mando giù lo shottino.
"Tipetto interessante lei, mi faccia indovinare...Auror?"
Più che tirare a indovinare tre quarti delle persone che mi ritrovo attorno o sono Auror o studenti e lei sembra a metà tra entrambi e una appena uscita dal San Mungo.

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view post Posted on 2/12/2019, 05:44
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"Gran Sacerdote del Tempio della Pizza"

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Ariel A. Vinstav
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"Se Maurizio tentennava davanti all'eccentricità incarnata che era Ariel, lei non sembrava perdere di vista l'attenzione sul mago e con essa l'opportunità di incalzare dove opportuno.
«Hai detto qualunque cosa desideri: la prima cosa che mi è venuta in mente era il fatto volessi qualcosa con del Pomodoro.»
Sfarfallò le ciglia lunghe, esaltando la grandezza degli occhi che s'erano fatti brillanti e curiosi, attenti davanti alla figura di "Joe". Lo studiava senza ritegno, alternando ad ogni sguardo lungo il volto o il profilo del corpo, un ciondolare a destra e manca della testa; sembrava un gatto curioso.
La risata mal trattenuta del barman non le sfuggì, assieme al suo attento colpo di tosse.
Scoccò all'uomo giusto un'occhiata di sbieco, lesta e attenta. Non era capace di volersi perder niente. Il povero Pisciottu l'aveva trovata nei suoi momenti di analisi, quelli dove ognii luogo sembrava un'ottima fonte di ispirazione. Non era ancora una Giornalista fissa, ma la tendenza ad esplorare non era sedata nemmeno dalla ricerca di lavoro: se prima era Pasquino ( :rule: ) ad averla attratta con il tema mediterraneo che caratterizzava il posto, ora Maurizio - o Joe in questo caso - era diventato il nuovo punto d'ancoraggio della sua curiosità.
E se quello era in imbarazzo, lei sembrava per un attimo interessata più a indicare lo shottino che il barista aveva sapientemente servito lui. Lo indicò con la mano destra
«Ne prendo uno uguale; cos'è?»
Sfarfallò le ciglia, di nuovo, mentre curiosa si portò verso Maurizio allungandosi dallo sgabello.
Sniff Sniff
Saggiava l'aria, nemmeno fosse un segugio, tentando di avvicinare il naso al bicchiere da shot vuoto – indipendentemente se l'altro l'avesse poggiato sul bancone o lo stesse tenendo in mano, aiutandosi in quest'ultimo caso i piedi nudi contro i poggi dello sgabello per tirarsi appena un po' su.
«Oh non, Monsieur D'Angelo. Anche se sarebbe interessante intervistarne uno.»
L'accento francese era stato marcato nella pronuncia del cognome italiano, mentre ancora attenta proverebbe a osservare nuovamente l'uomo, soffermandosi sul taglio della barba e solo secondariamente sulle mani.
Era guardando queste che riprese a parlare:
«Ho scelto cosa volevo; ora deve ricambiare, però.»
Se ne uscì così dal nulla, non potendo evitare stavolta di specificare a cosa si stesse riferendo, indicando proprio lo shottino che il barista dovrebbe averle versato al suo ordine; Elisir di Lungavita anche per lei. Ancora, però, non lo beveva, insistendo invece con gli occhi vispi su quelli del poliziotto.
«Prendeva due di qualunque cosa io desiderassi; uno l'ha bevuto e ora uno lo berrò io. E' giusto ricambiare, però: cosa vuole lei?»
Peli sulla lingua, ormai era chiaro, non sembrava averne molti.

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view post Posted on 11/1/2020, 12:40
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MAURIZIO PISCIOTTUsquadra antimago Cantante da Pianobar ✧ 28 anni ✧ Amore, Fermati
"Oh."
Mi limito a dire, come un bambino colto in scacco che non riesce più a controbattere, disarmato.
Non capisco se fa sul serio o no, se la sua è una battuta o vuole sul serio del pomodoro, ma sopratutto poi, Pizza o Bloody Mary?
Sono talmente confuso da non riuscire a continuare a parlarne, se mai avesse voluto qualcosa l'avrebbe chiesto senza mezzi termini.
Mentre il barman le serve uno shottino io mi limito a raccontarne la storia, non notando il suddetto che senza emettere alcun suono guarda la ragazza e accenna ad un "bla, bla, bla."
"Questo, cara mia, è Amaro Montenegro! Un tempo veniva chiamato "Elisir di Lunga Vita" Ma quel nome è andato perduto quando il Re, Vittorio Emanuele III sposò Elena del Montenegro, da qui il nome più recente. Una delle cose migliori che tu possa mai bere proveniente dall'Italia."
Pomposo come non mai mostro la mia conoscenza in fatto di alcolici come se stessi spiattellando sul banco un M.A.G.O. con Oltre Ogni Previsione con menzione del preside della Scuola.
Sentendola parlare di interviste vado sul sicuro sulla Gazzetta del Profeta, considerando la situazione recente mi sembra la soluzione più plausibile, oltre che più scontata.
"Non posso aiutarti, non sono abbastanza interessante. Quindi lavori per il Profeta? Mi dicono che non state passando un ottimo periodo."
Non so da quando lavora per la Gazzetta ma di recente erano state fatte molte critiche alla testata perché alcune notizie molto importanti non erano passate per il giornale o non gli era stata dedicata troppa importanza.
Sorrido alla domanda della ragazza ma subito dopo mi faccio tremendamente serio, non so più come rispondere.
"Onestamente...è una domanda troppo difficile. Ero partito con un'idea completamente sbagliata e adesso...boh!"
Le rispondo facendo spallucce.
"E poi tecnicamente non è vero, hai preso quello che prendo di solito, non vale."

