Can you dance with the Dullahan?, Halloween Party 2019

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view post Posted on 30/10/2019, 15:11
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When the snow falls, the fox tries to survive.

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Can you dance with the Dullahan?
Halloween Party 2019

Il nitrito sinistro e spettrale di un cavallo echeggiò nell’aria, giungendo inaspettato poco fuori il villaggio, seguito a ruota da una malvagia risata che sapeva di Morte. L’intera Hogsmeade trattenne il fiato, mentre grosse lapidi sporgevano dal terreno sul quale pareva galleggiasse una spessa cortina di nebbia. E tutti sapevano che quando la bruma scendeva fino a toccare la nuda terra e la risata del Dullahan infrangeva il gelo della notte, i morti lo seguivano come soldati pronti alla battaglia.
Il gracchiare dei corvi sopraggiunse come ennesimo monito dell’imminente arrivo della Morte, finché non venne zittito bruscamente dallo scalpitio di zoccoli sempre più vicino alla piazza centrale del villaggio; ad ogni secondo che passava, ad ogni passo del sinistro destriero, la terra tremava e le persone con essa.
E poi tutti lo videro…
Avvolto in un pesante mantello nero, un losco figuro emerse sulla via principale in groppa ad un altrettanto oscuro cavallo dagli occhi fiammeggianti, privo di testa e mulinando la propria infernale frusta che altro non poteva essere se non una colonna vertebrale. Nell’altra mano, invece, sorreggeva una sorta di recipiente che lanciò sopra alcune teste, liberando una pioggia di strano liquido scarlatto; all’apparenza parve sangue fresco e alcuni dei poveri sventurati che si ritrovarono inondati dalla sostanza ne furono terrorizzati, ma ci furono alcuni che sostennero si trattasse semplicemente di succo di ciliegia.
In fin dei conti era Halloween, ma chi mai avrebbe avuto il coraggio di sfidare il temibile Dullahan?

✦✦✦


La piazza centrale di Hosgmeade si presenta come un immenso cimitero, avvolto da una cortina di nebbia molto bassa, tra svariate lapidi e bare che possono essere usate come panchine. La luce soffusa proveniente da alcune lanterne schermate di rosso permette agli avventori di guardare a dove mettono i piedi.
Davanti ai Tre Manici di Scopa è presente un vecchio e usurato bancone divorato dalle termiti, impolverato e pieno di ragnatele. A renderlo piuttosto intrigante è la presenza di una scritta argentata contenuta in una striscia di velluto nero posta sopra il mobile spoglio di qualsivoglia oggetto. “Crea il tuo cocktail”. Un po’ strano, suonava quasi contraddittorio dato che non vi era nemmeno l’ombra di un cucchiaino; eppure, semmai qualcuno si fosse avvicinato per controllare, avrebbe trovato sulla superficie legnosa un foglio nero sul quale venivano elencate diverse tipologie di liquidi, alcolici ed analcolici, per la preparazione di cocktail personalizzati. Sarebbe bastato pronunciare i vari ingredienti che la magia avrebbe fatto il resto.
Al centro vero e proprio della piazza sorge un palco in cui una band, gli Skull & Roots, si sarebbe esibita per tutta la serata fino a scuotere gli Inferi a suon di Rock’n’Roll.
Verso Mielandia, invece, vi è una zona adibita al rinfresco, con dei barili a fungere da tavoli e piccole cassette come sedie, andando a circondare un forno a legna e varie griglie nei quali opera l’instancabile Chef El Diablo. Tra le sue più magistrali portate - fortemente consigliate per chi vuole farsi saltare il palato - ci sono la pizza Diavoloccia e la grigliata Infernale.
Vicino all’Ufficio Postale vi era un piccolo banchetto presieduto dai Portavoce del Comitato in difesa degli Elfi Domestici. Sembrava un enorme calzino usurato e bucherellato qua e là, con svariate ragnatele che lo avvolgevano a spirale e di un arancione così intenso da ricordare una zucca matura. Un piccolo bancone di legno, ricoperto anch’esso da ragnatele, sporgeva verso l’esterno, permettendo così agli avventori di notare la ricca sfilza di dolcetti a tema che i laboriosi Elfi avevano preparato con le loro stesse mani. E appesi ad un filo di canapa, sopra al bancone stracolmo di leccornie, svettavano dei cappellini davvero sensazionali su cui erano raffigurati tre tipologie di soggetti: un Elfo vestito da zucca, un altro ancora da scheletro e, infine, uno da vampiro. Le figure si muovevano, sotto l’influsso della magia, rivolgendo facce spaventose a chiunque si fosse soffermato a guardarli. Infine, ad accompagnare quanto il banchetto aveva da offrire, un sacco di iuta era stato usato come menù e posizionato come una bandiera proprio sotto al bancone sporgente.

✦✦✦

Menù del C.R.E.P.A.

Tirami-Su | 1 Galeone
Tiramisù di vari strati: cioccolato, panna, marmellata, vaniglia, alla frutta, la scelta è varia e sorprendente. Sulla cima di ogni porzione è presente un teschio di zucchero che riderà in maniera allegra finché non verrà addentrato. Il dolce tirerà su davvero, farà levitare di dieci centimetri da terra. L'effetto dura circa dieci minuti.

○ Biscotti Changin' Clothes | 15 Falci
Al cioccolato, alla frutta, alla cannella, alla vaniglia... tanti e vari, in un sacchetto di carta ne escono sei. Su ogni biscotto troverete raffigurati una Megera, uno Zombie, una Mummia, un Lupo Mannaro, un Fantasma e il Mostro della Laguna in pose spaventose. Ogni biscotto vi farà cambiare rapidamente gli abiti che indossate: una maglietta al posto dei pantaloni, i calzini come guanti ecc. Ogni cambiamento è a vostra scelta, ma attenzione, potrebbe accadere anche con gli abiti di chi vi sia vicino.

Torta Materializzante | 1 Galeone intera, 10 Falci fetta
Ricoperta da occhi che si muovono e ti scrutano, di marshmallow, con panna, cioccolato e nocciole all'interno. Un solo morso permetterà di scomparire ed apparire in un punto vicino. Non sarà possibile coprire una distanza maggiore di uno o massimo due passi.

Cupcake Volenteroso | 6 Falci
Sulla scima vi è una piccola zucca estasiata, che vi darà un bacio al primo morso. Chiunque mangerà questo dolce sarà forzato a rispondere affermativamente ad una richiesta. Un cupcake permette una sola domanda. Attenzione: le richieste possono essere di carattere semplice, come domandare di fare qualcosa di buffo ecc.

Muffin Senti-Ascolta | 6 Falci
Presenta delle piccole ali di pipistrello ai lati che iniziano a muoversi una volta afferrato. Attenzione, potrebbe sfuggirvi di mano! Ai semi di papavero con gocce di cioccolato, ai mirtilli, alla frutta, alle mandorle ecc. Un unico morso farà apparire delle orecchie da Elfo - Pipistrello al posto delle proprie per un minuto, amplificano per poco tempo i suoni circostanti.

✦✦✦

Note in Off


● La festa rimarrà aperta indicativamente un mese.
● Nel "Crea il tuo cocktail", tutti i minorenni che tenteranno di creare bevande alcoliche si ritroveranno automaticamente con la versione analcolica del rispettivo drink.
● Nella zona ristoro potete richiedere qualunque tipo di piatto a vostra scelta. La Diavolaccia si presenta come una pizza gigante composta da salsiccia piccante, cipolla, jalapegnos e tabasco. Mentre la grigliata Infernale da 3 salsicce, 2 costine, 2 pancette e 1 braciola ricoperte di salsa piccante, accompagnate da patate al forno al curry.
● Il Dullahan è anch'esso frutto di una magia illusoria e passerà tra le vie del villaggio spaventando e cospargendo la gente di succo di ciliegia. Potete liberamente descrivere la scena al suo passaggio.
● Il banchetto del C.R.E.P.A. è autogestibile, vi basterà chiedere agli Elfi quello che desiderate acquistare e compilare il format indicato alla fine del vostro post. In ON, quindi, dovete considerarvi serviti.
CITAZIONE
Nome pg:
Acquisti:

Tutti coloro che acquistano uno dei dolcetti del C.R.E.P.A. avranno in regalo uno dei cappellini a scelta tra: Elfo vestito da zucca, da scheletro o da vampiro!
Per chiunque non si sia ancora iscritto, potrà farlo presso il banchetto e ricevere la propria spilla.
N.B.: Per una corretta iscrizione (Off) è necessario compilare il form qui (click)






Edited by Aiden Weiss - 31/10/2019, 17:27
 
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view post Posted on 30/10/2019, 20:19
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Lentamente, sfilò le Orecchie Oblunghe dalle tende in broccato rosso, lasciando spazio alla mente di fare tutto il resto: collegamenti, riflessioni, perfino supposizioni tra le più disparate. Di buon grado, poi, scattò dal proprio letto a baldacchino e si intrufolò alla postazione del compagno di dormitorio. Un ticchettio sinistro, l'indice della mano destra batteva contro l'anta di un armadio spalancato, e tanto bastò per attirare l'attenzione dell'altro concasato. Seguì uno scambio - poche chiacchiere, l'accusa di essere stato colto di sorpresa, l'oltraggio malcelato -, mentre l'attimo successivo Oliver si mostrava come il buon pastore alla presenza del suo agnellino preferito. Prometto, iniziò così. Prometto. Un cenno vigoroso, un sorriso a fior di labbra, infine si lasciò abbindolare a sufficienza - con costanza, in modo volenteroso - e il ragazzino gli strappò la certezza di mantenere il segreto appena ascoltato. L'offesa di essere stato scoperto a parlare a mezza voce, in un sussurro, scivolò nel dimenticatoio; quando il Grifondoro si domandò come Oliver avesse fatto, in effetti, a carpire quelle informazioni, le Orecchie già erano state nascoste e nel palmo della mano del Caposcuola sostava un pacchetto di topoghiacci non ancora addentati. Sei cattivo, sentì dire. Così si fermò d'istinto, sulla soglia della Camerata. Cattivo, ripeté tacitamente, e si accorse di come quell'aggettivo suonasse di per sé nuovo, originale, mai accostato una sola volta alla sua figura. Si accorse inoltre, mentre camminava, di quanto tuttavia non fosse poi tanto sbagliato. Rubare le caramelle era il primo passo.

