| “Stop giving other people the power to control your mind. If you don't take control of yourself, someone else is bound to try.”
Aveva sofferto. Non soltanto quel giorno, ma in quelli che erano seguiti e che la sua memoria continuava a riproporle in salse tutte diverse, ma di fondo sempre uguali. Leanne e le sue aspettative. Leanne e la sua incapacità d’incoraggiare senza ferire con le parole. Era estenuante, più del tentativo di resistere agli assalti di Connor. Stanca di quella lotta, frustrata per quelle incomprensioni, aveva finito semplicemente per arrendersi all’evidenza che sua madre non l’avrebbe mai accettata per ciò che era: un’anima alla continua ricerca di approvazione, un’anima che poteva e doveva sbagliare per capire quanto prezioso sarebbe stato il successo o il suo perseguimento. Leanne non avrebbe mai capito, poiché Martha non sembrava aver usato con lei la violenza che le era riservata. Da chi Leanne avesse ereditato tutta quella rabbia Thalia poteva solamente immaginarlo e, forse, le risposte - o così si augurava - un bel giorno sarebbero arrivate. Senza squilli di tromba a preannunciarle: solamente la pura e cruda verità, fatta di frammenti e schegge. Le sarebbe bastato sapere perché. E Connor, in tutta quella situazione che avrebbe preceduto la tempesta che avrebbe scombussolato le loro vite in breve, aveva assitito da spettatore silente, curioso e stupito. Aveva creduto, per un momento, di aver percepito il sapore della sorpresa e del disappunto dell'uomo per non aver riconosciuto i segni della spaccatura e di non avervi, dunque, potuto porre rimedio tempestivamente. Era riemersa così, tra lo stordimento fisico ed emotivo, alla realtà del negozio in cui ogni giorno somigliava all’altro, consapevole che tra quelle mura - quasi insperato - fosse accaduto qualcosa di davvero speciale. Non poteva dirsi sorpresa, non del tutto: Connor aveva dimostrato di essere ancora una volta il mentore che aveva sperato di avere dalla sua parte, un insegnante - prima ancora di un parente stretto e legato a lei dal sangue che scorreva libero nelle loro vene - che avrebbe saputo indicarle la via. Non aveva mai dato per scontato nessuno dei suoi gesti, troppo immersa nel regime di Leanne per non sapere quando ringraziare per dovere o perché, davvero, sentisse di essere in debito. E ogni volta che qualcuno si prodigava per lei, lo sguardo di sua madre - freddo come il marmo, resistente come acciaio - incombeva su di lei; le labbra non mimavano alcuna parola, ma Thalia aveva sempre saputo, guardandole, che cosa si aspettasse che pronunciassero le sue. Tuttavia, Connor meritava un vero ringraziamento. Sentito. Necessario proprio per quella natura da cui derivavano i suoi preziosi insegnamenti: ogni gesto o parola dell’ex Auror era un dono vero e proprio e pertanto meritava onestà, persino nella gratitudine. La voce le uscì roca e portò svelta la mano alla gola, sorridendo imbarazzata. Non c’era motivo d’esserlo eppure le sue ultime parole avevano sancito l’inizio di un nuovo capitolo in quel rapporto. Non aveva commentato quell'episodio, per quanto avesse potuto immaginare chi - più di ogni altro - avesse turbato la quiete del Maniero. Era evidente, almeno ai suoi occhi, la prova della lealtà di Connor che, Legilimens più che esperto, aveva scelto di essere rispettoso dei suoi confini, osservante dei limiti che lei gli aveva imposto. Nonostante si fosse intromesso troppo nel suo passato, nonostante avesse percepito una frattura che andava oltre il mero screzio tra adulti di cui era stata inconsapevole fautrice. La vera colpa, se davvero ve n'era una, era la sua. Thalia stessa aveva instillato nell'anziano il principio di una curiosità dura a morire, quasi come la tempra dell'uomo, e dal canto suo non le era sembrato vero di poter apprendere una stilla soltanto della sua infinita conoscenza del mondo magico. Occlumanzia e Legilimanzia erano parti di quell'universo, così come lei, e non conoscerle o