Ramingo, ∼ Privata

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view post Posted on 16/7/2020, 22:20
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You can take the darkness out of the man, but you can't force him to step into the light.

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I sedili dell’Hogwarts Express erano dannatamente scomodi per dormire. Lo aveva constatato con disappunto, nella solitudine di una cabina vuota in cui - tecnicamente - non sarebbe dovuta restare. Era un Prefetto, dopotutto, e ci si aspettava che facesse il suo dovere esattamente come tutti gli altri, proprio come Nieve che l’aveva salutata sulla banchina della stazione dirigendosi al fondo del treno. La sua aria malandrina, la solita, le aveva silenziosamente promesso che si sarebbero ritrovate presto, a metà di quel lungo treno dai vagoni rosso carminio. Gli occhi pesti di chi ha dormito poco e il naso sottile, ma arrossato, le risposero altrettanto silenziosamente che sì, l’avrebbe trovata al solito posto, forse uccisa da una comunissima influenza. La congestione nasale era l’ultimo baluardo di una pessima settimana passata a starnutire e l’unica musica del Ballo di fine anno che aveva potuto udire era quella dei propri sospiri, chiusa nel dormitorio oro-nero circondata da fazzoletti pronti a svanire nel nulla di un Evanesco ben riuscito nonostante tutto.

Sola nella cabina, dunque, cullata dagli scossoni del treno in movimento, Thalia aspettava Nieve e le formidabili novità venute col Ballo di Fine Anno. Aveva dovuto rinunciare ad indossare il suo abito, fatto arrivare apposta per l’occasione direttamente dall’appartamento di nonna Martha a Londra, ma in fondo la mancata partecipazione non le era dispiaciuta affatto. Gli eventi mondani erano sopravvalutati. A diciotto anni aveva avuto la (s)fortuna di partecipare ad almeno sei balli, cene importanti di famiglia e non, e aveva tutto il desiderio - ora che poteva scegliere davvero il modo migliore di trascorrere il proprio tempo - di non prendere più parte ad eventi simili. La fiera della vanità, insomma, non faceva più per lei. O meglio, non faceva per lei qualsiasi cosa potesse portarla a due centimetri da un ex, da un Auror e dalla possibilità di ingarbugliare nuovamente una matassa già sbrogliata miracolosamente una volta. La fortuna era cieca, dopotutto, e non bisognava proprio punzecchiarla con troppa insistenza. Così, stoica e boccheggiante, Thalia aveva abbracciato la più comune delle influenze con lo spirito di adattamento di un martire nemmeno troppo triste e si era scusata - eccome se l’aveva fatto - con chiunque si fosse aspettato da lei un certo appoggio per la serata in questione. Senza pudore si era addormentata sul divano nella Sala Comune, sotto lo sguardo indignato di una Tosca inebetita dall’ammontare di carta sprecata per un nasino tanto piccino in apparenza. Aveva girato vestita soltanto del proprio pigiama, nel silenzio tombale della Sala e del Sotterraneo, incurante di quanto stesse accadendo a qualche metro da lei, sopra la sua testa intontita.

Quando la porta corse lungo il binario annunciando l’entrata di qualcuno nello scompartimento, la rossa sollevò pigramente la palpebra. Scorgendo la Rigos di spalle - quella zazzera di capelli indomabili era decisamente inconfondibile - tornò a fingere di sonnecchiare, sperando che quella tacesse ancora qualche minuto. Voleva parlare con lei, lo desiderava davvero, ma v’era anche l’esigenza d’approfittare di quel dolce cullare artificiale, di usufruire del suono sordo di ruote, rotaie e freni, così che Morfeo potesse finalmente accoglierla tra le sue braccia. In fondo, era una settimana che dormiva solo per un’ora a notte.
Sbuffò, udendo il rimbrotto di Nieve - uno di quelli che si aspettava, invero - e la risposta non mancò d’arrivare. «Senti Campionessa.» la fregiò di quel titolo che l’amica detestava tanto, sebbene l’avesse meritato fino in fondo, e si puntellò sui gomiti per scrutarla meglio, di sotto in su, con l’aria di chi sia estremamente impegnato in cose importanti per avere anche solo l’idea di ciarlare di Pozioni cura malanni. «Io e il mio raffreddore ce la stiamo cavando bene. Sto riscoprendo un amante decisamente affezionato. E ho degli amici essenziali.» così dicendo sventolò un fazzoletto pulito, tratto dalla tasca del cappotto di lana cotta, in una sfumatura verde che ben s’accostava al maglione bianco - decisamente invernale - indossato per il viaggio. Si aspettava di vederla sorridere, almeno un poco, ma per la testa pareva avere un’intera nuvola di Nargilli. Dov’era Nieve Rigos in quel momento? Decisamente non lì.
«Parlami di questo Ballo dello Schiaccianoci.» la esortò alla fine «Prova a farmi rimpiangere di non esserci venuta, se ti riesce.»
Ramingo

Thalia J. Moran | 23rd Dec | Hogwarts Express


Ebbene, dopo soli 6 mesi di pianificazione, forse... ci siamo. Back in the days, quando Thaliuccia era ancora Prefetto.
Che ricordi. :secret:
 
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view post Posted on 23/8/2020, 16:06
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Sotto un cielo plumbeo carico di neve, l’espresso da Hogwarts allenta la presa sui freni e comincia a scorrere sui binari, dapprima con qualche singhiozzo e poi con più linearità, rilasciando la tensione accumulata durante il periodo di stasi forzata.
Sorrido con un sospiro e annego lo sguardo nel corridoio ancora ingombro di studenti. La maggior parte di essi ha già trovato uno scompartimento in cui trascorrere il viaggio; altri, col baule appresso, stanno elemosinando di cabina in cabina un posto per mettersi a sedere. Allora, tengo stretto a me l’auspicio di non dover intervenire per spiegare ai ragazzi che nessuno di noi può vantare un diritto di proprietà su quei pochi metri quadri destinati a far da nido per affrontare il tragitto; e per invitarli a far accomodare lo sventurato di turno rimasto senza alternativa che affidarsi all’autorità di un Prefetto.
Intanto che studio la situazione dal fondo della locomotiva, i miei occhi si posano su un duo interessante e non riesco a trattenere un sogghigno: una ragazza alta sta con la schiena poggiata al vetro di una delle finestre del corridoio e fronteggia col naso all’insù un giovane spaccone con la mano destra pigiata sulla tappezzeria alle spalle di lei, un sorriso smargiasso sul viso dalla mascella squadrata e il pollice della sinistra incastrato a un passante della cintura. Sembrano la locandina di un film per adolescenti, mi dico nel tempo che impiego a raggiungerli.
“Sentite, tutto molto bello e interessante, ma non è che potreste continuare nella vostra cabina?” dico loro, ironica, e ne attendo la reazione. Entrambi si voltano simultaneamente e, individuatami, prendono a guardarmi come inebetiti — il reo colto inaspettatamente sul luogo del delitto. Sono più grandi di me di circa un paio d’anni e mi superano in altezza di almeno altrettante spanne; e, tuttavia, non sono una studentessa come le altre. Nel castello, la mia imprevedibilità è nota almeno quanto lo è il modo che ho di gestire l’incarico di Prefetto: posso essere molto permissiva con chiunque se lo meriti — per aver violato infinite volte il regolamento, prima e dopo la nomina, non me la sento di essere l’ipocrita che sfrutta un titolo per rivalersi indiscriminatamente sugli altri —, ma altrettanto rigida e inflessibile con chi mi manchi di rispetto. Per questo, il mio nome è stato letteralmente spezzato in due metà per indicare l’uno o l’altro dei due possibili scenari: “hai incontrato Nieve, oggi, o hai avuto la sfiga di beccarti la Rigos?”. La cosa riesce sempre a farmi ridere, per qualche ragione.
L’attenzione dei due si fissa brevemente sul mio volto monello e sugli occhi inintelligibili, dunque sulla spilla appuntata al mantello scuro che non ho ancora avuto occasione di levarmi di dosso. Si scambiano un rapido sguardo e ho il sospetto che siano indispettiti: prendere ordini da una studentessa del quarto anno quando si frequenta il sesto non deve andargli troppo a genio, ma tant’è. Il mondo è in mano a chi ha il potere e, in questo istante, io ne ho decisamente più di loro. Si allontanano, torvi, senza emettere un suono e si trincerano in due scompartimenti diversi.
Manca poco meno di un’altra metà di treno, m’incoraggio, e proseguo.