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Non aveva pensato di partecipare alla festa di Halloween, quell'anno. Non per desiderio, non per impegni, semplicemente per vendetta: era paradossale perfino per lui, ma da quando l'assalto visionario dell'Estate precedente lo aveva colto impreparato, di fronte un pubblico intero nel Campo da Quidditch, tutto aveva preso una piega diversa. Aveva imparato a sue spese quanto le vecchie amicizie fossero ormai disperse nel vuoto, quanto quelle presenti non avessero fatto nulla a suo vantaggio, e quanto la solitudine - impavida, dietro l'angolo pari ad un avvoltoio - fosse stata la consigliera assoluta. Non avrebbe potuto fare di un filo d'erba un solo grande fascio, ma chi aveva saputo essergli accanto si contava letteralmente sulla punta delle dita. Li ricordava come tra i migliori affetti e a loro aveva scelto di conservare un posto prezioso. Si era ritrovato a fare la spola tra l'Infermeria del Castello, la Sala Comune e l'Aula di Divinazione: di nascosto, spesso nel cuore della notte, coperto da capo a piedi dal Mantello della Disillusione, in quel modo era riuscito a consultare più del dovuto una schiera di manuali d'arte mantica. La speranza di carpire qualcosa dalla Visione, così come di risalire agli esordi della Profezia, lo aveva inseguito come una seconda ombra giorno dopo giorno. Le soluzioni, in parte, erano state propizie; l'epilogo, tutt'altra storia. «Oliver, tesoro, non ti fermi più a parlare con me.»
Era stato così sovrappensiero da non accorgersi di altre amicizie, forse ancor più storiche di tutte quelle di cui aveva saputo mettere in conto, e quando il ritratto della Signora Grassa lo aveva colto alla sprovvista, il Caposcuola non aveva saputo fare altro che stringersi nella divisa scolastica. La Spilla continuava a carpire i bagliori dorati e rossastri della sua cravatta, mentre il quadro posto a guardia della propria Sala Comune cercava la sua partecipazione. Si era scusato, lo aveva fatto per davvero, e le aveva promesso di non peccare più di cortesia in quel modo. «Ti conosco da più tempo di tutti, tra queste mura, e c'è qualcosa che non va. Sai che ci sarò sempre per un duetto a fine giornata.» Ascoltare la Signora Grassa sapeva infondergli una sensazione di benessere, riscaldandolo come nessun'altra voce avrebbe potuto fare; un cenno del capo tradiva la sua promessa, così come la sua incertezza al riguardo. «Sono i tuoi occhi, Oliver.»
«Sono così tristi.»

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Aveva accettato di andare alla festa - e di farlo con un buon costume, come da copione - soltanto in seguito alle proteste della buona grassottella; le tempre accese, vivide, fulminee istante dopo istante non avevano lasciato altra scelta. In più, e doveva ammettere di esserne stato rapito di primo acchito, era stata chiamata una band musicale di cui non aveva conoscenza. L'idea di uscirsene con un articolo fresco di stampa per il Profeta, così come di richiedere un autografo e una serie di informazioni per portare gli album da Zufolo, a ben vedere, non poteva essere esclusa in alcun modo. Non appena incontrata Herbelia al pianoterra, poco prima di fuggire alla prossima lezione, Oliver le aveva chiesto aiuto - ancora una volta, come spesso accadeva per i festeggiamenti - per un trucco in grado di compiere la differenza. «Ti offro una cena da Piediburro!»
«Ci scommetti il tuo culo, Brior!»
Touché, tutto sommato. Così la sera del 31 Ottobre era pronto: un abito dalle intricate ramificazioni orientali scivolava su corpetto e pantaloni come un mantello, un paio di stivaletti scuri calzavano ai piedi fino a sopra le caviglie, le braccia erano in parte scoperte e si riempivano di bracciali, monili, gioielli, mentre alle mani una schiera di anelli lucenti concludeva il rapporto. Vestito d'oro, da cima a fondo, Oliver reinterpretava in quel modo il buon Re Mida, emblema di un mito greco che da sempre la memoria del Caposcuola custodiva con insistenza. Suo zio Albert lo aveva istruito con i racconti antichi ancor più di quanto sua madre avesse fatto con le fiabe di Beda il Bardo, e per Oliver era ogni volta una piacevole consapevolezza. Insieme alla Corona impreziosita di diamanti, trasfigurati in bagliori e brillanti provvisori, tutto in lui attingeva all'incanto. Una posa regale, un portamento altrettanto sontuoso e spettacolare, mentre il sortilegio considerato finalmente si attivava in tutta la sua scenica energia: non appena la Corona si stagliò delicatamente sul capo, dai riccioli più scuri scivolò via l'icore d'oro.

Ed era ambrosia, era nettare divino, era maestosità.


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«Via, via, fate largo!»
Il tono del Custode infastidì ogni suo autocontrollo, e si affrettò a quel punto verso i confini scolastici; non si era soffermato più del dovuto al pianoterra, al suo passaggio - in anticipo, come da abitudine - non c'erano studenti al primo anno in cerca di accompagnatori, ma era certo che qualcuno avrebbe saputo sostituirlo nel migliore dei modi. Il pensiero di non aver sentito neanche Leah, in quegli ultimi giorni, lo inseguì fino all'ultimo passo dalla vista dell'imponente Castello alle sue spalle: il cambiamento che stava subendo lo spingeva ad allontanarsi continuamente e anche se la Tassina gli aveva detto ad una cena precedente di non essere sicura di partecipare ai festeggiamenti, Oliver si era sentito inopportuno e in profondo imbarazzo per non aver posto per primo l'argomento in ballo. A sua discolpa, non aveva pensato alla festa e soltanto quella mattina aveva comunicato alla ragazza di aver cambiato idea. Se fossero riusciti ad incontrarsi, gli avrebbe fatto chiaramente piacere: Leah era tra le poche persone alle quali non aveva rinunciato, né avrebbe mai voluto. Il Villaggio si snocciolò così alla sua andatura veloce, passo dopo passo, mentre la familiarità di quelle stradine lo ritrovava e circondava come una vecchia conoscenza. Ma c'era astio nel portamento del Re, c'era frenesia: i piedi battevano forte contro l'asfalto, la bocca era stretta in una linea sottile. Perfino gli occhi, macchiati d'oro per magia, non riuscivano ad apprezzare quel luogo come di consueto: c'era troppo in ballo, i ricordi non erano ancora sfumati via del tutto. Si lasciò così guidare dai primi segni spettrali: i suoni striduli, un nitrito di cavallo impazzito, infine lo spettacolo infido ed orrido - tematico e straordinario in quel senso - della festa di Halloween in tutto il suo potenziale più intenso. Avrebbe avuto modo di studiarne i dettagli, di fare un salto al banchetto del C.r.e.p.a. - si era deciso a prendere parte alla festa, nonostante luogo e stato d'animo di quel periodo, anche e soprattutto per la presenza del Comitato in piccolo - e di ascoltare la band fino a conoscerne i dettagli perlomeno principali. Ma prima di ogni altra cosa, si lasciò andare ad un sospiro di sollievo, al cuore in tumulto e alle mani scosse da un brivido di freddo. Non era un posto per lui, Hogsmeade. Non più.
Si accostò in fretta ai barili in un angolo della piazza, seguì di sfuggita un ragazzo più grande di lui, all'apparenza, che chiedeva un drink di un liquido ambrato. Parve parlare da solo per un attimo, e fu allora che il sistema di ordinazione risultò chiaro anche ad Oliver. Si accostò, prendendo posto al bancone libero. «Assenzio, per favore.» Un comando diretto, un primo giro.
«Ci vuole lo zucchero e l'acqua» commentò il ragazzo accanto.
«Io lo voglio assoluto, invece.» La risata dell'altro lo rese di buon umore, e si sentì ridicolo e frivolo, fuori da ogni altro controllo dovuto. Forse, sperò, abbandonare il castello era stata una buona scelta.
Outfit | Re Mida [x] | Interazioni il bancone
Solo questo, chiedesti.
Vacilla un sentore, il ricordo versatile, la pretesa di una vittoria comune. Si compie la volontà divina, al bene corrisponde bene, e Sileno attende pacato tra le stanze reali. Solo questo, giunse in risposta. Parve una benedizione, in principio: il tocco d'oro, l'arabesco fiammeggiante e lucente, la virtuosa danza delle luci al mio comando, al mio volere, al mio solo più intimo strofinio. Quando la fame si presentò in condanna, non compresi la sua presenza: vestita di scintille e bagliori, la ritenni tra i miei possessi, e di quel possesso ne pagai impietoso ogni scelta. Goccia a goccia, impazziva la sete; la resina delle querce possenti attecchiva infertile, mentre da solo - io, il buon Re della Frigia - accendevo incensi in braciere; e le volute salivano impavide, ebbre di coraggio, e si eclissavano l'attimo seguente in striature d'arancio, a bagnare il mio corpo di un deserto di sabbia preziosa. C'era ambra sulla pelle, c'erano il sole e le stelle, e immaginai di trasformare ogni mio lembo in una Costellazione. Così sono nella rete dorata, e il mio volto cambia, travalica ogni confine, infine s'arresta. Vorrei pentirmi, vorrei tornare sui miei passi, ma in questo strazio continuo a vedere ricchezza.
Magari, mi dico. Solo questo mi basta.
 
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Clarissa Scott
view post Posted on 30/10/2019, 21:02




L

a notte di Halloween era per lei ciò che di più bello ed emozionante potesse esistere sulla faccia della terra, ma questo avveniva prima di sapere di essere una strega e soprattutto prima di scoprire che i fantasmi, il suo timore più grande, esistessero realmente.
Aveva una tale paura di quegli esseri che aveva impiegato intere settimane a comprendere che non ci fosse nulla di cui spaventarsi, nonostante alcuni degli spiriti vaganti per Hogwarts amassero infastidire gli studenti indifesi come lei. Eppure, nonostante l’abitudine, non riusciva ancora a non fremere quando, nelle serate in cui le toccava fare la ronda, un fantasma le compariva davanti agli occhi e, per chissà quale assurda ragione, la sfiorava.
Detestava quella sensazione di gelo, il fatto di sentirsi come sotto una doccia fredda restando però completamente asciutta e solitamente reagiva portandosi le mani sulle braccia per scaldarsi, assumendo un’espressione tanto infastidita quanto spaventata, esprimendo palesemente il proprio disagio. Semplicemente non amava i fantasmi e dubitava che le cose sarebbero cambiate.
Per quel motivo il precedente anno aveva deciso, per la prima volta nella sua vita, di non festeggiare Halloween. I suoi genitori avevano cercato di dissuaderla tramite numerose lettere, le aveva persino inviato un pacco con il costume che avrebbe potuto indossare laddove si fosse presentata l’occasione di partecipare a una festa in maschera, eppure non avevano avuto alcun successo.
Il suo secondo anno, però, le cose dovevano cambiare. L’idea di festeggiare la notte delle streghe fuori dal castello era stato un modo carino per convincerla a tornare alle sue antiche abitudini; la ragazzina aveva tirato fuori il costume dell’anno precedente e si era accorta di calzarlo ancora piuttosto bene, nonostante i centimetri che aveva acquisito quell’anno in altezza la costrinsero a dover portare i pantaloni un po’ più corti di quanto non avrebbe dovuto. Un dettaglio insignificante, si disse, e si preparò per la festa a Hogsmeade.

