Closure, Occlumanzia - Pt. II

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view post Posted on 26/2/2020, 10:56
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Il Fato

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L'attenzione che il mago riponeva in ogni gesto, suo o altrui, era molta, tanto da non poter ignorare quella richiesta che sotto sotto animava le parole della nipote. Aveva una connessione con un elemento, e sebbene avesse tutto l'aspetto di un rapporto alle prime armi, neonato, era comunque qualcosa di non trascurabile a lungo e che richiedeva una formazione. Connor Moran non si appropriava di una conoscenza universale, ma in tutti gli anni sul campo aveva comunque guadagnato una certa esperienza con le possibilità naturali e le predisposizioni umane. Forse avrebbe potuto aiutarla, ma doveva farlo un tassello alla volta. Era ora di tentare ancora, di rendersi per lei l'intruso che doveva farsi cacciare a forza.

Occhi fissi e pupille in movimento costante, come piccoli topi intrappolati sotto un lenzuolo di seta. Se qualche mago di passaggio per la Capitale avesse potuto lanciare uno sguardo indiscreto oltre le tende oscurate, avrebbe visto solo quello: emozioni lampanti e potenti, sotto gli occhi del vecchio Connor che tra quelle navigava come un esperto. Quante volte aveva tenuto classi specifiche per giovani Auror? E quante volte le sue classi avevano dovuto imparare ad annullare le proprie emozioni per farne uso solo quando necessario? Tante, ma mai troppe. Come un padre severo, aveva attraversato ogni fase del rafforzo mentale dei suoi sottoposti fino allo sfinimento. Non si era mai arreso di fronte a prime difficoltà ed ancora meno aveva fatto passi indietro se davanti a menti sterili. Ma con Thalia erano in gioco i suoi stessi sentimenti. Connor sapeva che sarebbe stato più difficile per lui addestrarsi nel mondo di un'adolescente che per altro era sua nipote; una bimba che aveva visto crescere e diventare una ragazza forte, abile ed incredibilmente dotata... ma che in fondo rimaneva la sua "nipotina", la stessa con i lunghi capelli rossi e gli occhi tanto espressivi.

Ed eccola, la chiave di volta.
Guidata dalle briglie esperte del cocchiere, la carrozza dei ricordi si era infine fermata nei pressi di quello che sembrava essere un ricordo importante. Così importante da non voler essere condiviso. «Usa la rabbia contro di me...» suggerì la voce bassa del nonno, soffiando con impeto contro le memorie di Thalia. Sì, le aveva detto di liberarsi di ogni emozione ed in quel momento c'era un turbine talmente forte che avrebbe rischiato di trascinarli via entrambi se lei non avesse fatto qualcosa per fermarlo. «... ed annientami con lei.» proseguì con un tono imperativo che sperava convincesse - anzi, lo sapeva - sufficientemente sua nipote a non rimanere inerte davanti a qualcosa che già in passato l'aveva immobilizzata. Il pericolo più grande di una vittima di un legilimante è da sempre insito nel loop che si crea per rivivere un ricordo, e più razionale è una mente e più è facile che si perda a rimuginarvi sopra. Quel circolo vizioso andava interrotto, perché sennò... Connor non dava tregua, scandì con insistenza la richiesta di proseguire con la visione, e si sarebbe aggrappato al filo della rabbia e dei sentimenti che guidavano Thalia, finché lei gli avesse dato corda per farlo.


