«
Oh insomma, non erano questi i piani!»
Il commento indispettito di Prewett si pose come pietra miliare per tutta una serie di altri sussurri, singulti, e di tanto in tanto frecciatine e occhiatacce da parte dei clienti vicini. Il trambusto che il libro del Corvonero stava realizzando non poteva passare inosservato, era come assistere ad una fiera che aveva appena stanato la preda più gustosa, una preda che in quel caso era fatta di pagine di giornale e parole d'inchiostro. La copia della Gazzetta del Profeta era infatti andata distrutta, tutto quello che restava altro non era che carta stracciata. C'era da aspettarselo, il tomo
Mostro dei Mostri annunciava un ché di singolare fin dal titolo di copertina; forse il commesso non era stato chiaro con Jaehaerys, forse nella fretta di chiusura per l'allarme scattato non si era trattenuto in spiegazioni, o forse semplicemente aveva ritenuto superfluo aggiungere qualcosa al riguardo: l'esperienza faceva da apripista, si diceva, e così il volume manifestava il suo potenziale peggiore. Cominciò a zampettare sul bancone, trascinò via altri bicchieri e raggiunse perfino il Grifondoro Prewett, solleticandogli il polso destro in un graffio fulmineo. Il grido di protesta, tuttavia, fu presto sostituito dall'intervento tempestivo prima della Tassorosso e subito dopo dello stesso Corvonero: il libro scattò in alto, sospinto dalla ripetuta, inaspettata librazione. Lasciò scivolare via un ultimo bicchiere di burrobirra, per fortuna già consumata, e nell'impatto sul pavimento il vetro si spezzò in più frammenti, qualcuno pizzicò le braccia della Serpeverde e Tassorosso poco oltre. La strategia era andata in porto: privo di aggancio, il libro animatosi schioccò i denti aguzzi in un suono finale simile ad un colpo di frusta. Qando si accorse di non poter fare altro, sospeso a mezz'aria com'era, artigli e zanne si ritirarono tra la fitta peluria e le pagine che lo contenevano. Scendendo leggermente, poté così tornare tra le mani del Corvonero ed essere consultato senza più problemi: il risveglio, senza l'adeguata carezza necessaria, l'aveva stancato a sufficienza. Al capitolo dedicato alle bestie più pericolose, dopo un paio di paragrafi appena sfogliati Jaehaerys avrebbe potuto ripristinare la lettura proprio sui Grifoni. Una fotografia in movimento svettava nei suoi colori più vividi, a riprova di quanto una creatura magica del genere potesse essere affascinante. Il trafiletto trattava origine, descrizione fisica e caratteriale del Grifone, seguivano curiosità, leggende e testimonianze sul suo conto: quello non era il momento propizio per una lettura accurata, c'era molto da scoprire, ma anche solo ad un rapido sguardo le prime frasi avrebbero evidenziato la terribile pericolosità di tale specie. Originario della Grecia, metà leone e metà aquila, custodiva in sé il potenziale aggressivo di due creature imprevedibili, e la nota ripetuta più volte in grassetto chiariva qualcosa che avrebbe dovuto mettere ancor più sull'attenti:
"I Grifoni si nutrono di carne cruda [...] Anche il mago più abile difficilmente riuscirà a prevedere l’attacco di questa belva."