Con un copricapo molto simile a quello di un giullare, era certa che nessuno avrebbe riconosciuto il suo travestimento, e invece evidentemente i colori rosso e nero rendevano palese che la sua fosse una ricostruzione della compagna del famigerato cattivo dei fumetti di Batman. Sua madre non avrebbe potuto mandarle un costume meno adatto alla sua personalità di quello di Harley Quinn, ma Clarissa ringraziò tacitamente tutti i santi del Paradiso del fatto che, per lo meno, avesse scelto il costume originale e non quello che andava tanto di moda in quegli ultimi anni. Con un saltello davvero poco credibile, la rossa arrivò all’ingresso, dove i Corvonero del primo anno avrebbero dovuto aspettarla prima di proseguire per Hogsmeade. Clary detestò il fatto di essere da sola, in quel momento avrebbe tanto voluto avere lì presente Megan, o Daddy per lo meno, ma lasciò scivolare via quel pensiero con un sospiro affranto, pronta a svolgere in completa autonomia il suo ruolo da Prefetto.
Salve a tutti, ragazzi! Conoscete le regole: non allontanatevi dalla sottoscritta durante il tragitto, non violate le indicazioni che ci sono state date, siate puntuali per il ritorno e soprattutto divertitevi.
Avrebbe aggiunto volentieri la postilla “evitate di farmi finire nei guai”, ma volle dar fiducia a quei faccine sorridenti. Tentò di ricambiare quel sorriso, ma ciò che ne venne fuori fu un’espressione indecifrabile, con cui diede loro le spalle e si avviò verso il villaggio magico.

Clarissa aveva ormai dimenticato quanto avesse amato Halloween negli anni passati, soprattutto quanto aveva amato festeggiarlo. L’atmosfera era sempre stata strepitosa, ma in un villaggio magico essa diventava reale, diventava la norma.
La piazza di Hogsmeade, a cui ormai aveva fatto abitudine, era svanita per lasciare spazio a un immenso cimitero, colmo di lapidi, fitta nebbia e una luce dalla tonalità scarlatta a illuminare il cammino. Clarissa si guardò intorno entusiasta, certa che se Megan fosse stata lì con lei l'avrebbe costretta a chiudere la bocca. I suoi piedi la portarono fino a Mielandia, dove grosse botti fungevano da tavolo e delle casse a prendere il posto delle normali sedie. Voltando il capo verso l'Ufficio Postale, la ragazzina scorse un banchetto dedicato al C.R.E.P.A. e si avvicinò per scorgere il menù offerto su un sacco di iuta. Le iridi di ghiaccio si muovevano veloci tra le righe, soffermandosi con più attenzione su alcuni prodotti che parevano incuriosirla maggiormente.
Buonasera! Potrei avere dei Biscotti Changin' Clothes e un paio di Cupcake Volenterosi? Grazie!
Adorava Halloween anche per quello: i dolcetti erano squisiti! Recuperò dunque il portamonete dalla tasca e si preparò a pagare, per poi voltarsi nuovamente ad osservare il panorama.
Ad eccezione fatta per il fremito derivante dalla vista di eventuali fantasmi, la rossa era certa di potersi divertire. In effetti, non aveva ancora goduto di un incontro ravvicinato con lo spirito del Cavaliere senza Testa, motivo per cui era ancora ottimista sull'esito della serata.
Si guardò intorno e soppesò l’idea di cercare qualcuno che conoscesse: di Phoebe e Jean neanche l’ombra, probabilmente le due avevano optato alla fine per non presentarsi alla festa, eppure fu altro ad attirare la sua attenzione: una chioma folta di capelli smeraldini la richiamò come api al miele, mentre un trucco da clown le faceva storcere il naso. Sotto quella maschera erano limpidi i lineamenti di un ragazzo dall’aria familiare, che la rossa impiegò poco a collocare tra i suoi ricordi.
Allungò una mano verso di lui, rivolgendogli l’indice destro e schiudendo le labbra nel tentativo di richiamare la sua attenzione.
Ragazzo sconosciuto!
In verità sapeva che si chiamasse Justin, sarebbe stato inevitabile scoprirlo, ma l’idea di definirlo a quel modo non le dispiaceva affatto. Lo rendeva unico, in un certo senso.
Fu invece il fatto di indossare costumi perfettamente abbinati a sbalordirla.
Coincidenza? Io non credo.
La rossa lo osservò con attenzione e non potè fare a meno di stringersi tra le spalle mentre lo guardava con un mezzo sorriso di rassegnazione. Aveva capito che in lui ci fosse qualcosa di strano fin da quel loro primo incontro nei sotterranei, ma la scelta del costume da Joker aveva superato le sue più rosee aspettative.


Nome pg: Clarissa Scott
Acquisti: 2 Cupcake Volenterosi, 4 Biscotti Changin' Clothes
 
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view post Posted on 31/10/2019, 02:02
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Justin K. Hardy STUDENT ♢ SLYTHERIN ♢ 11 Y.O.
JJustin non aveva mai festeggiato Halloween, non aveva mai passeggiato in orario serale per il quartiere con i propri “amichetti” travestito in modo spaventoso – probabilmente non solo perché i suoi coetanei lo reputavano “strano”, ma anche perché le loro madri non volevano che il loro figlio passasse del tempo con quello di un carcerato, un assassino. E se all’inizio ci era rimasto male – vedendo i suoi fratelli uscire mascherati, lasciandolo a casa nonostante le pressioni della loro mamma –, poi aveva imparato che avere a che fare con persone che non lo capivano sarebbe stato peggio che passare da solo la notte più spaventosa dell’anno; solitamente le passava guardando film dell’orrore in televisione, nascondendo il viso dietro al cuscino del divano per non vedere le scene troppo spaventose. Aveva anche letto parecchi libri, all’occorrenza, e li aveva trovati piuttosto interessanti.
E prima di venire a conoscenza del party di Halloween che si sarebbe tenuto a Hogsmeade, certamente Keegan non poteva non ammettere di essere curioso di prendere parte – magari un giorno – a quella festività, indossando un costume. Era per questo motivo che aveva scelto di aderire a quell’evento senza pensarci due volte, nonostante subito dopo se ne fosse pentito: certo che avrebbe dovuto indossare un travestimento degno di nota e sicuro che gli altri presenti non sarebbero stati da meno, si rese conto di non aver idee per realizzarne uno per sé che potesse essere abbastanza all’altezza.
Più si avvicinava quella fatidica serata e più era titubante a presentarsi: non solo avrebbe passato tutto il tempo in un angolo a farsi i fatti propri senza interagire con qualcuno (perché se non ci riusciva durante le ore scolastiche o in quelle pomeridiane, avrebbe potuto in occasione di una festa del genere?), ma il passare dei giorni non lo aiutava a pensare ad un travestimento consono. Tutti quelli ai quali pensava erano troppo banali, sentiti e risentiti, esageratamente comuni, mentre per quelli che gli piacevano non disponeva di abbastanza materiale per la loro realizzazione. Aveva tirato fuori dal fondo del baule da viaggio tutti i vestiti che aveva portato con sé da casa e ne aveva ricavato qualcosa che poteva avere del potenziale, ma che non pareva essere mai abbastanza.
Eppure un cappotto viola a righe chiare, una stramba camicia verde che non ricordava nemmeno di aver ficcato lì dentro ed un paio di pantaloni scuri saltarono agli occhi dell’undicenne. Per ciò che in quell’istante gli venne in mente di fare, sarebbero servite cose che non sapeva nemmeno come procurarsi. A fare al caso suo fu proprio un Elfo Domestico (creature che sin dal suo arrivo a Hogwarts aveva trovato affascinanti, per giunta) che, una notte, aveva beccato a ripulire il suo dormitorio: sussultando dallo spavento dopo essersi svegliato di soprassalto, aveva fatto scappare l’Elfo a gambe levate. Cercare di fermarlo si era rivelato inutile e, dispiaciuto, il ragazzo aveva cercato di riprendere sonno alla svelta; soltanto il mattino seguente aveva trovato per terra, accanto al suo letto, un nastro scuro – sicuro che non appartenesse a nessun compagno di stanza. Probabile che, ad averlo dimenticato lì fosse stato proprio l’Elfo Domestico che aveva spaventato la notte prima. Intenzionato a farglielo riavere al più presto, prima pensò che avrebbe potuto fare al caso suo per il party di Halloween.
E alla fine si era convinto: aveva indossato i suoi pantaloni scuri, quella strana camicia verde, una giacca viola a righe chiare ed aveva legato attorno al collo in un fiocco quel nastro trovato per caso. Pochi minuti prima di lasciare la Sala Comune di Serpeverde in compagnia di un Prefetto, si era guardato allo specchio per capire se potesse andar bene: di Joker aveva davvero ben poco, mancavano ancora piccoli ma essenziali dettagli perché potesse essere riconosciuto come uno dei supercriminali di Gotham City. Ancora una volta, il Fato si rivelò essere dalla sua parte, perché – sceso nella Sala Comune – aveva “preso in prestito” un fiore da un vaso: non ne conosceva il nome (in Erbologia faceva schifo e la botanica non gli piaceva nemmeno un po’), ma aveva attorno tanti fini petali gialli. Sistemò lo stelo verde all’interno del taschino, certo che mancasse ancora qualcosa – forse l’ultima o forse no. I suoi capelli, troppo rossi, erano l’unica cosa che non aveva pensato di “mascherare”. Lesto, pensò che sgattaiolare nelle cucine fosse la cosa più giusta da fare – anche se non sapeva ancora cosa avrebbe fatto nello specifico. Cercò di non soffermare troppo lo sguardo sulle creature che vi giravano all’interno, timoroso di poter incontrare l’Elfo che avrebbe reclamato il nastro che adesso portava al collo: solo uno di loro gli si era avvicinato per chiedergli se stesse cercando del cibo, e lui aveva scosso la testa avanzando poi la richiesta più stramba del mondo. Dieci minuti dopo era uscito da lì dentro con una strana roba verde ed appiccicaticcia sui capelli, a ricoprirli per intero, che profumava di cannella – per fortuna –, della farina sulla faccia (non ne aveva usata moltissima, visto che il ragazzo partiva già da una buona base, diafana com’era la sua pelle) e con le labbra dipinte di rosso - sentendo, ogni tanto, un retrogusto di fragola sotto la lingua.


Era arrivato a Hogsmeade con i nervi a fior di pelle, continuando a sistemarsi la giacca e la camicia e cercando di non toccare i capelli per non rischiare che quella sostanza gli rimanesse appiccicata sulle mani. Potendo vedere il modo in cui era stata abbellita – o meglio, “imbruttita” – all’occorrenza per la serata, rimase oltremodo sbalordito dagli addobbi. Cominciò a girare per le bancarelle lì presenti per non rischiare di perdersi nulla, avanzando a passo lento tra i presenti distogliendo lo sguardo quando qualcuno incrociava i suoi occhi. Più di una volta si imbatté nel Cavaliere senza Testa, dal quale era letteralmente scappato via per ripararsi dal liquido rossiccio che rilasciava al suo passaggio per non sporcarsi. Eccitato per la festa, tuttavia cercò di tenersi in disparte – non avendo abbastanza confidenza con gli studenti lì presenti da potersi avvicinare a loro.
Fu quando raggiunse l’Ufficio Postale che vi trovò un banchetto dedicato al C.R.E.P.A. (il che gli fece ricordare di dover restituire intatto quel nastro all’Elfo Domestico): ne scorse velocemente il menù, per poi decidere di prendere un paio di prodotti.