❄︎

Depongo il mantello sul divanetto con uno sbuffo divertito. L’atmosfera, nello scompartimento, è accogliente quanto basta a farsi terreno fertile per un piccolo battibecco, appiccato da un mio commento e rinfocolato dalla replica che ne è conseguita. A tutto concedere, le argomentazioni di Thalia potrebbero avere una certa validità, se solo l’intonazione nasale non la rendesse tanto buffa. Perfino l’epiteto venuto col Barnabus non riesce a titillare il mio fastidio. E come potrei di fronte a quel timbro da anatra e agli occhi lividi da panda?!
La verità è che mi preoccupa vederla in questo stato. È più di una settimana che lotta con l’influenza, un tempo equivalente a quello che ho speso per indirizzarla verso l’infermieria, invano. Per la mia esperienza personale di bambina denutrita, anche un malanno semplice può trasformarsi in qualcosa di più severo e, pur sapendo che di norma Thalia goda di ottima salute, non riesco a scacciare il timore interno che un’infanzia di stenti mi ha lasciato addosso. Così, mi chino inaspettatamente su di lei senza dire una parola e, piano, poggio le mie labbra sulla sua fronte in un tocco impalpabile, emulando la gestualità che adottano i nonni quando temono che possa essermi beccata qualcosa. La pelle di lei restituisce alla mia una freschezza che rinfranca lo spirito: non c’è febbre, per fortuna.
«Fa’ la gradassa quanto ti pare finché ne hai il tempo» le dico, insinuante, mettendomi a sedere di fronte a lei senza troppa grazia. «Ho scritto alla nonna che non stai tanto bene e che ti ostini a non prendere nulla. Ha risposto che ci pensa lei, non appena scendiamo dal treno. E voglio proprio vederti opporle resistenza, ti giuro. Fremo!»
È un colpo basso, da parte mia, sfoderare la Carta Lucrezia in questo piccolo scontro ad armi palesemente impari, ma non mi ha lasciato altra scelta. Se solo avesse acconsentito a ingollare un decotto per rimettersi un po’ in sesto o si fosse fatta visitare da chi di competenza, avremmo potuto trovare un accomodamento. Giunta allo stremo della sopportazione, mi sono vista costretta a prendere le misure che ho ritenuto adeguate per porre rimedio alla situazione. Che le piaccia o meno!
Il mio viso si adombra appena allorché il cambio di registro porta la conversazione su un terreno più frivolo o, almeno, presuntivamente tale. La verità è che il ballo non è andato nel modo in cui mi sarei aspettata. Per un po’, valuto la possibilità di tacere — come le ho taciuto la mia avversione per Amber o l’aver fatto sesso, la sera stessa dell’evento, con Rupert nel bagno dei Prefetti —, ma non me la sento. Più passa il tempo, più mi sento legata a lei e meno segreti voglio interporre tra noi due. Ne abbiamo passate troppe insieme per mentirci sulle inezie.
«È andato una merda» rispondo, secca, sospirando profondamente. «Kurt era tutto preso dalla sua dolce metà e io sono finita a ballare con nientepopodimeno che Aiden Weiss. L’avresti mai detto?»
Ramingo

Nieve Rigos | 23rd Dec | Hogwarts Express | Outfit


Scusami per il ritardo, but you know. :<31:


Edited by ~ Nieve Rigos - 24/8/2020, 12:43
 
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view post Posted on 24/8/2020, 09:28
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Chiude le palpebre e la lascia fare, percependo il tocco leggero delle sue labbra sulla fronte, il suo respiro caldo e rassicurante, l'affetto che quell'attimo non può cancellare. Si comporta da madre con lei da più di una settimana, in quel modo tutto suo che non può non lasciar spazio al riso. E' buffa nei panni del genitore apprensivo - un ruolo che sovente spetta alla più grande tra loro -, ma che Nieve abbraccia senza timori. Non le impedisce di tastarle la fronte, di sentirsi leggera di fronte all'assenza di febbre. Le scocca uno sguardo eloquente - un te lo avevo detto che sto da favola - seguito da uno starnuto che si conclude con lo stralunare gli occhi stanchi e arrossati. Non stava affatto bene, ma era sicura che Shyneid avrebbe saputo il fatto suo e l'avrebbe rimessa in sesto in poche ore. Del resto, stava tornando a casa per le vacanze anche per questo. Sorride, udendo il nome di Lucrezia affiorare sulle labbra di Nieve: la nonna onnipresente, la gran cuoca che aveva insegnato alla biondina il segreto e l'importanza delle piccole cose per raggiungere una felicità dal semplice sapore di serenità.
«Così giochi sporco.» commentò, prima di affondare il volto nel fazzoletto usa e getta. Lucrezia sarebbe stata capace di rimproverarla per essersi lasciata tanto andare in quelle ultime settimane - ed avrebbe decisamente avuto ragione delle proprie accuse. Riemerse dall'oblio di carta morbida solo qualche istante più tardi, ma quella pausa le fu necessaria per cogliere tutte le implicazioni che la frase dell'amica lasciava sospese tra loro. Non era andata al Ballo e Nieve l'aveva affrontato da sola: strinse il maglione con le dita esili, pentendosi di non aver sostenuto l'amica in una serata carica d'aspettative; reduce dal gramo scontro con la verità, che ne era stato di lei? Non ebbe tempo di chiederselo e di far congetture, poiché il terzo nome ad affiorare sulle labbra pallide della Rigos fu quello di Aiden Weiss. E' pazzo. Scendere in pista, punzecchiare il leone e aspettarsi di tornare illeso da dov'era venuto. L'immagine della piccola baita tra gli alberi di Hogsmeade balenò nella mente del Prefetto e, nascondendosi parte del viso col fazzoletto, tamponò parte del silenzio che seguì la rivelazione della Grifondoro. Gli aveva chiesto tempo per poter intercedere in suo favore, ma quel povero zuccone non sapeva stare al suo posto. Mai. «Ed è ancora vivo?» chiese, scoprendo le labbra screpolate e schiudendole in un sorriso malizioso. Voleva sapere che ne era stato di lui nella misura in cui avrebbe potuto trarne un certo vantaggio: se Nieve aveva subodorato una loro confidenza, una qualunque, sarebbe stata la fine anche per lei. Non poteva fare a meno di pensare che parlare di Weiss - invece di Kurt e della sua dolce metà - avrebbe riacceso la miccia dell'astio della Rigos in una direzione più consona. Mors tua vita mea pensò, con un'implicita alzata di spalle che Aiden avrebbe maledetto se avesse potuto. Non aveva ricevuto lettere, non ancora, il che significava che forse non tutto si fosse risolto nel peggiore dei modi. Era chiaro, però, che qualcosa turbasse la Rigos. E per dovere d'amicizia - oltre che di cronaca - si sentiva in obbligo di scoprirne la ragione. «Ieri sera ho cercato di contattarti-» sollevò la mano destra, flettendo le dita affinché l'anello dei gemelli Weasley risaltasse al chiarore della salubre luce solare «-dove sei stata? Volevo i pettegolezzi di prima mano, ma non hai risposto.» Bugia. Era così stanca da non poter sollevare un bicchier d'acqua, figurarsi se avrebbe mai potuto sostenere una conversazione simile all'una del mattino o giù di lì. Era un azzardo bello e buono, ma se conosceva un poco Nieve - e credeva d'aver raggiunto un livello discreto in quella disciplina elitaria - la ragazza non era tornata al dormitorio dove Kurt l'avrebbe tempestata di sguardi colpevoli di fronte all'espressione dignitosa - e orgogliosa - che lei gli avrebbe certamente riservato. E se c'entrava Aiden Weiss nel suo sconvolgimento d'umore, lei doveva saperlo. Non esistevano alternative: nemmeno la sua influenza l'avrebbe fermata, non stavolta. Si dà lo slancio necessario a rimettersi seduta, lo scompartimento gira un po' troppo per i suoi gusti, ma cerca di mantenere un decoroso autocontrollo sulla parca colazione che si è voluta concedere solo due ore prima. La nausea è più intollerabile del naso costantemente e tristemente costipato. «Che cosa ha fatto? Voglio saperlo.» la voce è nasale, ma il tono deciso. La squadra da capo a piedi, la esamina come se i ruoli del vendicatore e della vittima si fossero capovolti improvvisamente. Nieve era facile all'ira cieca e sorda, ma bastava grattare la superficie per erodere ogni barriera difensiva, annullandola completamente. Toccava a lei, ora, proteggerla.
Ramingo