 
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view post Posted on 28/2/2020, 18:55
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Le parve di vedersi da una prospettiva nuova eppure diversa, non certo per diletto o amor proprio. Immaginò di apparire sciocca nei suoi diciassette anni ad un uomo come Aiden, ma soprattutto ad una persona come Connor. Gli anni trascorsi ad imparare a comportarsi in un certo modo, apprendendo e mettendo in pratica ciò che ci si sarebbe aspettati da lei in circostanze come quella; tutto era sfumato nei contorni così nitidi ed inequivocabili di quel Natale passato. Quella sera aveva dato prova a se stessa - ed ora la stava fornendo a suo nonno - di come i sentimenti potessero mutare una persona, stravolgendone nel profondo le fondamenta ritenute erroneamente solide. Provò vergogna, ancora, per essersi permessa di essere debole agli occhi dell’uomo che l’aveva cresciuta e fu consapevole, solo per un attimo, di quale dovesse essere la sua delusione nel constatare che sua nipote, quella prediletta secondo i più, aveva disatteso le sue aspettative in modo tanto palese. Ben presto, alla vergogna si aggiunse il desiderio di rivalsa - come se un istante di smarrimento potesse essere spazzato via dal desiderio radicato nelle profondità del suo cuore di tornare nelle grazie del capostipite della famiglia. Fu allora che ritornò in sé, in quella Thalia tesa all’estremo delle forze, pronta a battersi con Weiss nonostante l’abito, il contesto, il suo ruolo. La rabbia scalzò ogni altra sensazione ed emozione, tornando protagonista insieme alla scena vissuta innumerevoli volte nella sua testa e l’idea, l’impressione di doverla usare per scacciare l’intruso che era Connor, le parve l’unica degna di logica in un momento tanto privato e personale. Era una scena pietosa da vedere, lo sapeva bene. Connor non le avrebbe concesso un attimo di respiro se, come credeva, si sarebbe fatto strada nel ricordo. Non poteva assistere alla sua resa, una parvenza di quiete dopo una tempesta tanto burrascosa, o avrebbe visto quanto poco sarebbe bastato per piegare il suo spirito.
Fu in quella consapevolezza che trovò la forza necessaria ad opporsi, lasciando che fosse la frustrazione ben nota contro Aiden a veicolare l'emozione contro Connor. Era una contraddizione in termini, o così le pareva, rivolgere simili parole all'uomo che continuava a credere in lei; così, decisa quanto poteva esserlo un'anima abbandonata allo sbando delle proprie emozioni, Thalia si appigliò alla fiamma che le lambiva il petto. La sentiva crescere dentro di sé con violenza, senza curarsi di che cos'avrebbe potuto distruggere nel corso del suo cammino; cominciò come una favilla che, depositata su terreno fertile, avrebbe dato vita ad un bagliore sempre crescente, fino a diventare insostenibile. Quel fuoco, metafora senza dubbio di una rabbia crescente per un sopruso, le fece rivivere gli istanti in cui la rivalsa aveva trovato espressione: le frasi, i gesti, il respiro affannoso. Ogni cosa raccontava della sua frustrazione, del suo bisogno di trovare sfogo ad un insieme di sensazioni difficili da gestire in un solo attimo. E in quel labirinto di scelte e possibilità, Connor divenne il faro di cui aveva bisogno - anche se non ne aveva idea - e, insieme, il destinatario di quell'ira divenuta ingestibile. Nella realtà, quella sensazione di voler fare a pezzi il mondo ed Aiden con lui, era scemata molto prima - assorbita da una rassegnazione data dall'accettazione di non poter cambiare il proprio e l'altrui passato. Tuttavia, ancorata com'era al bisogno di usare qualcosa di forte per scacciare Connor ed impedirgli di vedere la sua resa, si spinse a mutare il ricordo in sé; non più remissione, nessuna traccia di vulnerabilità. Mutò la sua attitudine, come un rettile che cambi la pelle al susseguirsi delle stagioni, e si adattò a quella richiesta, quella di usargli una rabbia cieca per spingerlo ad uscire da un recesso della memoria che sarebbe dovuto rimanere tale.
Rivolse ad Aiden parole mai pronunciate, ma in realtà il loro destinatario era l'anziano spettatore di un evento unico e raro nel suo genere. La Thalia del recente passato urlò a pieni polmoni parole di scherno condite con una cattiveria crescente, mentre il tizzone della rabbia e dell'odio cominciava a brillare sempre più nell'ottenebramento del ricordo stesso e delle vere emozioni ivi nascoste.
Così, all'immagine dapprima nitida di Aiden si sostituì Connor: i capelli canuti e folti, la barba curata e gli occhi glaciali - marchio di fabbrica dei Moran - divennero realtà in un mondo suggestionato dalla memoria altrimenti fallace. Nel vederlo dinanzi a sé, Thalia immaginò di poter provare la stessa rabbia e frustrazione, una specie di spirito di conservazione per quel ricordo che doveva essere protetto ad ogni costo, contro ogni logica previsione. Non lo faceva certo per Aiden, del resto. Doveva tutelare se stessa, poiché lasciarsi scoperta a quel modo avrebbe significato spalancare le porte della sua mente all'abile maestro che avrebbe potuto vanificare ogni suo sforzo nella protezione della famiglia. Così, quando sentì crescere l'emozione che lui aveva auspicato lei usasse, la Thalia del passato eseguì di nuovo quel lancio, lasciando che l'orecchino gravitasse al pavimento, dopo un contatto pressoché inutile con le vesti dell'uomo. Eppure, se quel gesto di per sé non valeva nulla, l'ira con la quale lei s'impegnò a metterla in atto fu tanta e tale da percepire quasi un dolore nel petto, compresso dalle costole, il respiro corto e concitato nella realtà quanto nel ricordo. Si aggrappò a quella sensazione fisica per non lasciare andare nulla, nemmeno l'intenzione di essere l'Occlumante che Connor sperava di poter plasmare.

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Inspirando a pieni polmoni, un rantolo silente chiamò l'eco della vecchiaia di Connor. Era difficile che il capostipite si mostrasse debole, stanco o in qualche modo acciaccato, però lo scorrere del tempo non era più qualcosa che poteva arrestare. Pur facendo appello ad ogni fibra allenata del corpo, doveva accettare che perdere un colpo qua e là fosse normale. Durò un solo istante, in ogni caso, quel fremito, poiché l'attenzione venne presto calamitata dagli sforzi di Thalia per allontanarlo. Avulso dai sentimenti che non dovevano entrare in gioco quel pomeriggio, non si preoccupò di andare in fino in fondo oltre un ricordo particolarmente scottante; anzi, laddove avesse trovato spazio avrebbe infierito al solo fine di rendersi un ospite indesiderato. Sapeva che il miglior modo per convincere una vittima, seppur in addestramento, a reagire, consisteva nello spingerla al limite. Essere così tanto in connessione con la vocazione che l'aveva reso un Auror tra i più meritevoli della sua epoca, gli consentiva di percepire i sentimenti distinti come volute di fumo di colori contrastanti. Non poteva decifrarli, ma sapeva che molti avrebbero richiesto un colloquio "da nonno a nipote" quando quella prova si fosse conclusa. Ed a dir il vero, il vecchio Moran non vedeva l'ora di mettere da parte l'utile e concentrare ancora del tempo su Thalia, che mancava da troppo.

E la rabbia esplose.
L'aveva chiesta perché era pronto ad accoglierla ed assorbirla così come a sfidarla ad essere sufficiente per cacciarlo via. Maestosa ed imponente, divenne Regina e Re della situazione, strappandogli lo scettro di mano. Fu in quel momento, quando capì che Thalia lo stava guardando sul serio, fuori dall'imposizione confusa della legilimanzia, che qualcosa nel suo scudo si ruppe in favore della forza dell'occlumanzia. Ce ne voleva per eguagliare il potere di Connor in senso opposto, ma la strada era intrapresa ed il bivio, già imboccato. Nella mente della giovane strega la risoluzione positiva dello sfogo e della sua forza, avrebbe avuto come risultato un clangore metafisico, quasi dal sapore secco di una corda tranciata di netto, un po' bruciato dalla cicatrizzazione della rottura. «Molto bene» Proferì il maestro, rilasciando la presa sui pensieri della nipote, perché entrambi - volenti o nolenti - avevano bisogno di riprendere fiato.