Informazioni, quelle, che potevano essere condivise con il resto del gruppo. Nel frattempo, Rosmerta aveva consegnato le ordinazioni necessarie e aveva seguito con nervosismo il siparietto al bancone: la situazione sembrava complicarsi secondo dopo secondo e rinnegò l'istinto di spedire tutti fuori. Il continuo, tuttavia, la lasciò basita: era stata lei a suggerire di parlare con il dipinto di Mirabella Plunkett, ma non aveva
mai detto di gridare ai quattro venti, in tutto il locale. Il Sonorus di Lyvie si unì all'anticipazione di altri studenti, la sua voce crebbe di intensità fino a somigliare ad un urlo da stadio. Le proteste sbocciarono in pochissimo tempo, la reazione della maggior parte dei clienti si esaurì come fastidio, enorme fastidio. Nessuno, comunque, sapeva come aiutarla, e un uomo di mezza età alla destra dell'ingresso raccolse quella che difatti era una risposta unanime. «
I parlanti di Maridese si contano sulla punta delle dita, ragazzina.» Ed era vero, nessuna lingua magica sembrava essere più articolata, complessa e difficile di quella. Quasi subito i vari clienti tornarono ai loro cliché, alle chiacchiere da caffè e ai commenti sulle ultime novità del mondo magico. Tuttavia, una vocetta stridula,
molto stridula, si alzò da un punto apparentemente indistinto nel pub. Dapprima come un fischietto, un suono prolungato, e poi come una voce modulata in sillabe, somigliava ad un canto stridente, acuto, piuttosto grezzo.
Prewett fu tra i primi ad accorgersene, e indicò avanti, mentre lo scoiattolino sgranocchiava di nascosto la glassa su uno dei cupcake.
«
Alla fine avete attirato la sua attenzione, il dipinto vi sta... parlando» L'ultimo verbo tradì il senso di una domanda: il suono giungeva infatti proprio da Mirabella Plunkett, aveva la bocca spalancata e la gola scoperta dai capelli ramati si alzava e abbassava come in un respiro difficoltoso. Non era chiaro se stesse tentando di comunicare o meno, quello che pronunciava era un guazzabuglio di melodie, e non era affatto piacevole: se quello era Maridese, di certo non somigliava alla promessa spettacolare della lingua delle Sirene. O forse sfuggiva qualcosa. «
Andiamo a vedere?»
Incuriosito, come di natura, il Grifondoro Prewett si alzò in fretta dallo sgabello. Recuperò un ultimo pasticcino e lasciò che il piccolo tenente Wagner - lo scoiattolino - si arrampicasse sulla sua spalla. Sul fondo del locale, sulla parete già adocchiata dagli altri, il dipinto di Mirabella Plunkett cessò di cantare, parlare, o fare quello che stava facendo. Carezzò la pinna del pesce che abbracciava, e aveva le guance rosse rosse, come di imbarazzo. Attendeva tutti loro, c'era da capire in che stato.
Era la stessa direzione che Narcissa avrebbe dovuto intraprendere per consegnare le ultime due porzioni di patatine: il tavolino indicato da Rosmerta era esattamente davanti la parete con un paio di quadri. L'uomo, da vicino, appariva ancor più grande: il cappotto era palesemente invernale, così spesso da rivelare una doppia imbottitura; al locale si stava bene, una serie di Incanti Frigus rendeva le temperature ben più piacevoli, ma non faceva così freddo da giustificare un abbigliamento del genere. Si confermò, tra l'altro, come dormiente: gli occhi chiusi sul volto rubicondo, le labbra piene, una fitta barba arricciatasi fino alle basette, il petto che si abbassava e alzava lentamente. Le mani erano intrecciate sul grembo, al collo dell'uomo pendevano tanti amuleti, collanine e laccetti di caucciù, alcuni concludendosi con piume, perle e gingilli scintillanti. Forse si trattava di un venditore o di un viaggiatore, ai piedi della sedia si intravedeva infatti un borsone altrettanto pieno di lacci, perline e ciondoli vari, come in collezione. Sul tavolino al quale l'uomo sedeva, comunque, c'era una porzione di patatine consumata per metà, e dietro un boccale di birra sembrava nascondersi qualcosa: era come una figura minuta, in movimento, un esserino non più alto di venti centimetri, di una frizzante sfumatura indaco fino al blu più brillante; aveva un paio di lunghe orecchie a punta, screziate di bianco e di rosa, infine occhi grandi, pieni e nerastri, con un corpicino dal quale spuntavano braccia e gambe. Continuava ad affacciarsi dal vetro del bicchiere, le lunghe dita pensili che cercavano di sgraffignare le patatine. A Narcissa la scelta di come comportarsi, se fare o meno qualcosa: di certo era una creatura magica, ma
quale restava un'ottima domanda. L'uomo era apparentemente ignaro di tutto, in silenzio, e neanche Mirabella Plunkett alle sue spalle riuscì a strapparlo dal sonno. Poco dietro, infatti, non appena i ragazzi fossero giunti, la donna del ritratto sarebbe apparsa perfino più incantevole da vicino. C'era un certo magnetismo nei suoi grandi, espressivi occhi, e in quella cornice tutto era movimento: il mare, il vento, perfino le branchie e le pinne del pesce. La donna era ora molto più allarmata, aveva sentito il suo nome gridato alla rinfusa. Non capiva tuttavia cosa volessero da lei, ma dietro lo scoglio sul quale sedeva si intravedeva una grotta marina, una vera e propria apertura circondata dall'acqua. Al centro esatto, brillava una scintilla. Qualcuno aveva parlato di un passaggio segreto, poteva essere un indizio di conferma? Parlarle, tuttavia, avrebbe richiesto un certo impegno: restavano pur sempre i gesti, la lingua universale, e un pizzico di fantasia in aggiunta.