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view post Posted on 22/2/2020, 02:32
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"Gran Sacerdote del Tempio della Pizza"

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Ariel A. Vinstav
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« Always do sober what you said you'd do drunk »
Uno sfarfallio di ciglia accompagna lo sguardo curioso della giornalista che nel notare i movimenti del barman all'ordinazione dell'altro, si è fatta presto catturare dal riflesso dell'alcool e del vetro. Rassomiglia un gatto a guardarla bene: Maurizio può notare senza fatica come d'istinto si sia portata appena più in alto, sollevandosi di qualche centimetro dallo sgabello per sporgersi col capo e vedere meglio il lavoro del barista, inclinando il capo a destra e manca ad ogni spostamento della bottiglia, le mani e persino l'inclinazione del bicchiere.
Acuta, attenta, probabilmente più intelligente di quanto ci si aspetti da qualcuno di così stralunato, ma indubbiamente strana, strana forte.
«Adoro le storie.»
Ancora, l'ennesimo sfarfallio di ciglia chiare accompagna le sue parole, mentre a metà del racconto altrui, torna a sedere sul posto. Mantiene le gambe incrociate: piede destro su piede sinistro, mantenendoli in posta sghemba, una pianta sopra la monta; come fa a non stare scomoda è un mistero.
«Sa altre cose sugli alcolici? Mi piacerebbe sentirne parlare.»
Ha fatto tanto la complicata, ma le è bastato che Maurizio le lanciasse l'amo con qualcosa che non conoscesse e la curiosità ha fatto deviare totalmente l'approccio nei confronti del mago: se prima il suo interesse era criptico, velato sotto strati e strati di frasi da intellettualoide – più facili a dirle che a capirle–, ora si è fatta improvvisamente diretta, decisamente più semplice nel linguaggio.
Se il cambio di registro sia in realtà voluto, probabilmente per rendere la comunicazione più piacevole per entrambi, però, non è chiaro.
Del resto i segnali dello straniamento dell'Auror (e un po' anche del barman, và detto) sono facili da interpretare, se si va oltre il comportamento medio da strampalata stralunata con cui si presenta.
«Non è un titolo a renderci importante – non solo quello, almeno. Si direbbe poco importante, Signor D'Angelo in questo ristorante? Quando ha catturato l'attenzione di così tanti clienti solo dal suo ingresso?»
Solleva le spallucce, scuotendo leggermente il capo. Lascia facilmente intendere come la domanda sia retorica e che la risposta sia già in suo possesso.
«Una canzone motiva o fa sentire alle persone più di quanto ci si aspetti: spronare un'innamorato a seguire i propri sentimenti, abbandonarsi alla tristezza e l'angoscia, sentirsi in grado di smuovere una montagna...» Lascia volutamente la frase in sospeso, mentre la mano sinistra viene portata sul bancone. Lo sguardo si è già spostato dal volto di Maurizio, al bicchierino di Amaro che è stato versato anche a lei. Sfiora il bordo del bicchiere con la punta delle dita, percorrendone la circonferenza, prima di coglierlo dalla base, retto con pollice, indice e medio. «In breve, Joe D'Angelo, chi ha un dono dalla musica non dovrebbe sminuirsi: se qualcuno vuole ascoltarla, significa che anche se solo per quattro minuto di esibizione, lei è importante.»
Nuovamente si è persa in pensieri più profondi di quanto una semplice affermazione di Maurizio avrebbe dovuto far nascere. Ed è probabile se ne sia accorta da sola, visto che il volto si farebbe improvvisamente pieno con un gran sorriso, distantissimo dalla serietà quasi angosciosa con cui si è espressa. Solleva il bicchiere, quindi, proprio in favore del suo improvvisato compagno di bevute: è chiaro voglia fare un brindisi, prima di bere l'amaro.
«Oh no, no. Non sono assunta da nessuna testata: lavoro "freelance". Dite così in Inghilterra, non?»
Le labbra vengono tese, il sorriso fatto più ampio davanti al volto improvvisamente serio dell'altro, creando uno stacco particolarmente vivido tra le loro persone.
«Mi dica la sua idea iniziale, allora e in cambio dopo scelgo io qualcosa da bere – e magari avrà un'altra storia da dirmi anche su quel drink–.»
Una breve pausa e poi, muovendo il bicchiere in un cenno della mano, aggiunge «E il prossimo lo offro io.»
Si può dire che le sue capacità comunicative sono migliori di quelle che il loro iniziale incontro potrebbe aver preannunciato: si vuole comprare una conversazione con l'alcool; chiamala scema.

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view post Posted on 13/3/2020, 16:56
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MAURIZIO PISCIOTTUsquadra antimago Cantante da Pianobar ✧ 28 anni ✧ Amore, Fermati
Una bambina. L'unica sensazione che mi trasmette è questa. Non nel senso di immaturità ma la curiosità e il modo in cui osserva le cose, una curiosità genuina che trascende secondi fini. Forse è per questo che fa quel lavoro.
La osservo osservare il barman attonito, in quella posizione così insolita che non potrei mai tenere perché avrebbe stropicciato il vestito.
In un piccolo istante i muri di entrambi erano venuti via, il falso figone e la falsa stinfia sembravano essere svaniti. Del resto è Joe D'angelo ad essere così, non Maurizio Pisciottu.
"Hmmmm...altre storie sugli alcolici..."
Faccio finta di pensarci su, ma in realtà alcolici, quidditch e musica costituoscono il 95% della mia vita fuori dal lavoro e il 100% della vita che mi piace avere, quindi semplicemente sto scegliendo con cura quale raccontare.
"Ti dico una cosa che fa arrabbiare il 90% delle persone cui lo dico...forse anche Aiden. Molti dicono che sono gli Irlandesi a fare il whisky migliore, alcuni osano persino parlarti di Inghilterra e America ma, cara mia, la Scozia è il posto più buono ed il Laphroaig ne è il re...tu forse sai di chi parlo, ma persino Umberto Eco ne parla in uno dei suoi romanzi."
Aiden, Eco, faccio dei nomi così sconnessi uno dall'altro che suppongo la ragazza inizierà a pensare ad Aiden come poeta o ad Eco come un mio carissimo amico, ma i discorsi sconnessi non sono soltanto pane per i denti di lei.
"Oh, beh. Un po' le credo. Il mio ideale per un mondo nuovo è sempre stato vedere tutti importanti, vedere l'intero mondo brillare allo stesso identico modo, nessuno lasciato indietro."
Non è la prima volta che faccio questo discorso, mi accende subito una lampadina a casa di Vath Remar, in quella specie di Decameron Ministeriale che sul momento un po' odiavo, oggi quasi mi manca. Quel giorno nessuno capì il mio discorso, ritentare non è proprio un male.
Mi fa quasi strano come nel giro di un paio di battute questa donna mi ha portato a parlare delle cose che sempre cerco di evitare parlando con le persone: Rhaegar e il mio passato.
"Oh beh, qualche mese fa avrei detto a tutti che sto combattendo contro tutto me stesso per riprendermi ciò che doveva essere mio sin dall'inizio...oggi è cambiato un po' tutto, mi sono successe talmente tante cose che mi hanno fatto vedere talmente tante altre cose ancora. Oggi non so scegliere, oggi voglio tutto."
Questa frase po' esse piuma o po' esse fero come dicono dalle mie parti, sta tutto nelle orecchie dell'ascoltatore.