Appoggiato allo scaffale alle sue spalle, il vecchio mago non poté nascondere la fronte appena imperlata dalla fatica che stava imponendo al suo corpo ed alla sua mente, così come anche Thalia si sarebbe trovata particolarmente sfiancata. «Quella è la forza che ci vuole, per adesso... stai imparando bene.» Sottolineò, estraendo un cartoccio rettangolare dalla tasca lunga del cappotto, ripiegato poco indietro. Sorrideva, benevolo, nonostante la fatica, perché quello speciale allenamento stava andando per il verso giusto. Thalia già sapeva deviare e distrarre un legilimante alle prime armi, ed ora aveva dimostrato di poterne cacciare con forza uno appena più esperto. L'ultima fase, sarebbe stata la totale chiusura della mente in modo tale che dopo la cacciata nessuno vi potesse più entrare, ma si parlava di un tempo ancora futuro.«Prendi un po' fiato, queste cose per ora influiscono anche sul tuo corpo non solo sulla mente .. e magari mangia questa, aiuta molto anche se non sembra.» Non una parola sull'uomo dai capelli rossi, ma una mano aperta con una barretta di cioccolata scura già scartata a metà e allungata verso di lei. «Sei riuscita a mandarmi via, stai avanzando bene. Possiamo aspettare qualche minuto, ed appena sei pronta... concludiamo in bellezza.» Enigmatico, approfittò anche lui di un cubetto di cioccolata ristoratrice. Gli occhi chiari di Connor erano indice di molte cose, dall'affetto verso la ragazza cresciuta tra le mura del suo maniero, al rimprovero verso uno sconosciuto che sembrava dover giudicare, fino alla promessa implicita che suonava molto come un dolce: "sono qui, sempre"


 
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view post Posted on 19/3/2020, 21:51
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Quando le sue difese venivano meno, era solita concedersi una tregua. Darsi tempo e spazio per recuperare le energie era fondamentale, certo, ma lo era ancor di più chiedersi - dopo lo sforzo - se ne fosse valsa davvero la pena. Sembrava stupido a pensarci bene, sedersi sul bordo del letto dopo una giornata di studio intenso o dopo una ronda, di ritorno in un dormitorio il cui silenzio era rotto solamente dal respiro quieto delle compagne. Le sue pagelle e il fatto di sapere che gli studenti a loro affidati stessero bene era quanto di più sincero e gratificante vi fosse: ogni singola fibra del proprio essere, spremuta affinché una sola goccia non andasse sprecata, era tesa al raggiungimento di quegli scopi. Non si era sentita altrettanto appagata da se stessa, però, quando solo pochi mesi prima aveva ceduto nientemeno che al peso della Legilimanzia. Era un’arte pericolosa, rischiosa per sé e per chi avesse avuto la sfortuna di incrociare il suo cammino; per diventare una buona Legilimens, una di quelle in grado di controllarsi fino in fondo, era convinta di dover essere innanzitutto un'ottima Occlumante. Mai come quella sera, appena tornata ad Hogwarts da un turno in negozio, aveva poggiato le mani al lavandino del bagno nel dormitorio ed aveva realizzato quanto quella decisione fosse cruciale. La ceramica le aveva restituito la fredda percezione che tutto intorno a lei stesse congelando, bloccato in momento - una sorta di fermo immagine - al quale si era aggrappata per un solo istante, soltanto per provare un minimo ristoro da quella giornata terribilmente lunga. Le pelle sulle nocche era sbiancata, mentre stringeva quel bordo che piano piano andava a scaldarsi al suo calore e lo sguardo si era sollevato lentamente, incrociando il gemello riflesso allo specchio. Non mancava il consueto brillio delle iridi color ardesia, né si notavano i segni della stanchezza sotto agli occhi. In fondo, sua zia Ellen - che di turni massacranti ne sapeva qualcosa - le aveva saputo insegnare giusto un trucchetto o due. Non avrebbe saputo dire per quanto tempo fosse rimasta lì, chiusa in quello spazio angusto, illuminato dalla calda luce giallastra delle lampade ad olio, a rimirare il proprio riflesso. Nessuno avrebbe scorto tra le pieghe della fronte aggrottata la sua preoccupazione e, se anche vi fossero riusciti, avrebbero pensato erroneamente che si trattasse della solita ansia da prestazione prima di un’esercitazione o di un’esame. Thalia Moran, per tutti quelli che credevano di conoscerla, non aveva segreti né preoccupazioni. Una ciglia in procinto di scivolare sulla guancia e destinata poi a perdersi in quel bagno stretto, l’aveva costretta ad avvicinare il volto spruzzato di efelidi appena visibili sul naso dritto; l'aveva imprigionata tra la pelle morbida dello zigomo e l’indice, quando un pensiero l’aveva attraversata al pari di una scarica elettrica. Aveva sentito dire da due ragazze babbane incrociate nella metropolitana che soffiare via una ciglia caduta naturalmente avrebbe permesso di esprimere un desiderio. E quale desiderio avrebbe potuto esprimere per se stessa che non avesse già tentato? Era una Legilimens. E i Legilimens scoprivano ogni cosa nelle menti altrui. Chi poteva dire che cosa si nascondesse, invece, nella sua mente?
Il respiro caldo aveva appannato quella piccola porzione di vetro, annebbiando la vista della propria figura. I capelli vermigli erano diventati una macchia rossastra, la pelle piacevolmente rosea un’unica pennellata informe di colore. Ripulì la condensa col bordo della mano libera, scrutando la piccola ciglia immobile sul polpastrello; vibrava ad ogni suo respiro, minacciando di scivolare via, portando con sé quell’unica speranza di testare la verità delle leggende babbane. Per assurdo che fosse, non credeva alla Divinazione, ma coltivava un insperato bisogno di credere in qualcosa - qualsiasi cosa - che potesse trarla dall’impiccio in cui il Fato l’aveva catapultata. E con quella speranza aveva avvicinato nuovamente il volto allo specchio, concentrando la propria vista sulle macchioline più scure dell’iride, vicino alla pupilla che avrebbe potuto spalancare le porte della sua mente ad un Legilimens come lei, solo più esperto. Immobile, così vicina al vetro da sfiorarlo col naso e così concentrata da poter scorgere il proprio riflesso negli occhi, aveva avuto l’impressione di aver dapprima perso un battito e poi l’equilibrio; aveva distolto lo sguardo in fretta. Il volto chino al petto e le mani nuovamente strette al bordo del lavandino le avevano dato sicurezza. Sulla ceramica bianca, giaceva la sua speranza di trovare pace. Aprì il rubinetto d’acqua e il getto improvviso la investì brutalmente, trascinandola in un gorgo dal quale non sarebbe mai più emersa.

