Sì., Concorso a Tema: [Giugno 2020]

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view post Posted on 30/6/2020, 21:53
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Triste, come chi ha perso il nome delle cose.

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CodiceQuell'aura di mistero intorno al biglietto aveva acceso un profondo interesse nella mente del Tassorosso. Ormai se lo portava ovunque andasse, come una sorta di santino da tirar fuori nei momenti di smarrimento. La sua immaginazione viaggiava svelta, immergendosi in ambientazioni a dir poco fantasiose, quadri dipinti con nuove tinte e sfumature, colori mai osservati prima e forme che si intrecciavano nell'astrattismo dell'ignoto. Del resto la premessa di andare incontro a qualcosa di mai sperimentato gli aveva fatto rigettare gran parte del suo vissuto, perlopiù avventure folli e stravaganti, e come se tutto ciò non fosse bastato gli era pure stata fatta una promessa. Si sarebbe sicuramente divertito. L'esclusività aveva dato il colpo di grazia alle remore di Camillo, che ormai non attendeva altro se non scoprire quali porte avrebbe aperto.
La notte era giovane, il cielo limpido e soffocato dalle luci della capitale esibiva gelosamente giusto un paio di stelle. Le più preziose, quelle più brillanti e vicine, perforavano una volta celeste innaturale e distorta, dimostrando che oltre a quel velo irritante di pallido chiarore si celava ancora qualcosa di genuino. Metafora di uno stato d'animo annebbiato dal senso di colpa. Per quanto distratto dalla novità, per quanto consumato da una fervente attesa, l'olandese si era venduto l'anima in cambio di un pezzo di cartoncino opaco e lo sapeva bene. Si era chiesto più e più volte se tradire i suoi ideali fosse valso così poco, ma poi, come se fosse normale, l’ossessione gli aveva impedito di arrovellarsi, opprimendo il malessere psicologico. Eppure era ancora lì sotto, vivido come non mai a scalpitare nell’inconscio.
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CodiceIL BIGLIETTO
Era notte anche quando gli era accaduto di rispolverare la vecchia bicicletta dalla cantina. Da quando aveva preso la patente al Ministero, aveva abbandonato ogni mezzo di trasporto classico in favore della comodità offerta dalla Smaterializzazione. Non gli era più capitato di prendere un autobus, la metropolvere o la metropolitana. A stento aveva messo piede sull’Espresso per Hogwarts e solo perché strettamente necessario. Tornando a casa aveva messo mano al cellulare e l’iconcina con la sfera rossa e bianca sullo sfondo azzurro l’aveva richiamato, risvegliando un vecchio amore accantonato a causa degli studi al Castello. Per progredire all’interno del gioco in questione, quello che partiva schiacciando l’icona, Camillo era costretto a muoversi oltre ai confini domestici e macinare svariati chilometri. A piedi ci voleva una vita e se si spostava troppo velocemente il contapassi si arrestava; inutile dire che raggiungendo località distanti in un battito di ciglia, il sistema anti-cheat entrava in gioco, vanificando le sue azioni. Pedalare era la soluzione più congeniale, perché se il videogame era pensato per mandare la gente a spasso, almeno così poteva simulare una corsetta. Così si era messo in sella, con lo sguardo fisso sullo schermo ed il sesto senso attivo per impedirgli di investire i passanti, con la leggera brezza notturna ad accarezzargli la fronte, mentre dava la caccia ad improbabili creature virtuali e le schierava per annientare le palestre dei padroni della zona. Seguendo la scia di bestiole assenti nella sua collezione, il Tassorosso si era ritrovato in un’area periferica della città ancora inesplorata. Il Pub del vecchio Jimmy, così recitava l’insegna luminosa, era esattamente di fronte al cosiddetto spawn. Si trattava di un locale a dir poco intimo, quasi desolato, che per la sua natura trasandata dava l’impressione di essere protetto da un incantesimo anti-babbani; Camillo non ci avrebbe messo piede neanche morto, ma gli era stato impossibile non notare alcuni dettagli in grado di svelare la sua reale natura. La lavagnetta all’ingresso proponeva sconti per i Ministeriali - fin qui nulla di strano, ad ognuno i propri -, ma il logo pasticciato e sbavato di quello della Magia Britannica gli era immediatamente saltato all’occhio. Avrebbe fatto volentieri finta di nulla se non avesse riconosciuto una figura familiare.