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view post Posted on 4/4/2020, 03:56
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Ariel A. Vinstav
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Il bicchiere freddo viene poggiato alle labbra, prima di reclinare il capo totalmente all'indietro.
L'amaro lo beve tutto d'un fiato, non potendo evitare di stringere gli occhi quando il sapore importante le raggiunge il palato.
Tornata dritta e ad occhi ancora chiusi, Maurizio potrà notare come le labbra si siano strette d'improvviso a formare una linea sottile e che il volto, normalmente pallido per l'etnia slava, fosse decorato da gote di un rosa sempre più intenso.
Una volta aperti gli occhi, questi sembravano per un attimo più grandi di quanto già non siano leggermente arrossati e lucidi per l'inaspettata intensità del sapore.
A sua difesa aveva capito che "l'elisir" si chiamasse "Amaro", ma lei cosa significhi quella parola in italiano non ne ha la minima idea.
Insomma, si era preparata a tutt'altro.
«Ok. Ok.»
La mano destra venne sollevata andando ad alzarsi e abbassarsi per sventolarsi il volto, ancora arrossato.
«Forte, ma buono. Un punto per l'Italia.»
La mano sinistra d'istinto viene portata alla gola, cercando di massaggiarla lentamente per cercare di darsi conforto dalla sensazione d'improvviso calore e bruciore lasciata dal liquore.
*Questa cosa piacerebbe un sacco a mio padre. Devo ricordarmi il nome per comprargliene una bottiglia.*
Ancora arrossata e con gli occhi lucidi, seppur con intensità minore, lo sguardo torna nuovamente su Maurizio. È attenta, segno di come fosse onesta nel chiedere altri racconti. Non è lì a dar contentini nella conversazione o cercare di mettere a suo agio l'interlocutore: è curiosa e tale "Joe D'Angelo" è venuto a parlarle e lei non si priva mai della possibilità di poter conoscere qualcuno.
Seguire il discorso, però, sembra essere difficile per lei, stavolta.
Sfarfalla le ciglia e inclina il capo leggermente di lato quando viene citato tale "Aiden": non ha ovviamente idea di chi sia, ma la nonchalance con cui l'altro lo nomina le fa sorgere istintivamente il dubbio debba essere qualcuno che forse avrebbe dovuto memorizzare.
*Famoso, forse? O un frequentatore del locale? Un cantante come lui?*
«Temo di non conoscere questo "Aiden", ma immagino sia irlandese?»
Puntualmente la cadenza francese sempre presente va deviando la pronuncia del nome dell'auror, facendo cadere l'accento sulla 'e', piuttosto che la 'i'; "irlandese" poi scatenava il suo rotacismo accennato più delle parole fino ad allora dette.
«Ed "Eco" immagino sia uno scrittore? La mia cultura letteraria comprende alcuni autori mediterranei, Beauxbatons è più aperta sotto questo punto di vista.»
Delle altre scuole, sottintende. «Ma ammetto il nome non mi dica molto»
Sebbene in leggera difficoltà col filo della discussione, nonostante l'accennato rammarico nella voce, non poteva evitare di mostrarsi tale al volto: sorrideva ancora e gli occhi velati dall'alcool fino a pochi attimi prima, brillavano ora di una genuina curiosità e interesse.
A quanto pare anche parlare di Whiskey le sembrava interessante.
«Allora come promesso le offro del Whiskey scozzese. Il ... "Laph-roaig", oui?»
Scandisce i suoni lentamente, avendo timore di non rendere giustizia al nome.
Una volta tanto è riuscita a non stravolgere l'accentazione riadattandola a quella francese, almeno.
Si volta in direzione del barista, sollevando la mancina in sua direzione per farsi notare.
«Possiamo avere due Laphroaig? Per me un assaggio e magari anche qualcosa da mangiare, se possibile. Segua il cuore: mangio tutto!»
Eccentrica e un po' stralunata sì, ma non al livello di darsi liberamente all'alcool a stomaco vuoto – del resto per sua ammissione era venuta lì per mangiare.
Poverino il barista che si sarebbe dovuto inventare anche qualcosa da ordinarle, probabilmente dovendo ignorare come quella non fosse la postazione giusta vista la presenza di alcuni tavoli al ristorante: se non si era seduta al tavolo un'ora prima per ordinare da mangiare, non l'avrebbe fatto ora che è presa dal parlare con Maurizio. Meglio accontentarla per liberarsene e darle qualcosa da mangiare e il whiskey scozzese in un nosing-glass, piuttosto che uno dei classici old-fashioned.
«Devo farle provare anche qualcosa che conosco io, per ricambiare veramente. Meglio non esageri.»
Si giustifica così.
È quando l'altro continua a parlare che decide di cambiare postura. Incapace di stare ferma su quello sgabello a lungo, pare, scioglie l'intreccio delle gambe, lasciando che i piedi nudi puntino il pavimento, sfiorano l'apertura degli stivali abbandonati sotto di lei.
«Nessuno lasciato indietro.»
Gli fa eco, sussurrando le parole fra le labbra. Facilmente udibile da Maurizio che le è vicino.
Distoglie istintivamente lo sguardo alle sue parole, alzando il capo.
Lo ascolta, non si perde nessun dettaglio, ma lascia che gli occhi si riposino contro i contrasti di ombre e luci proiettate contro il soffitto basso.
«Qualcuno la accuserebbe di stare cercando un'utopia, Joe.»
Gli dà del "tu", ora. Si prende quella libertà senza vacillare per un secondo.
Il tono divertito si appianato: è tornata seria, mimando lo stato d'animo più composto della sua controparte. Lo spessore della loro conversazione la porta a rimodellare le sue parole, il registro, l'intonazione della voce e persino il proprio stato d'animo. Empatica e sensibile, si lascia andare all'istinto d'adattamento della sua personalità.
Le spalle si abbassano, lo sguardo torna lentamente sul volto altrui. Dell'aria da sogno è rimasto solo il velo rosato sulle guance.
«Ma se non avessimo dei sognatori non avremmo l'arte. E un mondo senza musica sarebbe facile alla tristezza: vuoto, fatto di verità inespresse ed emozioni piatte.»
Arriccia le labbra in un sorriso che per una volta si mostra tenue, accennato.
«È forse simile al motivo per il quale scrivo e fotografo: la verità dei Fatti, trasmettere su carta la storia degli altri, dare spazio alle voci di chi normalmente non si ascolterebbe e ... capire le persone, capire come vederle e interpretarle.» Si affretta ad aggiungere ancora qualcosa, alzando appena il tono in una risata accennata, flebile che spezza il discorso. «Le ultime più delle altre, lo ammetto..»
Non uguali, ma forse simili, compatibili. Lascia poi che l'altro parli, non si permette di aprir bocca se non quando il silenzio comincia a gravare sulle loro spalle.
Traduce nella sua mente, prepara, ragiona.
«Cosa lo rende suo?.»
La mano sinistra viene poggiata sul bancone. L'indice tamburella lentamente l'indice, seguendo il tempo della musica che fa atmosfera al locale.
«"Qualcosa che doveva essere mio all'inizio".»
Specifica poco dopo. «Oggi è cambiato qualcosa, lo hai detto. Oggi si sente di poterlo ottenere domani, oggi ha visto e ha capito qualcosa, se non più di una cosa»
Una breve pausa inframezza il discorso. «Quindi cosa ti dice fosse tuo allora e non tuo adesso? Forse era giusto non arrivasse prima ma ora, ora che ha visto, qualunque cosa le abbia dato la sensazione di poter essere in grado di prendere tutto, piuttosto che limitarsi.»
Abbassa appena il capo, inclinandolo di lato. Prova a guardarlo in volto dal basso, cercando di superare la rifrazione della luce contro di lui che le impedisce di metterlo pienamente a fuoco.
I capelli biondi, quasi bianchi quanto sono chiari e sbiaditi dalle pozioni, le ricadono contro la spalla sinistra, scivolando contro parte del petto.
«Non mi ha ancora detto cosa vuole, però. Il tutto è un contenitore, deve elencare cosa vuole lo riempia per sapere da dove cominciare a prendere.»
Stavolta non scherza più, sebbene il sorriso rimanga disegnato sul volto come una curva accennata a simboleggiare la sua calma, quel suo "la sto ascoltando e capendo" con cui vuole soltanto che l'altro si sfoghi, si riveli.
Le piace interpretare le persone l'ha detto, del resto.