Riemergendo dal ricordo del Natale passato, aveva percepito lo stesso smarrimento di quel giorno. Si sentiva svuotata, indebolita nel corpo e nella mente, da quell’assalto pianificato. Si sentiva come se oltre alla rabbia, Connor avesse tratto da lei ogni alito di vita, ma si compiacque - non senza un certo sdegno per se stessa - di aver messo a segno un punto a proprio favore. L’Auror che suo nonno era stato avrebbe trovato altrettanto soddisfacente quello che per lei era ben presto divenuto un progresso? Non aveva tempo di scoprirlo, chiudendo gli occhi e ritrovando la pace - e la forza - nella calma del proprio respiro. L’aria risaliva il naso, attraversava tutto il suo corpo e le riempiva i polmoni come sempre; mai, però, quella sensazione era stata tanto piacevole. Appoggiata al bancone si sentiva sicura del proprio equilibrio, più di quanto non lo fosse stata nel ricordo. «E’ sempre così intenso?» chiese, riaprendo gli occhi e scorgendo la lauta ricompensa per quello sforzo. Lo sguardo aveva brillato di entusiasmo ritrovato nell’inquadrare l’involto di stagnola e il profumo di cioccolato si era sprigionato irretendo il suo olfatto abituato soltanto di rado a simili piaceri. «Respingere qualcuno, intendo.» concluse, prendendo un pezzetto di cioccolato e sbocconcellandolo come se fosse stato un premio prezioso da non esaurire in fretta. Si augurava che la risposta di Connor sarebbe stata negativa, sperava che col tempo si sarebbe sentita meno investita dall’impatto emotivo necessario ad assolvere al compito, ma sapeva anche che l’onestà sarebbe stata l’unica cosa che Connor non le avrebbe negato. «Non sapevo che la cioccolata funzionasse anche per questo. So che si usa contro i Dissennatori… anche se non credo ci siano studi veri e propri a riguardo.»
Sorrise, pulendosi gli angoli della bocca con le dita. Non era certo il gesto più educato - non secondo l’etichetta -, ma in fondo non erano lì per discutere di galateo. Aveva capito che cosa doveva fare, forse in fondo l’aveva sempre saputo, ma tra l’aver l’impressione di saperlo e l’atto in sé… beh. C’era una gran bella differenza.

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view post Posted on 30/3/2020, 15:43
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L’intensità di un cubetto di cioccolata non era sufficiente a ristorare il vecchio, ma di sicuro sapeva rinforzarlo abbastanza per compiere quell’ultimo sforzo necessario a consolidare il livello di apprendimento raggiunto da Thalia. «Ah, i Dissennatori... sì. Il cacao ha molte proprietà, ma in genere lo trovo più rigenerante in caso di immediata fatica mentale... però vedrai, con il tempo troverai quel che fa più al tuo caso.» Confermò, ripensando senza veli ai vecchi tempi in cui si era ritrovato a lavorare con i Dissennatori alle spalle. Poche cose l'avevano forgiato come quell'esperienza. I dubbi e i quesiti che riempirono la stanza, tutti dovuti e logici, riattivarono i pensieri dell'ex-Auror, che non impiegò molto a trovare le risposte giuste. Indorare la pillola? Non era il suo. «Finché non ci prendi mano... sì. Combinare la percezione che qualcuno possa leggerti, alla chiusura di ogni ricordo e porta mentale, è complesso e richiederà sempre un certo sforzo.» C'era un "ma" che esitava tra le labbra tirata del vecchio. «Ma fino a qui te la sei cavata molto bene, sono sicuro che porterai a termine lo scatto di cui oggi hai bisogno. Stai imparando, ed il processo richiederà tante energie finché non riuscirai a perfezionarlo...» e c'era anche un "però", a ben pensarci, che trasformò l'espressione precisa in qualcosa di più morbido, per l'occasione. «Però quando avrai liberato tutto il tuo potenziale, diventerà normale camminare a barriere alzate e divenire impenetrabile a chiunque.» Connor non sarebbe mai stato quel tipo d'uomo, di insegnante, di istruttore, che sminuisce una fatica in favore di un mondo tutto rose e fiori. Oh no, Connor sapeva come motivare qualcuno al successo, senza fargli perdere di vista la fatica che sarebbe servita a raggiungere il risultato. "Non c'è niente al mondo che non debba essere guadagnato", una delle perle di punta nella collezione del mago, una di quelle che Thalia avrebbe potuto ricordare essere stata rivolta anche a Seamus. Si concesse un paio di respiri profondi, dando tempo alla nipote di fare altrettanto.