Suo fratello aveva un caro amico dai tempi di Hogwarts che, per forza di cose, con gli anni anche lui aveva preso a cuore. Walter era un mago purosangue, con una passione a dir poco eccessiva per l’elettronica di consumo babbana, ragione che aveva spinto mamma Breendbergh ad affibbiargli un soprannome affettuoso, Watt. Questo a sua volta era storicamente fidanzato con una certa Lily, ex-serpeverde ed infermiera al San Mungo, con cui Camillo era entrato in confidenza. Entrambi condividevano una passione sfrenata per le abbuffate, ma l’olandese non nascondeva una certa invidia nei suoi confronti: la natura le aveva fatto dono di un metabolismo incredibilmente veloce, che le permetteva di rimanere in forma nonostante l’amore per il sushi e la carne ai ferri.
Sotto la luce di un lampione a tridente, gli indumenti leggeri della ragazza sfumavano in una gradazione calda e vivace, che si sposava perfettamente con la sua carnagione pallida. In particolare, la gonna si era trasformata in una tela per un gradiente piacevole da osservare, tanto da incantare Camillo per qualche istante. Non era da lui giudicare e comprendeva che la calura estiva portasse a scoprirsi maggiormente, ma per i suoi gusti aveva lasciato un po' troppa pelle in vista. Specialmente perché il ragazzo che la accompagnava non era Watt, bensì uno sconosciuto, e non riusciva a digerire la stesse mangiando con gli occhi. Men che meno gli faceva piacere assistere all'atteggiamento civettuolo - per usare un eufemismo - che la fanciulla aveva assunto nei confronti di quel damerino elegante. Avrebbe fatto volentieri finta di nulla, raccogliendo il proprio rottame per raggiungere casa. Nemmeno era sicuro di volerlo dire al fratello o direttamente a Walter, nella speranza che la notte gli portasse consiglio. Gli era risultato naturale porsi in una situazione analoga, domandarsi cosa avrebbe fatto se fosse stata Casey a riservargli quel trattamento, se avesse davvero potuto mettere in discussione la fiducia che riponeva in lei solo per sentito dire. In uno schiocco i peggiori dubbi avevano iniziato a corrodere la sua spensieratezza, facendogli percepire tutta la putridità di un’angoscia che mai avrebbe voluto sperimentare. Si sentiva sporco dentro e si costrinse a spegnere la coscienza. Inutile arrovellarsi, in fin dei conti non era affar suo. Ciò nonostante non fece in tempo a montare in sella. Era già troppo tardi.
Lily aveva accantonato il suo accompagnatore, allontanandolo istintivamente da sé. Gli aveva chiesto qualche istante per salutare un vecchio amico, poi si era fiondata dal Tassino con la disperazione a scendere su un volto parzialmente celato da alcune ciocche di capelli castani. L'imbarazzo aveva acceso in quest'ultimo il desiderio di annullarsi e scomparire. Avrebbe tanto voluto conoscere un incantesimo in grado di teletrasportarlo in Messico, dove già si vedeva perfettamente inserito nel business del narcotraffico. Per un istante considerò addirittura l'idea di obliviarla, ma fortunatamente stroncò il progetto in culla. Così, tra un'idea malsana e l'altra, diede alla ragazza il tempo di trascinarlo oltre l'angolo, dove il muro di una palazzina faceva da schermo ad occhi ed orecchie indiscreti. Erano soli.
La tanto attesa supplica di mantenere il segreto era giunta in un sospiro esasperato, travolgendo Breendbergh senza pietà alcuna. Camillo, che ancora non aveva metabolizzato il repentino susseguirsi degli eventi, si era trovato in una posizione morale tanto scomoda da avere notevoli ripercussioni sulla sua postura: condizionato da ciò che provava, aveva appoggiato le spalle alla parete e ad essa era rimasto appiccicato per il primo scambio di battute, con le braccia protese in avanti a creare una breve distanza tra sé e l'infermiera. Che fosse irritato glielo si leggeva in volto, tant'era palese e, per quanto spaventato, il disappunto era prevalso su ogni altra emozione, inasprendo severamente il suo sguardo. Far leva sul suo buon cuore era del tutto inutile. Nemmeno il trucco che le colava dalle ciglia sotto il peso delle prime lacrime era riuscito a farlo intenerire - voleva solo smettere di parlarne, andare a casa - ma se non altro si era dimostrato abbastanza umano da offrirle un fazzoletto di carta. Poi lei aveva tentato di corromperlo e solo in quel momento i due avevano iniziato a parlare la stessa lingua. Si era lasciato stregare.

CodiceAveva un biglietto. Aveva una data, un luogo e delle indicazioni. Aveva delle aspettative altissime, considerato il prezzo del suo silenzio.
Lily gli aveva imposto di mettere il completo più elegante e così aveva fatto. Per quanto l’afa estiva si opponesse al suo abbigliamento, era la leggerezza dei tessuti a corrergli in soccorso ed in egual misura i sospiri rinfrescanti della notte davano il loro contributo. I colori scuri degli indumenti scelti abbracciavano le ombre di un vicoletto poco illuminato, mentre la camicia bianca risaltava tra le zone buie nonappena un filo di luce si posava sulla sua stoffa. L’orologio al polso indicava che era quasi ora, mancavano venti minuti a mezzanotte e lui già si trovava in zona. Inutile dire che la sua impazienza gli aveva messo addosso una certa fretta. Si domandava se avesse fatto bene ad arrivare in anticipo.
