''Al Redattore Octavian O. Smith,
consapevole sarebbe risultato irrispettoso nei confronti dei nostri lettori non dare l'esempio, dopo quanto scritto nell'articolo che deve visionare, mi sono iscritta anche io alla Giornata del Duellante!
Ho pensato fosse corretto avvertirla. Anche perché è il mio supervisore e la bozza per la Congrega la corregge lei. Ma lo sa già, no? Sì, giusto. E' nella seconda busta in allegato alla lettera.
Nel pacchetto c'è un calderotto dal Paiolo, la prego non si arrabbi e se lo goda.
Giuro che non mi romperò nulla. Al massimo gli ossicini del mignolo perché sono già fragilucci.
P.S. Al limite uso l'Autoscribo per un po'.
P.P.S. Ma che per caso viene anche lei e ci facciamo una foto ricordo?
Rispettabilissimi saluti e bacini,
Ariel A. Vinstav.''La notizia della sua iscrizione all'evento si era diffusa così, fra un passa parola e l'altro di perplessità pura.
Ariel in quei mesi alla sede di Diagon Alley della Gazzetta aveva ottenuto la fama di essere un tipetto decisamente strambo. C'era chi accreditava la ''colpa'' delle sue stranezze alla giovane età, altri alle sue origini ben distanti dalla visione ''posh'' dell'Inghilterra forbita. Qualunque cosa fosse, Ariel era assolutamente disinteressata dall'opinione altrui e anzi, aveva vissuto la sua decisione di iscriversi con estremo entusiasmo.
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Più o meno.
La mattina dell'Evento, Ariel si era presentata di buon ora davanti alla sede della Congrega nella Londra Ovest, accompagnata da un uomo sulla quarantina, brizzolato e armato di una macchina fotografica magica, vecchia almeno dieci anni. Quest'ultimo, un giornalista come lei, si stava intrattenendo in un botta e risposta, alternato a qualche tiro di sigaretta.
«Ok. A rifletterci bene bene bene. Forse non è stata una grandiosa idea, Mr. Barkley.» Ariel si rigirò la sigaretta accesa fra le dita, prima di vederla portare il filtro fra le labbra arricciate in una smorfia. Il fumo le finì dritto nel naso, facendole rischiare di strozzarsi col suo stesso tiro.
«COUGH!»Grande prontezza di riflessi e acutezza, cominciava bene.
«Mi hai fatto venire in pausa per fare le foto ricordo: non è importante se non è una grandiosa idea. O entri o ti faccio entrare.» Il Signor Barkley, d'altra parte, era una pessima cheerleader: era scorbutico, cinico e sempre pronto a dissentire con ogni osservazione di Ariel, ma era stato anche l'unico ad accontentarla quando cercava per gli uffici uno ''chaperone'' che venisse con lei per fotografare l'evento. A patto che le pagasse da bere, ovviamente, ma quelli son dettagli.
Il motivo dei suoi ripensamenti era dovuto alla conferma della presenza del Direttore della Gazzetta, ottenuta pochi giorni prima nel dover redarre un'errata corrige dell'articolo proprio su quell'evento. Essere spensierati ed eccentrici non la rendeva indifferente all'attenzione del proprio datore di lavoro..
Mr. Barkley, d'altra parte, non aveva proprio voglia di star lì a rimuginare sul da farsi e così, finita la sua sigaretta, decise di incamminarsi di sua sponte dentro la Sede, costringendo Ariel a finire in due tiri rapidi cosa rimaneva della sua sigaretta e scagliare in uno dei cestini vicini ciò che rimaneva del mozzicone.
E' nel correre dentro le ali dell'edificio che superò una coppia di giovani.
Donò loro giusto un'occhiata fugace, limitandosi ad aggrottare la fronte quando fra i volti degli studenti in visita quello di Casey le sembro familiare. Non ebbe il tempo di confermare o confutare la sensazione, però, visto che Mr. Barkley stava già avanzando rapido verso la Sala dei Duelli dove gli addetti della Congrega si occupano di dividere i diversi contendenti nei vari spazi della Sede.
«Ho capito! Non mollo, ma pretendo le fotine ricordo di coppia dopo.»
«Piuttosto un reducto in gola.»Quella era la base di una florida amicizia.
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Sulla pedana salì dopo Casey Bell, la sua avversaria, seguendo l'ordine alfabetico dei loro cognomi.
A vederle si sarebbero potute scambiare entrambe per studentesse, non fosse che le mura di Beauxbatons non le vedeva da sei anni.
Indossava abiti poco bizzarri per venire in contro all'ufficialità dell'evento e alla necessità di leggerezza per muoversi lungo la pedana: delle Mary Jane marroni ai piedi (con due cinghie frontali a chiuderle), pantaloncini di cotone verde a vita alta, retti da una cintura di cuoio e una maglietta gialla, infilata parzialmente dentro questi, riportante sul fronte una stampa di un manuale di Pozioni con descrizione e illustrazione delle Uova di Ashwinder; ogni tanto a guardarle bene, le uova sembravano venarsi occasionalmente di rosso. Al collo portava il Ciondolo dell'Occhio di Drago, unico accessorio oltre alla bacchetta per quella giornata.
«Ariel Vinstav, sono io!»
Se la Prefetta incanalava la sua timidezza e tensione in apparenze stoiche e silenziose, la Giornalista non riusciva a stare ferma. Fece persino una piroetta prima di salire sulla pedana. Batté le mani due volte entusiasta e poi sollevò queste proprio in favore dell'altra contendente, facendole ''ciao ciao'' mentre prendeva posto.
Mr. Barkley si era allontanato per fare le foto e per non sembrare si conoscessero.A furia di guardare la Grifondoro la buona memoria le riportò alla mente le immagini della commessa che le aveva venduto la Collana che indossava ... e anche la stessa che le aveva dato le direzioni sbagliate per tornare a Diagon Alley.
«Macciao! Noi ci conosciamo! Mi raccomando: divertimento!»
Mimò persino il sorriso, portando gli indici agli angoli della bocca e tirandoli. Stava ancora saltellando sul posto. Ariel era ...troppo. Decisamente troppe cose insieme. Non fosse per la presenza dell'arbitro non si sarebbe mai calmata. Dopo un ultimo saltello, però, ricadde sul posto e rapida portò la mano sinistra nella tasca dei pantaloncini, estraendo da questa la bacchetta. Prese un profondo respiro e malincuore si costrinse a star fermare. Si voltò verso
l'arbitro e finalmente donandogli la sua attenzione, si inchinò formalmente verso di lui.
«Buongiorno.»*Ma si fa questa cosa dell'inchino anche agli arbitri o solo ai duellanti? Non me lo ricordo più.*
Quando tornò dritta, bacchetta alla mano sinistra, lo sguardo ricadde su Casey. Le donò un sorriso dei suoi: ampio, genuino e per certi versi anche un po' infantile con la sua spiccata espressività.
L'accento francese non era stato del tutto dissimulato, cadendo particolarmente incisivo ad ogni termine di frase.