«Salve, potrei avere i Muffin Senti-Ascolta e i Biscotti Changin' Clothes? Grazie.»
Poco dopo si allontanò con in mano il suo sacchetto colmo di leccornie, per poi sparire nuovamente in mezzo alla folla – tuttavia senza sentirsene parte.
Infilò una mano all’interno del sacchetto dei Biscotti Changin’ Clothes e ne estrasse uno raffigurante uno zombie: nel medesimo istante in cui cercò di avvicinarlo alle labbra per dargli un morso, alle sue orecchie giunse una voce che pareva avere un che di familiare. Posò di nuovo il biscotto e si voltò per capire chi avesse parlato e se – per uno strano motivo – questa voce si fosse rivolta proprio a lui: subito dopo gli si palesò davanti la ragazza che aveva conosciuto nei Sotterranei qualche settimana addietro, incontro che – invero – lo aveva lasciato parecchio curioso sul suo conto.

«Clarissa! Dico bene?»
Gli occhi chiari del giovane Hardy, poi, passarono sulle sue vesti: il costume da Harley Quinn gli fece piegare le labbra in un sorriso sorpreso, cercando poi di imitarne uno finto psicopatico in modo da poter richiamare al cento per cento il personaggio che quella sera aveva scelto di rappresentare. E perché lo aveva fatto? Non lo sapeva, eppure era sicuro che in comune avessero ben poco.
«Oh beh, questa non me l’aspettavo proprio. Buffo, vero? Semmai te lo chiedessero, diresti che è stato fatto di proposito?»
Fece spallucce, per poi distogliere lo sguardo dai suoi indumenti per non rischiare di infastidirla con le sue occhiate irriverenti.
«Comunque mi chiamo Justin, ma se vuoi per questa sera puoi anche chiamarmi Puddin'
Le rivolse un altro sorriso, questa volta seguito da un occhiolino: in quel modo almeno sarebbero entrati per bene nella parte.
@hime



Nome pg: Justin K. Hardy
Acquisti: Muffin Senti-Ascolta - Biscotti Changin' Clothes

Edited by Justin K. Hardy - 31/10/2019, 12:31
 
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When the snow falls, the fox tries to survive.

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Interazione con Oliver.



Aiden Weiss
◦ Auror ◦ 27 anni ◦ Ex Grifondoro ◦ Irlandese

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Un’ultima pennellata di bianco e il trucco da scheletro venne ultimato. Il rosso dei capelli e della barba erano stati leggermente colorati lì dove la chioma e la peluria partivano, dando così un tocco più realistico a quel makeup che si era studiato da ormai svariati giorni. Attese qualche minuto prima di indossare i Rayban con le lenti da vista, affinché il trucco finisse di asciugarsi, per poi girarsi verso la gatta acciambellata sul mobiletto in cui teneva gli asciugamani. «Allora? Come sto?» esclamò a Ginga, sfoggiando un sorrisone a trentadue denti. Il trucco, unito a quei denti perfettamente bianchi e agli occhi blu, conferirono all’Auror un’aria spaventosa e da vero scheletro, tanto da ottenere un acuto soffio da parte della felina. «Quanto sei scontrosa!» sbuffò, infine, l’uomo.
Fingendosi offeso dalla reazione di Ginga, Aiden le passò accanto e le diede una rapida grattatina sulla testa a tradimento, per poi scostare la mano alla svelta quando vide gli artigli della propria pelosetta partire alla carica in cerca di un lembo di pelle da mutilare. Ridacchiò quando udì l’ennesimo verso della gatta, per poi indossare la propria giacca di pelle. «Non assicuro di rincasare a fine festa, potrei seriamente ubriacarmi tanto da svegliarmi nel primo angolo buio in cui potrei perdere i sensi. Non aspettarmi alzata.» le disse in ultimo, mentre infilava nelle tasche della giacca il pacchetto di Caccabombe e quello delle Bombe Denudanti, con un sorriso da perfetto monello stampato in faccia. In fin dei conti era Halloween e lui di dolcetti non ne aveva da distribuire, ma di scherzetti sì invece!

Un pop irruppe poco fuori Hogsmeade e la figura di Aiden apparve dal nulla. Sebbene fosse solito concedersi una sana passeggiata fino al villaggio, quella sera il Mago preferì conservare le proprie energie fisiche così da svagarsi più intensamente alla festa; perciò la Materializzazione fu una vera e propria manna dal cielo.
Avanzò lungo la via principale, la musica sempre più tonante a mano a mano che si avvicinava alla piazza, così come il resto dell’ambiente circostante; c’erano moltissime lapidi e bare, avvolte da una cortina di nebbia molto bassa, il tutto illuminato da delle lanterne schermate di rosso. Emise un fischio di ammirazione, mentre il Rock’n Roll si impossessò ancora più intensamente del proprio corpo tanto da spingerlo ad alzare le braccia e mostrare il gesto delle corna, muovendo a ritmo la testa.
Davanti ai Tre Manici di Scopa notò uno strano bancone, impolverato e divorato dalle termiti, praticamente abbandonato a sé stesso. Per il rosso parve quasi una presa in giro, come se Madama Rosmerta avesse orchestrato tutto ai danni dei clienti - specialmente ai più affezionati! -, tanto da indurli ad servirsi da soli o peggio: a morire di sete. Alzò gli occhi al cielo e si avvicinò con un piccolo broncio, deciso a capire come funzionasse la questione. Non fece molto caso ai presenti attorno al bancone, non subito perlomeno, ma osservò attentamente l’ordinazione dell’assenzio e batté le palpebre più volte; un po’ perché rimase sorpreso dal fatto che un ragazzo più giovane di lui avesse chiesto un alcolico del genere, è un po' perché quel ragazzo era Oliver. Lo capì dalla voce, anche se il costume lo lasciò piuttosto confuso, temendo di aver preso un abbaglio. Ciò nonostante l’Auror si ritrovò a fiancheggiarlo, un sorriso genuino stampato in viso.
«Mi unisco al giro. Assenzio, grazie.» esclamò a gran voce con l’intento di farsi udire. Quando apparve il proprio bicchiere di assenzio, Aiden estrasse dai pantaloni il proprio clipper e gli bastò uno scatto per incendiare il liquido dall’alto tasso alcolico. Lo prese in mano e lo sollevò all’altezza del viso. «Alla Fatina Verde!»

Che non è morto quello che può giacere eterno,
e con strani eoni persino la morte può morire.
(H.P. Lovecraft)

Ops... ma cosa avrò mai portato con me? :secret: Nemici della Volpe, temete!

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view post Posted on 1/11/2019, 14:06
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Ognuno di noi è una luna: ha un lato oscuro che non mostra mai a nessuno.

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Interazione con Olly....e rullo di tamburi.... Aiden! (Si può fare contro la vostra volontà?)


Il 31 Ottobre è sicuramente il giorno che preferisco di più. Da quando ho memoria, la festa di Halloween per me è sempre stata una data da ricordare, emozionante e divertente. Fino all'età di quattordici anni andavo a fare dolcetto o scherzetto con mio padre, che si travestiva puntualmente da Gomez della famiglia Addams. Mia madre invece, era l'addetta al makeup: ogni hanno si divertiva a truccarmi in modo diverso dall'anno precedente, e tutte le volte faceva un bellissimo lavoro. Nel corso degli anni però, ho imparato ad elaborare da sola il mio trucco per Halloween e modestie a parte... me la cavo alla grande! Quando finisco di mettere il rossetto in modo da far sembrare più lungo il mio sorriso, inizio a lavorare sugli occhi. Giulio mi guarda come se fossi la sua persona preferita nonostante sia truccata da It il Pagliaccio. Tocco finale: iridi arancioni! Quando finalmente sono pronta, prendo il palloncino rosso che fa parte del travestimento e con del filo me lo lego all'anulare sinistro, in modo da non dover essere costretta a stare costantemente attenta a non farlo volare via. Infine metto il cappellino sulla testa di Harry, quello a forma di barchetta di carta con su scritto: George. Lui da sopra la scrivania si arrampica lungo il mio braccio e si posiziona sulla mia spalla destra, come al solito.

Non avere paura per quello che vedrai stasera. Saranno tutti travestiti, e poi nel caso qualcuno voglia farti male, ci sarò io con te!

Dopo aver salutato Giulio a dovere, scendo al piano di sotto, dove mia madre è intenta a preparare leccornie di Halloween con l'incantesimo Manina: non era mai stata brava ai fornelli, e per fortuna esiste quell'incanto, altrimenti io e mio padre saremmo scappati via di casa molti anni fa! Rammento un giorno in cui provò a cucinare il pollo con le patate con la sola cura delle sue mani e io e mio padre passammo il weekend in bagno con il mal di pancia. Fortuna che casa mia dispone di più di un bagno!


Sei spaventosa Tesoro con quel costume, non fare troppo tardi però, il mondo magico è pieno di individui loschi e pericolosi!

Mio padre a volte si dimentica che non ho più quattordici anni, ma ventiquattro.

Certo papà, ma so difendermi come devo. Mi guarda poco convinto ma non ribatte, così, dopo averli salutati entrambi mi Materializzo finalmente ad Hogsmeade con il piccolo Harry.

La piazza di questo posto non è come me la ricordavo. In questo momento si presenta come un grande cimitero avvolto nella nebbia. Sono presenti anche delle bare e delle lapidi sparse qua e là, e a fare da illuminazione ci sono delle lanterne schermate di rosso. Inizio a camminare guardandomi intorno e mi dirigo verso Mielandia, dove hanno disposto una zona rinfresco con dei barili e delle cassette che fungono rispettivamente da tavolini e da sedie. Passando di lì un odore di pizza mi invade le narici facendomi brontolare un po' lo stomaco.

Magari ci ripasso più tardi. Mormoro tra me e me continuando a camminare.

Vicino all'ufficio Postale è presente un banchetto gestito, a quanto sembra, dai portavoce del C.R.E.P.A.: comitato a cui sono anche iscritta. Il banchetto, per cui la questione mi incuriosisce a tal punto da avvicinarmi per scoprire cosa stessero vendendo. Il bancone brulica di dolcetti e dopo una lunga analisi opto per un Cupcake Volenteroso.
Tornando indietro mi accorgo che davanti ai Tre Manici di Scopa è presente un logoro bancone infestato dagli acari e probabilmente anche dalle termiti del legno. La cosa mi intriga e mi avvicino al bancone. Vicino ad esso c'è anche un uomo con una giacca di pelle e il viso truccato da scheletro in compagnia di un ragazzo completamente vestito con il colore dell'oro che mi fa venire alla mente Re Mida.

Che sia veramente travestito da lui?

Mi schiarisco la voce interrompendoli. Scusate, a cosa è dovuta la presenza di questo bancone malandato?