Camillo aveva mosso qualche passo, attraversando un marciapiede che lo aveva condotto di fronte ad un palazzo elegante, di quelli con il portone a vetrata ed un ampio ingresso ad accogliere gli ospiti. In realtà, quello era il compito del portiere, un uomo di mezza età dall’aspetto distinto, capace con la sua sola presenza di dare al salone un tocco di classe in più, facendolo sembrare la reception di un albergo di lusso. Ovviamente non lo era, doveva trattarsi di una palazzina per ricchi. Si era addirittura rivolto all’olandese con il termine “signore”, guadagnandosi automaticamente la sua simpatia. Due chiacchiere scambiate in velocità sul motivo della sua visita gli avevano permesso di procedere, diretto verso l'ascensore. L'ottavo piano lo attendeva. Giunto al corridoio, era andato in cerca dell'appartamento 11H, ritrovandosi ad aprire una porta di legno chiaro, con i rilievi bordati in quello che sperava non fosse oro, ma un surrogato meno costoso. Al di là una breve e non troppo spaziosa corsia, con un tappeto cremisi ad attraversarla, poi una porta identica alla precedente. Chiuse la prima alle proprie spalle e si diresse verso la seconda, che venne spalancata dall'interno.
Un mix di suoni e bagliori vivaci e indistinti avevano saturato l'aria di un'inattesa allegria. Camillo si era ritrovato tutto d'un tratto sopraffatto dallo stupore, mentre pian piano tentava di elaborare le informazioni raccolte. Musica jazz a ritmo serrato, risate e chiacchiere scambiate di sfuggita tra un'esultanza e l'altra suggerivano ci fosse una festa in corso. Se il tizio con le gambe lunghe come trampoli ed i pantaloni a tenda oltre la soglia di ingresso non avesse coperto la visuale dell'olandese, questo non avrebbe esitato ad affacciarsi. Scorgeva un'illuminazione tenue dai toni passionali, tra il rosa e l’arancione, esaltate dal rosso a tratti, ma nulla più.
Biglietto, prego. Camillo riusciva ad osservare la figura unicamente da metà cravatta in giù, poiché la testa era celata dal muro, considerato che superava la linea del telaio al vertice del varco. Gli aveva porto una mano snella e ben curata, fede all’anulare, esagerata se comparata alla propria, e lui gli aveva passato il biglietto, cui era stata immediatamente strappata la porzione oltre la tratteggiatura. Questo era stato riconsegnato al suo proprietario subito dopo. Il prominentissimo ispettore si era quindi scostato, permettendo al Tassorosso di accedere all’evento, benvenuto alla festa, buon divertimento! Un ultimo augurio venne trasportato dalla sua voce aspra e chioccia, la cui risposta si concretizzò in complimento sincero riguardo la gessatura elegante dei pantaloni. Un occhiolino e via, con una pacca amichevole sulla spalla il signorone affusolato dai riccioli biondi aveva agevolato l’entrata di Breendbergh.
Avido di dettagli, l'olandese si era messo a scandagliare voracemente l'ambiente in cui era immerso. Si trattava di un'immensa sala dal perimetro rotondeggiante, che per le sue dimensioni eccedeva la porzione architettonica a lei dovuta; doveva trattarsi di una qualche sorta di incantesimo estensivo a lui ignoto, così pensò, fantasticando distrattamente anche sulla possibilità di aver attraversato un portale. Insomma, qualcosa di non troppo fuori dalle righe per i maghi, ma non per questo meno affascinante per chi quella padronanza delle arti magiche poteva solo sognarla. Erano proprio loro ad affollare la stanza, godendosi spensieratamente la compagnia di creature, razze e perfino oggetti animati mai osservati. Lo stupore che gli scombinava il viso gridava ai presenti che quella che per loro era normalità, per lui non lo era affatto e che ancora doveva prendere confidenza con l'interminabile sequela di stranezze proposte. Per non dare nell'occhio tentò di darsi un contegno e procedere per gradi. Se avesse dovuto fare un paragone con qualcosa di già osservato, perlopiù in film e serie tv - mai dal vivo, per ovvie ragioni - lo avrebbe associato ad un circolo privato, un night club particolarmente esclusivo. Ad ogni modo, per come veniva gestito pareva ruotasse tutto intorno ai tavoli da gioco, poco frequentati al momento, anche da un punto di vista strutturale. Quelli erano ben illuminati al centro della sala, ai lati due sconfinati ripiani che fungevano da bar ed in fondo un palchetto in rilievo, sul quale si esibiva un gruppo discretamente nutrito di abili musicisti. A riempire gli spazi vuoti divanetti imbottiti e tavolini, perlopiù già interamente occupati. E dire che la festa non era ancora ufficialmente iniziata.
