Seguì una serie di battute, un'altra di azioni, infine un cenno di distrazione da parte del Re improvvisato; volse il capo prima a destra e poi a sinistra, quasi come un automa, e soppesò a lungo lo sguardo su Aiden appena rinvenuto e la donna sconosciuta sull'altro lato. Collegò perfettamente, a quel punto, e quando le parole dell'Auror giunsero a conferma di una fobia tutta personale, Oliver si ritrovò a trattenere il respiro con una certa apprensione: ricordava di un concasato che durante una delle lezioni iniziali di Difesa Contro le Arti Oscure aveva peccato totalmente nell'affrontare un Molliccio in potere assoluto; la trasformazione della Creatura Magica in una girandola coloratissima aveva da una parte spinto al divertimento tutta la classe, e dall'altra aveva fatto fare i salti più preoccupati alla vittima sfortunata. Una strana paura, in effetti; sicuramente meno strana di quella per i clown.
«Aiden, è tutto risolto, ti senti meglio?» chiese così, l'attimo successivo. La mano destra aveva definitivamente abbandonato il calice mezzo pieno per allungarsi verso la figura dell'Auror; un gesto amichevole, un gesto del tutto sincero. La certezza, inoltre, di aver individuato Jolene lì accanto gli strinse il cuore in una morsa sorprendente, e in quella sensazione piacevole e timorosa insieme si rivide ancora una volta in prigionia del passato più recente. Abbassò leggermente lo sguardo, inconsapevolmente. Non aveva avuto tuttora modo di parlare per bene con l'Infermiera di Hogwarts e la loro ultima conversazione recava i tratti più peccaminosi in assoluto: c'era del pericolo in Oliver, ci sarebbe sempre stato. Mentre riportava l'attenzione su Aiden, il ragazzo si chiese se anche Jolene, come l'altro, non sarebbe mai scappata via dalla sua vita. Sentì il peso della solitudine dell'ultimo periodo farsi strada a più non posso, infrangere ogni autocontrollo e ripercuotere interamente e ancora una volta il proprio corpo di un lungo brivido. Neanche il commento dello sconosciuto a fine tavolo -
«Hey bambolina, che magie che sai fare!» - riuscì a riportarlo all'origine, e in quella smorfia di dolore passeggero l'oro della sua pelle si spense a poco a poco.
Era una ferita che non aveva saputo rimarginare per bene, non di certo come avrebbe dovuto; si era assopita sul fondo di sentimenti e pensieri, accogliendo i primi e distruggendo lentamente i secondi con un'intensità senza precedenti: Oliver ne era stato compromesso, lo sapeva. Non avrebbe potuto negarlo neanche a se stesso, ma l'Estate precedente era una macchia sulla propria coscienza che lo inseguiva perfino all'esterno: le occhiate apprensive degli altri, i sussurri al suo passaggio tra i corridoi, talvolta un soffio di reverenziale timore perfino dai compagni di banco durante le lezioni scolastiche; si chiedeva quanto a lungo potesse durare, e più andava avanti, più cercava di ripristinare se stesso nel migliore dei modi. Più distratto del solito, come non gli capitava da lungo andare, fu proprio la risposta della Strega vestita da clown - il trucco disperso, il palloncino ormai in cielo - ad attirare tutta la sua concentrazione. Si accese così una scintilla curiosissima nel petto, e apparve come una sensazione tanto piacevole quanto benefica. Annuì con più vigore del previsto, sporgendosi di altri centimetri. L'ambra che velava i suoi occhi brillò di luce propria, e fu un baluginio di oro e vivacità di un'espressione sopita nel tempo.
«Per Merlino, davvero-» La bocca si increspò in un primo vivo sorriso.
«Davvero posso? Ho un debole per le Creature Magiche, ma gli Asticelli, loro sono tra i miei preferiti!» Passò la mano destra sulla lunga veste, osservò di sfuggita Aiden e Jolene per assicurarsi di non risultare troppo scortese, e come un bambino di fronte la sua torta del cuore infine allungò il braccio e aprì il palmo interamente. Il professor Cedric Black, ad Hogwarts, aveva saputo insegnare di non stringere mai con tutte e cinque le dita gli Asticelli, di accoglierli con gentilezza e di mostrare di propria volta una buona sicurezza. L'affinità per gli animali - magici o meno - era in Oliver, inoltre, alla base di un vero successo. Sorrise ancora, estasiato.
«Vieni qui, piccoletto. Io sono Oliver.» Avrebbe così atteso l'azione della Strega: a lei l'ultima parola e la sua decisione.
«Come si chiama?»Una voce ancor più familiare spinse il volto di Oliver in tutt'altra direzione; riconobbe all'istante - forse più per il timbro amichevole che per l'aspetto di primo acchito - una tra le sue concasate che più apprezzava in assoluto, e quando il complimento per il suo costume andò a riscaldare il proprio cuore, l'affetto crebbe forse perfino più a dismisura.
«Hey Elizabeth, è bello rivederti! Grazie mille, anche il tuo costume è molto accurato, mi piace!» Era più che convinto che l'amica avesse le tasche piene di dolci e quando offrì la sua scorta a tutti loro, Oliver non poté fare a meno di sorridere. Era da tempo che non gli capitava e fu una sensazione così semplice, per lui, da sembrare naturale fin nel profondo.
«Io prenderò un paio di Cupcake dal C.r.e.p.a. dopo, ma ti ringrazio lo stesso. Loro sono-» Tornò con lo sguardo su Jolene e Aiden.
«Loro sono miei amici. Mentre lei, mi scusi.» Soppesò l'attenzione sulla Strega che aveva causato tutta la situazione.
«Temo di non conoscere il suo nome.»Indicò alle spalle il bancone, non appena concluse le presentazioni, e guardò Jolene.
«Il tipetto lì fuori ha ordinato sempre qui la carne alla brace, dovrebbe funzionare come gli alcolici, si chiede e compare.» Per tutta risposta, l'uomo poco più avanti si inserì bizzarramente.
«Bambolina, offro io!» commentò al volo, prima di rituffarsi nel suo calice.