Thalia J. Moran | 23rd Dec | Hogwarts Express
 
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view post Posted on 29/8/2020, 16:07
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Lascio che le parole di Thalia si aggancino alle mie per dar forma alla conversazione. Nel frattempo, appallottolo il mantello e lo posiziono sulla porzione di sedile più vicina alla finestra perché mi faccia da guanciale. A questo punto, sempre in religioso silenzio, mi stendo sui cuscini e li occupo quasi interamente in lunghezza. Nel portare entrambe le mani dietro la nuca e posizionare la caviglia destra sulla sinistra per mettermi comoda, rifletto sulle osservazioni della mia migliore amica e sui quesiti che ne sono scaturiti, dunque valuto approfonditamente le opzioni tra le quali mi è concesso di scegliere.
Giacché resiste il proposito di evitare qualsiasi forma di mendacio, è giocoforza che la mia attenzione si soffermi sull’uno o sull’altro degli argomenti oggetto del nostro scambio. Se aprissi le maglie della sveltina con Rupert, sono sicura che l’espressione di Thalia riuscirebbe a contrastare brevemente gli effetti dell’influenza per restituirmi stupore, confusione, preoccupazione. Conosce i miei sentimenti per Kurt e la maniera in cui si sono strutturati col passare del tempo; sa bene che il mio trasporto per lui prescinde da ogni buona norma di raziocinio e affonda nel terreno di un innamoramento fanciullesco che, per il solo fatto di essere tale, mi stringe lo stomaco fino a togliermi l’appetito e mette sottosopra i miei sentimenti. Pertanto, sarebbe portata a valutare la mia avventatezza non soltanto per quello che è — il colpo di testa di un’adolescente cocciuta e scriteriata —, ma anche nel suo significato più profondo: tutte le volte che qualcosa mi turba, esiste il rischio che il cortocircuito del mio sistema torni ad appalesarsi e mi riporti al delirio dei mesi — anni, oramai — seguiti al litigio con Astaroth. E, poi, finirebbe naturalmente per darsi pensiero per i sentimenti di Rupert, un aspetto del quale dovrei curarmi anch’io con altrettanto zelo se non fossi troppo egoista per dedicarmici.
«Sono stata io ad invitarlo a ballare con l’intenzione di far ingelosire Kurt» le rivelo con sincerità. Ho compiuto la mia scelta, stabilendo che la questione riguardante Aiden sia meno spinosa dell’altra e, per questo, preferibile. «Ha tentato di spiegarmi meglio perché ha agito in un certo modo, perché si è comportato male con te…»
Taccio. Sbandierarle l’innamoramento di Aiden è fuori discussione: non perché io provi un particolare riguardo per i sentimenti di lui, bensì per schermare Thalia dalla possibilità di lasciarsi inavvertitamente travolgere da un moto di compassione. La conosco a sufficienza da ipotizzare che la certezza di saperlo invaghito finirebbe per indurla ad essere più comprensiva nei suoi confronti. E l’empatia è un rischio cui non ho intenzione di dare respiro. Aiden deve stare lontano da lei e Thalia deve continuare a tenersi distante da lui. Fine della storia.
«Per un attimo, mi è sembrato di rivedere la persona che avevo conosciuto: il ragazzone un po’ buffo e di buone intenzioni con cui ho sorseggiato decine di tè» racconto e mi sfugge un sospiro. Fisso lo sguardo sul soffitto, pensierosa, e un’ambigua sensazione di disagio sale a stringermi lo stomaco. Stupida, ecco come mi sento. Sono stata ad un passo dal credergli, dal sentirmi in colpa, perfino dall’assolverlo dai suoi peccati. Poi… «Ci siamo spostati nel patio esterno, mi ha offerto la sua giacca per ripararmi dal freddo e una porzione delle sue scaltre bugie con atteggiamento da buontempone. E io ci sono cascata per un momento!» Un sorriso amaro mi taglia il volto, irrigidendo il mio profilo nordico. Gli zigomi, arrossati dal riscaldamento interno alla locomotiva, sono l’unico aspetto di morbidezza in un visino coperto di rabbia, frustrazione e delusione. «È un animagus, lo sapevi? Una volpe, per l’esattezza. Al ballo, si è trasformato e mi è saltato addosso, e io mi sono spaventata, e l’ho respinto, e sono andata via correndo».
È un resoconto fedele di quanto accaduto. Lo è a tal punto che non mi sono neppure accorta dell’involontaria accelerazione di favella cui sono andata incontro a mano a mano che ne rievocavo i passaggi. Perfino il mio corpo ha reagito con un diffuso irrigidimento: ho la fronte aggrottata, le sopracciglia calate sugli occhi, le labbra atteggiate a una smorfia severa, la nuca e le spalle leggermente rialzate, l’addome contratto e le ginocchia piegate. Torno a stendermi con un ennesimo sospiro.
«C’è qualcosa che non va in lui, Morry» esclamo e mi volto a guardarla, puntellandomi su un gomito per poter allacciare i suoi occhi ai miei. «È come se due persone completamente diverse vivessero in un unico corpo. Quando lo vedevo più spesso, a Hogsmeade, ero convinta che fosse un omone goffo e impacciato: mi parlava dei suoi tormenti per la fidanzata, del suo desiderio di metter su famiglia, dei valori che gli erano stati trasmessi. E io gli credevo. Gli ho creduto sempre. Ti ho mai detto che una volta mi ha fatto una specie di serenata con la chitarra e si è messo in ginocchio per chiedermi perdono?! E, poi, ci sono state occasioni in cui mi ha fatto davvero paura, come quella volta che mi ha trattata di merda al Ballo del Plenilunio per una battuta innocente o la scorsa sera quando mi è saltato addosso da volpe e ha mirato alla faccia o quando ho saputo cosa ti ha fatto nel bosco. E non riesco a fare a meno di chiedermi come sia possibile che giri sempre attorno alle ragazzine. C’è anche la storia di Niahndra».
Mi lascio cadere sul sedile. Per strano che possa sembrare, io e Thalia non abbiamo mai più apertamente ripreso l’argomento. Dopo la sua rivelazione al Ballo delle Ceneri e la reazione che ha innescato in me, abbiamo sempre danzato con circospezione attorno alla questione. Penso che, in qualche maniera, sia rimasta appiccicata addosso ad entrambe la spiacevole sensazione lasciata dal piccolo diverbio affrontato sulle scale della scuola, quando lei provava a mostrarsi compassionevole nei confronti di Aiden e io m’imbizzarrivo all’idea che potesse giustificarlo e attribuirsi addirittura una parte di responsabilità nella vicenda. Il Barnabus, infine, ha dilatato i tempi e ci ha aiutate nell’obiettivo di trascurare momentaneamente il discorso. Adesso, però, è giunto il momento di tirare fuori lo scheletro dall’armadio e dissezionarlo, se necessario.
«Mi sento così imbecille» sfiato un istante più tardi, rammaricata. «A volte, mi entusiasmo così tanto al pensiero che qualcuno possa interessarsi a me, apprezzarmi e volermi bene per quella che sono da non rendermi conto di non valutar come dovrei chi ho davanti». Mando giù il magone che mi stringe la gola e continuo: «È sempre stato così, sai? Anche quando ero piccola, bastava che qualcuno mi desse un briciolo di attenzione perché io mi prostrassi ai suoi piedi, anche quando l’attenzione era negativa. Se i bambini mi scacciavano per dirmi che non volevano giocare con me, io interpretavo il solo fatto che mi parlassero come un regalo perché avevo una possibilità per fargli cambiare idea». È una riflessione ingenerosa e, proprio per questo, profondamente infelice. «La cosa che mi distrugge di più è la consapevolezza di averti messa in pericolo. Penso sempre che, se tu non avessi saputo che lo vedevo a Hogsmeade e non ti avessi detto che era un tipo a posto, magari nulla di tutto quello che è accaduto sarebbe successo» confesso e le rivolgo uno sguardo supplice. «Ti chiedo scusa!»
Ramingo

Nieve Rigos | 23rd Dec | Hogwarts Express | Outfit
 
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view post Posted on 29/8/2020, 22:43
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Mantiene il silenzio e lo fa con la scomoda consapevolezza di averle taciuto molte, forse troppe, circostanze sfuggite al suo controllo. E' arrabbiata, confusa, delusa. Stanca. Il suo corpo e la sua anima sono costantemente messi alla prova con l'ausilio di una fiducia venduta a buon mercato: non appena lei la concede, qualcuno la bistratta e la rivende per qualcosa di nuovo o diverso. Qualcosa di più conveniente. Lei lo capisce e non, come vorrebbe, perché la sua lealtà non ha trovato riscontro, ma perché è lei stessa a tradirla costantemente. Quella verso la famiglia scricchiola sotto il peso delle verità non condivise. Quella verso Mike ha ceduto per la sua incapacità di mettere ordine tra le sue priorità. Quella verso Nieve, al contrario, lotta per restare ancorata alla sua sede, come se nulla fosse più importante del mantenimento di quella posizione. Eppure, Thalia sta rinunciando al caposaldo della loro amicizia per cosa? Lei non crede più in Aiden. Non crede nel perdono e non ci ha mai creduto. Se le raccontasse ogni cosa, finirebbe per odiarla. Forse, crederebbe che l'amica si sia fatta comprare da occhi blu come il mare e qualche incantesimo confondente. In verità, Thalia non ha ancora capito che cosa potrebbe volere da un'uomo come Aiden Weiss ad eccezione del suo silenzio. Interagisce con lui per Nieve, per quella ragazzina arrabbiata e confusa che lotta con la Ragione affinché i sentimenti non prevalgano. Ma Nieve è fatta di sentimenti forti, emozioni tangibili che dilaniano e esplodono in continuazione. Non riesce a controllarsi e le sue ciocche candide mutano colore ogni volta che l'animo imbizzarrito sceglie di voltar le spalle alla calma. E tuttavia, pur essendo priva dell'autocontrollo che le servirebbe, Thalia la ama come una sorella ed è pronta a proteggerla da ogni male. Non può proteggersi da sola.
«Un Animagus, uh?» chiede, quasi annoiata, scrutandola «Non è semplice diventarlo.»
Sa bene che cosa sia Aiden, ma a differenza di Nieve - e forse da folle - lei non aveva avuto timore di lui. Anche quando lo aveva creduto una bestia selvatica lì per caso non si era ritratta. In qualche modo assurdo, aveva capito. Non poteva dirglielo, anche se avrebbe voluto. Desiderava rassicurarla del fatto che Weiss fosse quasi migliore e giustificabile nella sua veste animale; da umano, così pensava lei, rifletteva troppo sulle cose. Oppure non rifletteva affatto. Un animale, per quanto poco, agiva secondo schemi prestabiliti dalla Natura, quasi gli scaturissero dall'interno: una volpe non si chiede perché, agisce e basta. E Weiss, a volte, lasciava emergere quel lato di sé che quasi nessuno capiva. Non lo comprendeva al cento per cento, ma era giunta alla conclusione che non fosse affar suo. Non più del necessario, invero. Nieve prosegue, lei continua a tacere. Teme di dire qualcosa di cui possa pentirsi, perciò sceglie il silenzio dell'ascolto e fa sue tutte le paure, lecite o meno, della sua amica. Si distende sui sedili, mai scomodi come quel mattino, e sospira. Le parole dell'amica la sfiorano come fiocchi di neve fredda e leggera, ma la sua preoccupazione è ben più seria e pesante. «Siamo fatti di luci ed ombre, Nì. Controllarle non è semplice e chi di noi ci riesce ha vinto tutto.» si volta a guardarla, sperando di incrociare il suo sguardo. «Nessuno di noi può insegnare ad un altro come si fa. Ognuno se la cava da solo.» Nel silenzio, le tende una mano che - fino a che lei non la stringe - resta sospesa nello spazio e nel tempo al pari delle sue parole «Aiden non ha nessuno. Ma tu... tu hai me.» sorride, il naso arrossato e la voce arrochita. Non vuole che si faccia una colpa per una responsabilità che non ha, ma come glielo spiega? «Mi sentivo diversa dopo quello che è successo ad Hogsmeade. Pensavo di avergli dato ad intendere qualcosa che non aveva senso di esistere e so per certo di non averlo fatto. Ora lo so. Ci ho messo un po' per capirlo, ma... E' finito sulla mia strada per qualche ragione, ma non addossarti la colpa per questo.» sospira e rilassa il volto in un'espressione serena. Ancora una volta, Nieve crede di essere il problema e non la soluzione. «Sarà banale, ma le persone scelgono ogni santo giorno che cosa fare o che cosa dire. Io ho scelto di esserti amica, ti voglio bene e ti rispetto. Ho scelto di farlo. Come tu hai deciso che la nostra amicizia aveva senso di esistere. Aiden ha scelto di baciarmi. Io ho scelto di respingerlo.» sospira ancora, come se tutte quelle parole le stessero costando una fatica immensa - e lo è in termini di ossigeno. «Ti ho già chiesto di perdonarlo per aver preso una decisione avventata, non te lo chiederò ancora. Ma... perdona te stessa, perché non hai colpe. Non verso di me.» La lealtà di Nieve non era in discussione.
Ramingo