Senza indugiare oltre, Camillo si mosse verso un coppia di dormeuse porpora, piazzate l'una di fronte all'altra e separate da un cerchio di cristallo che fluttuava a poche spanne dal suolo. Una era libera, l'altra era già occupato da una coppia di streghe di mezza età. Due signore rugose ma raffinate, che se la spassavano tra un pettegolezzo e l'altro, spezzando la monotonia di quel rituale sociale a piccoli sorsi. Non gli era stato difficile attaccare bottone. Si era presentato dando loro un nome falso, in un preambolo coronato di apprezzamenti grazie al quale aveva potuto far sfoggio della propria esperienza, seppur misurata, in materia di artefatti magici. Il segreto, secondo il suo punto di vista, era porre le giuste domande per far sì che potessero vantarsi del loro stile di vita lussuoso. Al momento gli interessava solo farsi un'idea generale sul tipo di persone che avrebbe incontrato dopo la mezzanotte. Insomma, sapeva di intrattenere due donne molto ricche, ma non sapeva quanto. A giudicare dalle pietre preziose che tempestavano le loro collane, i loro orecchini ed i loro anelli, così come dalla fattura pregiata dei vestiti e degli altri accessori, troppo. Più di quanto avrebbe potuto diventarlo mettendo insieme i risparmi di dieci vite. In particolare gli era caduto lo sguardo su un bracciale d’argento a forma di serpente dagli occhi smeraldini, che strisciava perpetuamente attorno al polso di chi lo indossava. Entrambe ne avevano uno. Il fiore all’occhiello di uno sfarzo che pochi potevano permettersi, tanto aggraziato e leggiadro nei suoi movimenti da risultare ipnotico. Stufe di parlare di sé, avevano iniziato a porre domande insidiose, setacciando la vita dell’olandese granello per granello, curiose di scoprire come mai un ragazzo così giovane fosse riuscito ad accedere ad un evento per adulti. Gli avevano pure offerto da bere, sperando bastasse per sciogliergli la lingua. Con le labbra bagnate da un liquore delicato, Camillo aveva rifilato loro una scusa credibile, spacciandosi per il giovane rampollo di una famiglia purosangue. Poi avevano mosso delle avances un po’ troppo esplicite per i suoi gusti e fu solo in quel momento che si sentì messo alle corde.
Il tocco lieve ma deciso che si posò su entrambe le spalle fu provvidenziale. Lily l'aveva scovato in mezzo alla folla e si era fiondata a raccoglierlo, scusandosi con le due dame per l'interruzione; prelevandolo con garbo, era quindi riuscita a sottrarlo dalle loro grinfie, concedendogli giusto il tempo per salutare. Ovviamente lui ne aveva approfittato, rimandando la loro proposta ad un futuro ipotetico, che per ovvie ragioni mai sarebbe divenuto realtà. Solo il pensiero gli metteva i brividi. Pochi istanti dopo l'aveva letteralmente trascinato via, afferrandolo per una manica della giacca. Se quello era un tentativo di inserimento nell’alta società magica, poteva considerarlo fallito. A conti fatti era andato così male che per la prima volta, quella notte, il rimpianto di non essere rimasto a letto aveva fatto capolino sull’uscio delle sue paranoie. Si maledì silenziosamente.

CodiceSenza rendersi conto di cosa stava accadendo - ancora sconvolto dall'esperienza - Camillo si era ritrovato ad imboccare un corridoio che non aveva notato, attraverso un'uscita a lato del palco. L'amica aveva allentato la presa giusto il tempo necessario per aprire la prima porta disponibile tra le tante, scoprendo una salottino dai toni cupi. Un'illuminazione quasi assente gli aveva ricordato il cielo inquinato che vegliava ammonitore sulla capitale inglese, risvegliando un malessere onnipresente sin dal giorno in cui gli era stato fatto dono del biglietto. C’era una luce soffusa a creare un’atmosfera intima, un senso profuso di calore che veniva trasmesso dalla sua nuance naturale; la fonte di quest’ultima era ignota, ma i deboli faretti che pendevano dal soffitto come stelle nel firmamento spezzavano quell’armonia, rivelandogli che era tutto frutto di un artificio. E se il frastuono della baldoria fino a quel momento era stato il protagonista indiscusso della tarda serata, ora che giungeva ovattato alle sue orecchie questo gli suggeriva la riservatezza di quell’ambiente.
