Da quando era rientrato dal proprio esilio, il giovane Auror non era mai riuscito ad accettare l’idea di essere chiamato con l’epiteto di “
ragazzo” dagli altri, che fossero o meno più grandi di lui. Il suo profondo desiderio nell’essere considerato un uomo fatto e finito, come qualsiasi altro individuo della sua età, era forte e - per certi versi - quasi smisurato. Era l’ego di una persona orgogliosa e che aveva un forte senso d’onore, che voleva affermarsi nella società con le unghie e con i denti, dimostrandosi all’altezza in ciò in cui ambiva essere riconosciuto.
In circostanze diverse non avrebbe tergiversato, né avrebbe celato con estrema facilità il proprio disappunto. E invece scelse di incassare in silenzio e passare oltre, consapevole di non potersi concedere il lusso di rivelare il proprio animo ferito; l’Auror, dunque, preferì scegliere con accuratezza e saggezza quale fosse la miglior battaglia in cui combattere, ovvero quella in nome degli Elfi Domestici, anziché cimentarsi in qualcosa per il proprio personale interesse. Non che fosse un animo egoista, ma era l’impetuosità a renderlo schiavo dei propri difetti, spingendolo - spesso e volentieri - in battaglie perse o che non valevano neppure la pena. Pertanto si lasciò scivolare tutto addosso e si focalizzò sullo scopo della loro presenza ad Harshstone.
Era stata la lungimiranza da Auror che era in lui ad aver prevalso sull’impulsività, riuscendo a tenere a bada l’uomo, piuttosto che rischiare di mandare tutto quanto a quel Paese. L’istinto, dunque, venne represso dalla ragione.
Annuì, infine, con decisione alle parole di Issho. «
Sì, boss. Bilius, al tuo venerabile servizio.» scandì, serio, con una velata nota divertita in quella piccola prova improvvisata. Si fece arcigno, assumendo un’aria da vero scagnozzo, una macchina da guerra pronta a scattare al minimo comando. Sputò a terra come un vero malvivente. «
Spaccherò la faccia a chiunque ci dia noie.» replicò, asciutto, sfoggiando uno sguardo minaccioso. Già con quella breve prova, prima del grande debutto, William Wollace sarebbe stato molto fiero di lui: Aiden Weiss aveva tutte le carte in regola per poter lanciare palle di fuoco dagli occhi e fulmini tonanti dal proprio didietro.
Una volta terminato il proprio incantesimo su Phoebe, l’Auror ripose la propria bacchetta nella fondina che teneva nascosta sotto alla giacca. Spostò, tuttavia, il proprio Distintivo al lato opposto, così da non avere alcun tipo di impiccio nel caso in cui fosse stato costretto a sfoderare il catalizzatore magico, limitandosi quindi nell’appuntarlo a destra del maglione e oscurandolo con la giacca.
«
Prestate attenzione ai miei gesti, sempre. Potrei riuscire a trovare per voi un buon punto in cui potrete ripararvi.» aggiunse lui, infine, alla ragazza e all’Elfa.
Alla domanda del Giapponese, il rosso si limitò ad un secco gesto di intensa, affermando di essere pronto nel gettarsi nella mischia. Era un ottimo ballerino, ma anche altrettanto bravo a fare a pugni: dopotutto era Irlandese e l’adolescenza passata nei pub con i fratelli l’aveva di certo temprato in tal senso. Non si sarebbe risparmiato, poco ma sicuro, specialmente nei riguardi di chi stava svolgendo attività illecite sotto al naso del Ministero.
Seguì Issho dentro a quella bettola che a stento si reggeva in piedi, i muscoli del viso contratti in una smorfia sprezzante, resa ancora più naturale grazie all’olezzo pungente che arrivò alle narici dell’uomo. Poi ghignò con una certa arroganza alla battuta del Giapponese, riconoscendo che ci sapeva fare anche lui con simili manovre spionistiche, infiltrandosi in un sistema come un tarlo nella corteccia di un albero.
Lo sguardo sondò ogni angolo di quel tugurio, come un perfetto cane che veglia sul proprio Padrone, in cerca di possibili minacce da distruggere. Nel notare un folletto dietro il bancone da barista, l’Irlandese manifestò noncuranza e scarso interesse, come se lo reputasse uno scarafaggio in confronto a lui. Eppure, nell’intimità della propria mente, non poté che provare sia sorpresa che confusione nel ritrovare una simile creatura in un posto del genere. Si era aspettato un Elfo Domestico, nonché emblema della schiavitù in un ambiente simile e non un folletto, un essere riconosciuto specialmente per il suo essere arguto in fatto di affari; non era un caso, infatti, che fossero famosi all’interno della società magica per via della Gringott, benché alcuni folletti si trovavano spesso alle dipendenze dei Maghi.