«Ora vorrei che mettessi in pratica quello che pensi di aver imparato oggi, con me» una domanda dolce, dal retrogusto amaro e complesso. «Devi mandarmi fuori dalla tua testa, chiudi le porte al mio potere.» Pur sapendo che non avrebbe dato il peggio di sé, considerato il dislivello profondo che ancora li separava, era pronto a cercare quanto di più oscuro potesse indurre la nipote a reagire.

Ultimo sforzo della quest; metticela tutta!

Hai libertà di scelta del ricordo che ancora più nel profondo può indurre Thalia a reagire a dovere, dovrai ruolare l'intrusione ed il tentativo di liberartene.


 
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La fiducia di quell’uomo nei suoi confronti era disarmante, a tratti dolorosa. Quei silenzi e quelle omissioni, seppur portati avanti come scialbi tentativi di tenere unita una famiglia divisa contro una minaccia comune, la ferivano più della lama di una spada o di una qualsiasi maledizione. Incrociare lo sguardo fiero di Connor, orgoglioso di lei come un padre, non faceva altro che alimentare quel senso di colpa che da settimane la inseguiva come un segugio infallibile. Ogni angolo in cui si nascondesse non durava mai abbastanza a lungo da permetterle di trovare pace. Ogni pensiero improvviso verteva immancabilmente verso quell’unica grande menzogna che Connor avrebbe potuto scoprire dissipando la cortina di fumo che aveva dovuto imparare ad evocare con fatica per offuscare la mente. Schermarsi e proteggersi da coloro che l’amavano per non permettere a nessun altro di ferirli era la cosa più difficile che avesse mai dovuto fare e, insieme, la più pericolosa. Che ne sarebbe stato di lei - di loro - se quell’esperimento atto a saggiare la sua abilità fosse culminato nella peggior scoperta? Non poteva semplicemente permettersi sconti né debolezze. Non avrebbe dovuto lasciare spazio all’intromissione. Non nella scena che più tra tutte si era concentrata a relegare nello spazio a propria disposizione. La sua mente, proprio come un archivio, conservava ricordi, immagini ed emozioni legate innaturalmente a quell’unica donna capace di sovvertire totalmente l’intera esistenza dei Moran; pertanto, le era stata affidata l’unica zona davvero inaccessibile, la più nascosta e profonda che fosse riuscita a trovare. Non aveva voluto rinunciare al ricordo stesso - per non dimenticare ogni dettaglio di ciò che aveva visto e udito su di lei - e d’altro canto non poteva permettere a Connor di riconoscere i tratti del volto di quella donna. Riconoscerla, nelle sue sembianze giovanili, avrebbe significato condurre l’ex Auror ad una nuova pista, qualcosa di ancora inesplorato e che poteva suscitare ben più di una scomoda domanda. E mentre pensava a lei, a Cordelia, rivedeva il volto di Primrose - abbandonata al suo Destino come la più fortuita delle casualità. Ed era davvero frutto del Caso se la sua intera esistenza ruotava attorno ad un mondo segnato da rivalse, bugie e temporanee quanto illusorie felicità? Se la colpa non era del Fato, allora, di chi era? Aveva delle idee precise a riguardo, come se una vita intera trascorsa a nascondersi dall'evidente realtà dei fatti non fosse stata sufficiente a farle comprendere il nocciolo della questione: le piaceva pensare che tutto ruotasse intorno a decisioni ben ponderate, che ogni scelta razionale conducesse ad un altrettanto logica conseguenza, ma si sbagliava. Quella era la visione di sua madre, Leanne, che aveva assorbito fin da ragazzina, coi suoi discorsi incentrati sulla manipolazione del tempo, dello spazio e delle persone a seconda degli scopi prefissati. Il suo lavoro al Ministero l'aveva resa così, questa era la giustificazione di suo padre. Era stata Leanne, insomma, a plasmare il modo di pensare della figlia e non c'era verso - davvero nessuno - che Thalia potesse in qualche modo pensarla diversamente. Fu a lei, a sua madre, che pensò, quando Connor levò la bacchetta e pronunciò la temuta formula. Il secondo atto aveva inizio.


Dita affusolate e tasti d'avorio traslucido, liscio e leggero al tatto. Quello era il pianoforte di Connor, nero e lucente, sempre impeccabile come il suo padrone.
Il riflesso distorto sul leggio senza spartito era il suo. Non aveva imparato a suonare il piano da molto, forse sette o otto anni. La musica era uno di quegli hobby che l'avevano sempre vista in difficoltà: una mente agile non assecondata da dita altrettanto svelte; i passaggi complessi, o forse nemmeno poi molto, a rovinare una giornata di esercizio. Ogni esecuzione si rivelava migliore della precedente, ognuna trascinava con sé difetti e sbavature tipiche delle abilità acerbe. Tredici anni di vita, metà dei quali dedicati ad uno strumento comune ai Maghi così come ai Babbani - un mezzo ad unire due mondi - e ancora non riusciva a padroneggiarlo come avrebbe dovuto.
Insoddisfazione. Rabbia.
Aveva sollevato lo sguardo, la Thalia del passato, rivolgendo gli occhi color ardesia alla volta del soffitto. Un lungo sospiro e un applauso. Un singolo applauso proveniente dal corridoio.
Una donna sostava all'ingresso della sala, non più lontana da lei di una manciata di passi incerti. Da quanto era lì? Connor avrebbe percepito l'agitazione ed una forma di imbarazzo difficili da ritrovare nella Thalia del presente. Non aveva quasi più paura di nulla, ormai, ma all'epoca ogni cosa la costringeva a chiedersi se non avesse sbagliato o se dovesse, quantomeno, dubitare delle proprie certezze.
«Non si impara in una notte, ma puoi sicuramente fare di meglio. Devi.»
Leanne se stava lì in piedi, le braccia conserte e lo sguardo tagliente. Se le sue parole avrebbero dovuto infondere speranza, coraggio e alte aspettative nei suoi confronti insieme ad una minima traccia di amore materno, Thalia seppe chiaramente - nello scrutare la madre - che nessuna di quelle cose si accompagnava all'unica emozione dipinta a tinte vivide sul volto materno: disappunto, puro e semplice.
Gli occhi scuri erano velati da qualcosa che Thalia non era riuscita a comprendere, qualcosa che, in parte, aveva il sapore di un rammarico. Glielo suggeriva l'espressione generale, quell'aria grave di una sofferenza che appesantisce il cuore e non si può spiegare, qualcosa che Leanne non avrebbe voluto giustificare.
Erano i giorni successivi alla sua iniziazione come Occlumante.
La quiete prima della tempesta.


