Riflessioni notturne, Role privata con Draven Shaw

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Narcissa E. Miller
view post Posted on 7/9/2020, 10:15





Narcissa Elodie Miller
Serpeverde | Studentessa, I anno | 11 anni | Outfit | ♪XwFHG5M
Le erano successe decisamente troppe cose nell'ultimo periodo. Aveva conosciuto persone nuove, alcune le aveva anche elevate al ruolo di amici. Aveva discusso, litigato, pianto e s'era persino arrabbiata per aver mancato al raggiungimento di alcuni voti che s'era prefissa d'ottenere. Ma soprattutto, Narcissa aveva riflettuto molto. Ma ogni volta che voleva riflettere, la Sala Comune si rivelava il posto meno indicato: alla sera, infatti, molti studenti si radunavano davanti al caminetto. Alcuni leggevano accoccolati sui divani, altri spettegolavano, altri ancora studiavano in gruppo o giocavano a sparaschioppo, facendo una confusione abissale. E quando era nervosa, Narcissa aveva bisogno di silenzio e di solitudine. Come poteva riflettere con le risate in sottofondo? Era praticamente impossibile. Così quella sera s'era avviata verso la torre di divinazione. Mancava poco tempo al coprifuoco, ma guardare le stelle l'avrebbe aiutata a riflettere e rilassarsi. Sua nonna paterna le aveva insegnato che ci sono alcuni babbani che sanno leggere il futuro nelle stelle. Le aveva parlato anche di oroscopi, di costellazioni e di tante altre cose che Narcissa aveva incamerato ma che le erano chiare come le verdure frullate all'interno del minestrone: insomma, un autentico caos.
La piccola Serpeverde, avvolta nel suo pesante mantello nero per ripararsi dal freddo della notte di giugno, risalì timidamente le scale che l'avrebbero condotta al parapetto della torre di divinazione. Quando ebbe risalito la scala a chiocciola, spinse con forza la pesante botola di legno e una ventata d'aria fredda le scalfì il viso, arrivando diretta poi nei suoi polmoni e facendola per un istante tossicchiare. Il fresco le stava aprendo le vie aeree e la giovane Narcissa poteva già avvertire i nervi distendersi e la mente vagare senza meta.
Sopra di lei una vasta distesa di stelle si apriva, lasciandola per qualche attimo senza fiato. La maestosità del cielo notturno, unita alla sua mente galoppante di pensieri, la indussero a sedersi per terra, con la schiena appoggiata alla parete della torre di divinazione. La mente di Narcissa iniziò a vagare per l'iperuranio. Soltanto in quel momento, alla vista di alcuni gufi svolazzanti, si rese conto di non aver ancora mandato una lettera a casa. Chissà se sentivano la sua nostalgia. Eppure nessuno di loro, a parte un paio di volte sua nonna, s'era premurato di mandarle lettere o pacchi a scuola. La cosa mandava Narcissa in bestia, poiché aveva maturato la sensazione che di lei non importasse più nulla. Sospirò affranta, mentre il suo pensiero arrivò nuovamente a Hogwarts, dove finalmente aveva trovato qualche persona che aveva scelto di essere sua amica. Certo, ancora si conoscevano poco, però poteva dire di aver trovato finalmente qualcuno disposto ad ascoltarla senza arrivare a scontri verbali o a diatribe varie. Una di loro era Max, con la quale aveva scoperto di avere una serie di strane cose in comune, anche fin troppe. Sembrava che le loro vite, per certi aspetti, fossero destinate a incrociarsi lungo il cammino della vita. Aveva scoperto che che Lyvie Synferir, la sua compagna di stanza, era una tipa niente male. Tosta, capace di gestirsi nelle situazioni pericolose, ma soprattutto simpatica. E poi c'era Draven, lui era un pozzo di scienza. Ci aveva parlato poco, eppure aveva sempre avuto una risposta da fornirle. Forse anche Michael Barnes poteva essere una persona da tenere in considerazione... però c'era qualcosa in lui che ancora non la faceva fidare come dei compagni di casa. I figli di Salazar, d'altronde, erano pur sempre dei prescelti, nulla da dire.
Sospirò Narcissa, mentre con i gomiti si appoggiava alle ginocchia. Prese a osservare il cielo, in silenzio, lasciando che i pensieri scorressero come un film in una sala cinematografica.