Thalia J. Moran | 23rd Dec | Hogwarts Express
 
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view post Posted on 22/9/2020, 15:58
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L’assoluzione di Thalia allevia la pena nella quale mi sono lasciata scivolare, presa all’amo dalla prospettiva di essere stata l’unica responsabile della dinamica invalsa tra la mia migliore amica e l’uomo per il quale provo una riprovazione bruciante — non l’ha mai meritata, non la merita adesso e non la meriterà mai, mai in futuro.
Le mie dita sono scivolate mollemente sul palmo di Thalia non appena lei ha allungato le sue verso di me; e hanno trovato gli spazi vuoti per creare un incastro naturale che ci tenga unite; un incastro perfetto. Sta proprio lì, nel punto d’incontro tra i nostri corpi e i nostri esseri così differenti, il senso di tutto quello che siamo l’una per l’altra. Se devo dare credito alle parole che mi ha appena rivolto, sento di non poter essere del tutto inclemente col Fato: avrà permesso ad Aiden di baciarla e farla dubitare di sé stessa, ma ha anche avuto la generosità e la lungimiranza di farci conoscere.
Un sorriso dolce sorge sulle mie labbra non appena il ricordo del nostro primo incontro si fa spazio tra le pieghe della memoria, relegando in posizione subalterna tutto ciò che riguarda l’Auror. Sono bastati un giro di ronda e una danza con un’armatura incantata per suggellare l’ineluttabilità dell’alba del nostro legame. Poi, è subentrato il Midnight e il resto è semplicemente storia.
«Hai ragione come sempre» dico con voce armonica ed espressione pensosa. Sebbene piaccia a entrambe prendersi gioco l’una dell’altra, non è questo il tempo delle inezie. In una situazione meno seriosa, mi sarei mangiata la lingua piuttosto che dargliela vinta in modo tanto plateale, ma adesso le mie parole non sono che il riconoscimento di una verità troppo lampante per essere mascherata dietro l’ostinazione. «E un po’ mi piace come pensiero… quello che hai appena espresso circa l’intervento del Fato e delle scelte personali di ognuno».
La ragione che mi spinge a sposare il punto di vista di Thalia è semplice. Ad ammettere che altri fattori esogeni influenzino la trama del nostro esistere, devo necessariamente concedermi una tregua e scrollarmi di dosso la lettera scarlatta che sento di portare appuntata al petto da quando sono nata. Il mondo non gira tutto intorno a me e, forse, alcune vicende sono meno gravose di quanto io non le percepisca. A forza di vivere di bianco e nero e di rinnegare le altre sfumature di colore della scala cromatica, mi sono attribuita un ruolo centrale nell’analisi delle mie disgrazie o difficoltà. La prospettiva che la mia responsabilità debba essere proporzionalmente ridotta rende i miei affanni più sopportabili e l’atmosfera intorno a noi più distesa. Perciò, un nugolo di istanti più tardi, sfoggio un sorriso monello e mi volto a guardare Thalia.
«Ma perché mai dovrei stupirmi, del resto, al cospetto di una Caposcuola coi fiocchi.»
Ramingo

Nieve Rigos | 23rd Dec | Hogwarts Express | Outfit
 
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Nieve è così: facile a mutare come il tempo e, se da un lato son quei suoi repentini cambiamenti a darle qualcosa a cui pensare e per cui preoccuparsi come una madre affranta, dall’altro è la sfaccettatura del suo carattere che più apprezza. La versatilità di una persona in apparenza rigida come uno stoccafisso, convinta che le proprie idee siano le sole a possedere un valore reale, che poi diviene cangiante - a volte in senso letterale, basta guardarle i capelli! - e cambia sfumatura ed espressione. Il suo gergo colorito, quello un poco più solenne, lo sguardo di ghiaccio che si mescola alla giada liquida. Nulla di Nieve la sorprende più, eppure in qualche modo Thalia sa di non potersi acclimatare nella quiete. La tempesta, con la Rigos, è sempre in agguato. Le stringe perciò la mano nella sua, per far durare un po’ di più quella calma ritrovata, la pace nell’animo dell’amica che così difficilmente riesce a restare in lei per più di cinque maledettissimi secondi. Le ha taciuto la consapevolezza di aver detto una scemenza, lei al Destino non ha mai creduto e non ci crederà mai, ma sa anche quanto lei abbia bisogno di affidare la sua storia - il suo passato - alle sapienti mani di tre Parche troppo impegnate ad annodare un filo a destra e a tranciarne uno a sinistra. Se fosse tutto scritto, Nieve si farebbe una ragione di quanto le è accaduto e di quanto ancora le succede; non sta a lei appesantirla con la triste verità che nulla accade per caso e che pure le scelte subite sono frutto del libero arbitrio di qualcun altro, in carne ed ossa. Straluna gli occhi e un buffetto sul palmo fresco di Nieve sancisce la separazione tra le loro dita. «Amber non ha ancora finito.» mugugna, il sorriso malizioso a fior di labbra. «E non è detto che sarò io a succederle.» Non si fa illusioni: molti studenti dotati potrebbero superarla nella corsa alla Spilla più prestigiosa di tutte. Lei, naturalmente, ci ha messo del suo per dimostrarsi valevole abbastanza, ma la decisione ultima, lo sa, non spetta affatto a lei. Ciò che la spaventa è che sua madre possa restar contrariata dalla sua esclusione al ruolo: teme che, come spesso accade, si rivolga a lei con sdegno e - sperando di incitarla a dare ancor di più, più di quanto non faccia - finisca con l’affossarne ogni buon proposito. Sua madre ha lottato per tutta la vita per un nome che avesse significato, mentre lei - nata e cresciuta nella bambagia - spesso non si rendeva conto della propria fortuna. «Immagino la faccia di mia madre...» sospira infine, intrecciando le dita alla base dello sterno. Le palpebre sono chiuse, non vuole vedere l’espressione di Nieve una volta che avrà finito di parlare. «Quando sono diventata Prefetto mi ha praticamente detto che quello era il minimo che si aspettasse da me. E se dovessi perdere l’occasione di diventare Caposcuola, come se dipendesse davvero da me, sono sicura non mi parlerebbe proprio.» La sua voce nasale trasmetteva il risentimento verso quella figura materna che per lei, nonostante le divergenze, continuava a valere qualcosa, e Nieve avrebbe capito da questo e dal fatto che ne avesse finalmente parlato, quanto l’argomento nascondesse in realtà il desiderio di rendere Leanne Lynch davvero fiera di lei. Soltanto per una volta voleva essere la figlia perfetta che lei avrebbe saputo ammirare.
Ramingo