Zachary non era un tipo sentimentale. Era gentile, forse era anche troppo generoso, ma era sempre stato più solitario di tanti coetanei: trascorreva di rado il suo tempo libero in Sala Comune, preferendo la tranquillità dei giardini all'esterno del Castello. La quercia in riva al Lago Nero era il suo luogo del cuore, e lì si rintanava con un buon libro e una bottiglia di burrobirra che in qualche modo riusciva sempre a ritrovare. Apprezzava i suoi concasati, sebbene non vantasse un'amicizia così assidua, e sapeva mostrarsi abbastanza sicuro di sé da non passare inosservato. Tuttavia, era impacciato, e nessun altro aggettivo avrebbe potuto rappresentarlo meglio: qualcuno pensava dipendesse dalla sua altezza spropositata, dall'imbarazzo che ne conseguiva, invece non era così. Semplicemente, Zachary taceva le sue emozioni il più delle volte, e stentava a rendersene portavoce. Quando si accorse della reazione di Casey Bell, al suo fianco, il cuore gli si strinse infatti in una morsa sconosciuta, atipica per lui. Immaginò quello che il Prefetto Grifondoro stesse provando, la responsabilità di tutti quei primini era sua e sua soltanto, e con un Grifone libero tra i cieli di Hogsmeade non si poteva affatto tirare un sospiro di sollievo. Zachary seguiva per giunta il corso di Cura delle Creature Magiche, ad Hogwarts, e aveva già potuto leggere qualcosa riguardo la bestia sfuggita: ne era intimorito, più che incuriosito, e in quel paradosso si intravedeva la scelta Testurbante che l'aveva condizionato durante lo Smistamento. Desiderò essere più presente per Casey Bell, dimostrarle di essere lì
con lei. Ma sulla bocca soffiò via ogni rassicurazione possibile, e alla fine non rimase che silenzio. Con la mano destra, Zachary sfiorò appena la spalla della ragazza vicina, e temporeggiò così con un sorriso sincero. Non era preoccupato, aveva già visto il suo Prefetto all'opera e si ripromise a sua volta di prestare soccorso al meglio delle sue potenzialità. Insieme avanzarono per diversi metri, di lato si snocciolarono altri negozietti e appartamenti dalle serrande e porte ben chiuse; l'Ufficio Postale scattò improvvisamente, a sua volta, e quel leggero sbattere di ali - un ronzio sempre più indistinto - si disperse velocemente. Non videro altro che il prosieguo della High Street, altrettanto spoglia dei soliti passanti del giorno. Se c'era stato qualcosa, o qualcuno, ormai non c'era più, e quel suono leggero poté essere interpretato come gli ultimi postini - gufi, civette, barbagianni - di nuovo in gabbie e trespoli tra le stanzette della Posta. Non c'era nessuno, ma il cielo zampillava ancora di rosso sgargiante, man mano sbiadendosi sull'azzurro terso del mattino. Casey Bell aveva ragione, quello era un segnale di pericolo, il più comune nel mondo magico. Il suo commento trovò conferma in Zachary, e il Grifondoro le strinse così il braccio destro per indicarle una direzione di lato, una delle vie trasversali.