Il momento preciso in cui Connor aveva infranto il sottile velo che separa il presente dal passato le era sembrato una folata di vento, un refolo d'aria entrato dalla finestra. Come una carezza. Era un approccio diverso, meno opprimente, ma l'aveva sentito, così come si percepisce un fastidio o un desiderio improvviso. Sapeva di aver lasciato uno spiraglio, un margine aperto, e lui ne aveva approfittato. Eppure, almeno per questa volta, lei l'aveva previsto. Era stato facile: l'aveva avvisata con la grazia che muoveva ogni suo passo sulla terra e nella mente altrui. E così, il vecchio era giunto nella Sala nell'esatto momento in cui Leanne era comparsa, ma Thalia l'aveva già sostituita con un vuoto innaturale. La sua mente aveva preferito ometterla, pensare di aver eseguito quel breve brano in completa solitudine, senza un pubblico. Senza pressioni. Eppure la rabbia era scoppiata di nuovo, con quell'ultima nota sbagliata. Non un fiato, non un'imprecazione. Ciononostante, lo sguardo si era sollevato ancora al soffitto, la mente nel passato pronta a ripercorrere le fila di quelle note sospese in uno spartito inesistente. La frustrazione era cresciuta, l'insoddisfazione per se stessa, ma soprattutto il desiderio di non esser vista. Che nessuno assistesse ai suoi errori! Mai se lo sarebbe perdonata. Disattendere le aspettative non era e non doveva essere nelle sue corde. La consapevolezza di essere osservata ed ascoltata la colpì così come se Leanne fosse stata proprio lì dove la sua memoria l'aveva immortalata, eterna nel suo abito grigio; al suo posto, però, c'era solo Connor. E benché la Thalia del passato non avesse ricordo o consapevolezza di lui, era la lei del presente a saperlo tanto vicino. Così vicino da poter sfiorare un altro dettaglio di quel quadro sì incompleto.
Suo nonno non avrebbe dovuto sostare così tanto, forse era durato solamente un millesimo di secondo dopotutto, e non avrebbe dovuto vederla così fragile o vulnerabile, vestita dei suoi sbagli più sciocchi. La vergogna, forte, alimentò la rabbia per quelle imprecisioni che bruciavano come sale su ferite aperte e più desiderava giustificarsi per l'errore commesso, più il silenzio ottundeva l'intera percezione della vicenda in atto. Se Connor si era mostrato come un refolo d'aria, delicato e contenuto, la sua risposta all'intrusione sarebbe stata pari ad una tempesta in pieno oceano, alimentata dallo scontento. Più Connor avesse cercato di restar aggrappato a quel ricordo, più quel vento sarebbe cresciuto nella sua intensità, come se - dopotutto - non si fosse trattato soltanto di paura di disattendere delle speranze, ma una vera questione di vita o di morte. Connor doveva uscire da quella stanza e dal maniero. Doveva uscire dalla sua mente.

Inventario&Conoscenze

⤿ Bacchetta
⤿ Anelli Gemelli (Nieve; Mike)


⤿ Legilimens Apprendista
⤿ Occlumante Apprendista
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⤿ Ps 266
⤿ Pm 213
⤿ Pc 180
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view post Posted on 8/4/2020, 13:47
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Il Fato

