Notò un cambiamento nell’espressione di Lizzie, un barlume di incertezza nella smorfia in cui ella costrinse le sue labbra. Percepì lo stesso nei suoi occhi, che stavolta si incrociarono con quelli di Kevin per più di un fugace secondo, come se lo stessero vedendo per la prima volta. Il ragazzo sostenne quel contatto visivo, desideroso di apparire sincero e limpido, senza maschere. Forse, nonostante il muro eretto dalla donna fin dall’inizio, qualcosa si stava muovendo in lei. Non si era mai interrogato più di tanto sulla sua capacità di ottenere la fiducia delle persone, ma quello poteva rivelarsi un interessante banco di prova. Una piega a lui favorevole sembrò palesarsi in seguito all’accennato ripensamento da parte della portinaia, confermato da un percepibile rilassamento nel suo linguaggio del corpo, ma il biondo decise di aspettare a cantare vittoria.
Ebbe ragione di farlo.
Udì la porta babbana muoversi alle sue spalle e vide l’ennesimo mutamento nell’espressione della sua interlocutrice, che tornò verso toni più mortificati. Il sorriso artificioso che aveva accolto Kevin in precedenza riapparve sul volto giovane della donna. Kevin si voltò proprio mentre ella annunciava l’arrivo della Signora Boswell, un’anziana con al seguito un esercito di buste di plastica. Nello stesso momento, Lizzie lo invitò ad accomodarsi nel corridoio alla sua destra, laddove pareva essere stata allestita una improvvisata “sala di attesa”. Il biondo cercò di sforzarsi nel considerare la cosa come una mezza conquista, sebbene avesse in precedenza pregustato un aiuto più diretto ed immediato. Era stato ad un passo dalla spinta decisiva, lo aveva avvertito per più di un istante, ma tutto sembrava ora sfumare a causa dell’interruzione della vecchia.
Ringraziò la portinaia con un cenno educato della testa. Nell’avviarsi con estrema calma verso il corridoio, tuttavia, Kevin non si lasciò sfuggire ciò che accadde a pochi passi da lui. Udì attentamente le parole delle due donne, ma soprattutto osservò le azioni di Lizzie. Nel ripetere il nominativo, ella aveva ispezionato una lista dalla quale aveva poi ricavato il numero di camera ed il rispettivo piano.
“Boswell, camera 23, quinto piano” ciò rimase impresso nella mente del ragazzo, ma il barlume che attraversò le sue iridi di diverso colore era in realtà stuzzicato da una diversa intuizione.
Non era ancora giunto a metà strada tra il bancone e la prima sedia della fila adibita all’attesa dei visitatori quando la scena si animò e prese una piega quasi inaspettata. Ai suoi occhi, la Signora Boswell si trasformò da distruttrice di possibilità a creatrice di occasioni. Quando richiese aiuto blaterando di un nipote e di barbabietole, Lizzie non poté far altro che accettare suo malgrado e caricarsi la maggior parte di quelle dannate buste, scusandosi con Kevin in maniera oltremodo abbattuta.
L’ennesima intrusione mischiò ancora una volta le carte in tavola. Stavolta non fu la porta di ingresso a muoversi, bensì una di quelle presenti nel corridoio verso il quale Kevin era stato indirizzato. Armato di scopa, un uomo dall’aspetto alquanto senile fece la sua comparsa da quello che pareva un banale sgabuzzino. “Arthur” sembrò essere il salvacondotto di Lizzie a lasciare la sua postazione di lavoro. Con la Signora Boswell al seguito, la portinaia si diresse verso l’ascensore situato in fondo allo stesso corridoio, incaricando il vecchio di restare lì fino al suo ritorno e rivolgendo a Kevin un ultimo sorriso, ricambiato con un pelo di incertezza dal ragazzo. L’atrio era adesso vuoto, esposto, ma per un ostacolo che veniva meno se ne era immediatamente ripresentato un altro, all’apparenza meno dinamico ma forse ben più diffidente.
Nel momento stesso in cui le due donne fossero uscite di scena, il biondo si sarebbe mosso con estrema rapidità e decisione. La soluzione elaborata in quei pochi istanti dalla sua mente non contemplava la minima esitazione. Lucidità mentale e prontezza avrebbero cercato di guidarlo verso il successo.
Entrambe le mani si sarebbero dirette repentine verso due obiettivi diversi: la destra sarebbe andata velocemente verso la tasca interna della giacca, con l’intenzione di estrarre la bacchetta di palissandro e puntarla immediatamente contro il “nuovo arrivato”, Arthur, distante qualche metro da lui; mentre la sinistra, in contemporanea all’altra, avrebbe aperto la sacca appesa alla cintura alla ricerca del mantello ivi riposto nella chiara volontà di afferrarlo. Due mosse distinte, un solo disegno mentale, armonico, equilibrato, in modo che la seconda azione non rubasse la concentrazione necessaria alla prima.
Nel momento in cui Kevin aveva scelto di muoversi, l’uomo si trovava ancora voltato verso l’ascensore dal quale erano appena scomparse Lizzie e la Signora Boswell. Il biondo avrebbe cercato di anticipare qualsiasi suo movimento, in modo da non permettergli nemmeno di incrociare il suo sguardo. Sarebbero stati i riflessi di un giovane contro quelli di un vecchio.