Lily, con la sua voce aggraziata e riguardosa, era riuscita a dimostrare una confidenza imperativa. Gli aveva ordinato di rimanere immobile e lui, ancora impegnato a dare un senso compiuto al suo flusso di coscienza, istintivamente le aveva dato retta. Se l’era ritrovata ad un palmo dal naso, mentre le sue mani esili si avvicinavano al colletto della camicia, sganciando il primo e solo il primo bottone. Poi era toccato ai capelli, dissestati da un colpetto leggero con l’indice dall’infermiera. Mi sembravi troppo ingessato.
L’olandese, che ancora lo era per l’imbarazzo, non aveva potuto darle torto. Assistere ad un’invasione del proprio spazio personale lo aveva definitivamente mandato in tilt. Non sapeva cosa fare, come muoversi e dove guardare, specialmente per via della differenza d’altezza tra i due, che gli conferiva un’ottima visuale sulla sua figura ed inevitabilmente portava lo sguardo a tuffarsi nello scollo del suo vestito. Lungi da lui sbirciare, era un gentiluomo! Ciò a prescindere, solo la possibilità di essere frainteso bastava ed avanzava per scatenare buona parte delle sue anomalie fisiche, tic nervosi primi tra tutti. L’altra, dal canto suo, sembrava cavarsela meglio in situazioni analoghe, tanto che quasi dava l’impressione di cercarle intenzionalmente. Provocare il ragazzino impacciato per metterlo in difficoltà le permetteva di esercitare un certo fascino, ascendente che avrebbe sicuramente potuto sfruttare in un secondo momento. Di fatto, notare come Camillo evitasse apertamente di guardarla aveva dipinto un sorriso compiaciuto sulle sue labbra carminio. Lui aveva capito tutto, sapeva esattamente cosa voleva.

Sotto la luce del sole siamo più attivi, di notte invece diventiamo più rilassati e sensibili. Mi spiego meglio, quando questo sorge e splende, ci lasciamo condizionare dalla sua energia ed il nostro stato d’animo ne diventa inevitabilmente un riflesso. Quando tramonta il nostro corpo riposa, la mente è a proprio agio e tutti i pensieri e le emozioni che abbiamo provato ed accumulato durante il giorno diventano chiari, più facili da esprimere. Mi viene naturale domandarmi se sia davvero così o se la stanchezza accumulata nelle ore diurne ci renda incredibilmente vulnerabili.

CodicePerché lo fai? Breendbergh era sbottato, nonostante avesse giurato a sé stesso di farsi gli affari propri. Le aveva già venduto il suo silenzio ed avrebbe rispettato i termini di quel tacito contratto. Per com'era fatto, non c'era ragione di accertarsene, sebbene comprendesse la mancanza di fiducia - era reciproca - ed il timore di essere smascherata. Di riflesso lei lo spinse con forza, facendolo cedere sul soffice divano. I ruoli si erano invertiti, ora lo esaminava dall'alto verso il basso, riservandogli uno sguardo sprezzante.
Vuoi da bere? Lily aveva deliberatamente scansato la domanda, prelevando distrattamente un minuscolo cartello dal tavolo di vetro di fronte allo studente. Riservato, Lisitea, 1:30. Mancava più di un'ora, lo gettò a terra noncurante. Camillo intanto si era ripetuto, inasprendo il tono in cerca di considerazione. Tornata da lui con due bicchieri di cristallo alti e affusolati, colmi a tre quarti di una bevanda scura dall’aspetto invitante, gliene porse uno e gli si sedette accanto, dandogli le gambe distese. Mentre lei prendeva una sorsata dal suo calice, impugnato con entrambe le mani come una tazza da té, l'olandese provò l'impulso di picchiare una donna per la prima volta nella sua vita.
Lo faccio perché mi piace. Mi aiuta a rilassarmi. Non c'era vergogna nelle sue parole, del resto aveva il diritto di fare come le pareva. La confessione, anche se tardiva, aveva aiutato Camillo a rilassarsi, sopprimendo quel rancore crescente nei suoi confronti. Se non altro era stata onesta e lo aveva apprezzato. Aveva cercato di essere più esaustiva possibile. Stando alla sua versione, viveva una vita eccessivamente stressante, in cui i turni opprimenti a lavoro e la routine delle dinamiche di coppia non le lasciavano valvole di sfogo. Erano i ritagli di tempo libero a garantirle di tirare avanti mantenendo la sua individualità e per permetterseli a volte si trovava costretta a mentire. Del resto il personale medico doveva rendersi disponibile ventiquattro ore al giorno, nessuno si sarebbe insospettito con la scusa dei doppi turni. Tutto era iniziato per svago, ma con il passare dei mesi aveva iniziato a prenderci gusto, scoprendo un lato di sé non adatto alla luce del sole, devoto interamente alle ombre della notte. Una premessa tanto intrigante non aveva potuto far altro che alimentare la curiosità del Tassorosso, specialmente riguardo alla sua posizione. Quest’ultimo prese un’abbondante sorsata del cocktail, trovando solo così il coraggio di chiederglielo.
