Sentiva le mani tremare leggermente e quando aprì entrambi i palmi per accogliere il calice di Assenzio si accorse impercettibilmente di come la superficie in vetro si stesse macchiando rapidamente di un alone dorato; staccò la presa l'attimo dopo, più sorpreso del previsto, e si chiese quale incanto trasfigurativo la sua concasata Herbelia avesse perpetrato sul suo corpo e sul suo intero costume; forse, si ritrovò a pensare, altro non era che trucco e parrucco. Era una sensazione piacevole, tutto sommato, e lo sguardo del finto Regnante soppesò con più insistenza del dovuto la polverina luccicante sulla coppa, sul bancone e sui polsi scoperti. Più deglutiva, più percepiva la gola secca e farsi sempre più bruciata, a riprova di come a tutti gli effetti Oliver non fosse abituato agli alcolici: il suo massimo si concretizzava banalmente in un bicchiere di Idromele Barricato, dal palato buono - non per lui, il suo non era così raffinato come avrebbe voluto - durante le cene di gala alla residenza di famiglia. Per il resto, lo sapeva, era un ragazzino come tutti gli altri, almeno per quel versante. Quando socchiuse gli occhi, ripristinò lentamente un discreto autocontrollo: le persone al suo fianco tornarono vicine, la sua distrazione si eclissò come un lampo appena passeggero, e finalmente il fremito sulla punta delle dita si arrestò di netto. Spostò l'attenzione prima sulla destra, a rimirare il costume della donna che aveva appena raggiunto il bancone, e si ritrovò improvvisamente vinto da una scintilla di vivida curiosità come non gli capitava da lungo andare; i veli astratti, bianchi e temprati dalla pittura in diversi punti irregolari, il suono leggero di quelli che al ragazzo apparvero in principio come braccialetti e che ad un'occhiata più accurata si rivelarono come tessuti e forbici annesse. Volse il capo interamente in quella direzione, e allo stesso modo ignorò con facilità sia il bicchiere di assenzio ormai quasi del tutto vuoto sia il borbottio incessante del tipetto fastidioso a poca distanza. Nella sua mente, più pensieri si inseguivano alla rinfusa, e l'uno e l'altro anticipavano supposizioni, immaginazioni, fantasie pure: abituato ai dettagli, e istruito ai racconti mitologici con l'esempio quotidiano di suo zio Albert, per Oliver la visione d'insieme del costume della donna gli apparve tanto sorprendente quanto intensa. Aveva una certa idea su cosa potesse rappresentare e stava per aprire bocca e chiedere, anche ingenuamente, quando al suo fianco un rumore assordante attirò la sua più intima preoccupazione.
Tempismo, dinamicità, controllo psicofisico: erano le tre costanti che aveva imparato a considerare attivamente da quando aveva messo piede nella Stanza delle Necessità; e anche se le riunioni cui aveva preso parte non erano state numerose, era di certo nitido il modo d'agire: in quel senso, la strategia di pronto intervento richiedeva un equilibrio che Oliver
sapeva di possedere, ma che da troppo tempo percepiva come compromesso. Quando il bicchiere di vetro sul bancone esplose a pochi centimetri di distanza, l'unica reazione che riuscì a vivere fu di vera e propria prigionia; il respiro trattenuto, le mani strette l'una all'altra, lo sguardo spalancato: tornava indietro nel tempo, lui che di tempo era futuro in divenire. Alle narici pizzicava un profumo di rose e un sentore di fumo, una mistura che anticipava olezzo e bellezza di pari intensità e che si esprimeva in lui come il più antico dei presagi. Provò istantaneamente caldo, la fronte imperlata di un sottilissimo velo di sudore, e l'oro perse lucentezza lungo tutto il suo abito da Re Mida. Non poteva essere, si disse. Non di nuovo, non quella sera; non si accorse della solitaria scheggia di vetro contro l'avambraccio né dei piccolissimi frammenti sulle sue gambe, sui pantaloni, sulla veste lucente. Tremò da capo a piedi e si costrinse a respirare soltanto nei movimenti successivi.
Aveva lo sguardo vacuo, le pupille dilatate, l'incarnato pallido del volto e della pelle scoperta; quando l'aria tornò liberamente a fluire, un anelito roseo brillò sulle gote e pian piano fu chiara la consapevolezza di non essere al ballo di fine anno, di non essere in pubblico, di non essere preda alcuna della Vista. Non capitava a lui, non era nulla anche solo di
minimamente paragonabile e si crogiolò in quel tepore sempre più sicuro. Non aveva tuttora capito cosa fosse successo, avrebbe dovuto ammetterlo, e quando il cicaleccio di voci si fece frettoloso, Oliver si districò dall'immobilità cui si era involontariamente costretto. Era un rifugio, quello, che annullava ogni forma di coraggio e lentamente si risvegliò una razionale accusa nei suoi stessi confronti. Si spinse all'indietro, portando con sé lo sgabello sul quale aveva preso posto, e lasciò così spazio alla donna dall'abito interessante. Ne riconobbe i movimenti scanditi, apprensivi, curativi, come una sensazione fin sottopelle: l'idea di essere con qualcuno che sapeva come agire, di essere così al tepore di una guarigione versatile - fisica, emotiva, perfino spirituale nel suo caso; la lunga degenza in Infermeria nei precedenti mesi estivi, il tono di voce gentile, alla voce dell'altra fu certo di essere alla presenza - ancora una volta in situazioni fuori dal proprio controllo - di una persona conosciuta, di una persona stimata. Aiden era in buone mani.
«Jolene» scandì a quel punto; si pose in piedi, scendendo dallo sgabello e distanziandosi leggermente dal bancone in legno. Se non fosse stato tuttora riconosciuto a sua volta, la sua voce avrebbe fatto da identificatrice all'attenzione dell'Infermiera di Hogwarts, ne era fiducioso.
«Era lì a parlare l'attimo prima e poi-» Spostò l'attenzione di lato, ad incontrare la figura della donna con cui aveva parlato brevemente. Aveva un costume interessante, un trucco ben definito e c'erano dettagli che incutevano un timore anche in Oliver; il palloncino, ad esempio, era così innocente in quell'insieme - un richiamo ai giochi, all'infanzia, ai momenti più semplici - da spezzare l'insieme a favore di una simbolica paura più a tema per quella sera. Oliver abbassò leggermente la voce, spostando il braccio lungo la gamba.
«Poi ha visto lei, forse.» Provò preoccupazione per essere risultato scortese, traendo conclusioni affrettate; ma assicuratosi che l'altro ragazzo poco distante - tornato agli alcolici - non avesse fatturato il suo amico, i conti terminavano piuttosto in fretta. Si augurò che l'Incantesimo di Risveglio di Jolene riportasse Aiden tra loro il più in fretta possibile: era una scena che non voleva più rivivere e quando stacco il pezzetto di vetro dalla pelle, una goccia di sangue riportò i ricordi di nuovo in superficie. Lo sguardo del Caposcuola fu improvvisamente catturato, per fortuna, da un tremito sulla spalla della donna vestita da clown. Ne seguì curiosamente i movimenti, cercando di non essere insistente, e quando si accorse di quale creaturina vi fosse, restò per un attimo con la bocca spalancata.
«Per Merlino! È un Asticello, vero?» pose la domanda quasi in tono affermativo, aveva infatti già avuto modo di conoscere, osservare e studiare quelle creaturine magiche, guardiane dei boschi e delle radure più rigogliose; un cenno di sorriso dischiuse la bocca fino agli occhi attenti, e in quel senso Oliver ritrovò se stesso come ai vecchi tempo.