Ultimo sbuffo di sigaretta. La cicca, ora a terra, venne schiacciata dall’uomo poggiato sul muro sporco di un edificio scalfito dal tempo. Edmund Doff, attendeva impaziente l’uomo che avrebbe dovuto ricevere quella stessa mattina guardando le lancette scorrere su un vecchio orologio da tasca. Rifiniture laccate in oro, un pezzo raro preso durante una delle sue “missioni speciali.” Con la mano sinistra grattava il capo; fastidiosi animaletti camminavano sul suo collo, sulla testa e perfino sugli indumenti, le croste su entrambe le braccia sanguinavano appena, macchiando la pelle sporca. Non era abituato alla luce, né al tepore del sole al quale tentava di celarsi. Era lì in un angolo buio, ove colonie di ratti e scarafaggi abitavano indisturbati. Il numero 13 di Nocturn Alley, un posto disabitato e spesso temuto ma non da chi sapeva, o dai più curiosi e coraggiosi. Il silenzio, improvvisamente, venne rotto dai passi in avvicinamento che richiamarono Doff all’attenzione. Uno scatto veloce per celarsi ancora meglio fra le pareti, fino a che la figura del giovane sperduto non si mostrò dinnanzi ai propri occhi. Egli sembrava cercare qualcosa, o qualcuno e sebbene potesse risultare scontato essere la persona che attendeva proprio quel giorno, l’uomo non arrischiò. «Chi cerchi?» la voce rauca, profonda e terrificante, vibrò brusca nella quiete. «Non è il luogo adatto per un ragazzino, vuoi guai?» «Vattene!»ordinò. Lucas, sarebbe stato attratto della voce udita. Una giustificazione valida avrebbe dovuto essere la chiave giusta per accedere a quel luogo, tuttavia le parole e i gesti dovevano essere soppesati per non mettere in pericolo la propria incolumità. Il giovane accolito, iniziava così la sua missione: un passo falso e tutto sarebbe sfumato via, compresa la sua vita.
Benvenuto nella tua Quest Oscura, Lucas Scott. Diamo il via libera alla tetra avventura che ti accompagnerà da qui fino al suo compimento, o al suo fallimento. Sei appena arrivato a Nocturn Alley, non vedi Doff ma senti la sua voce che chiede di identificarti. Qualsiasi dubbio o domanda resto a disposizione via mp. Buona fortuna e fai attenzione!
L a voce del ragazzo arrivò chiara alle orecchie dell’uomo. Altresì il tono che non aveva accennato alcun suono di gentilezza o di accortezza nel soppesare ogni sillaba scandita. Le parole erano state lanciate come dadi su una roulette, il piatto era la vita del giovane che sembrava essere sicuro di se stesso pur non conoscendo affatto chi ci fosse dall’altra parte. Una brutta idea quella che s’era palesata senza troppi indugi, l’impulsività che avvicinava Lucas al pericolo e che d’altra parte stabiliva una futura e immediata difesa. Cos’era quella una minaccia? Doff ghignò. Chi era lo stolto che provava a fare il padrone dentro la propria dimora? Lo avrebbe presto scoperto e a suo modo. Il ragazzo aveva avanzato parole piuttosto alterate, provando ad avvicinarsi cauto nel vicolo ove l’uomo s’era ben visto nel celarsi. Follia. Passi lenti, arma stretta fra le dita e sguardo attento in ogni angolo del vicolo scuro. Era mattina ma le strette mura che separavano i lati della stradina distavano poco più di un metro e la luce penetrava per metà, lisciando la parte sporca e porosa solo in alcuni punti. Edmund lo vedeva, sentiva i passi e riconosceva la distanza che li separava secondo dopo secondo. Non parlò, lasciò che la quiete fosse disturbata solo dallo squittio dei ratti sul sudicio lastricato. Escrementi, puzza di piscio a inebriare quel loco, pungenti tanto da costringere chiunque non fosse abituato a tapparsi il naso per non vomitare. Quando Lucas fu più vicino possibile, a poco meno di mezzo metro dalla losca figura, quest’ultima avanzò e con un improvviso scatto – arma dritta al petto del giovane – evocò un tacito incanto. L’esito fu immediato e Lucas Scott fu costretto a una staticità improvvisa che percorse il suo corpo da testa a piedi; si sarebbe presto accorto che poteva muovere gli occhi e anche parlare. Solo in quel momento poté scorgere parzialmente il volto di Doff, vederne i lineamenti severi, inquietanti nella loro espressività. «Ragazzo, non ti conviene. Ti sto dando un’ultima possibilità e credimi non è da me.» gli occhi penetranti avrebbero forse smosso un briciolo di terrore nel cuore pulsante di Lucas. «Sei a casa mia, usa le buone maniere e soprattutto dimmi chi sei e cosa vuoi.» In quel momento l’accolito avrebbe dovuto agire con estrema attenzione. Non gli sarebbe stata data altra possibilità.