Non pensar male, io non tradisco Walter, ma nemmeno voglio che sappia nulla di questa faccenda, lo capisci vero? Accarezzando delicatamente il bordo del bicchiere, l'infermiera aveva sollevato una questione che Camillo non era stato in grado di comprendere sin da subito. Gli ci era voluto qualche secondo, lasso di tempo nel quale si era spremuto le meningi per immaginarsi uno scenario simile, plasmato entro i confini della sua relazione con la signorina Bell. Si sforzò di vederci più chiaro e cercò di essere puntiglioso, seppur disposto a cambiare la sua prospettiva. In tutta risposta, scoprì qualcosa di più sul passato di Watt e di suo fratello, sul fatto che la famiglia conservatrice e purosangue del primo non vedesse di buon occhio il rapporto di amicizia con il figlio maggiore dei Breendbergh. I genitori del serpeverde avevano tirato in ballo una questione di sangue, poi il fatto che avesse mollato gli studi magici ed infine l'introduzione del figlio alle stranezze dei babbani, per cui aveva sempre espresso un interesse quasi maniacale, esercitando una pressione costante affinché troncasse il rapporto. Lei ne aveva sofferto, esattamente come i due vecchi amici e dal modo in cui gliene aveva parlato si capiva fosse ancora una ferita aperta. Non so se lo amo ancora, ma gli voglio bene e devo sposarlo. È la scelta migliore per entrambi.
Camillo quasi sputò la bevanda dalle narici e lei scoppiò a ridere, con la spensieratezza di chi quel dolore lo aveva assimilato tanto a lungo da poterci convivere serenamente. Era la stessa famiglia di Walter a fare pressione perché la giovane coppia si unisse in matrimonio. Si trattava di una mera questione di tempo e le aspettative ormai erano montate tanto da lasciar presagire il peggio, se tutto fosse andato a monte sarebbero stati guai per la coppia. Infine la questione del tornaconto.
Tutto girava intorno ai soldi. Se i genitori del fidanzato erano tanto ricchi da non doversi preoccupare di nulla, lei al contrario doveva mantenere la propria indipendenza. Questo lo aveva portata a trovarsi un'occupazione parallela a quella al San Mungo. Finalmente scoprì le carte. Veniva pagata per portare ospiti facoltosi al circolo ed era dannatamente brava a farlo. Del resto non era nemmeno la prima volta. Era un ruolo che le si addiceva.
Aspetta, ma... ci sono altri circoli come questo in città? Camillo si era acceso come una lanterna nell'oscurità, assumendo un atteggiamento radioso al lieve cenno d'assenso fatto con il capo. Questa volta era toccato a Lily fare la parte di chi non comprendeva cosa passasse per la testa dell'altro. Inconsciamente gli aveva aperto un mondo. L'olandese inclinò di qualche grado il busto, così da poter piantare uno sguardo indescrivibilmente luminoso negli occhi verde marino della ragazza.
Londra di notte si sveglia, caro mio. Era lui ad ignorare il richiamo. Voleva saperne di più e lei lo accontentò, rivelandogli che ai maghi piaceva divertirsi tanto quanto i babbani. Camillo aveva una visione distorta della magia, costruita in anni di reclusione ad Hogwarts. Nella sua visione generale delle cose esistevano due tipi di persone in quella società, che delimitavano i bordi di un ampio spettro: tradizionalisti e zotici. A nessuna delle due si addiceva a quello stile di vita, compresi tutti coloro che stavano nel mezzo. Poi realizzò che in fin dei conti era plausibile e che la sua prospettiva l'aveva tratto in inganno. La magia per lui era sempre stata una cosa nuova e, se anche i maghi potevano permettersi di darla per scontata, per lui non era affatto così. C'era sempre una sorpresa dietro l'angolo. Ciò nonostante riusciva a puzzare di vecchio, ad annoiarlo, a fargli in qualche modo rimpiangere di non essere nato ignaro. Forse sbagliava a pensare che l'unica generazione che aveva iniziato a fiutare il progresso fosse la sua. Espose a Lily le sue considerazioni, mentre distrattamente, forgiato dall'abitudine, le sfiorava le gambe con delle carezze. Complice l'intruglio che gli era stato versato, in grado di disinibirlo oltre i limiti di un comune alcolico. L'infermiera era stata al gioco, compiaciuta del nuovo stato d'animo che aveva pervaso lo studente, ormai conscia di averlo in pugno. Non si sentiva più minacciata.