Nome pg: Cordelia Fortune Dixon
Acquisti: Un Cupcake Volenteroso

Edited by Miss Fortune - 1/11/2019, 17:51
 
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view post Posted on 1/11/2019, 18:45
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Non appena comparve la Coppa d'Assenzio, le mani sfilarono la stretta convulsa alla quale si erano sottoposte; fu un movimento fluido, leggero, del tutto liberatorio, mentre entrambi i palmi si schiudevano lentamente e le dita, trapunte di monili e bagliori lucenti, attiravano a sé l'ultimo baluardo prezioso. Inumidì a quel punto le labbra, si preparò al primo breve sorso e si accorse tuttavia di esserne impaziente, fuori controllo; in quell'equilibrio spezzato, si inseriva la discreta consapevolezza di essere in balia di se stesso, ancor più che degli eventi dell'ultimo periodo. Socchiuse gli occhi, percepì l'oro d'incanto come un sortilegio funesto sulla sua pelle, ad increspare il volto e le palpebre, ad appesantire perfino le gote. L'incarnato pallido si adombrò ancor più del previsto, la schiena represse a stento un brivido di freddo, e il broccato splendente che indossava in quel momento risultò all'improvviso fin troppo leggero. Oliver si abbandonò all'Assenzio come tra le braccia di un amante, e in quell'incontro inaspettato parve scivolare un anelito lucido alla sua precaria attenzione; un sorso lungo, più del dovuto, mentre impazziva il bruciore alla gola, al corpo, al petto, fino a scuotere l'ultimo battito di un cuore solitario. Quando il ragazzo al suo fianco gli disse di andarci piano, dal Caposcuola non giunse risposta: non avrebbe ascoltato la sua voce, non avrebbe voluto, e quando indice e pollice tremarono convulsamente sulla superficie in vetro del bicchiere, solo allora Oliver decise a fermarsi. Lasciò la Coppa sul bancone, un rivolo dorato si stagliava opacamente sulla struttura, a riprova di come il proprio trucco si disperdesse ovunque; ma fu quel minuto dettaglio, così frivolo in paragone a tutto il resto, a spingerlo ad un'altra - temuta, per giunta - riflessione. La verità, mentre riprendeva sul palmo della mano l'Assenzio, era che non si era mai sentito così solo in tutta la sua vita. Ne pagava la decisione, ancor più che lo scotto.

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Lo sconosciuto al suo fianco commentò per l'ennesima volta, e per l'ennesima volta Oliver ignorò ogni pretesa di comunicazione; ticchettò sul bancone con il fondo del bicchiere, permettendo al suono di amalgamarsi alla musica alle sue spalle. Si chiese chi fosse già arrivato alla festa, se tra i paraggi ci fosse qualcuno di familiare, e allo stesso modo si accorse di non essersene troppo incuriosito, non come di consueto. Forse, si disse, la solitudine era un peccato dal sentore benefico, al quale non era sicuro di voler rinunciare. Halloween, ripeté a fior di labbra, e si abbandonò all'Assenzio l'istante successivo. Un fruscio a poca distanza dal punto in cui si trovava lo spinse ad un borbottio indistinto; era fin troppo pronto a spedire all'aria il vicino di bancone, se solo si fosse intromesso nel suo silenzio - e nel suo perpetuo rimuginare - per l'ennesima volta; al contrario, già con coda dell'occhio si accorse di essere caduto in errore. Una figura nuova, dai tratti tenebrosi, il trucco così calcato da essere perfettamente in tema con la serata; non poté negarlo, non ne fu capace, e bastò un minuto sguardo per spingere Oliver ad un sussulto. «Dannazione, chi-» Portò il corpo sulla difensiva, le braccia strette ad un tratto al petto, bicchiere incluso convulsamente nella mano destra; se fosse stato preso d'attacco, si ritrovò a pensare, non avrebbe neanche avuto tempo per recuperare la bacchetta magica dal taschino interno del proprio abito dorato. Forse fu il primario effetto dell'alcool sulla mente di un giovane inesperto, forse fu il fatto di essere stato così sovrappensiero, forse fu l'una e l'altra cosa, ma Oliver si sentì spaesato, e anche pienamente. Impiegò più del dovuto per ricordare di essere ad una festa, per giunta Halloween: costumi scheletrici e orridi come quelli erano all'ordine della serata ed era stato tanto sciocco da essersene, anche se per pochi istanti, del tutto dimenticato.

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«Io-» biascicò subito dopo, mentre il ragazzo - lo sconosciuto - a pochi metri da lui sghignazzava di buon grado. Stringendosi nella veste impreziosita dall'oro, Oliver tentò di reprimere ogni protesta e al contrario colse con più attenzione e lucidità aspetti familiari del nuovo arrivato. «Aiden, sei tu» disse a quel punto, a mo' di conferma personale. Il giro d'Assenzio seguì anche il desiderio dell'Auror e quando la fiammella accese il liquido contenuto nel bicchiere, il ragazzo sentì combattere la propria attenzione contro una vertigine. Ne restò estasiato per un lungo frangente e annuì con un cenno furtivo del capo al brindisi dell'altro. «Sono Oliver, il tuo costume fa davvero paura.» Non era sicuro del proprio commento: avrebbe dovuto complimentarsi con l'altro per essere entrato a pieno nei festeggiamenti, con tutta probabilità, ma un pensiero diverso fece prontamente breccia nella sua mente. Si chiese a tutti gli effetti, dati i trascorsi di entrambi, se in quel momento l'unico vero timore fosse la sua persona, la sua voce, i suoi presentimenti. Sapeva di essere in fallo, lo sapeva bene, ma più scorgeva la vicinanza di Aiden nel corso dei giorni, più si sorprendeva di come l'altro non fosse scomparso dalla propria vita a gambe all'aria. Forse, si disse, la fiducia aveva un gusto tutto proprio.
«Hey belloccio, sei tutto dorato
«Fatturalo, ti prego.»

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Aveva indicato con un cenno del capo all'altro lato, dove a poche postazioni libere il ragazzo continuava a disturbarlo. Tacitamente o meno, con un ghigno o una parola fuori luogo, aveva già annoiato: un abito lungo e scuro, un mantello d'alamari argentei, infine una maschera di origine tribale tirata sulla fronte, lasciando così il volto ad ora scoperto. L'arrivo di un'altra figura calzò a pennello, lo distrasse a sufficienza per tornare con i piedi per terra e riprendere un breve sorso dal bicchiere in vetro. Represse un altro brivido alla vista del costume della giovane donna e si chiese se dipendesse da una sconosciuta fobia per i clown, magari per i palloncini o semplicemente se tutta la situazione dipendesse dai suoi sensi alterati. Inclinò il capo leggermente di lato, facendo tintinnare i bracciali ai polsi in modo leggero. «Per ordinare da bere.» Sollevò la Coppa per chiarire meglio la propria risposta. «Basta chiedere e comparirà, proprio così, aspetti.» La bocca si dischiuse ancora una volta ad accogliere le ultime goccioline alcoliche dal calice stretto nella mano destra, dopodiché Oliver lo poggiò sul bancone. Per un attimo gli occhi bruciarono quasi quanto la gola, e quando ordinò un'altro Assenzio assoluto ad alta voce, si accorse del tremore alle mani soltanto in ritardo. Spinse le dita sul legno, mentre una macchiolina d'oro si dissolveva al pari dell'antico tocco di Mida. «Sì, forse dovrei variare nelle scelte. Com'era?» Sorrise, recuperando la nuova Coppa appena comparsa di fronte. «Alla Fatina Verde, mi piace!»
Outfit | Re Mida [x] | Interazioni Aiden, Cordelia
Solo questo, chiedesti.
Vacilla un sentore, il ricordo versatile, la pretesa di una vittoria comune. Si compie la volontà divina, al bene corrisponde bene, e Sileno attende pacato tra le stanze reali. Solo questo, giunse in risposta. Parve una benedizione, in principio: il tocco d'oro, l'arabesco fiammeggiante e lucente, la virtuosa danza delle luci al mio comando, al mio volere, al mio solo più intimo strofinio. Quando la fame si presentò in condanna, non compresi la sua presenza: vestita di scintille e bagliori, la ritenni tra i miei possessi, e di quel possesso ne pagai impietoso ogni scelta. Goccia a goccia, impazziva la sete; la resina delle querce possenti attecchiva infertile, mentre da solo - io, il buon Re della Frigia - accendevo incensi in braciere; e le volute salivano impavide, ebbre di coraggio, e si eclissavano l'attimo seguente in striature d'arancio, a bagnare il mio corpo di un deserto di sabbia preziosa. C'era ambra sulla pelle, c'erano il sole e le stelle, e immaginai di trasformare ogni mio lembo in una Costellazione. Così sono nella rete dorata, e il mio volto cambia, travalica ogni confine, infine s'arresta. Vorrei pentirmi, vorrei tornare sui miei passi, ma in questo strazio continuo a vedere ricchezza.
Magari, mi dico. Solo questo mi basta.
 
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view post Posted on 2/11/2019, 13:29
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entropia.

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Interazione con Rose, Elizabeth e Juliet


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Quando l’illuminazione l’aveva raggiunta e i dettagli del travestimento avevano preso forma nella sua mente, Nieve Rigos aveva riso, e riso, e riso ancora fino a provocarsi il mal di pancia. Distesa sul materasso del dormitorio femminile che la ospitava da anni ormai, si era lasciata scuotere dal divertimento e, con gli occhi fissi sul baldacchino, aveva decretato di ritenersi soddisfatta. Era, ad ogni buon conto, una delle idee più geniali che fossero mai balenate in quella sua testolina scalmanata; e ne andava inverecondamente fiera.

Osservando un’ultima volta la propria figura riflettersi nello specchio del bagno, Nieve condusse le mani alla corona che indossava e la sistemò sul capo. Dunque, afferrò il bastone da passeggio e assunse l’espressione più austera che le riuscisse di riprodurre: mento alto, sguardo tagliente, atteggiamento sdegnato dalla mediocrità altrui. C’era tutto! Quando uscì dal bugigattolo ove era rimasta chiusa per quasi un’ora — per la gioia delle compagne di stanza — e ove aveva messo in atto il suo piano, lo fece con una tale teatralità da fare invidia al Midnight in persona. Aveva le sopracciglia appena inarcate, il piglio rigoroso e una posa ostentatamente spudorata.
«Attwood, non che mi stupisca trovarla impreparata, ma la sua accidia è oltremodo offensiva» disse con tono basso e controllato, reggendo il pomello di teschi tra le dita lunghe come se non avesse fatto altro per tutta la vita. Nascosto sotto strati di scherno e soddisfazione, si agitava l’impellente bisogno di lasciarsi andare in un’altra giostra di grasse risate. Invece, caparbia, mantenne gli occhi sulla piccola Rose e proseguì: «Si dia un tono e non metta tutto il castello in ridicolo. È Halloween, perdiana! Chi pensa di spaventare con quel suo completino casalingo? I festeggiamenti stanno per iniziare! E voialtre che avete da guardare?»
A questo punto, con aria severa, passò in rassegna prima Elizabeth e, poi, Juliet. Schiuse le labbra tinte di scuro, volutamente sbavate, per rivolgere loro un commento, ma non fu in grado di mantenere la farsa. Scoppiò a ridere contro ogni suo migliore intento. E, in un battito di ciglia, tornò ad essere sé stessa — immoderata, frizzante, coinvolgente.
«Tadaaaaan! Ecco svelato il segreto: stasera, per Halloween, sono nientepopodimeno che il nostro amatissimo insegnante di Difesa. Potete chiamarmi Nieve Rignight o Vostra Illustrissima Magnificenza Excelsibus!»
Di lì a breve, tra un commento e una pennellata di preoccupazione — le compagne, giustamente, le chiedevano cos’avrebbe fatto, se si fosse imbattuta in Dorian; come avrebbe giustificato quell’ultima, irriverente trovata — Nieve era riuscita a tirare Rose giù dal letto e si era fatta carico di aiutarla a mettere insieme un travestimento degno del trentuno Ottobre. Per riuscirci, tanto era il desiderio di portare la Attwood con sé alla festa, ebbe addirittura il riguardo di deporre la corona e inzaccherarsi le mani di rosso. Il risultato, infine, incontrò il suo gusto e, soddisfatta, si avviò attraverso il castello in un tripudio di altezzosità e latinismi, seguita dal terzetto di Grifondoro cui aveva intimato di tenersi ad almeno un passo di distanza, come si conveniva a chi è inferiore per nascita.
Hogsmeade non era ancora pronta a ricevere il concentrato di monelleria che era la Rigos, quando il gruppetto giunse a destinazione. D’altra parte, neppure Nieve avrebbe potuto dirsi preparata ai dettagli dell’allestimento: lo stupore per il risultato conseguito dagli organizzatori fu tale da ricacciare lontano il pensiero di Astaroth, sorto subdolamente al ricordo del festino di cui si era resa promotrice la sua mentore presso i Tre Manici di Scopa. Con esso, andò deglutito anche quel sentimento di riverenza religiosa che, di tanto in tanto, la spingeva a vivere nel timore del peccato; nel timore di offendere il suo Dio. Era tempo di divertirsi e, Cristo, l’avrebbe fatto.
«Che ficata!»