sfruttarle avrebbe significato perdere - nemmeno a dirlo - una porzione di quel Sé che ancora cercava di consolidarsi. All'epoca non avrebbe nemmeno saputo dire che tipo di strega avrebbe sperato diventare e questo, Connor, lo sapeva bene. Le aveva impartito una lezione e indicato una direzione precisa, sempre con quella libertà d'azione tipica degli uomini lungimiranti. Dati gli strumenti, sarebbe stata sua priorità capire ed imparare ad usare ciò che la Natura - o il Fato - le aveva concesso. Thalia aveva iniziato allora a capire, quindi, quale fosse la vera essenza della propria natura di strega, che cosa ci si aspettasse da una persona come lei, con simili mezzi a disposizione. Soprattutto, aveva compreso finalmente quale fosse il suo posto nel mondo, così come aveva capito - finalmente! - come entrare in sintonia con quelle abilità tanto diverse e parimenti utili. Chi, alla sua età, avrebbe potuto vantare una simile consapevolezza? Era certa che suo nonno avesse compreso ed accettato il suo carattere, la sua indole, il suo senso del dovere intrecciato all'insensato sacrificio di sottostare alle regole materne quand'anche queste si fossero rivelate ingiuste o basate su preconcetti fallaci. Connor doveva aver capito anche, non senza una dose di soddisfazione, che Thalia non sarebbe stata mai motivo di disonore, né per lui né per Seamus - suo padre. Entrambi avevano confidato in lei in modi che Leanne non avrebbe mai saputo eguagliare e, in un certo senso, anche se avesse desiderato farlo... non ne sarebbe stata in grado. Perché mai nessuno, nessuno era riuscito a trasmetterle quell'energia e quell'amore. Eppure, benché per Thalia fosse implicita la ragione del comportamento materno, ancora non riusciva a spiegarsene le sfaccettature: le costanti differenze verso le figlie - ciascuna diversa dall'altra e speciale a modo proprio. Ciò che le importava ora, però, era l'approvazione di Connor, il suo sorriso mite ma sollevato di vedere in lei una degna Moran, capace di assurgere al proprio compito, ai sacrifici che questo avrebbe comportato, con la lucidità mentale necessaria a scindere ogni questione in particelle sempre più piccole. Affrontando un problema un passo alla volta e da lì giungere alla conclusione e soluzione finale. Per quell'esercizio era servita una determinazione che Connor avrebbe riconosciuto come propria, la stessa che le scorreva nelle vene. «Non si impara in una notte, giusto?» finalmente, la sua voce aveva trovato via d'uscita. Chiara e innocente, quella domanda voleva sancire soltanto quanto - in fin dei conti - sapesse di dover ancora imparare. Non sarebbe mai stata abbastanza, non finché non avesse avuto in suo possesso tutti i tasselli del puzzle; Leanne, su questo, aveva dannatamente ragione. Immaginava che ci sarebbero state delle conseguenze e sapeva in cuor proprio quanto la strada per la consapevolezza fosse lunga. Sapeva anche, però, che se Connor aveva trovato difficile accesso alla via a lui preclusa, nel loro incontro successivo avrebbe superato se stesso per scoprire la verità. Era stato così vicino dal trovarla... così vicino da poter sentire il profumo della vittoria. L'eccitazione di quel momento di gloria, effimero, venne spazzato via dalla paura più pura. Temeva il giorno in cui Connor avrebbe scoperto di Cordelia, dei suoi segreti e di quanto - alla fine - anche lui sarebbe stato d'accordo con Leanne. Fu quasi in risposta alle parole del vecchio e a quel pensiero improvviso che scosse il capo lentamente, come a voler scacciare un'idea sciocca e puerile. «Lo farò, lo...prometto.» E lo sapeva, questa volta, che l'avrebbe fatto davvero.
Inventario&Conoscenze ⤿ Bacchetta ⤿ Anelli Gemelli (Nieve; Mike)
⤿ Legilimens Apprendista ⤿ Occlumante Apprendista Statistiche ⤿ Ps 266 ⤿ Pm 213 ⤿ Pc 180 ⤿ Exp. 37 Grazie, grazie, grazie. Non sarò mai grata abbastanza per la cura e l'attenzione ai dettagli!© Thalia | harrypotter.it
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