amber serenity hydra ▸18 anni ▸ Caposcuola di Tassorosso
Il numero ventitré del Village era silenzioso; illuminato su tre lati dal caldo sole estivo, taceva al punto da apparire disabitato... non fosse stato per lo scorrere di una piuma sulla ruvida pergamena. Il sole filtrava attraverso le tende chiare e intiepidiva l’atmosfera, opacizzando anche le tinte più scure del salottino. Ronfante e per nulla interessata a quel che stava accadendo, c’era la gatta acciambellata sulla poltrona. Il corpicino si alzava e si abbassava con la lentezza di chi non intende separarsi dal Morfeo dei gatti. L’inchiostro nero si muoveva sinuoso sulla superficie designata, dichiarando con l’elegante calligrafia di Amber un’altra “piccola ed innocua” bugia ai danni del padre. Lui voleva sempre sapere dove andava, tra turni al Wizard e uscite di sorta, e lei non voleva raccontargli di Killian e di annessi e connessi, ma come poteva far convivere le due cose senza fare torto a nessuna? L’unica cosa che sapeva era che non voleva farlo preoccupare; quindi Eloise era la soluzione migliore... sulla carta. “Sono da Eloise, non aspettarmi per cena. A” Giusto qualche parola, che però non era sufficiente a sollevarla dalle accuse - se mai l’uomo l’avesse scoperto - o attenuarle. Se suo padre avesse saputo che dietro il nome tanto gettonato dell'amica si celava niente di meno che un Ispettore Auror e che lo stesso ragazzo era stato anche colpevole degli uragani emotivi della figlia: apriti cielo! Nello scrivere, curvata sul tavolo perché sedersi avrebbe richiesto troppo tempo, i capelli ammorbiditi da una nuova crema, scivolarono sulla superficie e le punte irrimediabilmente rosate si guadagnarono uno sguardo torvo senza precedenti. Le era bastata una distrazione ed il flacone di colorante si era completamente rovesciato su di lei imbrattando il biondo e trasformandolo in rosa quasi fluorescente! Tra un incantesimo ed un rimedio, Amber era riuscita a relegare il colore alla parte bassa della chioma, ma ci sarebbe voluto qualche altro giorno perché l’effetto svanisse del tutto. E quando poteva capitare se non il giorno prima di un appuntamento con Killian? Le iridi tornarono a concentrarsi sul messaggio e, quando ebbe finito, con una mano recuperò una mela verde brillante dal cesto usato come centrotavola e la posò sopra la pergamena chiusa; quello era il segnale degli Snow. Se c’era una mela sul tavolo, c’era un messaggio per te. Glielo aveva insegnato Nonna Elise, e Johnathan aveva assorbito la stessa abitudine da Eveline. Considerato poi che il tavolo era visibile dall’ingresso, l’uomo avrebbe avuto poco tempo per chiedersi dove fosse sua figlia, una volta rientrato. La mela c'era. E mentre il salotto richiamava una calma degna di un momento di pura stasi, in Amber si agitava un tornado di emozioni! In netto contrasto con tutto, la giovane strega percepiva chiaramente il ritmo forsennato che il tamburo batteva nel petto, e più l'ora "x" si avvicinava e più la tensione emotiva cresceva. Era sempre così, prima veniva l'ansia. "Ho messo la cosa giusta? Ho letto bene il messaggio?" poi la preoccupazione "e se questo, e se quello..." e non mancava il timore di non essere precisamente all'altezza del ruolo. Quello era un nuovo arrivato nel suo parco emotivo; si era affacciato da poco ma già le dava qualche pensiero, soprattutto quando non aveva la possibilità di tacitarlo con un solo sguardo di Killian. Ma niente superava la felicità che voleva tenersi stretta per sempre, e che era la stessa che stampò sul volto fresco un sorriso genuino prima che la bacchetta trasportasse la strega verso l'unica informazione nota di quel giorno; luogo e ora. Un giro su se stessa ed il profumo del balsamo al cocco avvolse l'aroma di fiori d'arancio che le bagnava i polsi e l'incavo del collo e via da un capo all'altro di Londra, dal magico al babbano. Fino a Rosegarden street, n.9
Una sottile linea nera marcava gli occhi chiari, quando la strega apparve in un "crack" in quel vicolo laterale ormai noto, le labbra erano solo ammorbidite perché non si seccassero. La pelle lattea non si era ancora scurita con l'estate in arrivo, ma d'altro canto Amber era rimasta chiusa a pensare ai G.U.F.O. talmente tanto che non aveva avuto tempo per dedicarsi al suo naturale pallore. L'outfit scelto prevedeva un clone bello e buono di un manichino su una vetrina da cui aveva preso ispirazione. Le gambe lunghe erano ben in mostra grazie a jeans morbidi e corti, scarpe bianche e basse si fermavano sotto la caviglia, mentre una maglietta fresca si adagiava un po' a casaccio sottolineando a volte sì ed altre no, la forma longilinea della ragazza. Legata ed al sicuro, in fondo alla tracollina incantata - non era riuscita a separarsene - giaceva la bacchetta in sorbo; lontana dai babbani se proprio doveva incontrarne ma non a miglia di distanza dalla sua proprietaria. I capelli con le punte irriverenti e rosa, erano raccolti in una morbida coda alta che lasciava qualche spiraglio per ciocche ribelli e metteva invece ben in mostra le cinque perline di in scala che adornavano l'orecchio destro. Il sorriso incancellabile sul suo volto accolse l'immagine di un Killian insolitamente già a rapporto, pronto a farle saltare il cuore in gola e accendere l'impellente desiderio di raggiungerlo! Gli occhi verdi si piantarono immediatamente sulla figura dell'Auror, intenti a studiarne i particolari con dovizia. Inclinando appena la testa, Amber trattenne le labbra dal commettere qualsiasi primo commento, preferendo invece avvicinarsi e indugiare sull'aspetto particolarmente strano che l'immagine dell'adulto dava in sé; con un lecca lecca in bocca e un alone di mistero di cui proprio non si liberava mai. Dimentica di quanto assurde fossero le sue punte rosa o il vestiario plagiato, sorrise felice. «Sono così tanto in ritardo?» Esordì incrociando le braccia a poco meno di un metro da lui, ancora sorridendo. Quella frase aveva un senso ben preciso, impigliato tra le ciglia lunghe: "cos'hai in mente, Resween?", che non avrebbe mancato il bersaglio. Lo sguardo virò in fretta sulle cicatrici che dopo il Ballo di Fine anno avevano segnato il volto di Killian. Sapeva che lui preferiva lasciare ad un decorso babbano le ferite non troppo profonde, ma non approvava del tutto quel modus, tant'è che non mancò di rivolgere alle striscioline ancora arrossate, un'espressione di disappunto. Frenarsi dallo sfiorarle richiese impegno.
PIED PIPER ▸OUTFIT▸ "CAN'T CLOSE YOUR EYES. I'M TAKIN' OVER YOU"