«Conosco una scorciatoia, da questa parte.»Non c'era altro di fronte, non c'era nulla che chiarisse un intervento altrettanto tempestivo, ma la direzione verso Mielandia continuava a stagliarsi nitida. Zachary già camminava a passo svelto, inoltrandosi nella stradina acciottolata - Casey l'avrebbe seguito? Era facile capire il nuovo percorso del Grifondoro più grande: forse per esperienza anche il Prefetto aveva già esplorato quei dintorni, ma in linea d'aria era evidente che altro non stessero facendo che tagliare il sentiero per la pasticceria. Il Villaggio restava infatti un agglomerato di vicoli, stradine e cartelli, un labirinto tanto caratteristico quanto utile, soprattutto in quella circostanza. Alla scelta o meno di seguirlo, Zachary si sarebbe già trovato a pochi metri più avanti. Ai lati si incastonavano casette dai tetti a spiovente, le finestre chiuse, i balconi fioriti. In lontananza, proprio alla fine del percorso e prima che svoltasse in una curva sulla destra, qualcosa attirò l'attenzione. Si muoveva su di sé come una spirale, sinuosa e voluttuosa come una danzatrice del ventre. Dal basso si spostava ad un passo e l'altro, vicinissimi, fino a spingersi verso l'alto per uno, due, ben tre metri. Era al centro della stradina, inconfondibile, e oscillava così da destra verso sinistra, in un ordine ben cadenzato.
«La vedi anche tu?»Zachary si era fermato, gli occhi socchiusi per mettere a fuoco. Se si fossero avvicinati, sarebbe stato ancor più semplice distinguere il nuovo incontro: somigliava proprio ad una spirale, per giunta era coloratissima - dall'arancio al giallo, dal blu all'azzurro, dal violetto al vermiglio, e dal verde al rosa confetto. Non aveva fattezze umane, anzi era un groviglio di fili, nodi, tessuti in generale: nei movimenti ipnotici, come sospinto da un vento intangibile, si rivelò come un tappeto, forse una sciarpa variopinta. Era proprio alla fine del vicolo, e lì danzava. Di lato, il cartello "
Mielandia, 100 m" svettava a chiare lettere. In alto, gli ultimi baluardi del Periculum.
Mai sfidare un barbagianni arrabbiato, quella era una delle regole chiave che gli studenti di tutta Hogwarts avevano appreso nel corso degli anni, fin dal primo contatto con i postini dei cieli. Animali tanto sorprendenti quanto orgogliosi, i rapaci del mondo magico appartenevano all'immaginario collettivo da sempre, e la spiccata intelligenza che custodivano poneva tutti loro in cima alla classifica delle creature più scelte, gettonate e desiderate da maghi e streghe. Chiunque, prima o poi, avrebbe incontrato un gufo - dalle consegne dei giornali alle lettere dei familiari, dalle comunicazioni ufficiali alle missive di amici di vecchia data, era un iter così comune. I postini sapevano di essere speciali e si crogiolavano in quella consapevolezza con le più svariate, stravaganti pretese. Quante volte capitava che un rapace richiedesse una scorta di biscottini come premio per il suo lavoro? Quante volte era già accaduto alla coppia di Grifondoro in corsa? Avevano colpito alcuni volatili, per giunta insieme, e il senso di velata vendetta si annidava fin negli artigli di quelle bestioline. Con l'ultimo scatto di serratura alle porte dell'Ufficio Postale, il venditore invece aveva accuratamente ignorato ogni protesta nascente. Non aveva apprezzato il comportamento delle due ragazzine, non aveva ricevuto l'aiuto promesso, e egoisticamente non si preoccupò di loro come invece avrebbe dovuto. Sparì alla vista con l'indifferenza peggiore, l'ultima finestra circolare presto si coprì di una tendina color caramello. L'inseguimento prendeva inizio: uno dei barbagianni aveva rubato il fischietto di Alice Wagner, e a quel punto fu chiaro per entrambe le studentesse. Si prospettava una decisione ambivalente: ignorare l'accaduto e tornare indietro ai Tre Manici di Scopa oppure rincorrere il furfante piumato e cercare di recuperare