Thalia J. Moran | 23rd Dec | Hogwarts Express
 
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Uno schizzo di tristezza imbratta il mio animo, non appena la presa tra le nostre mani di scioglie. Lo so che non dovrei, che questo gesto non significa nulla, che esistono una miriade di fili iridescenti a collegarci e a fortificare il bene che ci vogliamo, eppure… Eppure il mio corpo conserva il ricordo del rifiuto e dell’abbandono e io non sono capace di controllare le sensazioni che piccoli episodi come questo sono capaci di ingenerare in me.
Il suono delle mie parole giocose, prima, e la risposta di Thalia, poi, mi aiutano a oltrepassare l’ostacolo del mio passato appena rievocato e dirottano altrove la mia attenzione. Negli anni, ho avuto modo di cogliere la complessità del rapporto tra la mia migliore amica e sua madre; sopra ogni cosa, ho intuito quanto dura possa essere la scorza di Leanne Lynch. Il giorno che mi sono imposta di ufficializzare l’invito a trascorrere una porzione d’estate in Toscana, l’ho fatto con la leggerezza un po’ sfrontata che mi contraddistingue, ma anche col timore di veder sfumare senza possibilità di replica il mio sogno vacanziero per un rifiuto troppo netto per essere contrastato. Averne ottenuto la benedizione ha in qualche modo reso più complessa la mia idea sulla figura che ricopre un ruolo apicale nella vita della Moran. E adesso, se possibile, sono di fronte ad un ulteriore frammento che ne complica la caratterizzazione.
Stesa sui sedili, osservo la condensa di cui sono cosparsi i vetri dei pannelli che separano il nostro scomparto dal corridoio comune; poi, getto un’occhiata di sottecchi in direzione di Thalia per capire quale sfumatura d’espressione abbia finito col rispecchiare sul suo volto la leggera esasperazione che trasmettono le parole. Se finora ero dell’opinione che Leanne somigliasse un po’ a Grimilde, ora devo tacciare categoricamente di erroneità tale mia conclusione. Per testarda, irascibile e a tratti impossibile che sia la donna al quale devo la mia seconda vita, non ha mai mancato di gioire dei miei successi — perfino dei più modesti — e di spronarmi a credere in me ben più di quanto io non abbia mai fatto. I nonni mi adorano di un affetto così profondo da rendermi vulnerabile, ma Grimilde… L’amore di Grimilde è feroce, indomito, radicato e, a un tempo, sconfinato. Lo sento in ogni più piccola particella dello spazio che ci separa ogni qualvolta mi vede felice, o nel turbamento che la assale tutta quando teme per la mia serenità, o nella vividezza che la accende da capo a piè tutte le volte che ottengo un buon risultato e inneggia al festeggiamento.
Che Thalia non possa godere della medesima fortuna mi spezza il cuore, in quel modo simpatetico che può provare soltanto chi abbia conosciuto il senso di inadeguatezza e il disperato bisogno di accettazione. Non posso fare a meno di chiedermi, sgomenta, come sia possibile che Leanne non capisca quanto sua figlia sia incredibile. Ai miei occhi, non c’è nulla che non vada in lei, eccetto lo sfinimento cui si costringe nel perseguimento dell’eccellenza. È bella, beneducata, signorile, intelligente, gentile, fastidiosamente brillante, moderata, acculturata, appassionata in quella sua maniera un po’ controllata che dipende dall’educazione ricevuta e che, invece di farla apparire fredda, le conferisce un fascino assolutamente singolare. Thalia è tutto ciò che so di non essere — il mio esatto contrario — e che non oso neppure aspirare a diventare. Una divinità, nella sua perfezione, si può soltanto adorare, del resto.
«Ti stai ponendo un problema che non esiste, Morry» le dico, dopo aver soppesato a lungo le parole. «Le voci di corridoio non sono mai soltanto voci di corridoio e Tassorosso ha bisogno di te». Non menziono Amber perché farlo implicherebbe rivelare a Thalia quanto disprezzi la sua attuale Caposcuola, cosa che mi sono guardata bene dal fare. «Sei nata per essere una leader, per ricoprire questo genere di ruolo. Sai essere giusta, ligia, composta, attenta al dettaglio e maniacalmente precisa. Pretendi da te stessa un impegno che non eguaglia nemmeno minimamente quello che una metà di scolaresca chiede a sé stessa. E ottieni i risultati che desideri, sempre. Ma non è solo quello, se non dovesse bastarti». Sebbene mi sia ripromessa di evitare paragoni con la Hydra a voce alta, non mi sono mica imposta lo stesso divieto nel silenzio del mio io. E di paragoni in mente me ne vengono eccome. «Sei anche capace di instaurare un contatto con gli altri. Sei partecipe delle difficoltà di chi ti si avvicina e ti faresti in quattro per aiutarlo, prendendo la causa sulle spalle come se fosse un po’ anche tua. È di questo che ha bisogno una Casata: di qualcuno da guardare non da lontano perché troppo etereo e irraggiungibile e intoccabile, ma di una figura da avere come riferimento perché se ne ha stima, rispetto e ammirazione. Deve essere qualcuno su cui poter contare davvero e non l’ultima spiaggia a cui rivolgersi per paura di sembrare piccoli e stupidi. E tu hai tutto questo più di chiunque altro». Il motivo per cui ho apparentemente sorvolato i riferimenti a sua madre finora sta nel timore di mettere bocca su un argomento di cui so davvero troppo poco per non incappare nel rischio di sbagliare; e vorrei che Thalia si sentisse a proprio agio nell’approfondire la questione spontaneamente come l’ha estratta dal cilindro delle proprie tribolazioni pochi minuti fa, non perché sollecitata dalla mia pur benevola curiosità. Le rivolgo un sorrisone. «Questo è per dire che mi aspetto una foto dell’espressione sulla faccia di tua madre quando quella spilla sarà appuntata al tuo petto. Perché io lo so, lo so che sarà così. E tu dovrai offrirmi un bicchiere di buon vino elfico. Anzi, una bottiglia».
Il rumore del carrello dei dolci in avvicinamento, mescolandosi al desiderio di alcol, crea un piacevole spasmo nel mio stomaco. Così, con espressione furfante, allungo la mano in direzione del mantello e, frugando nelle tasche, agguanto la sacca con galeoni, falci e zellini. Thalia potrà anche essere scaramantica, forse, ma non è il mio caso. Quindi, un festeggiamento anticipato mi pare d’obbligo, che lei lo voglia e se lo aspetti oppure no. Anzi, soprattutto se no.
Ramingo

Nieve Rigos | 23rd Dec | Hogwarts Express | Outfit


Secondo regalino... Oppeseeeeee! *squalyfurby*


Edited by ~ Nieve Rigos - 4/10/2020, 14:53
 
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La venerazione che Nieve nutre nei suoi confronti è difficile da nascondere e, se solo sapesse quanto Thalia vorrebbe non essere ciò che è per la metà del suo tempo - quella metà in cui ricorda di aver un magazzino mentale di segreti e omissioni del tutto personali -, forse smetterebbe d’incoraggiarla come sta facendo. Sa di non meritare tanta devozione, poiché lei stessa conosce il limite che discerne il lecito dall’illecito nell’amicizia. E’ lecito, ad esempio, che Nieve voglia vederla realizzata in ogni modo. Non lo è, invece, che si illuda di aver per migliore amica una ragazza avvezza a raccontar menzogne per tirare avanti, in attesa di una risposta dall’alto che forse non arriverà mai. Rimpiange quanto è accaduto, sa bene che non potrà rimediare al torto inflitto a Mike, ma sa anche quanto tutto ciò sia stato maledettamente necessario. In quel momento, mentre le parole di Nieve le piombano addosso come proiettili - e non come petali di fiori, morbidi e dal dolce profumo - sente il bisogno di continuare a serrare le palpebre, fingendo di non vedere quanto lo sguardo dell’amica brilli della luce che, idealmente, lei emana. L’immagine che Nieve ha di lei è distorta, da - forse - brava manipolatrice qual è. Questo, del resto, le ricorda che anche sua madre lo è e di quella capacità è riuscita a far virtù e mestiere. Si somigliano più di quanto le piaccia ammettere e il ritratto che Thalia dipinge di se stessa, quando la consapevolezza la colpisce in pieno petto, quasi la disgusta. «E’ questo il problema, Nì.» sussurra, la linea delle labbra distorta da una smorfia maliziosamente amara «Mia madre sarebbe orgogliosa di me.» Lo dice come se fosse un peccato, come se l’essere Caposcuola fosse una dannazione eterna. «Lei non è mai stata Caposcuola.» spiega svelta, mantenendo chiuse le palpebre e crogiolandosi nel buio che quelle le forniscono. L’oscurità, a volte, è sua fedele amica. «Perciò sarebbe un traguardo più suo che mio. E lo sai com’è fatta. Deve scandagliare ogni cosa, sezionarla e trovare il punto esatto in cui il suo intervento sia stato determinante.» aveva raggiunto quella consapevolezza quando le aveva rivelato di essere una Legilimens in erba, un talento che forse aveva ereditato da lei, al pari della capacità di chiudere la mente - alla pari di suo nonno e del padre di questo prima di lui. Ogni volta che ci pensava rifletteva sul fatto che non fosse altro che il risultato di meriti altrui, il prodotto di un condizionamento che nulla aveva a che vedere con le sue propensioni naturali. Si poteva dire che l’amore per lo studio fosse da tributare alla nonna Shyneid o all’influenza di zia Ellen; la sua bontà di fondo un retaggio esclusivamente paterno. Cominciava a dubitare seriamente di che cosa fosse suo merito e di che cosa, al contrario, non lo fosse e rimpiangeva l’assenza di radici di Nieve, dato che proprio quelle radici avevano cominciato a stringersi su di lei con una morsa dalla forza soffocante. Non avrebbe mai osato dire alla Rigos che le invidiava il suo status di orfana, sarebbe stato troppo persino per Nieve accettare un’affermazione del genere, ma le riconosceva spesso che la mancanza di legami fosse la sua fortuna e la sua rovina, allo stesso tempo. In un certo senso, Nieve era lo specchio - a suo avviso - di come sarebbe stata semplice la sua vita se il pregiudizio e i preconcetti non fossero mai esistiti. Eppure, sapeva di dire una sciocchezza, di desiderare qualcosa di fondamentalmente sbagliato e molto molto triste. «Non oso immaginare che cosa mi dirà quando le rivelerò i miei piani dopo la scuola.» sospira e finalmente spalanca le palpebre. La luce naturale alle sue spalle, per un istante, l’acceca. Non ricorda di aver parlato alla Rigos di quel piano, perché farlo avrebbe significato riferirsi ad un momento futuro nel quale le loro strade si sarebbero divise: niente più ronde serali, nessuna chiacchiera nei corridoi o esercitazioni e suggerimenti su incanti nuovi e pozioni complicate. Il futuro la spaventava quanto il passato, ma Nieve di questo non sapeva assolutamente nulla. Era come se, in fin dei conti, la Rigos conoscesse la sua parte più intima, ma non fosse consapevole dell’esistenza di un emisfero di quel carattere a lei sconosciuto e soprattutto intangibile. Non sapeva perché non le avesse mai raccontato nulla: a Weiss non era accaduto nulla, non ancora, dopo che la sua rivelazione aveva fatto breccia tra loro tanto tempo prima. Il tintinnio delle monete interrompe quel flusso di pensieri senza freni e il volto si volge nella sua direzione, mentre un accenno di sorriso torna ad illuminarle il viso. «Ne riparliamo dopo le vacanze...» la punzecchia, il sopracciglio inarcato a simulare l’espressione più sorniona che le riesca di fare. Non può fare a meno di pensare che senza di lei il tedio delle sue giornate sarebbe infinitamente maggiore e terribilmente insopportabile.
Ramingo