Quel particolare tipo di eventi, a detta sua, era riservato a degli ospiti che corrispondevano ad profilo preciso. Gente in cerca di un intrattenimento che solo la notte poteva riservargli e custodire in gran segreto. Un divertimento coronato di peccati, che trascendevano la banalità del quotidiano e per forza di cose andava preservato da chi si prendeva in carico il compito di offrirglielo, cosa che giustificava la sua esclusività. Lily si era compromessa portandolo in quell'ambiente, non lo negò. D'altro canto conosceva abbastanza bene la sua passione per il gioco e ciò le aveva permesso di andare a colpo sicuro. Breendbergh aveva già fatto conoscenza del bel capo ufficio o di Rea e Teti Wingsilk, sorelle proprietarie di un marchio di moda rinomato oltre l'Atlantico. Quelle due ormai erano ospiti d'onore a quel tipo di celebrazioni, almeno durante la loro permanenza in Inghilterra. Superfluo fargli notare la loro ardente inclinazione per i ragazzi molto giovani, ma si sentì costretta a metterlo in guardia. Alcuni degli invitati avevano degli interessi particolari, che trascinati fuori da quelle mura avrebbero potuto costargli caro. Si parlava della loro carriera o nei casi peggiori della reclusione. Nulla di ciò che succedeva in quel circolo doveva essere sbandierato, nemmeno in via confidenziale, pena delle gravissime ritorsioni. Glielo fece promettere e lui lo giurò.
Un’ultima cosa, poi ti lascio ai festeggiamenti. Se vorrai altri inviti ti costeranno caro, intesi? Lily era stata categorica, come si poteva evincere dallo sguardo siderale o dall’assenza del sorriso che da qualche battuta aveva iniziato ad ammorbidirle le labbra. Per risponderle, Camillo le porse una mano da stringere. Lei la prese con delicatezza e la scosse, poi la aiutò ad alzarsi. Si erano detti quanto c'era da dire.
Breendbergh posò il bicchiere vuoto sul tavolino di vetro e si sistemò la giacca scura, avvicinandosi svelto all'uscita. Raggiunto dall'amica venne preso a braccetto e si fermò. Benvenuto al Chaos, approfitta dell'occasione per divertirti. Alzandosi sulle punte gli stampò un bacio sfuggente sulla guancia, cancellando il segno del rossetto col pollice pochi istanti dopo. Proprio quando aveva iniziato a prenderla in simpatia, tornò vivo e scalpitante il desiderio di girarle il collo come a una civetta. Stava infierendo su chi si era già arreso.

CodiceRitornato all'evento, Camillo si era totalmente immerso nell'atmosfera vivace della festa. Il mezzogigante al contrabbasso l'aveva visto uscire dalla porticina in compagnia della ragazza e aveva fatto il possibile per attirare la sua attenzione, risultando un po' troppo invadente per i gusti del Tassorosso, che già era abbastanza sorpreso della sua esistenza. A guardarlo bene pareva un orco, ben più alto del suo strumento - già ingrandito di suo rispetto agli standard per adattarsi al proprietario - pelato e con i canini inferiori che sputavano da una coppia di labbra carnose, schiuse in un sorriso malizioso. Con le sue mani tozze e forzute pizzicava energicamente le corde, improvvisando un assolo con una tecnica che si addiceva ad un grande maestro. Sovrastava l'ensemble, corresponsabile di quella burla, ma la sua performance gli aveva permesso di rimediare un sonoro e scrosciante applauso del pubblico interessato. Incontrato lo sguardo dell'olandese, l'energumeno gli aveva riservato un occhiolino di congratulazioni, poi era tornato a fare ciò che gli riusciva meglio: suonare. Lily a quel punto l'aveva abbandonato frettolosamente per non attirare nuovamente l'attenzione del quartetto e si era ritrovato solo. Finalmente, si era detto.
Lo studente inspirò profondamente dalle narici, percependo un gradevole profumo di gigli e patchouli, in lieve contrasto con le note di vaniglia, lavanda e limone che fino a quel momento avevano blandito il suo olfatto. Dimenticò la fragranza portata dall'infermiera e si rilassò, entrando in armonia con lo spirito goliardico comune agli invitati. Immerso nel marasma generale, Camillo era riuscito ad individuare nuovamente Rea e Teti, questa volta in compagnia di un bel fanciullo poco più grande di lui. Ora che sapeva la verità su di loro, gli era stato impossibile non notare quanto viscide fossero le attenzioni che il trio si scambiava, ma quello che aveva destato maggiormente la sua preoccupazione era la presenza di un vassoio d’argento fluttuante, dal quale i tre avevano prelevato quelle che immaginava non fossero gelatine tuttigusti. Non indagò oltre, seguendo il consiglio dell’amica e si spostò verso uno dei lati della stanza. Ordinò un bitter e vermouth, con l’aggiunta di una pozione dolce che gli ricordava vagamente un seltz babbano edulcorato, su suggerimento del barista, poi si avvicinò ai tavoli da gioco. Curiosava.