quanto di proprietà. Restava un'avventura: una piccola, curiosa avventura, pur sempre tale. Con il primo balzo in avanti, da Alice a Vivienne, non ci si poteva aspettare di meglio da due Grifondoro come loro. Si allontanarono rapidamente, le loro parole si consumarono al suono del vento, del volo dei rapaci sfuggenti e dello scoppio di scintille scarlatte in cielo. Andarono via proprio quando un'altra coppia di loro concasati, Casey e Zachary, si affacciò sul viale principale: un tempismo perfetto, oppure no. La strada era piuttosto libera, favorì in quel modo la corsa senza ostacoli e scongiurò l'eventualità che l'una perdesse l'altra. Poco più avanti, superata BiblioMagic, il barbagianni si accorse di essere pedinato e in un verso stridulo virò di lato, sulla sinistra. Gli altri postini, invece, parvero non voler esservi più partecipi e scapparono via, perdendosi presto tra vicoli e tetti a spiovente. Era evidente che il barbagianni di interesse delle Grifondoro fosse quello restante, si intravedeva il lungo filo del fischietto che aveva strappato via in precedenza. Di lato, imboccò a mezz'aria una stradina secondaria fitta di casette a schiera, tutte a stringersi in una filiera piuttosto artistica. Nei dintorni si sentiva il dolce profumo di miele, a riprova della vicinanza di Mielandia, e di tanto in tanto il ritmo di un martello che batteva il ferro. Non era un luogo trafficato, era tuttavia bene illuminato e rivelava l'incanto del Sobborgo. Il barbagianni, nel frattempo, riprese il suo stridio peggiore, e quando si vide troppo in difficoltà - non aveva dimenticato l'Oppugno di poco prima, e non voleva replicare -, si stagliò più in alto e con un ultimo gridolino, quasi di scherno, abbandonò il fischietto prima di darsi alla fuga. Sparì alla vista, nessun incantesimo avrebbe potuto più colpirlo. Il fischietto per scoiattoli, invece, rimase incastrato sul balcone pieno di fiori di una casa. Era abbastanza sopraelevato per poter essere scalato, circa una decina di metri da terra, e non c'era nessuno affacciato a cui poter chiedere. Si poteva bussare, il portone chiuso aveva una campanella sospesa per magia, oppure l'inventiva avrebbe permesso alle Grifondoro di risolvere da sé. Il filo, infatti, era semplicemente intrappolato tra arbusti e fiori sul balcone: in particolare, su una pianta grossa che scivolava da un vaso di ceramica lungo la ringhiera. Anche a metri di altezza era ben visibile, richiamava la descrizione di un vero e proprio cactus. Era infatti abbastanza larga, piuttosto tonda e dal fusto a colonna, mostrava bozzoli rotondetti gli uni sugli altri, con due differenze sostanziali: era di un verde tendente più al grigio, un po' spento tra l'altro, e curiosamente al posto delle spine era punteggiata da quelle che davano l'impressione di essere
bolle. Per un attimo parvero pulsare, ma l'idea che fosse soltanto un riflesso della luce si dissipò presto: il fischietto scivolò lentamente, avvinghiandosi con il filo ad un bozzolo della pianta. Diede così prova di come l'arbusto si stesse muovendo, in un sottile, delicato respiro. D'improvviso, una delle bolle più sporgenti dal balcone scoppiò con un singulto che raggiunse tanto Alice quanto Vivienne. Il fischietto brillò ad un raggio di sole, mentre un rivolo verdastro cominciò a sgocciolare dall'alto, proprio dalla pianta. Quando toccò il suolo, a pochi passi dalle due Grifondoro, si presentò come un liquido viscoso, di un verde più scuro, e dall'odore abbastanza sgradevole. Pizzicò le narici delle ragazzine, arrivò inoltre a bruciare i sampietrini dell'acciottolato: un soffio leggerissimo di fumo e polvere si alzò subito dopo. La pianta, comunque, sembrava muoversi anche di più, e ben presto le bolle cominciarono a scoppiare una dopo l'altra: più liquido scendeva repentinamente, pronto a mutare in una cascata d'eccezione. Bruciante e puzzolente, l'avevano riconosciuta?