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MAURIZIO PISCIOTTUsquadra antimago Cantante da Pianobar ✧ 28 anni ✧ Amore, Fermati
La vedo soffrire per qualche istante prima di ritornare in se e mi ritengo molto saggio per non aver scelto dell'assenzio che probabilmente le avrebbe rigirato tutti e sette i metri di intestino. Gli anni passati a massacri e alcolismo nella comunità mi hanno forgiato in entrambe le direzioni.
Subito dopo mi rendo conto che le mie tendenze a conoscere tutti non sono ovviamente comuni a tutte le persone e, sopratutto, devo imparare che non tutti sanno quello che so...troppo spesso lo do per scontato.
"Aiden è un'Auror. Un uomo senza macchia e senza paura. Mentre Eco è stato tante cose, ma per me è stato quasi un mentore. Non che io l'abbia mai conosciuto, ma una delle poche cose che mi ha portato alla lettura. Non ho molto tempo per leggere, purtroppo."
E non l'ho mai avuto. Sono troppo iperattivo, col perenne bisogno di avere qualcosa da fare, di rincorrere qualcosa che non c'è o di venire inseguito dal nulla, ma tant'è, mi ci sono abituato.
"Ho il terribile difetto di dare per scontato le mie conoscenze.
Il discorso successivo mi fa un po' affondare nella mia stessa mente, la ragazza sembra troppo tra le nuvole ma ha una testa che ragiona in maniera estremamente reale. Mi incalza come come un cacciatore affamato fa con un giovane cervo troppo immaturo per guardarsi dal pericolo imminente. Eppure allo stesso tempo mi sento al sicuro nel divulgare quelle informazioni. Proprio per quello mentre parla mi alzo e volto lo sgabello verso di lei (gli sgabelli non hanno un verso, è vero, ma hanno l'appoggio soltanto in due lati, quindi tecnicamente lo hanno.) e mi risiedo poggiando il tallone sulla parte alta e il gomito sul mio ginocchio. Il messaggio era chiaro ma adesso è tangibile: ti sto studiando.
Paradossalmente qualunque possibile altro interesse si sta asciugando come acqua nel deserto.
"Devo prenderla come un'intervista formale?"
Lo dico senza smettere di fissarla mentre il cameriere arriva con due bicchieri ambrati ed un piatto di spaghetti con le polpette che mi causa un piccolo spasmo di disgusto e orrore, da quando ho scoperto che cosa fuori dall'Italia pensano che mangiamo, ma è il locale che mi fa arrotondare con le spese e quindi non posso rovinargli gli affari. Mi bagno le labbra col contenuto del bicchiere, è così che si gusta un buon distillato, e poi lo ripoggio sul bancone praticamente intatto.
"Messa così la fai sembrare una cosa positiva. Non l'avevo mai vista in questo modo."
Mi tiro leggermente indietro con la schiena e poggio l'intero braccio sul bancone come farebbe un ubriaco che sta per addormentarsi su di esso.
"Questo è il punto. Non ho mai saputo cos'è che voglio, forse non lo so nemmeno ora. Eppure so per certo che è a portata di mano. Lo so, è un concetto terribilmente astratto, ma ti assicuro che è pura realtà."
Come fai a spiegare che dei numeri dietro una lettera sono il tuo vero e unico più grande desiderio, che forse alla fine nascondi le tue manie di grandezza dietro un principio in cui nemmeno tu credi fino in fondo? Semplicemente non puoi.
Potrebbe venirci su una bella storia una volta finito, no?
Le dico tentando di smorzare un po' il momento di gloria evanescente.

