La risposta di Jolene alla propria lettera aveva permesso al fulvo di respirare un poco. Per quanto banale potesse sembrare quel semplice gesto di trasparire le proprie emozioni, il proprio desiderio di compagnia e di aiuto a gestire quella situazione che lo tormentava giorno e notte, aveva permesso ad Aiden di percepire una sorta di innaturale leggerezza. Sentiva di potersi aprire con l’Infermeria di Hogwarts, di poterle confidare cose che solitamente teneva celate dietro una robusta maschera.
Fin dal loro primo incontro aveva capito quanto Jolene fosse genuina e spontanea, una persona affidabile e che sapeva ascoltare e consigliare, oltre a non giudicare una persona dalla copertina; forse era stato proprio quello ad attirare l’attenzione dell’Auror e a farla apparire speciale ai suoi occhi tristi e sofferenti. E Aiden, lo sapeva, aveva bisogno di persone come lei, che non lo giudicassero aspramente per ogni minima cazzata che faceva.
Già da giorni non dormiva adeguatamente e ben presto il peso delle notti in bianco prese a riflettersi sul suo corpo: la pelle era cinerea, tanto che pareva un fantasma che vagava senza meta, gli occhi erano stanchi e spenti, contornati da delle profonde occhiaie. E l’appetito era calato, lanciando un segnale allarmante per chiunque lo conosceva un minimo e sapeva quanto fosse avvezzo a mangiare quanto un esercito. Ma lui si era tenuto lontano dalla famiglia, specialmente da sua madre, finché non se l’era trovata davanti al Quartier Generale, proprio mentre era sul punto di uscire con una pila di documenti da portare all’archivio.
Ad Annabelle O’Brian non si sfuggiva, non ci si poteva nascondere, non le si poteva mentire e non vi era segreto che rimanesse troppo a lungo celato. Annabelle O’Brian
sapeva cosa turbava il figlio, cosa lo faceva stare male al tal punto da crollare, a tal punto da non riconoscerlo più.
Sapeva e le era bastato un potente assalto mentale per scoprirlo.
Sapeva che si era innamorato.
«
Nascondermelo non ti farà sentire meglio...»
E aveva ragione: non era stato affatto meglio, ma soltanto peggio. Si vergognava a parlare con lei dei propri problemi amorosi, si vergognava persino ad ammettere di essere innamorato di una persona che non lo avrebbe mai ricambiato, che era più giovane di lui e che aveva già un altro.
«
Promettimi che me ne parlerai, appena ti sentirai pronto a farlo.» Apprensiva, dinanzi al preoccupante silenzio di Aiden, Annabelle provò a strappargli una promessa.
«
Ti farò sapere...»
Non fu il massimo, ma la donna se lo fece bastare: se suo figlio aveva bisogno di tempo, allora glielo avrebbe concesso.
Tutto ciò accadde qualche giorno prima di decidere di scrivere a Jolene White…
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Methley Street giunse in vista dopo quasi una decina di minuti.
Si era Smaterializzato nei paraggi del Ministero, ma poi aveva optato per godersi un giro turistico della cara e vecchia Londra su un autobus, reggendo sulle proprie gambe un cestino pieno di frutta, fino a quando non decise di proseguire a piedi. Il giorno prima, infatti, aveva ben pensato di prendere qualcosa per Jolene e ringraziarla sia per il supporto che già gli aveva dato, sia per l’invito a casa sua.
Chissà se le piace la maracuja... pensò mentre con lo sguardo cercava il numero 9 tra le varie abitazioni. Poi, quando finalmente giunse davanti alla porta d’ingresso della casa di Jolene, si passò rapidamente una mano tra i capelli nel disperato tentativo di riordinarli un minimo; c’era un venticello gelido che lo aveva scompigliato per benino e che aveva rischiato più e più volte di portarsi via i frutti più piccoli e leggeri.
Avvolto in un lungo cappotto grigio, Aiden tentò di prepararsi a sfoggiare il suo sorriso migliore, invece l’ennesima folata di vento gli strappò un grugnito e un’imprecazione non propriamente detta a denti stretti. «
Mmm… Cazzo!» Due ciocche di capelli si alzarono, come due piccola corna, facendolo apparire come un diavoletto.