Bene o forse no, sei immobilizzato ma puoi muovere gli occhi e parlare fino a che Doff non decide di liberarti, a meno che tu non abbia altre idee. Uomo avvisato... Per qualsiasi domanda resto disponibile per mp.
L a risposta di Lucas, riecheggiò nell’aria pungente dello stretto e tetro vicolo. I denti stretti e il fremito nelle note della voce lasciarono intendere con estrema facilità quanto fosse irritato da quella situazione. Edmund, d’altra parte, non fece altro che sorridere compiaciuto. Una risata, forte, frapposta alle ultime parole del giovane, si disperse con estrema facilità e solo in quel momento scosse il capo mostrando interamente il proprio volto. La poca luce che filtrava all’interno della strada toccò la pelle coriacea non appena l’uomo avanzò un altro passo verso il ragazzino. L’alito fatiscente s’insinuò sotto le narici provocando un probabile brivido di disgusto. «Una testa calda, eh!» ghignò soddisfatto, poi sollevò il braccio destro, il palmo della mano indirizzato verso il viso del ragazzo come a volerlo punire ulteriormente. «Astuzia, ingegno, pazienza» posò l’indice sulla tempia di Lucas tamburellando per tre volte, «hai molto da imparare!» poi si allontanò. Lentamente, Lucas riuscì a riprendere controllo del proprio corpo sotto la volontà di Doff. Dapprima le braccia, le mani, poi gambe e piedi; ora poteva tornare a gestire ogni azione. «Bene, bene… D’altronde non aspettavo nessun altro» Edmund parlò di nuovo, dando inizio alla futura contrattazione. «Prego, accomodati pure senza troppi complimenti» lo invitò varcando la porta. Sarebbe entrato? Cosa sarebbe successo in caso contrario? «Nessuno scherzo, ragazzo» disse alla fine. Dietro alle note aspre della voce calda e profonda si nascondeva un evidente richiamo a non commettere altri errori, di certo l'uomo non sarebbe stato più così clemente.
Il piccolo appartamento aveva l’essenziale, un semplice e stretto monolocale. Sulla pulizia non v’era alcun dubbio, non c’era. Stoviglie sporche in una cucina desueta, un tavolino nel centro con due sedie e un divano posto sull’estremità destra con una coperta vecchia e rattoppata. Scarafaggi e topolini guizzavano in ogni angolo, era facile calpestarne alcuni senza volerlo. Edmund si sedette invitando con un gesto Lucas a fare lo stesso. Tirò fuori dalla tasca un pezzo di pergamena macchiato d’inchiostro e, servendosi della piuma poggiata sul tavolo, scrisse il nome del giovane sotto una lista di tanti altri nomi sbarrati. «Lucas, giusto?» chiese sapendo già la risposta. Il volto dell’uomo, per qualche esiguo secondo, si dipinse con un’espressione soddisfatta. «Sai bene che non è facile ottenere ciò che si vuole, devi guadagnartelo. Sei disposto a farmi un favore?» Solo in quel momento tornò a guardare il ragazzo, un sopracciglio alzato e un mezzo sorriso a ritrarre un’espressione impaziente. D’altronde Doff non era famoso per essere una persona mansueta ma era stato capace, nel tempo, di migliorare questa parte di sé per cause di forza maggiore. Prima di attendere qualsiasi tipo di risposta, però, l’uomo s’era alzato in piedi; aveva afferrato la bottiglia di whisky posta tra il frigo e il primo bancone nell’angolo interno e, successivamente, preso due bicchieri, cui dubbia pulizia poteva rimanere un mistero per l’ospite. Lucas poteva rifiutare? Sarebbe stato scortese? «Nel caso in cui dovessi renderti disponibile avremmo molto di cui parlare» aggiunse, posando dapprima la bottiglia e poi i piccoli recipienti in vetro. Edmund avrebbe aspettato che il giovane parlasse e versato, solo in caso di risposta positiva, il distillato per un brindisi. Ed eccolo qui, finalmente il gioco iniziava; un intreccio di mosse che avrebbero portato a un’unica vittoria e una sola perdita o, forse, a un probabile pareggio. Quale delle azioni sarebbe stata la migliore?