La bacchetta sarebbe stata indirizzata verso la parte sinistra della testa dell’uomo, d’altronde quella più esposta al ragazzo. Con la presa ben salda sul legno di palissandro, la mano avrebbe dunque eseguito un semicerchio verso sinistra, ampio e deciso, in un movimento fluido che non prevedeva interruzioni.
« Oblivion. » Sarebbe stata la formula, decisa e scandita con sicurezza. La mente del ragazzo, alla ricerca della concentrazione più estrema, si sarebbe focalizzata su quanto accaduto nell’arco del minuto precedente, dal momento esatto in cui Arthur aveva fatto la sua comparsa nel corridoio. Kevin avrebbe cercato di mettersi nei panni dell’anziano, di immergersi ed immedesimarsi in ciò che aveva visto e vissuto dal momento in cui aveva spinto la porta dello sgabuzzino: la richiesta di Lizzie, la Signora Boswell e le sue buste, la presenza di un ragazzo biondo nell’atrio di Arlington House. L’intento era chiaro, ovvero che l’uomo dimenticasse tutto ciò, sradicando completamente quelle immagini e quei suoni dalla sua memoria, come se non vi fossero mai stati, come se egli fosse appena uscito dalla piccola porta con la scopa in mano intento a svolgere il suo semplice dovere, che non era certo quello di fare la guardia all’atrio dell’edificio.
Si trattava di cancellare un arco di tempo abbastanza ristretto, caratteristica ottima per compensare la complessità di quel tipo di incantesimo e la rapidità entro la quale era stato chiamato ad agire. Le intenzioni erano comunque ferree: nella testa del vecchio doveva restare il vuoto, laddove prima vi erano stati i ricordi appena descritti.
Dopodiché, se l’incanto fosse andato a buon fine – e facendo reale affidamento almeno su un’iniziale incertezza mentale o un rallentamento dei riflessi da parte dell’uomo – Kevin si sarebbe mosso ancora più agilmente nell’estrarre il mantello che sperava di aver precedentemente afferrato. Una frazione di secondo poteva fare la differenza, poiché fondamentale era in quel momento il non farsi vedere. Con mossa repentina ma fluida, avrebbe cercato di indossarlo in modo che andasse a coprire anche la sua testa, nella speranza di rendersi pressoché invisibile agli occhi dell’anziano. Se egli si fosse voltato verso l’atrio, avrebbe dovuto trovare solo una sala vuota.
L’ultima sua mossa sarebbe stata quella di muoversi verso il bancone della portinaia, giungendo dal lato in cui ella accoglieva i visitatori. Avrebbe cercato la lista dalla quale Lizzie aveva carpito le informazioni relative alla camera e al piano per la Signora Boswell, facendo però la sua ricerca in termini di Madame Shelby, confidando nella calma dell’eventuale situazione di invisibilità.
Se tutto quanto fosse andato a buon fine, Kevin si sarebbe finalmente ritrovato un passo avanti rispetto a prima, nella consapevolezza di dover agire con rinnovata cautela. Le porte dell’ascensore lo avrebbero aspettato, nel bene o nel male, poiché quella sarebbe stata la sua direzione finale.
Riassunto:
Kevin attende che Lizzie e la Signora Boswell escano di scena e cerca di anticipare i movimenti di Arthur* castando un Oblivion ed avvantaggiandosi intanto nell’estrarre il Mantello della Disillusione. (*Ho ritenuto Arthur presumibilmente rivolto verso l’ascensore. Se così non fosse, dato che non è espressamente specificato, ritengo comunque che Kevin possa agire in un momento in cui l'uomo distoglie lo sguardo da lui)
Se l’incanto va a buon fine, Kevin finisce di estrarre ed indossa la cappa con estrema rapidità, in modo che Arthur non si accorga della sua presenza dopo essere stato obliviato. Dopodiché, si dirige verso il bancone per cercare informazioni in merito alla camera di Madame Shelby.
Ho lasciato ovviamente il condizionale in ogni punto, dato che si tratta di un certo numero di azioni. Se qualcosa non fosse limpido, rimango a disposizione via mp.
PS: 193/193 • PC: 131 • PM: 149 • PE: 28
EQUIPAGGIAMENTO ATTIVO:- Bacchetta: Legno di Palissandro, Piuma di Diricawl, Semi-Rigida, 12 Pollici e mezzo. [Nella tasca interna della giacca]
- Medaglione dorato con sopra incisa una rosa (Privo di valore magico. Un dono da parte di Margaret Elisabeth Wiggley) [Appeso al collo]
- Cappello del Falco: Cappello da passeggio, ma usabile in innumerevoli occasioni. Elegante, è ottimo per confondersi anche tra i Babbani. Chi lo indossa vedrà la propria vista e l'autostima aumentare. [In testa]
- Sacchetta Medievale:[Agganciata alla cintura] [Possibilità di contenere 5 oggetti di medie dimensioni]
Al suo interno:
- Mantello della Disillusione: Se il tuo corpo è ben avvolto in questo tessuto, esso sembrerà donarti l'invisibilità.
- Avversaspecchio da tasca
- Cartina di Londra