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Draven Shaw
 
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Le ultime settimane avevano messo a dura prova la pazienza di Draven e da giorni, ormai, si sentiva sul punto di esplodere. Si teneva tutto dentro, perché non sapeva con chi poterne parlare… In altri tempi, forse, si sarebbe rifugiato nell’esuberanza di Christelle, ma dato che al momento era una delle cause del suo malumore non riusciva nemmeno a pensare a lei senza innervosirsi. Parlarne con sua madre era fuori discussione… Diventava isterica quando le si nominava Hogwarts. E parlarne con sua nonna avrebbe significato chiederle aiuto e ammettere di non essere all’altezza delle sue aspettative. Stava andando tutto storto e non aveva la minima idea di come rimettersi in sesto.
Si era abituato alla presenza costante di Christelle nella sua vita da circa tre anni, ormai, e sapere che si era fidanzata lo aveva fatto sentire come messo in disparte; qualcosa era cambiato e, per un abitudinario come Draven, il pensiero di dover scoprire ‘cosa’ era bastato a farlo allontanare da lei. Aveva smesso di vedere l’unica persona per la quale avesse mai provato un briciolo di fiducia e ora si sentiva… perso. E per quanto si fosse impegnato per non darlo a vedere, la sua concentrazione ne aveva risentito. Il malumore degli ultimi tempi aveva raggiunto il suo picco più alto quel pomeriggio quando aveva ricevuto i risultati degli ultimi compiti consegnati… Accettabile. In tutte le materie. Inconcepibile per lui. Si sarebbe fatto valere, in altri momenti, e avrebbe studiato il doppio solo per poter dimostrare ai professori di aver commesso un errore di giudizio, ma in quel periodo così strano della sua vita in cui stava perdendo consapevolezza delle sue priorità, l’ambizione aveva fatto un passo indietro per dare spazio all’autocommiserazione. Non era da lui, eppure, sentirsi svogliato e depresso gli dava un certo conforto.
Non si era presentato all’ultima lezione della giornata e si era chiuso in dormitorio finché non aveva sentito Mike e Daniel rientrare. A quel punto, per evitare eventuali conversazioni con loro, era scappato dicendo di dover andare a studiare in biblioteca. Era credibile, dato che passava più tempo lì che altrove, ma per la prima volta in vita sua l’idea di essere circondato da libri lo intristiva terribilmente.
Di restare in sala comune non se ne parlava: troppo casino. E se già normalmente faceva fatica a sopportare i suoni delle interazioni umane, in quello stato di catatonia cosciente era impensabile che potesse riuscirci.
Optò per una passeggiata senza meta, nella speranza che bastasse a schiarirgli le idee.
Forse si sarebbe imbattuto in qualche Grifondoro e avrebbe potuto chiedere di Casey; quella ragazza era piena di risorse e sebbene si conoscessero ancora molto poco, si sentiva a suo agio con lei… Ma al punto da chiederle aiuto? Probabilmente no. Quel briciolo di orgoglio che gli restava gli impediva di mostrarsi apertamente disperato.
Forse, senza scendere nei dettagli, avrebbe potuto scrivere a sua nonna. Solo per sapere come stava e lasciar andare avanti spontaneamente la conversazione. Ma lo aveva mai fatto? No e sarebbe risultato strano… Però il suo subconscio lo stava portando comunque verso la guferia.
Non lo aveva previsto e si stava allontanando troppo dai sotterranei; a completare il quadretto di quelle pessime settimane ci mancava solo una punizione per essere beccato in giro per il castello dopo il coprifuoco. Aveva completamente perso la cognizione del tempo. Era buio, ma non troppo. Non aveva idea di che ore fossero o di quanto tempo fosse passato da quando aveva lasciato il dormitorio.
In un attimo di lucidità, pensò che fosse meglio tornare indietro e fingere di essere nel giusto umore per affrontare qualsiasi eventuale argomento di conversazione avrebbero cacciato Mike e Daniel, ma un’improvvisa ventata d’aria fresca lo fermò sulle scale. Era piacevole, nonostante gli scorse un brivido lungo la schiena per via della t-shirt e i pantaloni della tuta troppo leggeri, ma a carpire la sua attenzione fu il fatto che la botola che portava al parapetto della torre fosse aperta.
Deviò verso la scala a chioccola per raggiungere la botola e si affacciò a curiosare. Evidentemente c’era qualcun altro che come lui aveva pensato di fare un giro per il castello… Per un attimo pensò di trovarci una qualche coppietta intenta a scambiarsi effusioni e, inevitabilmente, di conseguenza pensò all’ipotesi di trovarci proprio Christelle con quel testa di cazzo di Michael, ma nell'attimo di panico riconobbe la chioma bionda che gli dava le spalle. Si tranquillizzò e il più silenziosamente possibile, salì gli ultimi gradini rimasti. Superò la botola, restando accucciato per non farsi scoprire, e si avvicinò a Narcissa.