Bene Lucas, riprendiamo. Sai già dove trovarmi in caso di necessità.
Una scintilla brillò negli occhi di Edmund. Un bagliore sopito che esplose con le affermazioni del giovane Lucas Scott. Quando quest’ultimo allungò il proprio bicchiere in segno di invito a riempirlo, l’uomo non fece altro che annuire stappando la bottiglia e versando il liquido ambrato all’interno dei bicchieri. «Dunque, Lucas, so che il tuo interesse è avere un oggetto per te molto importante» allungò il bicchiere in attesa di un brindisi. I vetri si scontrarono e il suono rimbombò nella piccola stanza. «Quella vecchia pazza di mia moglie ha ucciso mio figlio» sospirò saggiando il Whisky. L’odore della bevanda calmò i suoi sensi, mentre il gusto, caldo e corposo, gli riscaldò il petto. Un sorso e gli venne voglia di accendersi una sigaretta. «Ho provato per anni a vendicarmi ma» spinse la piccola rotella e la pietra focaia creò una scintilla accendendo il cilindro pieno di tabacco, «non ne ho mai avuto il coraggio… Ogni volta che la guardo penso a Ethan, somigliava molto a lei» sputò il fumo e tossì prima di scoppiare in una fragorosa risata. «Lo avresti mai detto? Non riesco a vendicare mio figlio. Che uomo senza palle!» scosse il capo e spinse il pacchetto delle sigarette lungo la superficie del tavolo invitando Lucas a prenderne una qualora avesse voluto. «Tu, invece, saresti capace di farlo per me? Mi sembri un ragazzo sveglio, intelligente, forte e non di certo un rammollito. In cambio avrai ciò che ti serve, hai la mia parola. Sono un uomo d’onore dopotutto» disse con tono convincente, poi un altro tiro e si lasciò andare sulla sedia mal ridotta poggiando le spalle, trovando una posizione comoda. Rivolse in tal modo lo sguardo verso il giovane alzando le sopracciglia in attesa di una risposta definitiva, solo allora avrebbe dato lui le istruzioni necessarie per andare avanti. Edmund era sicuro che non avrebbe ricevuto una risposta negativa, quel ragazzo dopotutto gli era sembrato piuttosto determinato a portare a termine quel che gli era stato commissionato; cosa ci faceva lì sennò? Nel silenzio un topo lasciò cadere un piatto sporco dal bancone della cucina. Il tonfo avrebbe probabilmente fatto sobbalzare Lucas mentre Edmund si sarebbe limitato ad esclamare: «Dannati ratti! Perdonali, io ormai ci ho fatto l’abitudine» un sorriso marcio spuntò dalle sue labbra.