Nieve Rigos | Prefetto Grifondoro | 16 Anni | Chaotic Rebel | Outfit

 
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view post Posted on 2/11/2019, 15:32
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❝Altre tre donne sedevano in cerchio a uguale distanza, ciascuna sul proprio trono: erano le Moire, Lachesi, Cloto e Atropo, vestite di bianco e col capo cinto di bende; sull'armonia delle Sirene Lachesi cantava il passato, Cloto il presente, Atropo il futuro.❞


Nella notte delle streghe, tra le innumerevoli figure d'incubo che si aggiravano nella piazza di Hogsmeade, un'apparizione interamente avvolta in drappeggi candidi disegnava la propria strada tra le lapidi. Poteva ricordare un'anima in pena, i contorni sfumati dallo svolazzare dei veli e dalla nebbia pesante che ne celava i passi. La sua calma appariva imperturbabile, impressione accentuata dalla mancanza di una qualsivoglia espressione – si riusciva appena ad intravvedere il contorno della fronte e del naso, e solo ad una distanza ravvicinata si sarebbero scorti con più precisione i tratti del viso dietro alla trasparenza del panno.
«Ma come fa a vederci?»
Quel commento furtivo causò un leggero mutamento nelle ombre che celavano il volto di Jolene, le cui labbra si erano incurvate in un mezzo sorriso. Doveva ammettere che aveva avuto la stessa preoccupazione solo fino al giorno precedente, ma infine il velo si era rivelato abbastanza sottile da permetterle una visione piuttosto buona. Il mondo era avvolto da una nebbia lattiginosa che ne sbiadiva le tonalità, ma quello era l'unico inconveniente.
Andava particolarmente fiera della sua trovata, checché potesse dire Osar dell'accortezza di districarsi dalle tende quando ci si inciampava sopra. L'illuminazione era sorta per puro caso quando, qualche sera addietro, si era ritrovata a sfogliare uno dei tanti libri di favole in suo possesso. Si trattava di volumi vecchi, dalle pagine spesse e ingiallite, impreziosite da illustrazioni di brillante inchiostro nero. Ricordava ancora quando, da bambina, le figure tratteggiate con maestria le provocavano una spiacevole sensazione di inquietudine. Era cresciuta credendo che le streghe incartapecorite, le fanciulle diafane dai lunghi capelli e i folletti del sottobosco, così come venivano rappresentati in quelle pagine, fossero tra le creature più spaventose che ci si potesse immaginare. I forti contrasti chiaro-scuro e i minuti dettagli di mondi sottilmente irrealistici avevano poi finito per affascinarla, ma non era ancora in grado di immergersi nelle scene notturne così rappresentate senza provare un profondo disagio. Era stato naturale, quindi, associare il disegno della strega velata ad Halloween, quando le tinte fosche e misteriose la facevano da padrona. All'interno della favola, i veli impedivano ad occhi mortali di posarsi sulla figura di un essere così terribile da trascinare alla pazzia dopo un unico sguardo. A forza di ripensarci, nelle ore successive era arrivata alla conclusione che solo un essere infinitamente potente, che racchiudesse in sé i fili dell'universo intero potesse sortire un tale effetto. Da lì, il passo alla mitologia classica era stato breve.
Alla festa, Jolene stava cercando qualche conoscente da poter disturbare con un'entrata ad effetto. Era sicura di trovare almeno qualche viso noto, ma le maschere e i travestimenti stavano rendendo il riconoscimento più arduo del previsto. Per qualche minuto rimase nei pressi del palco, dove una band a lei sconosciuta stava dando il meglio di sé per movimentare la serata. Spettrale com'era, nemmeno la donna velata sapeva resistere al ritmo della musica, tanto che si sarebbe potuto notare la corona che le sormontava la testa ondeggiare a tempo di rock 'n' roll.
Quando infine decise di riprendere l'esplorazione della piazza, Jolene venne attirata dalla presenza di un discreto numero di persone intorno ad un vecchio bancone. Si avvicinò a sua volta, accennando ancora, nei passi cadenzati, la volontà di accompagnare la musica. Pur non conoscendo una singola parola, si mise a canticchiare tra sé e sé, riuscendo a raggiungere la superficie di legno che, con sua somma sorpresa, scoprì perfettamente vuota. Si voltò quindi verso le persone accanto a lei, ma un uomo che le dava la schiena le impediva di vederli in volto. A ben guardare, aveva una chioma rossa che le pareva conosciuta.


Jolene raggiunge il bancone da bar canticchiando allegramente, ma non capisce come procacciarsi da bere e questo le causa grande disappunto.
 
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view post Posted on 2/11/2019, 16:27
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Interazioni con Oliver e Cordelia.


Aiden Weiss
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La reazione di Oliver lo lasciò interdetto: non era tuttavia da biasimarlo, se a causa del proprio makeup da scheletro aveva quasi finito per spaventarlo, oltre a non essere stato riconosciuto subito a sua volta. Dopotutto era la notte di Halloween e che festa sarebbe stata senza un pizzico di paura o la curiosità nell’ammirare i vari costumi e cercare di scoprire le vere identità dietro alle varie maschere?
«La tua voce mi ha aiutato a capire che eri tu.» disse con estrema semplicità. Poi si sistemò meglio gli occhiali sul naso. «Sì, beh, ho cercato qualcosa di semplice e abbastanza originale. Sono uno scheletro aviatore!» aggiunse, sistemando la giacca di pelle. La propria attenzione venne attirata da una battuta rivolta alla Caposcuola di Grifondoro, strappandogli una sonora risata, specialmente quando Oliver cercò di implorarlo nel lanciare una fattura alla persona che si era rivolta al ragazzo in quel modo così spudorato.
Lo shorts di Assenzio infuocato fece per correre alla propria bocca, deciso più che mai nel voler diventare il Maestro Mangiafuoco della serata con un semplice sorso alla goccia, ma si arrestò nel momento in cui udì una voce alle proprie spalle, femminile, interessata al funzionamento del bancone. Fu Oliver a rispondere, mentre lui si prese la briga di abbassare il bicchiere ad una distanza di sicurezza affinché le fiamme non andassero a bruciargli la barba, per poi iniziare a girarsi lentamente, intenzionato a cedere il proprio posto alla nuova arrivata.
Accadde tutto in una frazione di secondo…
Lo sguardo blu dell’Auror si posò meccanicamente sul viso truccato della ragazza, bianco come il latte e solcato da profonde e scarlatte linee lungo le guance, enfatizzandone il sorriso, fino poco sopra gli occhi, mentre gli occhi erano arancioni. Il muscolo sotto l’occhio sinistro ebbe un primo spasmo, mentre nella sua testa iniziò a prendere un maggiore significato, un volto, quello dell’infido terrore che lo aveva reso schiavo della paura per la prima volta in vita sua. Per quanto fosse dal taglio eccessivamente succinto per i propri gusti, per Weiss fu sufficiente notare quelle palline lanose e rosse poste al centro dell’abito, caratteristico di ogni costume da pagliaccio. La mano che sorreggeva il bicchiere, dunque, prese a serrarsi con forza sempre più crescente, le nocche sempre più bianche per lo sforzo. Infine, a completare il quadro di quella orripilante visione a pochi passi da sé, fu un palloncino rosso scarlatto. Un tuffo al cuore, la mente che ripercorse velocemente i ricordi del passato.

Era buio, eppure le sagome attorno a lui erano perfettamente distinguibili: i mobili, il corpo addormentato di suo fratello Samuel accanto a lui, quello del gatto che sperò di scorgere saltare sul letto una volta intrufolatosi nella stanza. Aveva sentito la porta aprirsi con un cigolio e si era svegliato tra il guardingo e il preoccupato, sentendosi ancora piuttosto agitato e spaventato da quell’orribile esperienza avvenuta svariate ore prima al circo. Attese qualche secondo in silenzio, finché non si decise a chiamare il gatto. «Rusty, sei tu?»
La voce impastata dal sonno di Sam sopraggiunse flebile, facendo notare al rosso che il gatto era già nella stanza con loro, acciambellato su uno dei cuscini, ed invitandolo a tornare a dormire. Fu sul punto di farlo, di stendersi nuovamente lungo il materasso e riprendere sonno, quando la luce di una torcia illuminò improvvisamente la stanza e allora Aiden lo vide. Il viso bianco e sporco di sangue, il trucco attorno alla bocca sbavato e mettendo in maggior risalto le zanne con quello che era a tutti gli effetti un ghigno malvagio. Era uguale ai clown del Cirque du Freak ed era mostruoso.
«Papàààààà!» urlò in preda a forti singhiozzi, una volta che ebbe finito di prendere a pugni suo fratello Richard travestito da pagliaccio diabolico. Difendersi gli era venuto naturale, guidato da una paura che mai più l’avrebbe lasciato.
Aiden Weiss, all’epoca, aveva solamente otto anni…


Il vetro esplose in mille pezzi, affondando con ferocia nella carne dell’uomo, mentre l’alcol andò a mischiarsi con il sangue accompagnato da una sensazione di intenso bruciore. Il fulvo nemmeno se ne rese conto, perse ogni tipo di sensazione fisica e reale di ciò che lo circondava. Il cuore minacciò di esplodergli nel petto, come un petardo, al che il suo corpo alto e muscoloso prese velocemente ad irrigidirsi; se non fosse per la presenza del trucco, probabilmente sarebbe stato reso più evidente lo stato di shock in cui precipitò vertiginosamente, del pallore del viso, ma ci pensarono gli occhi a renderlo evidente: da un blu intenso come il mare, in un semplice battito d’ali divennero più chiari, vitrei, come ipnotizzati da una forza superiore. Rapidamente prese a sudare freddo, finché i propri muscoli non decretarono la adempiersi dell’atto finale: da rigido come un tronco, il corpo dell’Auror prese a piegarsi come un giunco, sul lato sinistro, verso il terreno, fino ad impattare con un tonfo sordo. Aveva avvertito un senso di vertigine impossessarsi della propria testa, poi tutto diventò semplice buio.

