| La risata isterica di Madame Shelby lo raggiunse, ma non causò in lui la minima reazione. Le parole che seguirono poco dopo gli suonarono lontane, irrilevanti in confronto alle domande che giungevano come un sussurro dall’intimo profondo di sé stesso. Chiedevano chi egli fosse veramente, cosa cercasse, cosa volesse davvero. “Perduto”. Fu quello l’unico termine che udì veramente, in quanto riusciva a connetterlo ad una visione di sé che lo aveva accompagnato nel corso degli anni passati. Per lungo tempo quella singola parola era riuscita a descrivere correttamente la sua condizione, fin da quando il suo smarrimento era iniziato, portandolo a camminare su una strada ignota della quale perfino ora ignorava la destinazione. Una sorta di mantra, tuttavia, insisteva ad accompagnarlo lungo quel sentiero impervio; la sete di Conoscenza, di Potere, la volontà di attingere alla manifestazione più intensa e maestosa della Magia, a prescindere dalla sua natura, e anzi il fascino di cui si ammantava tutto ciò che era proibito, oscuro. Adesso, l’unica cosa che sentiva di aver davvero perduto era proprio l’immagine di bravo e acerbo ragazzo con la quale era stato dipinto ad Hogwarts da chi non era stato in grado di scavare al di là delle sue iridi etero-cromatiche e sondare l’universo delle emozioni che nascondevano. La stessa immagine che sembrava vedere la donna sconosciuta in quel momento. L’arrendevolezza di Madame Shelby lo irritò a tal punto da rendergli difficile non esibire un’occhiata colma di disprezzo, lo stesso che lei sembrava provare nei suoi confronti. Aveva vissuto nell’apatia abbastanza tempo da poter comprendere l’inutilità del meccanismo autodistruttivo di cui si faceva portatrice. Il fatto che ella si arrendesse così dinnanzi alla morte, perfino a quella solo minacciata, da un lato la rendeva indegna di continuare a vivere la sua inutile vita e, dall’altro, generava invece in Kevin la volontà di condannarla a farlo per non accontentarla in quel suo egoistico e difettoso desiderio. Il sorriso sulla faccia segnata dal tempo sembrava una sbavatura che, stonando rispetto al contesto circostante, riusciva a catalizzare su di sé lo sfogo interiore del ragazzo. Nacque in lui il desiderio di sopprimere quella componente asincrona, quasi fosse il fulcro del problema. “Perché indugiare?” chiedeva la donna, avvicinandosi lentamente a lui. La bacchetta di palissandro ne seguì ogni minimo spostamento, mentre Kevin assottigliava lo sguardo alla conferma del fatto che ella vedesse dinanzi a lei un banalissimo “ragazzino”. Come tanti, era incapace di guardare oltre, di comprendere il fatto che chiunque poteva sì essere meglio di così, ma anche molto peggio. Sembrava che la vita avesse reso il suo corpo e la sua mente completamente insensibili a qualsiasi emozione. Pareva addirittura che ella non stesse accettando la fine, quanto piuttosto che non l’avvertisse neppure arrivare lentamente con le sue mani invisibili ma pesanti pronte a serrarsi attorno al suo collo raggrinzito. Dopotutto, proprio come Madame Shelby era solamente l’ombra sbiadita della bella donna che era stata, il ragazzo che le si parava dinnanzi non era altro che lo specchio di un animo colmo di turbamento, la punta di un iceberg profondamente immerso in gelide acque. La donna non poteva saperlo, ma c’era molto di più di ciò che restava visibile nella superficie. C’era sempre stato. Quando il pettine insanguinato cadde dalle mani di lei, cozzando con un suono sordo contro il pavimento, il braccio che sosteneva la bacchetta fu attraversato da un fremito. L’impulso sembrava viscerale, ma Kevin non sentiva alcuna emozione a sorreggerlo. Aveva il pieno controllo del suo corpo, avvertiva il dolore costante laddove l’arma era penetrata nella carne, ma la sua mente pareva essersi svuotata di qualsiasi componente emotiva, anche la più banale. Non provava più pena per la donna, e nemmeno rabbia; il disprezzo montava, ma era paradossalmente schiavo della stessa indifferenza che ella ostentava davanti a lui e che sembrava vivere la sua manifestazione più totale nella testa del ragazzo. «Povero figliolo, il rimorso sarà il tuo più grande incubo.» A quelle parole dal carattere tragicamente materno, le iridi etero-cromatiche si soffermarono su quelle nocciola parzialmente oscurate dalla scarsità di luce e ne sondarono l'inespressività. Comprese come non avessero più niente da dire, così a lui come alla vita. Non avrebbe trovato in esse, e quindi nella donna, risposte utili alla sua ricerca. Con molto distacco, dunque, avrebbe agito di conseguenza. «Conosco il rimorso e gli incubi che porta con sé.» Asserì con voce neutra, estranea. La bacchetta di palissandro si alzò di qualche centimetro, senza incertezza. «Tu non ne farai parte.» Si sentì concludere, nel più gelido dei modi. Nella sua testa, ciò che stava per fare era già accaduto. L’indifferenza si tramutò rapidamente in odio, sulla scia del disprezzo che provava; per Madame Shelby, per sé stesso. Ma era ciò che intimamente desiderava, quasi fosse ansioso di mostrarsi per il mostro che era realmente, giacché aveva sempre saputo di esserlo. Il braccio si mosse rapido dall’alto verso il basso, con moto obliquo indirizzato verso il collo della donna. Fu come brandire una sciabola invisibile, fendere con essa l’aria che lo separava dal suo bersaglio, che separava lei da una ferita mortale. «Sectumsempra.» La formula della Maledizione Dissanguante venne enunciata senza la minima esitazione, la stessa condizione che comandava una presa ben salda sulla bacchetta. L’intento che guidava ogni movimento, ogni parola e pensiero era quello chiaro di fare del male alla donna, di tagliarle la gola di netto e senza la minima pietà. Si era spesso chiesto se sarebbe arrivato ad uccidere per raggiungere il suo scopo. Sapeva già – dentro di sé, e a prescindere dall’esito delle sue azioni – di essere riuscito a darsi un’incontrovertibile risposta che lo avrebbe cambiato per sempre. PS: 185/193 • PC: 127/131 • PM: 149/149 • PE: 28 EQUIPAGGIAMENTO ATTIVO:
- Bacchetta: Legno di Palissandro, Piuma di Diricawl, Semi-Rigida, 12 Pollici e mezzo. [In mano] - Medaglione dorato con sopra incisa una rosa (Privo di valore magico. Un dono da parte di Margaret Elisabeth Wiggley) [Appeso al collo] - Cappello del Falco: Cappello da passeggio, ma usabile in innumerevoli occasioni. Elegante, è ottimo per confondersi anche tra i Babbani. Chi lo indossa vedrà la propria vista e l'autostima aumentare. [In testa] - Sacchetta Medievale:[Agganciata alla cintura] [Possibilità di contenere 5 oggetti di medie dimensioni] Al suo interno: - Mantello della Disillusione: Se il tuo corpo è ben avvolto in questo tessuto, esso sembrerà donarti l'invisibilità. [Riposto] - Avversaspecchio da tasca - Cartina di Londra
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