Thalia J. Moran | 23rd Dec | Hogwarts Express
 
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view post Posted on 20/10/2020, 15:30
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Avete presente i raminghi, no? Quegli uccelletti che saltellano buffamente di ramo in ramo perché ancora incapaci di volare, ma divorati dal desiderio di conoscere più approfonditamente il mondo sconfinato e misterioso che li circonda. Ecco, è con quella stessa incertezza che mi pare di muovermi ogniqualvolta si affronti un argomento sul quale temo di non avere la giusta preparazione. Sono molti, invero, i settori non di mia competenza, ma tutto ciò che riguarda i sentimenti profondi, i legami duraturi e le dinamiche familiari mi fa sentire come se mi trovassi nel mezzo di un esame di Sua Eccellenza Dorian Hades Midnight: maledettamente ignorante. Le ragioni, ovviamente, stanno nelle lacune di cui è costellata la mia vita e che attengono principalmente al mio passato da piccola fiammiferaia, eppure mal sopporto la prospettiva di portarmi ancora dietro un simile retaggio. Diamine, dopo gli anni trascorsi a Londra e il percorso di crescita che ne è seguito, ci si aspetterebbe che le spiegassi, quelle stupidissime ali, e spiccassi il volo. Invece, come al solito, sono l’ultimo fagottino di piume rimasto legato al nido dalla paura di schiantarmi al suolo. Non che i miei timori siano sciocchi, insomma. Non dev’essere piacevole spezzarsi tutti gli ossicini e restare immobili sul terreno in balìa di eventuali predatori; ma non posso neppure privarmi della gioia di uno svolazzo solo perché potrei sbattere il becco sulla corteccia di un albero e scordarmi pure come si cinguetta.
La signora col carrello dei dolci, con la sua voce materna, mi ridesta e le rughe d’espressione insorte a seguito del sopraddetto ragionamento prendono a distendersi lentamente. Mi alzo, allora, e apro il portello scorrevole per impedire che passi oltre. Prendo di tutto un po’: le mie amatissime cioccorane e qualche altra leccornia che sollecita la mia salivazione, dopodiché compro tutti i pezzi preferiti di Thalia senza dimenticarne neppure uno né lesinare sulle quantità. La rivenditrice fa una battuta di spirito sulle intenzioni del Prefetto Rigos, che non ha mai visto così in vena di dolci, e io le sorrido senza l’entusiasmo birbone delle altre occasioni giacché il mio cervello si sta ancora arrovellando sulla risposta della Moran. Quando ripongo tutto disordinatamente sul mio sedile e porgo alla mia migliore amica un bicchiere fumante di una bevanda azzurrognola che mi è sembrata ottima per liberarle il naso, ho deciso di non voler fare cadere il discorso, pur avendo la sensazione di essere a un passo dallo sfracellarmi malamente a terra sotto il peso della mia ignoranza.
«Non importa, comunque» dico, allora, seria. «Non importa se e quale contributo tua madre, o chi per lei, abbia dato nel farti diventare la persona che sei. Sei stata tu ad affrontare le tue sfide, a tagliare i tuoi traguardi, a commettere i tuoi errori. Se dovessimo pensare che chi fa parte della nostra vita — evito accuratamente il termine “famiglia” perché sento di non avere il diritto di vantare una qualsiasi discendenza capace di accomunarmi a Thalia — sia sempre con noi in spirito, io dovrei essere portata a rubacchiare qui e lì e a darmela a gambe a suon di urla e saltelli giocosi tenendomi la sottana come faceva Ỳma». Le mie labbra si arricciano in un sorriso dal sapore ibrido: un po’ mi immalinconisce il pensiero della mia balia, un po’ mi ringalluzzisce perché… Merlino, era così meravigliosamente pazza! «Quello che voglio dire è che non mi sembra giusto ragionare come se non ci appartenesse niente di ciò che facciamo. Se così fosse, dovrei pensare che abbandonerei anche’io mia figlia come ha fatto mia ma- mia madre e, invece, non ci penso nemmeno. Non lo farei mai e poi mai. E tu non sei Leanne Lynch. Il fatto stesso che tu sia diventata Caposcuola e lei no ne è una dimostrazione».
Il mio ragionamento è semplice, così tanto che non posso fare a meno di chiedermi se non abbia parlato da superficialotta. È che il più delle volte non sono in grado di spiegarmi come vorrei. Non possiedo il talento di chi si rapporti alle persone con naturalezza e sappia quali parole pronunciare per suscitare empatia, conforto, divertimento o semplicemente benessere. La mia dialettica lascia a desiderare, questo devo concederlo al Midnight. Però, non posso nemmeno sempre starmene zitta e correre il rischio che Thalia pensi di me che non abbia a cuore i suoi interessi. Cioè, se io potessi scegliere il modo migliore di aiutarla, preferirei andare da sua madre e dirle, con le mani posizionate sui fianchi e un atteggiamento che come minimo la indispettirebbe, “Tu non c’entri niente con i successi di Thalia e farle credere che sia il contrario è molto egoista e sbagliato da parte tua” — l’azione mi è davvero tremendamente congeniale; tremendamente, appunto, sottolineerei. A voler consigliare la mia migliore amica a quattr’occhi, invece, ho l’impressione di essere fuori posto; di suscitarle disagio misto a tenerezza e perfino un po’ di insoddisfazione. Le amiche sanno aiutarsi e sostenersi. A cosa servo io, se non a farle da zavorra, se non sono neppure capace di offrirle un punto di vista che sia di consolazione?
Tengo il capo chino e mi cimento nell’atto di scartare una cioccorana per nascondere l’imbarazzo che mi ha tinto gli zigomi alti. «Insomma, io la penso così. È per dire che non tutto quello che fai deve girare sempre intorno a tua madre. C’è anche farina del tuo sacco».
Ramingo

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Come al solito la disarmante verità fa capolino tra le labbra di Nieve e trova terreno fertile nel suo esser bisognosa di rassicurazioni. Lei non lo sa che arriveranno tempi bui, in cui ogni angolo sarà fatto di ombre e paura; per ora, percepisce il sollievo che dà la sensazione d’esser compresa e rivela all’amica di sempre quello stato d’animo rincuorato con la smorfia divertita che sempre le suscita. «Se non fossimo amiche direi che questa potrebbe essere una sviolinata, Rigos.» si mette finalmente a sedere e tace, sperando che il concetto espresso da Nieve si depositi al fondo del cuore, che duole sempre un poco quando ripensa a Leanne. Una vita trascorsa a provare ad essere perfetta solo per piacerle e dare a tutti l’impressione che tutto sia rose e fiori. Aggiunto a tutto il resto, questo crea soltanto un quadro di falsità ed omissioni nel quale ha imparato troppo presto - e bene - a muoversi. Se l’adolescente seduta di fronte a lei potesse anche solo immaginare quanti segreti nasconde, forse non sarebbe così benevola nei suoi riguardi. Thalia sa che pagherà caramente il prezzo del silenzio. Lo ha già pagato quell’estate e non le risulta difficile credere che sarà peggio di così, in futuro. Sì, perché è vero che c’è farina del suo sacco in tutto quello che fa, dice e pensa, ad un livello tale che il senso di colpa ormai la divora da dentro, come un tarlo infilato tra le fibre di legno di una vecchia casa. Ma che cosa può saperne Nieve, che vive il mistero più grande della vita apparentemente facendosene beffe? Non le importa di essere orfana - ora che Grimilde e Julian sono la famiglia, forse non proprio perfetta, di cui aveva bisogno - e di certo non rimpiange i cenci o Ỳma. «Sai, sono quasi contenta che tu non la conosca.» sussurra infine, scartando una caramella «E’ brava quasi quanto me a entrare nella testa delle persone.» aggiunge e, senza volerlo davvero, trattiene il respiro per la verità che ha infine rivelato. Il suo essere Legilimens non è noto ad anima viva, non tra le mura della scuola. Chiunque potrebbe scoprirlo, comunque, e Nieve lo fa nel modo più innocente. Lo scopre per caso e fa sì che - forse - si crei il lecito dubbio che proprio lei, la studentessa modello e l’amica più cara, possa aver usufruito della sua mente al pari di punto informazioni nel mezzo di una stazione ferroviaria. Ha deciso da molto tempo, però, che non userà mai quella vocazione naturale per arrecare danno. Si aspetta che Nieve dica qualcosa che la inciti a rivelare tutto il resto - oppure a non aggiungere nulla. La paura del giudizio la pietrifica, anche se le valutazioni della Rigos non sono mai troppo lapidarie; eppure, in questo specifico caso freme dalla voglia di sapere cosa ne pensi, quali sensazioni quella scoperta le susciti e se cambi qualcosa tra loro. Aveva giurato di non rivelarlo mai, ma a Mike l'aveva detto e nei suoi occhi c'era la paura, lo ricorda estremamente bene, di scoprire il fianco. Pur avendolo rassicurato, lo aveva sentito scivolare via da lei, insieme a parte di quel sentimento che li legava. Come se fosse colpa sua. Come se l'avesse scelto consapevolmente. Ora, e questo la spaventa anche di più, Nieve può prendere la stessa decisione. Il solo pensiero le attorciglia lo stomaco. Nieve non è Aiden Weiss. Non si sottoporrebbe mai alla prova del fuoco per dimostrarle che non ha paura. Non potrebbe mai spalancarle le porte della sua mente con tutti gli spettri che la abitano. «Non scherzavo quando dicevo che seziona ogni cosa per scoprire la verità.»
Ramingo