Che non è morto quello che può giacere eterno,
e con strani eoni persino la morte può morire.
(H.P. Lovecraft)

Si parte col botto :ihih:
Faccio un brevissimo punto della situazione: Aiden vede Cordelia e si sente malissimo nel notare il costume da clown. Flashback a parte, si ferisce ad una mano e sviene con poca grazia.

Battuta bonus: CADEEEEE!
Come i taglialegna mentre l'albero sta per sfracellarsi al suolo.

 
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view post Posted on 3/11/2019, 14:23
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Interazioni con Nieve, Juliet e Elizabeth.


Rose Marie Attwood



12 anni

studentessa I anno

Grifondoro
«
Ma questo letto è così caldo e accogliente…» piagnucolò Rose, un sorrisetto divertito vagamente nascosto tra le pieghe del cuscino «sei proprio sicura di non volermi lasciare qui?»
La sua compagna di stanza non voleva sentire ragioni: Rose sarebbe venuta a quella festa, che le piacesse o no. Così, tra un ultimo lamento e qualche sbadiglio, Nieve riuscì finalmente a tirare fuori dal letto la piccola Attwood. In realtà, l’idea di una festa per Halloween non turbava affatto la bambina e vestirsi in maschera l’aveva sempre divertita molto, ma le piaceva ancora di più poter stuzzicare il prefetto Rigos minacciandola che se non l’avesse aiutata a prepararsi, oltre a farle assaggiare una manciata delle sue caramelle, non si sarebbe presentata. Si poteva dire che, dopo i primi mesi passati insieme nel dormitorio, tra le due si era stabilita un’intesa tale da potersi permettere di “prendersi in giro”, nonostante la differenza di età. Era una delle poche persone che Rose Marie poteva considerare davvero amica, e ciò le riempiva - segretamente - il cuore di gioia.
Dopo aver rovistato per circa mezz’ora nel baule della matricola, dopo una serie di tentativi fallimentari, le due si trovarono d’accordo ad optare per una mise da spaventapasseri decisamente non abbastanza terrificante. Ma Nieve sembrava aver già in mente un modo per migliorare - o peggiorare, in questo caso - l’aspetto della bimba, che si affidò ciecamente a lei per il trucco. Con l’aggiunta di un po’ di sangue spruzzato qua e là, che contrastava decisamente con l’aspetto docile e angelico del volto di Rose, il risultato fu decisamente più inquietante del previsto.
«Direi che sei perdonata, Rigos» commentò Rose, ammirando la sua tenuta allo specchio, lanciando poi un’occhiata divertita al prefetto, sicura che avrebbe colto il riferimento. Difatti, solo poco tempo prima, Nieve aveva fatto il suo trionfante ingresso nella camera delle ragazze già pronta nel suo affascinante quanto agghiacciante costume. La ragazza, però, di certo non si sarebbe fermata a ricrearne l’aspetto estetico. L’acida frecciatina che le aveva immediatamente rivolto, fissandola con quegli occhi freddi, l’aveva presa alla sprovvista, lasciandola quasi impietrita, e la sua sensibilità emotiva aveva preso il sopravvento. Pensava davvero quelle cose su di lei? Cosa aveva fatto di male per averla trattata in quel modo? E poi, il suo pigiamone con gli orsetti era davvero così ridicolo? La piccola Rose era talmente confusa e annebbiata dai mille pensieri autocritici che per poco non scoppiò in lacrime; ma quando si accorse che in realtà l’amica stava soltanto recitando la parte del celebre prof, la sua delusione si tramutò in risata, e poi in disappunto. “Mi hai fatto prendere un colpo!” aveva sospirato la piccola con aria fintamente imbronciata, mentre torturava a suon di piccoli, innocui pugni il braccio del prefetto, che aveva scambiato per un sacco da boxe. Il perdono era costato a Nieve, come già detto, la sua assistenza nella scelta e preparazione del travestimento. Forse una mossa un po’ infantile reagire in quel modo, ammise a sé stessa la ragazzina, ma d’altronde aveva solo dodici anni e certi vizi poteva ancora permetterseli.
Di lì a poco, portati a termine gli ultimi preparativi ed essersi assicurata di aver messo nello zaino almeno qualche galeone per poter acquistare i dolcetti che tanto bramava, lei e Nieve lasciarono il castello per incamminarsi verso il villaggio. Lungo il percorso scoprì, entusiasta, che non era stata l’unica studentessa a farsi travolgere dall’ondata di eccitazione tipica del loro prefetto: altre due grifoncine, i cui nomi per distrazione non era riuscita a cogliere, facevano parte del gruppo. I loro travestimenti erano decisamente più elaborati del suo, pensò la piccola, cosa che le procurò un leggero senso di disagio ma che non le impedì di rompere il ghiaccio.
«Io sono Rose, comunque, piacere!» esordì a un certo punto durante il tragitto, un attimo prima di rendersi conto che l’aria laggiù era diventata quasi pungente e le sue gambe erano state avvolte da un fittissimo alone di nebbia, non riuscendo quasi più a scorgere il terreno sul quale poggiavano i piedi. Alzando lo sguardo, alla vista di quella distesa di lapidi, la bimba rabbrividì. Era alquanto ovvio che, nel mondo magico, prendessero in maniera molto seria quella spaventosa festività, e Rose pregò dentro di se di non ritrovarsi accanto, da un momento all’altro, qualche ragno gigante o zombie affamati. Prendendo un profondo respiro, si avvicinò timidamente a Nieve, nella quale aveva individuato ormai una sorta di figura protettrice, afferrando il lembo della sua manica per avvertirla della propria presenza. Sapeva che le sarebbe stata accanto finché non si sarebbe abituata a quell’ambientazione spettrale. Difatti, l’iniziale preoccupazione della piccola sembrò immediatamente affievolirsi quando, nell’oscurità tinta di rosso, scorse un bancone decorato con delle ragnatele che sembrava essere proprio lo stand delle bevande.
«E’ tempo di fare il pieno di zuccheeeri!»


æ code ©

In breve: Rose si sente ROASTATA (?) da Nieve: all’inizio se l’era un attimo presa, le ha dato qualche pugno, ma poi il prefetto l’ha convinta a venire alla festa vestita con la prima cosa che ha trovato nel baule e aiutata dall’amica a truccarsi. La bambina si è poi presentata alle altre due matricole Grifondoro e una volta arrivata ad Hogsmade vuole assolutamente provare tutti i dolci e le bevande disponibili.

 
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view post Posted on 4/11/2019, 11:56
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— 18 ▴ Amber Hydra ▴ caposcuola Tassorosso — Lei ed il suo umore avrebbero potuto benissimo rovinare la festa a chiunque. Halloween aveva la capacità di incupirla anche quando tutto andava in realtà per il verso giusto, e nemmeno quell'anno aveva mancato di farlo. Il suo rapporto con la morte era qualcosa che trascendeva i riti pagani e affondava le radici ne profondo di un'infanzia rovinata, tanto da consentirle di ignorare l'influsso magico che quel particolare momento innescava. Non aveva voluto pensare alla maschera da indossare fino ad un paio di giorni prima, quando l'inevitabile le si era presentato dinanzi senza concederle più alcuna scusante. Il ruolo chiedeva la sua presenza - anche e non solo - per accompagnare i neo smistati al Villaggio e vegliare su di loro almeno in parte. Se da piccina aveva rimpiante il non avere fratelli minori a cui badare, così da non sentirsi sempre tanto sola, con gli anni da Prefetto prima, e da Caposcuola dopo, si era ben rimangiata quei pensieri. Lei con i più piccoli non solo non ci sapeva fare, ma non si sentiva neppur portata per i baby sitting. La verità era, e come poteva non esserlo?, che Amber sentiva le mura del Castello farsi sempre più strette, e quello si traduceva in un senso di fastidio diffuso e dilagante. Eppure era al sesto anno da così poco.. poteva già sentirsi così? Ad ogni modo il suo poco interesse per la festa in generale si traduceva nella sua stessa presentazione; stracci neri e grigi sommati gli uni sugli altri cosicché non soffrisse il freddo autunnale scozzese, un trucco marcato ma che non spiccava per nulla in confronto a maschere ben più elaborate ed un tocco di turchese a coprire il biondo oro. Fine. In ultima aveva aggiunto un porta vivande (Thermos) per tenere in caldo il succo di zucca, che sembrava particolarmente adatto all'occasione. La chiara speranza era quella di rimanere nell'anonimato della massa di chi si era impegnato poco o nulla come lei finché non fosse giunto il tempo di radunare i tassini e rientrare al Castello. «... e con questo direi che è tutt-» il tono neutro ma serio, impostato per l'occasione, con cui stava impartendo gli ultimi "ordini" ai primini, si spense quando una risata lugubre riempì l'atmosfera già tetra. Una dei più spavaldi, che già era pronta a correre verso il sentiero di nebbia e tumuli, rimase tanto pietrificata da arretrare fino ad appoggiarsi proprio a lei. Orecchio teso e cuore a mille. Amber si fermò il tempo di constatare che tutto fosse parte del programma, prima di liberare gli undicenni. I toni soffusi, e la copertura di nebbia bassa, avrebbero dovuto garantirle un anonimato maggiore e lei avrebbe anche potuto apprezzarli, se solo la piazza non fosse stata cosparsa di bare e lapidi. La sua familiarità con cimiteri di quella foggia non aiutava per niente, tant'è che - rimasta sola - distolse lo sguardo per poter cogliere altri dettagli su cui concentrarsi tutta la sera. Superò un bancone malandato, già in procinto di radunare una breve folla, ma si fermò poco dopo, lungo quella via principale, perché la figura scura del Re della serata le comparve dinanzi senza alcuna cerimonia e... S P L A T.

Ma era davvero chiedere troppo il potersi isolare come un vecchio barbagianni mummificato in guferia? Oltre al mezzo infarto preso per la comparsa improvvisa del cavaliere senza testa, ora Amber era imbrattata di simil sangue - succo di qualche sorta - che certo non giovava al già poco elaborato outfit. Un gesto fluido e meccanico, accompagnato da un grugno di disappunto, la portò ad estrarre la bacchetta, ma prima ancora che potesse ripulirsi, un nuovo colpo di scena la costrinse a voltarsi verso il bancone appena superato. Qualcuno era svenuto? «Per Morgana...!» aveva l'aspetto di una persona adulta, quindi per fortuna non doveva trattarsi di un Tassorosso sotto la sua responsabilità. Tant'è che però lei rimase lì, immobile, incapace di comprendere - o con poca voglia di farlo - se si trattasse di un altro "effetto speciale" o di una realtà dei fatti. Ma chiunque fosse, era già circondato da diverse persone, una in più non avrebbe migliorato la situazione. Una goccia rossa colò dai capelli e macchiò una mattonella ai suoi piedi. Voleva tornare in dormitorio. Subito.

▴ ...here in my garden of shadows ▴ Code © Horus

Amber interagisce con niente, perché è una persona simpatica.
+ Grazie Dullahan.

 
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view post Posted on 5/11/2019, 14:46
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entropia.