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Ariel A. Vinstav
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« Always do sober what you said you'd do drunk »
«''Senza macchia e senza paura''» Si ritrovava a citare le parole del performer. Lo sguardo era tornato verso l'alto, fra le intercapedini del soffitto. Normalmente si sarebbe detto che quella era l'espressione di chi rifletteva. Peccato che a conti fatti, lo sguardo perso nel vuoto - rivolto verso ''l'oltre''- era una delle sue caratteristiche contraddistinte che portavano molti a reputarla particolarmente facile alle distrazioni. Che stesse realmente riflettendo su quanto detto dal commensale o meno, a quel punto, non era poi così chiaro.
«Molti descriverebbero la mancanza di paura un sinonimo di stupidità o ingenuità.» Non suonava sardonica: non era di certo lì per insultare il povero Aiden che non conosceva nemmeno. Aveva la tendenza a farle così le sue osservazioni, quando la situazione non la costringeva a tenersi sotto controllo e adattarsi parecchio all'altro interlocutore; era mossa un po' dal desidero di essere sempre sinceri e spontanei e un po' dalla curiosità di vedere la reazione del prossimo. Lo sguardo tornò su Joe solo dopo qualche secondo. «Mi sono sempre chiesta ... cosa definisce una ''macchia''? Cosa sarebbe questa ''mancanza di macchie'' di cui parlano tutti? E soprattutto perché mancare di queste ha accezione positiva?»
Ecco. Si stava di nuovo perdendo in elucubrazioni complesse e assolutamente fuori dal tema del discorso. «Immagino si intenda come avere momenti bui: errori, cattive scelte; eppure, se non avessimo macchie non cresceremmo, non impareremmo e non saremmo spronati a migliorare.»
Si era fatta troppo seria e profonda.
Le labbra si tesero, abbozzando un sorriso divertito, prima di concludere a mezza voce un «Questo Aiden spero sia tutto a pois, insomma!»
Maurizio non doveva avere avuto fatica a capire come stramba com'era, fosse tutto tranne che una sprovveduta alla fin fine.
Le sue domande per quanto spesso basate su segni e significati immateriali, seguivano sempre una logica: il fatto che il filo fosse spesso difficile da seguire era uno dei suoi tanti problemi che la carriera Giornalistica le stava aiutando a limare. «Ma comunque ... potrei cercare una copia di questo ''Eco'', visto che ne parla tanto bene: per ispirare un uomo, del resto, questo autore deve aver toccato i tasti giusti. E io - gliel'ho detto - voglio sempre cercare di capirle, le persone.» Arricciò le labbra in un sorriso che per una volta non riuscì a mostrare ampio e raggiante, bambinesco. ''Melanconico'', in questo caso, sarebbe stato il termine più adatto con cui descriverlo: era uno dei suoi difetti e pregi più grande la cura e l'attenzione per le persone, del resto. Ventidue anni e c'era rimasta male per le azioni e le parole della gente più lei che buona metà dei suoi coetanei. A smettere di voler vivere del contatto umano, però, non ci pensava proprio.
Fece semplicemente spallucce al nominare il suo difetto, come a fargli capire non ci fosse nulla di male.
*Più agganci per capirti. Meno discorsi strambi per me per arrivarci*
Non a caso, poco dopo, Joe aveva finalmente colto l'andazzo della conversazione: non era lui l'eccezione alla sua curiosità.
*Tutti sono storie alla fin fine.*
Il sorriso si fece più ampio. Sembrava divertita dall'altro.
*Un'intervista ... se solo avessi un Giornale a cui riferirmi sarebbe anche possibile, immagino*
«Aiuterebbe a conoscerti, Joe?»
Stava continuando ad alternare il 'tu' col 'lei'. Forse indecisa su quanto spingersi e prendersi confidenze con l'altro.
Nel fare quell'ultima domanda si scostò leggermente di lato, appena più vicina al posto occupato da lui.
Non era ben chiaro a quel punto se fosse intenzionata a tornare sul piano iniziale di Maurizio, il motivo per il quale era venuto in prima sede a parlarle al bancone, o se la discussione avesse fatto slittare il grado di interesse di entrambi su temi più intellettuali e amicali.

La distrazione giunge nelle sembianze di un piatto di polpette e uno shot di Laphroaig versato in un tozzo tumbler d'assaggio.
Non notò il disgusto altrui per l'innovativa ricetta di pasta e anche l'avesse fatto, avrebbe avuto non poca difficoltà a capirne il motivo: era una francese cresciuta da un genitore slavo e uno islandese; era già sorprendente avesse una conoscenza base delle proprie origini, figurarsi comprendere in Inghilterra la buona cucina mediterranea.
*Chissà che sensazione è quella delle polpette spinte col naso*
Eccole le domande strambe. Maledetto sia suo nonno e il cinema d'animazione babbano che le mettevano in testa stupide idee!
*Ok ok. Tempismo pessimo: le ordinerò un'altra volta per scoprirlo.*
Mentre Joe parlava, lei si era già armata di forchetta. «Grazie!»
Il sorriso per il barista era raggiante: sicuramente era brava a mostrare diverse emozioni a seconda della situazione.

C'era da chiedersi se la sua fosse recitazione, a questo punto, o una tendenza naturale quasi preoccupante a cambiare stato d'animo con uno schiocco di dita.