Thalia J. Moran | 23rd Dec | Hogwarts Express
 
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view post Posted on 18/11/2020, 19:08
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La confessione di Thalia sarebbe caduta nel dimenticatoio, passando inosservata, se il mio sguardo non avesse colto l’espressione sul suo volto e la mia mente, di conseguenza, non si fosse sentita in dovere di indagare e comprendere.
Quando riesco in entrambi siffatti intenti, le mie sopracciglia scattano verso l’alto e gli occhi si sbarrano vistosamente; la bocca fa seguito l’attimo successivo, spalancandosi. Ci sono almeno un triliardo di cose che vorrei dire nel momento che sto vivendo; sono talmente tante che, forse per una questione di sovraffollamento, non mi riesce di pronunciare nemmeno una parola. Sono sbalordita in quel modo genuino che hanno i bambini di meravigliarsi di fronte alle novità.
A dispetto dei timori di Thalia, non c’è nessun accenno di biasimo sui miei lineamenti, né l’ombra del sospetto. Non sento di dovermi proteggere da lei, non dopo quanto ha fatto per me. È la mia migliore amica, la sorella che ho scelto di avere al mio fianco e che è rimasta perfino quando mi sarei aspettata che fuggisse. E, sì, ci sono cose che le tengo nascoste, ma non è per mancanza di fiducia. È solo per vergogna.
Al netto del twist al quale è appena andato incontro la nostra conversazione, mi rendo conto che esistono due modi di reagire di fronte a quanto ho appreso: travolgerla coi miei quesiti — “quando sei diventata Legilimens?”, “chi ti ha insegnato?”, “non ti sembra scorretto diventare sempre più brava ogni giorno che passa, eccheddiamine?” — oppure smorzare la tensione nella maniera che solo io so mettere in pratica. Certo, la mia prossima mossa non è una di quelle che farei così a cuor leggero di solito, eppure una sensazione di divertimento sottile comincia a farsi spazio attraverso lo sgomento non appena immagino la reazione di Thalia. Questo, di solito, è il segnale che aspetto per lanciarmi nel vuoto e sgominare i dubbi: se l’ipotesi di compiere un’azione riesce a farmi sorridere, i suoi effetti non possono essere così disastrosi — una filosofia spicciola o, come preferisco etichettarla io, pragmatica.
«Quindi, se ora provassi a frugare nella mia testa, scopriresti in un battibaleno che ieri ho fatto sesso con Rupert?»
Sgancio la bomba con lo stesso piglio stupito dell’inizio, smorzato appena dalla leggera inclinazione che interessa l’angolo destro della mia bocca. Ho usato una moneta di scambio equa, per quel che mi riguarda. Thalia mi ha dato un pezzo di sé e io le ho dato un pezzo di me. In effetti, potrei averlo fatto adesso per metterla nella condizione di non rimproverarmi troppo duramente per la mia avventatezza — il suo segreto, in fondo, è un Signor segreto —, ma in linea di massima prevalgono le buone intenzioni. Voglio metterla a suo agio e, al contempo, tranquillizzarla. Qualunque siano le sue paure riguardo al mio giudizio, non sono altro che infondate. Per quanto ne so io di Legilimanzia — davvero poco, in verità —, non ha mai ucciso nessuno. Inoltre, la fiducia che ripongo nella Moran è tale da impedire che qualsiasi forma di ritrosia germogli. Almeno per il momento...
Ramingo

Nieve Rigos | 23rd Dec | Hogwarts Express | Outfit
 
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view post Posted on 7/12/2020, 22:28
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Mankind has legs so it can wander.

Si aspetta una forma di ritrosia che non arriva, una paura atavica dell'ignoto che si manifesti nella forma di sdegno più simile alla paura. Si aspetta che Nieve si ponga la domanda da un milione di Galeoni, quella che anche Mike - solo un paio d'anni prima - si è posto al momento della grande rivelazione. Il Prefetto Serpeverde non ha mai accennato apertamente a quella domanda, ma i suoi occhi e i suoi gesti hanno conversato col suo volto e il suo corpo con la stessa efficacia: Mike aveva timore di ciò che lei era e questo, a lungo andare, aveva allentato i nodi che li tenevano uniti. Ora, Thalia teme che Nieve senta l'esigenza di fuggire - come chiunque sano di mente farebbe - da qualcosa che non può fermare né comprendere appieno. In un angolo del suo cervello impera la convizione che lei non sarà come tutti gli altri, che non sarà schivo quanto lo è stato Mike. In cuor suo, Thalia sa che Nieve non l'amerà di meno solo per quella sua piccola storta. Cerca di leggere tra le sue sopracciglia, in quella piccola ruga che ogni tanto si forma lì in mezzo, lo stupore che solitamente segue una gran rivelazione; ammira le labbra che si schiudono e lasciano fuoriuscire il respiro, trattenuto fino a quel momento. Ascolta il silenzio e lo fa proprio, mentre gli occhi dell'una s'incatenano a quelli dell'altra. Nieve non fuggirà da lei. Ne è sicura.
«Per fortuna non funziona così.» la voce nasale cela il falso sdegno e si rende conto della verità che l'amica le ha donato con poca cura. Come al solito, riflette, Nieve ha agito d'impulso e il povero Rupert ci è cascato per la milionesima volta. Di lui, però, non le importa. «Non ho scelto di impararlo.» mente, sapendo di mentire. Winston Querril è stato un incontro fortuito, ma la sua decisione è stata chiara: all'offerta che lui le fece, quand'era solo una ragazzina, lei non aveva saputo dire di no. La possibilità d'essere preda e predatore insieme, Occlumante e Legilimens al tempo stesso, l'aveva letteralmente esaltata nei suoi acerbi tredici anni. A distanza di anni, non riesce a capacitarsi di quanto sia stata superficiale. Udire i pensieri altrui come fossero propri, sfruttare la debolezza dell'altro per trarne vantaggio. Fa tutto parte di un gioco ben strutturato - quello della magia - che non capisce e voleva comprendere, il cui pegno, però, è il destino della propria coscienza. Se volesse, potrebbe scoprire cose ben peggiori sul conto di Nieve: il suo passato, quello che lei crede di non poter ricordare, o i suoi segreti inconfessati; eppure non può, perché quella dannata maledizione si manifesta a suo piacimento. Ancora non si controlla. Ancora non la controlla. E questo, ovviamente la terrorizza. «Non... sul serio non ti turba?» glielo chiede quasi sbottando, come se fosse offesa per una mancata reazione da parte sua.
Si aspettava gli strepiti, le domande indiscrete, i commenti al vetriolo. In verità, ha sempre saputo quanto Nieve sia diversa dal resto del mondo. Forse è anche questo ad unirle in modo così indissolubile. «Se lo fossi lo comprenderei. Non saresti la prima persona a guardarmi come se non potessi più fidarti di me.» Vorrebbe suggerirle di scappare, di prendere il largo e lasciarla sola alle sue manipolazioni. Vorrebbe anche, però, che scegliesse di restare pur conoscendo quella che lei crede sia la sua parte peggiore.
Ramingo

Thalia J. Moran | 23rd Dec | Hogwarts Express


Edited by Thalia Moran - 23/12/2020, 22:12
 
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view post Posted on 21/12/2020, 20:17
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entropia.