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La promessa di rimanere in disparte, di essere solo un maestro, era stata messa a dura prova. Connor Moran non era solito dare la sua parola, per poi tornare su sui passi, ma fu un indubbio sollievo veder svanire quel ricordo incastrato in un recente passato, poco dopo esservisi affacciato. Sapeva che, se avesse voluto, avrebbe potuto benissimo fare di peggio, avrebbe potuto infrangere la barriera che Thalia si era dimostrata in grado di costruire e rubare anche l'ultimo respiro della ragazzina seduta al pianoforte. Ma non era un mostro, e la giovane strega che lo stava fronteggiando non era un seguace oscuro a cui dover strappare via anche l'anima; era sua nipote, ed aveva appena dimostrato di essere in grado di compiere un percorso ormai segnato. Scegliendo con cura le proprie parole, il vecchio mago aveva accuratamente evitato di paventare l'ipotesi che l'inattività - anche se di poco più di un anno - potesse nuocere al futuro di quegli allenamenti mentali, perché sfiorare un'idea di sconfitta non era poi così diverso dall'abbracciarla. Ma Thalia non poteva fallire, non doveva. Anche se per poco, il nonno aveva letto le emozioni che avevano oscurato lo sguardo ardesia della bimba, ed ancora prima di averne certezza, aveva capito che sbagliare non poteva essere contemplato. Dare il meglio, sempre, era un mantra da perseguire con ferocia e sicurezza, ma lo spazio degli errori non avrebbe mai potuto venir meno. Lasciandosi trasportare dall'intimidazione ad andarsene, Connor riprese coscienza con calma, senza distogliere lo sguardo serio dalla nipote. Era sì, una giovane donna, all'apparenza solida come una roccia e sicura di sé... ma quanto era diversa da quei vasi in terracotta frammentati dal tempo? Per uno sfuggente attimo, si chiese se le aspettative che il mondo aveva risposto su di lei, sarebbero arrivate a schiacciarla un giorno, e se avesse già le spalle tanto forti da reggerle. «Molto bene, Thalia» disse, senza però distrarsi da quel pensiero fisso. Gli occhi di una tonalità più vitrea, sfiorarono i tratti stanchi della ragazza come un drappo di seta. Qualcosa non era andato per il verso giusto, nonostante tutto, e lo percepiva nel profondo. Nello stesso momento, a qualche miglio di distanza, nel suo ufficio, un orologio aveva iniziato a ruotare le lancette in senso antiorario, scombinando il ticchettio sincronizzato dei suoi fidati compagni di coro. «Dovrai esercitarti per mantenere in allenamento le tue barriere, ma hai compiuto un passo avanti notevole e non è da tutti.» Proseguì, regalandole un sorriso soddisfatto che aveva tutte le pretese di risollevare uno dei macigni che pensava di aver intravisto. Poteva lui, rientrare tra le cause di quanto attualmente in corso? Non sarebbe stato giusto indagare per i fatti propri, si era sempre ritenuto in grado di muovere le fila della sua famiglia senza il bisogno di ricorrere a mezzucci meschini, eppure il sentimento che gli si era cucito addosso spingeva in direzione opposta. Non aveva mai preteso di conoscere ogni scelta dei propri discendenti, ma l'eccessivo distacco dal Maniero poteva aver giocato a sfavore di quella originaria decisione? Ora, abituato a celare dietro la neutralità insospettabile ogni suo pensiero, quella ruga d'espressione non solcava la sua fronte, ma aveva certo lasciato un segno nel suo cuore. «Per un paio di giorni ti sentirai confusa, spossata senza essere per forza fisicamente stanca. E' normale quando sottoponi la mente ad uno stress così prolungato» ammorbidì il tono, con gentilezza. «Non voglio che ti preoccupi, ma se dovessi percepire qualcosa di strano... fai affidamento su di me.» Poteva voler dir tutto, o niente, a lei stabilirlo nel tempo o in quell'istante. Dopo, il vecchio mago avrebbe rinfoderato la bacchetta e allungato una mano verso il cappotto. Niente gli avrebbe impedito di studiare ancora un po' la nipote, in attesa di quello che avrebbe potuto essere un congedo e dei modi in cui sarebbe avvenuto.
Benissimo Thalia!
Siamo giunti alla conclusione di questo apprendimento.

Hai guadagnato il titolo di Occlumante (II livello) e per il buon role e l'impegno profuso, ricevi anche 0,5 punti exp che puoi segnare in scheda. Ti sei mossa con precisione e coinvolgimento, è stato un apprendimento di crescita per entrambe le parti.

Effettua il tuo post di chiusura, e se ritieni di avere qualcosa di cui vuoi parlare con Nonno Connor, non hai che da chiedere.

Buon proseguimento!



 
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view post Posted on 8/4/2020, 20:35
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You can take the darkness out of the man, but you can't force him to step into the light.

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“Stop giving other people the power to control your mind.
If you don't take control of yourself, someone else is bound to try.”