Considerò oculatamente le varie opzioni, tre ad essere precisi. In uno era in corso una partita di sparaschiocco un po’ troppo competitiva per i suoi gusti. Una signora anziana, con una vistosa collana di perle luminose ad intermittenza, puntava forte per annichilire gli altri contendenti. Rimase quasi sconvolto dal suo stile così aggressivo, specialmente perché fino a quel momento aveva considerato il gioco come un innocuo passatempo, uno scherzo magico riservato agli studenti di Hogwarts. Si allontanò dalle esplosioni prima di scoprire altre verità dolorose. C’era poi una roulette dalla forma sferica, di cui non comprendeva appieno il meccanismo. Il croupier gettava un ellissoide - quindi non una pallina - attraverso la fessura di un globo, con la suddivisione classica in numeri neri e rossi, e questo in automatico iniziava a roteare. Vi si poteva osservare attraverso, poiché la metà superiore, qualunque essa fosse in un dato momento, veniva resa trasparente da un incantesimo trasfigurativo. In poche parole con la magia era stata conferita tridimensionalità al gioco, pur conservandone le caratteristiche. Non faceva per lui, anche se pareva riscuotere un discreto successo tra gli ospiti, quasi unicamente del gentil sesso.
Vi era poi il tavolo del poker, da sempre grande passione dell’olandese. Per quanto negli altri l’impronta magica fosse stata marcata, l’unica stranezza che lì aveva potuto osservare erano le illustrazioni animate delle carte. Per il resto era tutto regolare. Le forma era quella Texana e si giocava in nove, con un addetto a dare le carte. Il Tassino era rimasto affascinato dall'approccio distaccato di uno dei partecipanti, che pareva giocasse controvoglia. Un mago adulto, con i primi segni dell'età a solcargli le guance e la fronte in linee sottili, vestito in maniera non dissimile da lui. Aveva risposto al bluff di un ragazzetto nervoso tutto agghindato di viola, che si era ritrovato baciato dalla fortuna al river, vincendo così uno showdown implausibile. Irritato dell'arroganza del marmocchio aveva liberato il posto. Camillo si era seduto sul suo sgabello, approfittando dell'esitazione di un altro invitato, ansioso di partecipare. Si era portato dietro pochi galeoni, che gli sarebbero bastati a pelo per coprire i primi bui e fare un paio di rilanci, quindi già immaginava avrebbero forzato il suo all-in per buttarlo fuori. Strinse la mano ai vicini di posto per essere accolto e posò una modesta pila di monete lucidissime sul tavolo, elaborando ciò che gli passava per la testa.
Quella sera si sentiva fortunato, animato da un entusiasmo trascendentale, dono di una notte unica, piena di rivelazioni e promesse. Percepiva il desiderio di farla sua, renderla indimenticabile, dar modo ad una futura nostalgia di consumarla, ma goderne appieno ora che poteva. Si chiedeva se fosse pronto ad abbracciare quella parte della sua identità che non trovava spazio alla luce del sole, che nulla aveva a che fare con il Camillo innocente e spensierato che i suoi amici conoscevano, per entrare in una zona morale governata dalle ombre. La notte - la vita notturna - esercitava un fascino magnetico, esaltato dal piacere delle scoperta della propria interiorità e delle vicende dei suoi seguaci. Sotto i riflessi della luna, attraverso le sale e i salotti della capitale, si districava un percorso insidioso, coronato di tentazioni e gratificazioni diametralmente opposte a quelle di cui aveva fatto esperienza. Sull’altra faccia della medaglia era coniato un inesorabile castigo per gli errori commessi. In un regime di tolleranza assente, la pena inflitta per sviste e malintesi veniva commisurata al premio elargito per coloro che avessero mantenuto una condotta impeccabile. Era proprio il prezzo da pagare per la sua integrazione ad alimentare un profondo sconforto, un timore assoluto che dava vita ad un’intima indecisione. Così pesava sui due piatti della bilancia ciò che gli veniva offerto e il piacere che ne avrebbe tratto, ponendoci contro la condanna che gravava sulla sua testa come una spada di Damocle e la perdita di un’etica a lui tanto cara. Assorto nei propri pensieri, si era posto l’unica domanda tanto elementare quanto essenziale: valeva la pena rischiare tanto per essere reso partecipe di quel divertimento? Proprio mentre sbirciava le carte - ed il suo full di Jack e Donne gli sorrideva malevolo - venne folgorato dalla risposta.

 
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