This is the end. Hold your breath and count to ten. | | La concessione di Grimilde mi disgusta, almeno quanto la subalternità di Julian — un Ippogrifo ammaestrato, ecco cos’è; un uomo inutile e senza spina dorsale, inconsistente come un mollusco. Penso queste parole con una cattiveria inedita, mentre allungo le dita e afferro lestamente la lettera perché non mi venga più negato di leggerla. La creatura deforme che, nella mia testa, biascica crudeltà su crudeltà ha il suono della mia stessa voce, ma possiede un atteggiamento che non mi è mai appartenuto. Ha fame — una fame mostruosa e insaziabile, dannata — e avanza nel mio io con la pretesa di occupare tutto lo spazio. Non riesco a vedermi, ma, intanto che strappo la carta dell’involucro e dispiego la missiva, ho come l’impressione che i miei movimenti siano meno umani. Un Licantropo: è questa l’associazione che segue. Non riesco nemmeno a figurarmi quale dolore si accompagni alla trasformazione di un Lupo Mannaro, eppure è così che mi sento in questo preciso istante. Mi muovo a scatti, respiro affannosamente e mi consuma da dentro un’esigenza viscerale che non conosce padrone o affetti. Mi abbatterei anche sulla mia migliore amica, se l’avessi davanti adesso e osasse sfidarmi come hanno fatto Julian e Grimilde. Non ho tempo, invero e per loro fortuna. Devo leggere, devo sapere.
Le parole vergate sul foglio sono fredde, altisonanti e formali, intrise di un tecnicismo che mi confonde. Allora, scorro velocemente il testo per capire se si faccia più chiaro nelle battute seguenti, poi torno indietro, leggo di nuovo e mi ritrovo immancabilmente confusa. Intuisco che l’oggetto del contendere abbia a che vedere con Villa dei Gigli, che Astaroth abbia fatto qualcosa a riguardo e io ne sia coinvolta. E, tuttavia, mi sfugge il senso complessivo della lettera che ha indotto Julian e Grimilde a ingannarmi, prima, e a muoversi con grande cautela, poi. Non ci trovo nulla di preoccupante, pericoloso o oltraggioso… O, forse, mi sbaglio? Cos’è che non riesco a scorgere nell’evidenza di questo maledetto testo? Mentre proseguo nell’opera di traduzione e interpretazione, non mi accorgo che le rughe sulla mia fronte si sono distese per lasciare spazio a un sorriso istupidito e, insieme, inespressivo. Qualunque cosa vogliano dire tutti quei paroloni, ciò che importa è che Astaroth mi abbia finalmente scritto. Torno con la mente alle lettere che le ho inviato senza ricevere mai risposta e, al cospetto di questo incomprensibile foglio, trovo pace. Riesco solo a pensare che mi abbia perdonata, che ci sia stato un impedimento a frapporsi fra di noi, che con ogni probabilità esso sia venuto finalmente meno e che Roth voglia incontrarmi a Villa dei Gigli.
È Grimilde a tranciare di netto il filo in divenire delle mie aspettative con una frase terribile e… inverosimile, a dir poco. La sua eco mi raggiunge e gela il lavorio delle mie sinapsi, dunque induce le mie palpebre a spalancarsi e, da ultimo, a battere il ritmo rapido della confusione. Dev’essere uscita fuori di senno: è questa la sola spiegazione che io riesca ad elaborare, non appena lo sconvolgimento allenta la presa per trasformarsi in altro. Se ho ricevuto un’epistola da parte di Astaroth in merito a quella che so essere la sua villa, com’è possibile che sia… morta? È così sciocco e palesemente privo di logica. Un morto non può scrivere lettere e ordinare che vengano spedite a destra e a manca, coinvolgendo addirittura un’autorità del calibro del Ministero della Magia. È troppo assurdo perfino per il nostro strambo mondo. Allora perché, perché non riesco a guardare Grimilde? I miei occhi rimangono cocciutamente puntati sulla carta. Non me ne rendo conto giacché non posso vedermi, ma sono pietrificata. Il mio corpo, guardato dall’esterno, rammenta una statua di marmo, lavorata dalle sapienti mani di uno scultore dal gusto sopraffino — sembro viva e, a un tempo, non lo sono mai stata. Forze contrastanti si muovono al mio interno, trasformandosi ora in calore ora nel gelo più penetrante che le mie ossa abbiano mai conosciuto. Ho le falangi fredde; e il volto e il petto in fiamme. Non mi sono mai sentita così spezzata in tutta la mia vita.
«Tu sei pazza» riesco a dire, infine, con un’espressione mostruosa sul viso cereo. E sono certa di suonare risoluta, sarcastica addirittura come se il mio dispregio per lo scherzo di cattivo gusto di Grimilde dovesse trapelare da ogni singola sillaba da me pronunciata. Invero, i miei lineamenti trasudano una disperazione che mi rende spaventosa; e la mia voce suona roca e bassa, quasi che le mie corde vocali avessero dimenticato come svolgere il loro compito. Il mio corpo ricorda, sa. La mia mente, invece, rifiuta la verità. «Tutto ciò che dici non ha senso e io non sono una stupida» continuo e l’affanno con cui pronuncio ogni parola, unito al nero delle mie pupille, mi fa somigliare a una belva sul punto di impazzire — senza coscienza, né scrupoli. «Ed è di Astaroth, che ha voluto scriverla e inviarla a me». Una risata infertile risale il percorso che conduce alla bocca e viene al mondo, stonata e disumana. «Stai sragionando!» Una pausa breve, dilatata dal suono del mio respiro asmatico. «Questa è mia, mia, mia, mia, mia, mia…» sussurro, serrando le dita attorno ai margini del foglio, che si accartoccia.
Alla fine, alzo lo sguardo e mi approprio forzosamente di quello di Grimilde con l’intenzione di impedirgli di staccarsi dal mio. Pretendo spiegazioni che non chiedo. Pretendo scuse senza aver compreso l’offesa. Pretendo il silenzio, il fragore, la genuflessione altrui, il controllo. Voglio, voglio, voglio. E, invece, non ho niente.
| | Feel the earth move and then hear my heart burst again... at Skyfall |