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Interazione con Rose e Serenity


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Un nitrito e una sequela di urla indussero Nieve a voltarsi proprio nel momento in cui il terribile cavaliere si lanciava al galoppo lontano dalla festa. Frattanto che il campanello di persone sorprese da destriero e fantino era in procinto di disperdersi in un tripudio di lamentele e orrore, con le labbra schiuse per la sorpresa, la Rignight rallentò inconsapevolmente il passo. In circostanze come quelle, quando il mondo magico dava il massimo in fatto di spettacolarità, la parte babbana dell’animo della Grifondoro non poteva fare a meno di meravigliarsi. Dunque, alla prima reazione di terrore, facevano seguito di gran carriera il fascino e l’attrazione di chi ancora fatichi a etichettare l'inconsueto in termini di normalità.
Istupidita com'era dalle riflessioni circa la natura del cavaliere, Nieve si riscosse soltanto nell’intravedere una ragazza con le braccia ricolme di pasticcini, ricordandosi allora di Rose. Dopo averla trascinata giù dal letto, vestita come una bambola e inzaccherata in modo improponibile, il minimo che potesse fare era accondiscendere alla tacita richiesta di lei e scortarla fino al banco dei dolci. La prospettiva, in verità, non la entusiasmava. Qualsiasi esperienza avesse a che vedere col cibo, specie in un contesto pubblico, era sufficiente a provocarle il rigetto e il caso presente non faceva eccezione. Era una questione — quella relativa al suo rapporto con l’alimentazione — che Nieve aveva scelto deliberatamente di non affrontare con la compagna: le capitava così di rado di rivestire il ruolo di guida e sorella maggiore che imbrattare la stima che Rose aveva di lei con una descrizione delle sue debolezze le risultava intollerabile. C’era tempo, si diceva, e non era neppure poi così importante.

«Senti» esordì dopo un po’, gettando uno sguardo alla serpentina che le precedeva, ora che avevano raggiunto il buffet «facciamo così: mentre tu aspetti il tuo turno e recuperi quello che ti piace, ti scoccia se vado a dare un’occhiata in giro? Voglio assicurarmi che gli altri Grifondoro siano tutti interi e che la vista di quello strano cavaliere non li abbia spaventati troppo» mentì. In realtà, desiderava ispezionare la location e avvicinarsi il più possibile al punto in cui aveva visto passare il cavallerizzo l’ultima volta nella speranza di incontrarlo. Le sorrise, carezzandole un braccio. «Tornerò ben prima che tu abbia avvicinato i tuoi denti a qualsiasi cosa deciderai di prendere. Promesso!» L’espressione di Nieve s’indurì d’un tratto, tradendo una sfumatura d’alterigia in netto contrasto con le parole che aveva appena pronunciato. «Se dovesse disobbedire, Attwood, potrà sciorinarmi le sue scuse mentre traduce a mio beneficio una bella versioncina di Ponziliacco.»

Così dicendo, mento alto e camminata leggiadra, si allontanò dalla concasata.
Sgusciando tra le lapidi di cui era disseminato il villaggio, la Rignight attraversò la patina di nebbia con l’atteggiamento che si conveniva al suo ruolo. Un paio di volte, facendo la voce grossa e cogliendo le vittime di sorpresa, si divertì a intrattenere matricole e conoscenti: sfoggiava un piglio saccente e li pungolava col bastone da passeggio; e, quando le domandavano come mai avesse optato per un travestimento tutto fuorché coprente, alzava il sopracciglio e li apostrofava con un latinismo o due per vederli reagire con una serie di riverenze tremebonde. Infine, scoppiavano tutti a ridere e Nieve se ne andava agitando regalmente la mano in uno scroscio di applausi.
Aveva il sorriso ancora sulle labbra nel momento in cui urtò una figura di donna, che le ombre avevano reso quasi impossibile da identificare — il turchese dei capelli, nella foschia, ricordava uno di quei fuochi fatui che si vedono di rado in presenza di grandi folle. Nello scontro, la corona della Rignight rovinò sul pavimento.

«Deduco che lo spavento deve averla indementita, se non presta neppure attenzione a dove mette i piedi» esclamò, pedante non meno che pungente. Al cospetto delle lanterne, la scarsa illuminazione conferiva all’argento dei capelli una sfumatura crunea e ai lineamenti chiari un che di credibilmente ostile. Una ciocca, smossa dal capitombolo del diadema, le ricadde sullo zigomo sinistro. A quel punto, l’espressione si aprì in un sorriso mellifluo che si proponeva di accompagnare le parole che seguivano: «Meno cinquemila punti a… be’, a qualsiasi Casata sia stata colpita dalla sciagura di averla come studentessa!» Batté con aria solenne il bastone da passeggio sul terreno. «Ora, visto che non tollererei di vedere tra le sue mani la corona che mi insignisce signore e padrone del suolo su cui cammino ma poiché non ho neppure intenzione di pagare le conseguenze della sua goffaggine, vorrà eseguire un banalissimo incantesimo di levitazione per rimediare al suo errore. Prego!»

Se solo avesse saputo di essersi appena imbattuta in Amber Hydra…


Nieve Rigos | Prefetto Grifondoro | 16 Anni | Chaotic Rebel | Outfit



Surprise!

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Edited by ~ Nieve Rigos - 11/11/2019, 15:34
 
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Clarissa Scott
view post Posted on 10/11/2019, 12:17




C
larissa non era mai stata brava a ricordare i nomi delle persone, a meno che le stesse non l'avessero colpita in modo particolare. Spesso dimenticava addirittura di chiederli quei nomi, concentrata com'era a memorizzare ogni più piccolo dettaglio dei volti, che al contrario riusciva sempre a ricordare alla perfezione.
Persino con il trucco individuare Justin fu una passeggiata, ma solo allora la rossa si rese conto di non avergli neppure chiesto quale fosse il suo nome durante il loro primo incontro nei sotterranei.
Abbassò la mano, pensando a sua madre che la ricopriva di rimproveri per il fatto di non dover indicare le persone, men che meno con la sua solita veemenza, e si avvicinò al ragazzo accennando di saluto col capo.
Clary andrà più che bene.
Beh, per lo meno il Serpeverde aveva una memoria migliore della sua in fatto di nomi.
Buffo. Sì, Clarissa non avrebbe potuto scegliere un aggettivo migliore per descrivere quell'assurda situazione. Lei e Justin non si erano che scambiati poche parole, in cui lei affermava che lui non avesse alcun senso dell'orientamento e lui, fondamentalmente, le dava della fifona, seppur con tutta la cortesia e la gentilezza del mondo. Una cosa che la rossa non avrebbe saputo fare neppure sotto tortura.
No, non credo. E' divertente proprio per il fatto che sia stato del tutto casuale, anche se dubito che qualcuno ci crederebbe.
Disse lei storcendo le labbra in un sorriso sinceramente divertito, il primo che mostrava al ragazzino e che metteva alla luce una sfumatura diversa del carattere tanto schivo della Corvonero.
Lo sguardo di Justin le avrebbe dato fastidio in qualunque altra occasione: non le piaceva essere osservata, nonostante lei lo facesse spesso con gli altri. Tuttavia, quella sera e a causa del costume che indossava attirando sguardi indiscreti, tutto era lecito; lei stessa si prese qualche attimo per studiare e apprezzare il travestimento dell'altro.
La figura di Joker era una di quelle che Clary amava da sempre, uno dei cattivi più realistici e tormentati di cui la ragazzina avesse mai avuto il piacere di leggere.
Non ci penso neanche. Ma se vorrai ammazzare qualcuno insieme a me, sarò più che felice di assecondarti.
Non diceva sul serio... o forse sì? Non poté rifletterci su più di un paio di secondi, ché la figura del cavaliere Senza Testa si avvicinò ai due ragazzi superandoli senza degnarli di alcuna attenzione.
Clarissa si sentì gelare il sangue nelle vene e, senza neppure essersi accorta di quando lo avesse fatto, si ritrovò vicina a Justin tanto da farlo frapporre tra lei e lo spirito. No, ecco, quella proprio non se l'aspettava.
Evitò di proferir parola, poiché era cosciente del fatto che, se avesse parlato, probabilmente le parole le sarebbero venute fuori accompagnate da una specie di balbettio.
Ringraziò mentalmente di aver riempito il proprio viso di cerone bianco, così da non rendere palese il fatto di essere impallidita alla vista del fantasma, o ciò che lei riteneva essere tale; le iridi di ghiaccio seguirono la figura fino a quando non la videro voltare l'angolo e solo allora, tornando padrona di sé, si rese conto di essere troppo vicina al rosso. Justin era al corrente del suo timore verso i fantasmi, ma sarebbe stato inutile riportarlo a galla.
Fece un paio di passi indietro e, come per calmare il fremito della mano destra, la infilò nel sacchetto da cui estrasse uno dei dolcetti appena acquistati.
Ne vuoi uno?
I Biscotti Changin’ Clothes l'avevano incuriosita abbastanza da convincerla ad acquistarne un paio e non vedeva l'ora di saggiarne gli effetti, senza considerare di trovarsi di fianco a Justin. Cosa si sarebbero scambiati Joker e Harley Quinn?
 
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view post Posted on 11/11/2019, 02:28
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Ognuno di noi è una luna: ha un lato oscuro che non mostra mai a nessuno.

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Interazione con Olly e Aiden.


Uno dei ragazzi che si trova vicino al barile misterioso, che poco prima era intento a sorseggiare il suo drink mi rivolge il suo sguardo illuminato dall'oro del suo trucco. Sembrò rabbrividire, forse impressionato dal mio travestimento, ma rispose comunque cordialmente alla mia domanda.

Ah, basta semplicemente chiedere un drink e comparirà? Fantastico! Come facevano i babbani a vivere senza magia?

Il ragazzo continua a bere e quando le sue labbra dorate abbandonano l'orlo del bicchiere noto che i suoi occhi sembrano un po' rossi.

L'uomo che è con lui, e che fino a quel momento non mi aveva degnata nemmeno di uno sguardo, si gira verso di me posando i suoi occhi azzurri sul mio viso mascherato da Clown e mi fissa per qualche istante con un bicchiere in mano. Il bicchiere viene improvvisamente disintegrato nella sua mano, e dopo una frazione di secondi cade a terra privo di sensi. Resto per qualche secondo interdetta, non mi era mai capitato che qualcuno si sentisse male davanti a me, quindi non so come reagire. Istintivamente mi inginocchio accanto a lui e premo le mie dita sul suo polso per sentirgli il battito anche se non lo avevo mai fatto prima, quindi non so come funziona realmente quella pratica.

Cosa facciamo!? Esclamo rivolgendomi all'altro ragazzo e in quello stesso momento mi viene un'idea. Mi sollevo e mi avvicino al barile chiedendo dell'acqua che magicamente mi appare tra le mani, prima di lanciarla sul viso del povero sventurato sperando che serva a farlo rinvenire.

Avverto la tensione di Harry che è rannicchiato sulla mia spalla. Sta tranquillo piccolo, non è nulla… vedrai che ora si riprende. Mormoro per convincere più me stessa che lui. E mi rendo conto di aver mollato il cupcake per lo spavento e ora giace a terra anche lui.






Mi scuso per il ritardo... Avrei voluto/potuto fare di meglio...ma sono stata veramente impegnata. Sorry...
 
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37 replies since 30/10/2019, 15:11   1579 views
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