«Perché dovresti concentrarti a trovare il lato negativo, quando parli di questa tua ricerca come se ti angosciasse da tempo?» Retorica, parlava fra un boccone e l'altro di pasta. Avendo cura a trattenersi dal proseguire il discorso con una forchettata ancora in bocca. «Prova a descriverlo.» Scoccò un'occhiata al braccio altrui, disteso lungo il bancone. «Il concetto astratto, intendo: prova a descriverlo. Se non è una cosa, è una sensazione. Puoi provare a descriverla, quindi.» Sollevò le spalle, prima di tornare ad arrotolare fra i rebbi una manciata di pasta, accompagnata da una metà polpetta. «Se vuoi, ovviamente.» Lo sussurrò quasi quell'ultimo appunto, sporgendosi col volto verso quello di Joe, prima di tornare dritta sullo sgabello e mangiare.
Si prese qualche secondo per mangiare, prima di riprendere il filo della discussione.
Il fatto che in poche forchettate stesse ripulendo il piatto doveva far capire quanta fame avesse.
«Non credo esistano "cattive storie".» Fu l'unico commento che si permise di dire. Una frase radicale, seria, di chi non sembrava una volta tanto aperto ad altre osservazioni. Poi sollevò di nuovo le spalle e come nulla si sporse verso uno dei portatovaglioli lungo il bancone, per ripulire le labbra unte.
*Al massimo orecchie che non vogliono sentire*
Il laphroaig per ora non l'aveva nemmeno toccato.
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MAURIZIO PISCIOTTUsquadra antimago Cantante da Pianobar ✧ 28 anni ✧ Amore, Fermati
Provo a risponderle allo stesso tempo seriamente e in maniera molto leggero, voglio esprimerle un mio pensiero profondo, un pensiero terribilmente serio ma allo stesso tempo non voglio che le dia troppo peso. Proprio per questo decido di prendermi il mio tempo per trovare le parole giuste mentre dalla ragazza fioccano domande su domande, o meglio, riflessioni su riflessioni che mi danno sempre più carne al fuoco.
"Beh, ecco..." Lo dico più per far fermare quel flusso di pensieri che non per dare più peso alla mia frase. "In fondo lo è!" Lo dico sollevato, come se in realtà io mi stia togliendo un peso giustificando la mia stupidità piuttosto che quella degli altri. "O meglio, non è una stupidità calcolata come la mia, è pura mancanza della cultura di vivere. Non mi importa quante medaglie hai al petto se quando vedi un bambino in difficoltà volti lo sguardo perché "non è compito tuo" non so se mi spiego."
Il concetto come sempre probabilmente passa sbagliato dalla mia mente alla mia bocca, figuriamoci per la ragazza che non ha vissuto nessuno dei due momenti. Disabituati a vivere, forse era questa la frase che stavo cercando, ma la conserverò per una che ci sta.
"Una macchia invece è completamente l'opposto. Se tu anziché fare l'Auror e acchiappare il cattivo di turno ti fermi per aiutare un bambino, magari la cui madre è stata appena uccisa sotto i suoi occhi...QUELLA per il Ministero è una macchia"
Il discorso diventa un po' sconnesso nella mia testa, forse anche perché mi ricordo di stare parlando con una giornalista, forse perché il mio castello di carte sta crollando così come la maschera che entrambi portavamo.
"E allora non diventi più vendibile come Auror, uno che è ricercato come fa a proteggere la gente di Londra? Non importa che cosa ha o non ha fatto, non importa quanta dedizione ha messo nel suo lavoro sei...macchiato e marchiato."
Mi rimetto a sedere composto soltanto perché il cameriere ha la gentilezza di capire che ho ancora molti giri da sopportare e molta voglia di rendere quella serata interessante, l'alcool ha la piacevole capacità di farlo...o di distruggerla.
Così mi volto leggermente verso di lei e alzo leggermente il sopracciglio mentre brindo alla sua mentre il cameriere versa uno shot anche a lei. "Sono una persona semplice. Dammi dell'alcool e ti racconto tutta la mia vita." Quasi. "Anzi, penso di avere detto tutto quello che di interessante ho da dire, piuttosto cosa si cela dietro la vita di una giornalista? Visto molti posti interessanti?"
In realtà parlare di me non mi dispiace affatto, nutre il mio ego e la voglia di far conoscere a tutti le mie gesta, eppure col tempo ho imparato che non si può sempre parlare di me, purtroppo.