Edmund rise. Il suono della sua voce rimbombò nel piccolo anfratto. Un colpo di tosse, il pugno a battere sul petto e poi un altro sbuffo di sigaretta ingoiando fumo rancido. «Metti giù quella bacchetta ragazzo, ti servirà per cose ben più importanti che per una dozzina di ratti» ghignò, osservandolo perlustrare con l’arma lo spazio sottostante il tavolino. Non si era smosso di un centimetro quando egli aveva tirato fuori il legno d’ebano allarmato dal rumore più che giustificato, ma era certo che Lucas non tenesse particolarmente alla sua vita dato che avrebbe potuto rompergli il braccio seduta stante. «Sono gli unici amici che ho, perché dovresti privarmene?» rise di nuovo. La scena era decisamente ilare. Si sollevò dalla sedia, poggiando entrambi i palmi di sul tavolino, la sigaretta ancora stretta tra l’indice e il medio si consumava bruciando lentamente. «Non mi interessa cosa farai a quella donna, portami solamente una prova» si avvicinò alla porta di entrata aprendola, lasciando al ragazzo lo spazio per andarsene. «Non provare a fottermi, me ne accorgerei» lo avvertì con un smorfia di disappunto. Doff non era l’ultimo dei criminali, né dei sciocchi e il fiuto era quella cosa che non gli era mai mancata. Se Lucas Scott lo avesse tradito non avrebbe di certo avuto pena e compassione per lui. «Il suo nome è Syria, si trova a due isolati da qui proprio al limitare di Nocturn. Non farai fatica a riconoscere la casa in cui vive. È staccata dalle le altre, accanto ad essa vi è un’enorme albero di quercia» gli fece cenno con la testa di uscire. «Spero di rivederti» finì per dire con tono terribilmente ironico.
I passi successivi che avrebbero condotto Lucas Scott all’interno della pericolosa via sarebbero stati piuttosto brevi. Un quarto d'ora massimo che avrebbe passato ad evitare come la peste lo squallore che abitava quel posto. Vecchie streghe che avanzavano chiedendo qualche galeone per superare il triste inverno, spallate a ridosso di corridoi stretti dove sembrava impossibile passare in due. Alla fine, però, il giovane Accolito avrebbe raggiunto la vecchia e angusta dimora. Separata dalle altre case si ergeva su un piccolo avvallamento. Dinanzi alla sua entrata, proprio sulla destra, la grande quercia copriva metà facciata della casa; sui rami pendevano lunghi fili simili a capelli e tra i nodi pezzi di legno e ossa si alternavano oscillando ad ogni soffio del vento. L’entrata era anticipata da un vialetto che conduceva ad una piccola scalinata sulla quale ergeva una porta nera; un batacchio lo avrebbe invitato a farsi avanti. Edmund non gli aveva mentito.
Non aveva smesso di camminare e ora si spingeva verso quel luogo arrivando a un passo dall’entrata. Tre rintocchi. Il silenzio venne disturbato e la casa parve risvegliarsi in un istante: le luci si accesero vibrando appena, accompagnando i passi di chi la stava attraversando. Qualche secondo e la porta si schiuse, una donna alta poco più di un metro e sessanta accolse il giovane uomo. Il volto stanco e provato da una magrezza insana e occhi color ghiaccio messi in risalto dalla pelle diafana, Syria scrutò Lucas e l’espressione si alleggerì distendendo le rughe d’espressione. Con un sorriso ampio mostrò i denti paglierini facendo qualche passo indietro per mettere alla porta di aprirsi del tutto. Nella mano destra stringeva il legno di una vecchia bacchetta che puntava sullo stomaco del ragazzo. «Se stai cercando qualcuno che legge le carte non è da queste parti» la voce risuonò profonda ma leggera, la donna lo osservava tamburellando le dita sul legno. «Oppure vuole un tè? È quasi un peccato mandare via un bel giovane come lei» aggiunse, le note cambiarono direzione dandole in pochi secondi un aspetto più accogliente. Spostò la bacchetta stretta tra le dita e lo invitò ad entrare, qualche passo e la casa avrebbe accolto il giovane mago lasciando la porta chiudersi alle sue spalle. Uno spazio ampio, un arredamento essenziale completamente in legno. La magia permeava sotto il cuore pulsante di quella dimora, Lucas avrebbe potuto avvertirla vibrare sotto i piedi e accarezzargli la pelle. Sensazione di disagio, sofferenza, oppure solo l’influenza di quel posto così difficile da definire? Se avesse accettato di entrare, la donna l’avrebbe invitato a sedersi nel salotto. Un divano e due poltrone avrebbero atteso l’ospite al centro di quella stanza, dinanzi a un tavolo di vetro e al camino scoppiettante. Il calore di quest’ultimo sembrava non penetrare in alcun modo nell’ambiente.