Il carretto si spostava da sé, animato dalla magia della dolce vecchina. Nel suo incedere, le ruote non sfioravano quasi mai terra e ticchettavano invece di un suono stridulo, come se stessero effettivamente girando. Come solitaria presenza, era avvolto da un turbinio di profumi speziati, e più procedeva, più sembrava che il sentore zuccherino si accentuasse. Era una vera e propria estasi per i sensi, e se solo vi fossero stati passanti nei dintorni - studenti, adulti, grandi e piccini -, di certo tutti quei sacchetti di biscotti, pasticcini e frollini sarebbero stati venduti in fretta, fino a consumare ogni altra scorta. L'allarme lungo il Villaggio di Hogsmeade aveva tuttavia posto un punto fermo per la strega e i suoi affari, e senza l'incontro con Delta McTavish, con tutta probabilità sarebbe già andata via da un pezzo. Non abitava troppo lontano, tra l'altro, e per lei non sarebbe stato difficile ritirarsi in definitiva. Ma era buona di cuore, e si sapeva, quello poteva essere tanto un pregio quanto spesso uno spiacevole difetto. Con un sorriso ancor più gentile, si rivolse di nuovo alla Corvonero, voltandosi appena a pochi passi più avanti dell'altra. Indicò in alto con la punta della bacchetta magica che aveva recuperato, in cielo si intravedevano meno nitidamente le scintille rosse che erano scoppiate pochi attimi prima. Anche per Delta erano state evidenti, e le parole della venditrice ne diedero conferma.
«Oh cara, quello è l'Incanto Periculum, è il sistema più rapido per segnalare di essere in pericolo. Temo non ci sia altra scelta, dobbiamo recarci lì.» Non voleva insistere, non era proprio da lei, ma la strega seguiva da sempre un'etica molto più accurata: se anche fosse rimasta da sola, l'avrebbe capito. Sapeva anche che la Corvonero fosse una studentessa abbastanza spaesata, la situazione improvvisa aveva condizionato tutti loro. Così sorrise, di nuovo.
«Saremo al sicuro insieme, cara, e subito dopo ti accompagnerò io stessa ad Hogwarts.» Poteva andare, a quel punto? Cosa c'era da perdere? BiblioMagic era chiusa, l'appuntamento con gli altri era saltato, e tra tutti, Delta McTavish purtroppo era forse l'unica a non sapere dove fossero gli studenti e il Prefetto Grifondoro. La donna poco più avanti non poté trattenersi oltre, e riprese così il cammino a passo svelto, lungo la stradina. Sperò che la Corvonero la seguisse, il carretto invece avrebbe saputo trovarla a suo modo. Ora che era di spalle, la vecchina non si accorse del cambiamento in corso in Delta McTavish. Dapprima la vista si bagnò di candore, come se ad un tratto avesse visto tutto in bianco - appena un attimo, tanto passeggero da risultare uno scherzo del momento. Poi, tuttavia, le mani si tinsero dello stesso bianco lucente, e furono le prime che risaltarono all'attenzione della ragazzina. Seguirono le braccia e infine il volto, se solo si fosse vista nel riflesso di una vetrinetta dei negozi vicini, avrebbe compreso di essere esattamente diventata
pallida, opaca, quasi luminosa, e nel senso più letterale. Mentre la vecchina procedeva veloce, Delta poté avanzare o meno di un passo, e nello stesso istante avrebbe scoperto di non poter più camminare. Era come se ad un tratto si sentisse più leggera, molto più leggera, come in assenza di un'insistente gravità. Si sospese per pochi centimetri, e poi ritornò a terra, e subito dopo si sospese ancora. Stava forse volando? Le briciole restanti del biscotto mangiucchiato si colorarono stranamente di bianco.