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view post Posted on 10/11/2020, 00:43
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Ariel A. Vinstav
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« Always do sober what you said you'd do drunk »
Maurizio aveva tante cose a sostegno del suo discorso: la passione, l'interesse e l'aspetto giusto per mandare avanti discussioni di un certo spessore. Nell'insieme, insomma, Pisciottu godeva di un magnetismo di cui Ariel – ne era certa – lui era pienamente consapevole. Poteva scorgere dietro la convinzione dei suoi assunti un vissuto pieno di emozioni, le stesse che la stuzzicavano a rimanere lì a parlargli e non snobbare più con le sue stranezze l'interesse iniziale del mago per lei.
Se a primo acchito Joe D'Angelo era apparso come quello che voleva sembrare nel suo pseudonimo (un italiano da stereotipo fatto di charme, donne ed esibizionismo), parlare d'Eco e d'etica aveva spogliato il performer dell'apparente superficialità.
Ariel dalla sua invece poteva aggrapparsi solo alla profondità delle sue parole, al contenuto di ciò che voleva trasmettere per supportare e stimolare il discorso, ma diversamente dal suo interlocutore non aveva altro a sostegno della sua maturità intellettuale.
Era buffa, dolce persino e questo rischiava di remare direttamente contro il desiderio di stuzzicare Maurizio a parlare ed aprirsi.
Non aiutava che a quanto pare mangiasse gli spaghetti al pomodoro come una bambina. Guance gonfie di pasta, bocca stretta a trattenere gli spaghetti e sporca di salsa, Ariel sembrava l'imitazione di un criceto ingordo e no, questo era tutto tranne che adatto e conforme all'immagine di adulatore e conversatore tormentato che Maurizio riusciva a incanalare.
GULP!
Mandò giù i bocconi tutti insieme, producendo un suono comico quanto cartoonesco. Si affrettò a passare un tovagliolo contro le labbra per re-inserirsi nella discussione, ignorando lo sguardo sconvolto del povero barista che aveva appena notato come in pochi scambi di Maurizio, la "ragazzina" aveva spazzolato già metà piatto del primo.
«C'è chi potrebbe dire che non aiutare il bambino è un male minore davanti al pericolo di un criminale in libertà.» Storse leggermente il naso nel dire "male minore", lasciando intuire come l'espressione non la facesse impazzire. «Altri invece non potrebbero evitare di soffermarsi al dolore che potrebbero salvare al bambino se gli fornissero un supporto davanti ad una ferita così grande. Eppure, alla fine della giornata, i due Auror di questo racconto non sono entrambi mossi da un senso di giustizia? Non credo sia come scegliere di applicare l'etica a poter far spazientire il Ministero come dici tu..» ogni tanto le sfuggiva il controllo del corpo e nel parlare disegnava archi a mezz'aria con i rebbi della forchetta «... quanto più il non riuscire a distaccare le proprie emozioni dalle priorità che il lavoro ti impone.».
Poggiò la posata contro il piatto e ruotò leggermente sul posto, cercando di rivolgere il corpo verso "Joe". Sospirò davanti al fervore con cui l'altro si esprimeva.
Opinione e analisi si erano incrociate nell'uomo ed esplose come un vero e proprio sfogo, lo stesso che la sua empatia le faceva percepire come pesante, carico di sconforto.
"Quanto deve aver sofferto nel non sapere come sentirsi davanti a queste cose? Era questo il conflitto di cui parlava? Combattere contro se stesso per riprendersi ciò che doveva essere suo."
Nel riprendere in mano ciò che le era stato detto all'inizio di quella conversazione e ciò che ora Joe si lasciava sfuggire, nuove domande prendevano forma.
«Ci sarà sempre qualcuno pronto a criticare come qualcun altro si senta, se è diverso dalla propria realtà. Le persone sanno essere ipocrite ed egoiste anche senza rendersene conto, se non sono capaci di vedere oltre il proprio naso: se non capiscono o non accettono una realtà, molti rifiutano l'esistenza di qualcosa fuori dalla propria comprensione.«La mano sinistra alla cieca raccolse il bicchierino in cui si trovava l'amaro, ora vuoto e con un gesto della mano fece cenno al barista di servirgliene un altro.
«Ma un lavoro come quello di un Auror o di qualunque agente addetto alla sicurezza immagino abbia regole che vadano ben oltre la passione; forse vorrebbero evitare che il mondo sprofondi nell'ombra puntando a ciò che rischia di colpire la sicurezza nazionale. Tu, Joe, sembri puntare più ad aiutare ogni singola persona, ma è solo uno.» Sollevò le spalle, non riuscendo a trattenere fra le labbra un sospiro.
Più parlava più occhi si annebbiavano di una tristezza genuina, come se ad entrare nei sentimenti di Maurizio non potesse evitare di angosciarsi, tentando a modo suo di accostarsi allo sconforto e il conflitto interiore che l'altro potrebbe aver provato a suo tempo.
«Sono discorsi ed esperienze molto più grandi di quanto ci si aspetti da chi si definisce "poco interessante".»
Lo canzonò, tentando di mostrare un sorriso seppur questo non riuscì ad essere spontaneo come avrebbe voluto, là dove sentiva ancora addosso quei sentimenti contrastanti che le parole di Joe avevano trasportato.
«Piuttosto cosa si cela dietro la vita di una giornalista?»
«Tanti sentimenti e tanti colori.» Non a caso accettò di buon grado il cambio d'argomento, una volta tanto, necessitando lei stessa di una pausa emotiva da quel trambusto emozionale che Maurizio aveva lasciato sfuggire. «Vorrei diventare un fotoreporter: la scrittura è qualcosa che ho scoperto dopo la fotografia, ma con entrambe vorrei permettere alle persone di comprendersi meglio a vicenda, me inclusa: c'è meno possibilità che le persone si rifiutino di accettare il diverso, se qualcuno si prende l'incarico di spiegarlo e condividerlo.»

Nemmeno lei scherzava quanto a pesantezza e probabilmente se ne accorse visto che decise di interrompersi per prendere un sorso dell'Amaro che le era stato servito.
«Francia, Islanda e Inghilterra. Non abbastanza, non pochi. Se non fossero rimaste a casa, ti mostrerei le foto di un magnifico ghiacciaio Islandese: è un luogo di grande importanza storica e magica, oltre che meraviglioso.»

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(mi arrendo: non riesco a scrivere con Ariel al presente,
non so che cosa avessi in mente un anno fa. Cambio registro :<31: )
 
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view post Posted on 25/11/2020, 19:47
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MAURIZIO PISCIOTTUsquadra antimago Cantante da Pianobar ✧ 28 anni ✧ Amore, Fermati
Quelle parole continuano a risuonare nella mia testa come una grancassa che, da sola, suggerisce il ritmo di una canzone iniziata molto tempo fa. Quasi ogni volta che esce fuori un discorso del genere mi convinco sempre di più che ci sia una terza via, una via che so già come percorrere e dove. Una via piena di rischi e pericoli, ma che porterebbe tutti verso un mondo migliore, una seconda comunità nuragica ma senza le assurde dipendenze da un folle dispotico come il Presidente o Raven Shinretsu. Un piccolo manipolo di persone ben motivate possono spodestare un Ministero corrotto e senza speranza? Forse. Non resta molto altro se non seguire quelle maledette coordinate.
Quasi d'istinto mi volto a guardare Ariel con un ammirazione diversa da quella da prima, come se le luci del locale avessero appena cambiato colore. Me lo chiedo più volte: "chissà quanto pazza le sembrerebbe quest'idea."
E mentre me lo continuo a chiedere per un piccolo istante sento persino di farlo, di chiederle fino a che punto la mia testa è impazzita, eppure forse per codardia non lo faccio, non voglio che i miei sogni vengano smontati con una mezza folata di vento.
Oh wow. Conosco una studentessa di Hogwarts che è Islandese, ma non ci sono mai stato. Troppo freddo...credo.
Sembra quasi che il discorso stia morendo, ma tiro ancora una volta fuori la faccia da culo che mi ritrovo e tento un secondo round.
"Potresti farmele vedere...le foto intendo. Mi piacciono i paesaggi..."
Dalla voce sembro quasi timido, eppure non credo proprio che Ariel ci sia cascata.