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We’re walking the wire, so look out down below

«Sei così intelligente, Morry, eppure a volte sai essere così incredibilmente sciocca.»
Il concetto fuoriesce senza fronzoli, nello stesso modo in cui l’ho pensato; a tratti, credo di provare una punta di irritazione per ciò che mi è stato detto. Non so se il fastidio dipenda dal dubbio che si cela dietro la domanda di Thalia o se dall’impressione ch’ella abbia scordato chi sono stata e ancora so essere; o, magari, da entrambe le due cose.
«A parte il fatto che non capisco perché pensi di essere un mostro per questa cosa, sei una delle poche persone dalla quale non fuggirei. Se non ti ho confessato tutti i miei segreti, è perché temo che tu possa guardarmi diversamente, sapendo come sono cresciuta e cosa mi è accaduto. Non certo per mancanza di fiducia.»
Quello che dico è vero, lo sento e ci credo. Ne è testimone l’espressione indispettita alla quale ho involontariamente ceduto e che ora le sto rivolgendo — ah, gli umori adolescenziali!
È vero anche, però, che vi sia un’eccezione: esiste un intero scomparto di ricordi che non vorrei condividere con nessuno e che ha per protagonista Astaroth. Il motivo è che la ritengo troppo preziosa per il mio cuore da temere un eventuale giudizio negativo da parte degli altri. L’ho talmente idealizzata che, perfino nel condannarla, non riesco a non vedere la straordinaria bellezza che emana da lei. Se qualcuno osasse smentire questa mia certezza, non sarei in grado di sopportarlo.
«Sai fare una cosa che ti rende speciale, non spazzatura da evitare. E…»
Intuisco subitaneamente quale sia il problema che affligge la mia migliore amica. Se la conosco bene come penso, teme che questa sua capacità — che per me rimane un dono — possa essere vista come un’arma pericolosa. E, forse, dovrei abbracciare il ragionamento, se non per sposarlo, quantomeno per considerare quali risvolti possa avere un’invasione della mia più profonda intimità, ma non ci riesco. Il mio giudizio, quando si tratta di Thalia, non conosce il rigore e, per lucido che sia il più delle volte, viene e verrà sempre sporcato dall’affetto che mi lega a lei.
«Ed è il modo in cui deciderai di usarla a renderti diversa da chi potrebbe comportarsi malignamente. Dannazione, sei la persona più corretta che io conosca! E scommetto che tu non abbia mai frugato nei pensieri della gente per ottenere qualcosa. Non è così?»
Se, sulla bocca di un altro, la mia domanda suonerebbe anche solo parzialmente inquisitoria, sulla mia ha il tono di una sfida. Sono talmente certa della risposta che metterei mano alla saccoccia e punterei tutti i miei galeoni su Thalia senza un briciolo di esitazione. E vincerei. Oh, se vincerei!
Sbuffo, lasciandomi andare contro i cuscini del sedile come se alterarmi con lei mi avesse sfiancata. Il mio sguardo saetta in direzione del paesaggio oltre il finestrino e una piccola stretta allo stomaco mi fa mancare il fiato. Succede tutte le volte che abbandono Hogwarts, l’unico posto che abbia mai sentito veramente casa.
«Ti va di dirmi un po’ di più? Di spiegarmi meglio?»
Il tono è, adesso, più dolce e conciliante. Com’è tipico del mio carattere, mi accendo e mi spegno molto facilmente. Adesso, tutto ciò che desidero è sentire quali paturnie abbiano infestato la testolina rossa che ho di fronte e provare ad offrirle un punto di vista diverso, che le alleggerisca il pensiero.
Ramingo

Nieve Rigos | 23rd Dec | Hogwarts Express | Outfit
 
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view post Posted on 23/12/2020, 23:05
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You can take the darkness out of the man, but you can't force him to step into the light.

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Mankind has legs so it can wander.

Non ci sono dubbi che Nieve possa non essere davvero seria: ogni sua affermazione cela la verità assoluta del suo pensiero, per quanto travolto dalle emozioni che la muovono; tra queste, l'affetto che l'islandese prova per lei forse distorce appena la più coerente tra le reazioni possibili. Lei stessa ha imparato dell'esistenza dei Legilimens dal nonno, quando pochi mesi prima che lei diventasse una di loro, le aveva spiegato come un mago possa usare - ed abusare - di una capacità simile. Tra tutti gli insegnamenti dell'anziano ex Auror, quello le è rimasto appiccicato addosso come a seguito di un Incanto di Adesione Permanente. La sottile linea che separa il lecito dall'illecito non è mai stato un confine confuso; ciò che la spaventa implicitamente è diventare parte di quell'abuso di cui lui le ha raccontato. Quindi tace e asseconda Nieve nel suo panegirico usuale. In qualche modo, la sua migliore amica non crede possibile che lei possa diventare ciò che teme più di ogni altra cosa. Chi può dire che cosa passi davvero per la testa a coloro che scelgano di compiere un viaggio solitario tra i ricordi, le sensazioni e i momenti più privati di un essere umano? E chi può dire che un giorno non capiterà la stessa cosa a lei? Potrebbe esserci un motivo valido per valicare un confine sacro come la mente umana? E' la risposta che si affaccia con facilità tra i suoi pensieri in quel momento a indurla a tacere ancora, poiché sa che per un solo scopo - uno soltanto - sarebbe disposta a cedere all'impulso peggiore. Eppure non lo dice, ricaccia indietro quella risposta e la imprigiona in un angolo remoto del suo Io più recondito. E' costretta a farlo per non pensarci oltre e per non dare adito a Nieve di pensare male di lei, specialmente ora che è certa del contrario. Poiché percorrono lo stesso filone, parlando l'una e pensando l'altra, Thalia è sicura che Nieve possa voler mettere la mano sul fuoco a partire da una convinzione sbagliata, dal presupposto errato che la porta a parlare di qualcosa che non conosce pienamente. Scuote il capo alla domanda retorica di lei e si sfrega la fronte con le dita, il capo chino e l'espressione tra il pensieroso e il sofferente. Teme le possa salire la febbre all'improvviso, ma scaccia anche quell'idea. Di certo è l'argomento di conversazione, quello che le è sfuggito sbadatamente dalle labbra, a farle quello strano effetto.
«Non ho mai frugato nella testa delle persone...» ammette, infine, sollevando lo sguardo e ammirando il paesaggio innevato di là da quello. «Non volontariamente.» Quante scene ha spiato senza essere davvero in quei luoghi? Quante conversazioni? Quanti piccoli segreti quotidiani ha svelato senza volerlo davvero con ogni fibra del proprio essere? E quanta fatica ha fatto, poi, a cancellarne ogni traccia? «All'inizio non puoi proprio controllarti. Non è semplice spiegarlo.» appoggia la tempia al finestrino e si bea della frescura che questo le porta. Il suo sguardo vacuo dice più di quanto non facciano le parole che, nonostante la spossatezza, fanno capolino a pezzi e bocconi. «Hai presente quei momenti in cui ti dovresti concentrare e all'improvviso ti torna alla mente il ritornello dell'ultimo tormentone musicale?» è certa che Nieve capisca, ma attende un suo cenno di conferma prima di proseguire. Desidera davvero che lei possa capirla fino in fondo, anche nelle sue paure. Perché, anche se il loro rapporto è divenuto simbiotico ad un livello inesprimibile, Thalia non si concede facilmente, non nei suoi timori più nascosti. Non lo fa di proposito, per una sciocca vanità del momento, ma perché non ci riesce. Per quanto provi, non può proprio concedersi il lusso di cedere alle insidie delle piccole sfide quotidiane e di quel trambusto che è l'adolescenza, coi suoi pregi e difetti, ma soprattutto con le scoperte affrontate ogni giorno. «Immagina di essere in biblioteca, concentrata a leggere qualcosa che arriva perfino a turbarti. La tua concentrazione si affievolisce e le emozioni emergono. E s'incastrano perfettamente con quelle di qualcun altro. Qualcuno che non conosci e disgraziatamente si è seduto proprio accanto a te.» sospira, ma la fissa con intensità, quasi si aspetti di veder le labbra di Nieve schiudersi in una smorfia di disappunto o di orrore. «Poteva succedere anche con te, all'inizio, ma ho provato a usare la ragione per impedirmi di frugare lì dentro.» un cenno del mento e lo sguardo indicano la sua fronte «Con le mie sorelle è praticamente impossibile resistere, ancora oggi a volte. Iris mi rivela così tante cose ogni giorno... e Fiona. So quasi tutto di quello che fa. Non vorrei, ma succede.» O meglio, succedeva. Da quando suo nonno l'ha istruita meglio sull'Occlumanzia, proprio quell'estate, è riuscita a bilanciare meglio le due abilità che la rendono un piccolo mostro della manipolazione mentale. Racconta anche questo a Nieve e lo fa nella speranza che lei non la giudichi troppo duramente, adesso. «Non è ereditario, e questo credimi... mi conforta molto. Ma la famiglia di mia madre sforna Legilimens da generazioni. E mi stupisco di non averlo mai saputo, finché mia nonna non me l'ha confidato ridacchiando.» Il viso dai tratti pronunciati di Martha Lynch si distorce in un volto sorridente nella sua mente, con la risata argentina a risuonarle nelle orecchie. Quel momento imbarazzante nel quale le ha confidato la sua nuova specialità, sperando che lei avesse un rimedio per spegnere l'interruttore, si è reso orribile quando ha scoperto di come lei stessa l'abbia usato nel suo lavoro di giornalista. Di come sua madre, Leanne, faccia lo stesso nella sua carriera diplomatica. Solo quando serve chiosa, facendo eco alla precisazione della donna dal cipiglio severo. E' questo che lei non vuole essere: una di quelle persone capaci di sfruttare un'abilità senza prima averla capita pienamente e per scopi egoistici, benché questi possano nasconderne altri più nobili. «Non voglio essere tentata di usare questa... cosa per i motivi sbagliati.» e poi, in un sussurro che quasi chiede perdono, aggiunge «Mi capisci, ora?»
Ramingo

Thalia J. Moran | 23rd Dec | Hogwarts Express
 
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