Aveva sofferto. Non soltanto quel giorno, ma in quelli che erano seguiti e che la sua memoria continuava a riproporle in salse tutte diverse, ma di fondo sempre uguali. Leanne e le sue aspettative. Leanne e la sua incapacità d’incoraggiare senza ferire con le parole. Era estenuante, più del tentativo di resistere agli assalti di Connor. Stanca di quella lotta, frustrata per quelle incomprensioni, aveva finito semplicemente per arrendersi all’evidenza che sua madre non l’avrebbe mai accettata per ciò che era: un’anima alla continua ricerca di approvazione, un’anima che poteva e doveva sbagliare per capire quanto prezioso sarebbe stato il successo o il suo perseguimento. Leanne non avrebbe mai capito, poiché Martha non sembrava aver usato con lei la violenza che le era riservata. Da chi Leanne avesse ereditato tutta quella rabbia Thalia poteva solamente immaginarlo e, forse, le risposte - o così si augurava - un bel giorno sarebbero arrivate. Senza squilli di tromba a preannunciarle: solamente la pura e cruda verità, fatta di frammenti e schegge. Le sarebbe bastato sapere perché.
E Connor, in tutta quella situazione che avrebbe preceduto la tempesta che avrebbe scombussolato le loro vite in breve, aveva assitito da spettatore silente, curioso e stupito. Aveva creduto, per un momento, di aver percepito il sapore della sorpresa e del disappunto dell'uomo per non aver riconosciuto i segni della spaccatura e di non avervi, dunque, potuto porre rimedio tempestivamente. Era riemersa così, tra lo stordimento fisico ed emotivo, alla realtà del negozio in cui ogni giorno somigliava all’altro, consapevole che tra quelle mura - quasi insperato - fosse accaduto qualcosa di davvero speciale. Non poteva dirsi sorpresa, non del tutto: Connor aveva dimostrato di essere ancora una volta il mentore che aveva sperato di avere dalla sua parte, un insegnante - prima ancora di un parente stretto e legato a lei dal sangue che scorreva libero nelle loro vene - che avrebbe saputo indicarle la via. Non aveva mai dato per scontato nessuno dei suoi gesti, troppo immersa nel regime di Leanne per non sapere quando ringraziare per dovere o perché, davvero, sentisse di essere in debito. E ogni volta che qualcuno si prodigava per lei, lo sguardo di sua madre - freddo come il marmo, resistente come acciaio - incombeva su di lei; le labbra non mimavano alcuna parola, ma Thalia aveva sempre saputo, guardandole, che cosa si aspettasse che pronunciassero le sue. Tuttavia, Connor meritava un vero ringraziamento. Sentito. Necessario proprio per quella natura da cui derivavano i suoi preziosi insegnamenti: ogni gesto o parola dell’ex Auror era un dono vero e proprio e pertanto meritava onestà, persino nella gratitudine. La voce le uscì roca e portò svelta la mano alla gola, sorridendo imbarazzata. Non c’era motivo d’esserlo eppure le sue ultime parole avevano sancito l’inizio di un nuovo capitolo in quel rapporto. Non aveva commentato quell'episodio, per quanto avesse potuto immaginare chi - più di ogni altro - avesse turbato la quiete del Maniero. Era evidente, almeno ai suoi occhi, la prova della lealtà di Connor che, Legilimens più che esperto, aveva scelto di essere rispettoso dei suoi confini, osservante dei limiti che lei gli aveva imposto. Nonostante si fosse intromesso troppo nel suo passato, nonostante avesse percepito una frattura che andava oltre il mero screzio tra adulti di cui era stata inconsapevole fautrice. La vera colpa, se davvero ve n'era una, era la sua. Thalia stessa aveva instillato nell'anziano il principio di una curiosità dura a morire, quasi come la tempra dell'uomo, e dal canto suo non le era sembrato vero di poter apprendere una stilla soltanto della sua infinita conoscenza del mondo magico. Occlumanzia e Legilimanzia erano parti di quell'universo, così come lei, e non conoscerle o sfruttarle avrebbe significato perdere - nemmeno a dirlo - una porzione di quel Sé che ancora cercava di consolidarsi. All'epoca non avrebbe nemmeno saputo dire che tipo di strega avrebbe sperato diventare e questo, Connor, lo sapeva bene. Le aveva impartito una lezione e indicato una direzione precisa, sempre con quella libertà d'azione tipica degli uomini lungimiranti. Dati gli strumenti, sarebbe stata sua priorità capire ed imparare ad usare ciò che la Natura - o il Fato - le aveva concesso. Thalia aveva iniziato allora a capire, quindi, quale fosse la vera essenza della propria natura di strega, che cosa ci si aspettasse da una persona come lei, con simili mezzi a disposizione. Soprattutto, aveva compreso finalmente quale fosse il suo posto nel mondo, così come aveva capito - finalmente! - come entrare in sintonia con quelle abilità tanto diverse e parimenti utili. Chi, alla sua età, avrebbe potuto vantare una simile consapevolezza? Era certa che suo nonno avesse compreso ed accettato il suo carattere, la sua indole, il suo senso del dovere intrecciato all'insensato sacrificio di sottostare alle regole materne quand'anche queste si fossero rivelate ingiuste o basate su preconcetti fallaci. Connor doveva aver capito anche, non senza una dose di soddisfazione, che Thalia non sarebbe stata mai motivo di disonore, né per lui né per Seamus - suo padre. Entrambi avevano confidato in lei in modi che Leanne non avrebbe mai saputo eguagliare e, in un certo senso, anche se avesse desiderato farlo... non ne sarebbe stata in grado. Perché mai nessuno, nessuno era riuscito a trasmetterle quell'energia e quell'amore. Eppure, benché per Thalia fosse implicita la ragione del comportamento materno, ancora non riusciva a spiegarsene le sfaccettature: le costanti differenze verso le figlie - ciascuna diversa dall'altra e speciale a modo proprio. Ciò che le importava ora, però, era l'approvazione di Connor, il suo sorriso mite ma sollevato di vedere in lei una degna Moran, capace di assurgere al proprio compito, ai sacrifici che questo avrebbe comportato, con la lucidità mentale necessaria a scindere ogni questione in particelle sempre più piccole. Affrontando un problema un passo alla volta e da lì giungere alla conclusione e soluzione finale. Per quell'esercizio era servita una determinazione che Connor avrebbe riconosciuto come propria, la stessa che le scorreva nelle vene.
«Non si impara in una notte, giusto?» finalmente, la sua voce aveva trovato via d'uscita. Chiara e innocente, quella domanda voleva sancire soltanto quanto - in fin dei conti - sapesse di dover ancora imparare. Non sarebbe mai stata abbastanza, non finché non avesse avuto in suo possesso tutti i tasselli del puzzle; Leanne, su questo, aveva dannatamente ragione. Immaginava che ci sarebbero state delle conseguenze e sapeva in cuor proprio quanto la strada per la consapevolezza fosse lunga. Sapeva anche, però, che se Connor aveva trovato difficile accesso alla via a lui preclusa, nel loro incontro successivo avrebbe superato se stesso per scoprire la verità. Era stato così vicino dal trovarla... così vicino da poter sentire il profumo della vittoria. L'eccitazione di quel momento di gloria, effimero, venne spazzato via dalla paura più pura. Temeva il giorno in cui Connor avrebbe scoperto di Cordelia, dei suoi segreti e di quanto - alla fine - anche lui sarebbe stato d'accordo con Leanne. Fu quasi in risposta alle parole del vecchio e a quel pensiero improvviso che scosse il capo lentamente, come a voler scacciare un'idea sciocca e puerile.
«Lo farò, lo...prometto.» E lo sapeva, questa volta, che l'avrebbe fatto davvero.

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Grazie, grazie, grazie.
Non sarò mai grata abbastanza per la cura e l'attenzione ai dettagli!



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