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view post Posted on 26/11/2020, 17:18
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Ariel A. Vinstav
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Esisteva una terza via? Quella era una domanda che per Ariel sarebbe valsa il viaggio, ma soltanto Maurizio che quel percorso l'aveva davvero iniziato avrebbe potuto sapere se i mezzi e il sacrificio necessari per percorrerla sarebbero valsi la pena.
Lei per fortuna non era partecipe di pensieri così angusti, sebbene avesse già mostrato al compagno di bevute lo spiraglio di una mente che tra ragionamenti così contorti, sembrava trovarsi a suo agio.
Filosofeggiare era probabilmente un'attività che allenava con dedizione: come biasimarla visto il sogno che rincorreva?
"Chissà che ci riesca a diventare un fotogiornalista, poi"
Alla cieca passò ancora il tovagliolo di carta contro le labbra, portando via i residui di un pasto che probabilmente non sarebbe stato abbastanza per tamponare l'alcool che Maurizio sembrava capace di mandar giù.
"Effettivamente avevo detto avrei ricambiato"
Si voltò verso il barista, fattosi per professionalità timido alle loro conversazioni, a portata d'orecchio per venire richiamato per un ordine, ma fisicamente in disparte abbastanza da non poter far perdere ai due clienti la sensazione fittizia di essere a casa loro, dove era possibile rilassarsi e lasciarsi andare fra un bicchiere e l'altro.
"MI vengono in mente cose troppo banali o troppo poco inglesi, però."
«Freddo?» Sollevò il sopracciglio destro, prima di arricciare le labbra in un sorriso fremente di chi sembrava pronto a scoppiare a ridere da un momento all'altro. «Ok, sto per dire una cosa che fa sempre ridere tutti, quindi non dire "è una cosa così da gente del nord", ti prego: in Islanda, quando ero piccola, mio nonno mi dava spesso del liquore per tenermi al caldo.» Si ricordava bene come in Francia a citare il Brennìvin o il Fjallagrasa qualcuno dei suoi compagni d'Accademia aveva fatto una battuta su come la gente di Durmstrang si teneva su con Vodka e Birra.
«E la vodka.» Borbottò a mezza voce, concludendo il discorso.
Maurizio poteva sentirla senza sforzo, mentre storcendo il naso, tentava di non scoppiare a ridere. Quel discorso era pieno di stereotipi sui vichinghi che lei stessa non poteva evitare di notare.
A furia di vedere tutti deridere le sue tradizioni, aveva preso l'abitudine di farne autoironia per prevenire battutacce.
«Abbiamo uno schnapp a base di liquirizia che si chiama Ópal che mio nonno tiene sempre vicino alla libreria perché aiuta un sacco con la tosse, quindi ogni volta che soffrivo il cambio di temperatura quando andavo a trovarli mi davano un cucchiaio. Ecco, se io da piccola potevo sopportarlo, tu che sei così grande e grosso non dovresti avere proble...» Era partita in un fiume di parole di nuovo, improvvisamente colta da un buon umore genuino al poter parlare dei luoghi dell'infanzia, dei Vinstav di cui portava con fierezza il nome. «–mi. Scusa: parlato troppo.» L'imbarazzo venne più per aver notato in ritardo come si fosse persa in un monologo totalmente distante, forse, dagli interessi di "Joe". Fu un bene che quest'ultimo incalzò con una proposta singolare.
"Potresti farmele vedere...le foto intendo. Mi piacciono i paesaggi..."
Per un singolo, singolo secondo, Ariel rimase a guardarlo con gli occhi strabuzzati.
Poi venne lo sguardo confuso, puntato verso un punto remoto del soffitto in legno, prima di tornare sul performer.
«Uhm.» Mugugnò, pensosa, come a dimostrare che stesse onestamente valutando la richiesta dietro la "battuta sporca".
"Ci sta... provando? Di nuovo? Ma per davvero?"
«Ok?» Non sembrava affatto convinta. La bocca si era contratta e le guance gonfiate leggermente in un broncio bambinesco di chi stava ancora riflettendo. «Nel senso ... vuoi vedere davvero le mie foto o è una di quelle frasi da "perché bere un sex on the beach, quando puoi avere sex on this bitch"
Oh no. Le battute.
Oh no. Era seria.
Sigillatela adesso nel ghiacciaio in Islanda, lontano da tutti.
Si salvi chi può. Aveva pure cercato di fare la voce grossa per imitare malissimo un uomo con pessime frasi da rimorchio.
«Perché a me vanno bene entrambe? Cioè sei simpatico e un sacco carino, quindi...»
Era palese come la sua confusione fosse data non tanto dal capire gli innuendo, ma se Maurizio volesse anche guardare le sue foto per davvero.
«Però casa mia è a distanza di Metropolvere, va bene lo stesso?»
Ah.

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view post Posted on 21/12/2020, 18:35
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MAURIZIO PISCIOTTUsquadra antimago Cantante da Pianobar ✧ 28 anni ✧ Amore, Fermati
Ho la faccia sbigottita. E lei lo ha notato, voglio dirle una cosa ma non so se lo prenderà come un insulto oppure no. Starla a sentire e terribilmente difficile ma maledettamente ludico, un bombardamento di informazioni, una serie di ipotetici fiumi principali che si scontrano l'uno con l'altro, una batteria impazzita durante un assolo degli Idles. Questa. É. Ariel. Punto.
E giuro che mi sta, a modo suo, facendo provare delle cose che non pensavo più di sentire, come la spensieratezza che avevo abbandonato per la rabbia e la frustrazione. Questa leggerezza mi distrugge da dentro.
E poi così, dal nulla. Io stavo abbastanza scherzando ma, alla fine lei no. E mò?
"Puh...Pehh...Puhhhh."
Mi spiazza talmente tanto che mi divoro le parole e tutto ciò che ne esce sembra per lo più Pingu che ha dimenticato come si fa "Noot, Noot". Metto le mani sul bancone come per un reality check e riprendo fiato.
"Ok..."
Sono eccitato come un bambino di fronte ad un regalo di natale enorme.
"Adesso io prendo le mie cose, una bottiglia di amaro e intanto tu mi spieghi perché noi non ci conosciamo e per quale motivo non sei ancora la mia migliore amica."
Mi alzo e faccio per andarmene verso i camerini ma poi mi giro di nuovo.
"Ah! e voglio sul serio vedere quelle foto."
Faccio un solo passo e mi volto ancora.
"Ah e volevo sul serio non vedere solo le foto."
Lo dico con i pollici alzati alla Fonzie mentre, forse per una volta nella vita, spero di nuovo che una donna non sparisca dalla mia vita la mattina dopo.

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