Cosa doveva dedurre dunque? Era lì per sua volontà oppure era stato costretto?
Doveva vederci chiaro.
Tornò a fissare l’uomo dall’aspetto piuttosto malconcio, perfettamente in linea con lo stile decadente di quella topaia, seppur minaccioso e che prometteva solo e soltanto guai. Era chiaro come fosse proprio lui a comandare lì e non Mulligan, del quale non vi era nemmeno l’ombra. Ma benché Issho avesse indubbiamente manifestato il proprio status di capo in quella sceneggiata, Aiden - dal canto suo - non esitò nell’affermare il proprio: fece schioccare entrambe le nocche, in quello che doveva risuonare come un monito per i loro ospiti.
Grugnì, come un cane rabbioso, al comando del Giapponese nell'andare a prendergli da bere. «
Sì, boss.» fece in tono rauco. Voleva che quel branco di ratti di sentina afferrassero al volo come funzionava lo scagnozzo di quel criminale Giapponese, di come sarebbe bastato lasciare il guinzaglio per farlo scatenare.
A passo svelto, l’Irlandese studiò la zona del bancone nel disperato tentativo di trovare un possibile rifugio per Phoebe e Kinù. Dilatò le narici, proprio come aveva fatto il capo banda che Issho stava fronteggiando, saggiando l’aria come un mastino. Accarezzò il bancone, prima la superficie orizzontale e sporca, finché non si osservò la mano con crescente disgusto. «
Il mio boss ha ragione: una vera fogna!» sibilò, per poi assestare due manate al fianco del bancone, il lato più stretto, quello che avrebbe portato dall’altro lato dove vi era il folletto. Era il segnale per Phoebe e Kinù, decretando che quello fosse - per lo meno - un punto piuttosto riparato, sia dallo sguardo del folletto che dagli altri commensali. Doveva solo sperare che loro lo capissero. «
Nemmeno il petto di mia madre è così decadente!»
Si avvicinò di più al folletto e lo guardò dall’alto in basso, fingendosi disinteressato, ma che invece cercò di studiare nella remota speranza di trovare indizi sulla sua situazione in quel pub.
«
Cos’hai lì che non sia piscio di gatto? Dammi qualcosa di forte e di qualità!» Infine, ammiccò in maniera secca al folletto. «
E se sei stufo di lavorare in questo letamaio, il mio boss di certo pagherebbe profumatamente per averti al suo servizio.» Dopotutto stavano fingendo di essere lì per affari e Aiden voleva tastare il terreno con quella creatura, cercare di capire se poteva farselo amico oppure no; perché avevano bisogno di tutto l’aiuto possibile per uscirne da quella situazione, semmai dovesse degenerare, oltre che a tenere Phoebe e Kinù lontane dallo sguardo di quei malviventi.
PS: 250 PC: 192 PM: 215 EXP: 35,5
Inventario
› Bacchetta in legno di biancospino, piuma di Ippogrifo, 12 pollici e mezzo, flessibile;
› Distintivo Auror;
› Spilla del C.r.e.p.a;
› Avversaspecchio ─ Piccino e compatto, sta in una mano; in ottone intarsiato, lo specchio rifletterà delle ombre che si faranno sempre più distinte mano a mano che eventuali pericoli e/o nemici si avvicinano al proprietario dello specchio.
› Cappello del Falco;
› Bracciale Celtico originale;
› 2 x Nanosticche;
› Foto e volantino di Harshstone.
Incantesimi & Abilità
› Classe I, II, III, IV complete, esclusi i proibiti, eccetto per Iracundia e Ignimenti, e Mutas/Immūtas appresi in Quest di Animagus;
› Classe V appresi Claudo/Parclaudo e Nebula Demitto;
› Classe VI appresi Incarceramus e Realtas;
› Classe VII appreso Magisterium;
› Incantesimi da Auror ─ Stupeficium, Expecto Patronum, Rompisigillo, Nego Negligetiam, Homenum Revelio, Deletrius.
› Animagus I Volpe Rossa;
› Occlumante I.
Riassunto & Status delle Ferite
Aiden ascolta Issho e fa una prova veloce di quello che sarà il suo nuovo alias, dando poi un’ultima raccomandazione alla Corvonero e all’Elfa.
Una volta dentro il rosso studia l’ambiente e non trova Mulligan tra i presenti, per poi andare a prendere da bere ad Issho. Finge di studiare il bancone solo per poter trovare un buon punto per Phoebe e Kinù, per poi intavolare un dialogo col folletto; vuole capire la sua posizione nel locale e tentare di farselo amico con una velata offerta.
Post stilato previa consultazione con gli altri partecipanti.
Nessun danno subito.