Buh! urlò all’improvviso, per cogliere di sorpresa la ragazzina in un tentativo divertente di spaventarla. Era un gesto infantile, che d’istinto avrebbe dovuto farlo sorridere almeno un po’, ma che invece non gli diede nessuna soddisfazione… Quei brutti voti avevano dato il colpo finale al suo umore: se si fosse imbattuto in un dissennatore in quello stato, sarebbe passato totalmente inosservato.

Mi sa che è strano per i serpeverde farsi trovare in giro per le torri di sera... Che ci fai qui?disse subito dopo, mettendosi a sedere vicino a lei a gambe incrociate per terra.

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Narcissa E. Miller
view post Posted on 7/9/2020, 18:47





Narcissa Elodie Miller
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Non sapeva quanto tempo fosse trascorso dal suo arrivo sulla torre di divinazione. Sapeva soltanto che le stelle nascondevano tantissimi segreti e predizioni, ma che lei non era stata capace di leggerne nessuna. Si giustificò con la scusa di non aver ancora iniziato a frequentare le lezioni di divinazione, che sarebbero diventate parte integrante del programma scolastico soltanto a partire dal terzo anno. Ma nulla le avrebbe vietato di informarsi prima del tempo.
*Forse, la famosa biblioteca di cui tutti parlano in maniera quasi asfissiante* si ritrovò a pensare suo malgrado. Si sorprese non poco per quel pensiero: fino ad allora aveva frequentato la biblioteca giusto per apprendere qualche rudimentale incantesimo per colorare i capelli in vista del ballo scolastico di fine anno, ma non s'era mai premurata di andare oltre a quell'approfondimento. Per il resto aveva svolto qualche piccola ricerchina per la lezione del momento, ma senza mai andare oltre. Improvvisamente si ricordò della conversazione avuta con Draven qualche settimana prima, nella quale il concasato le aveva suggerito di affidarsi al dizionario e alla biblioteca come strumenti per perfezionare la sua preparazione e affinare la sua cultura. Fino ad allora non aveva mai preso seriamente quel consiglio, nonostante si fosse ritrovava più e più volte a riflettere sulle parole del ragazzi. Forse era giunto il momento di rimboccarsi le maniche e provare a intraprendere la strada della conoscenza?
Le riflessioni di Narcissa furono interrotte bruscamente dall'apertura della botola. Il cuore le si fermò qualche istante. Chi poteva mai essere a quell'ora della notte? Il timore che il custode, qualche prefetto o qualche caposcuola potessero pizzicarla su quel parapetto si fece rapidamente strada in lei e il cuore prese ad accelerare il battito. Poi fu una frazione di secondo: la botola si dischiuse e poco prima che una persona facesse capolino un sonoro 'buh!' accompagnò il sussulto della piccola Cissy.

"OH MIO DIO!" esclamò allarmata Narcissa con un tono forse fin troppo alto vista l'ora tarda.
Quando riconobbe il viso di Draven il suo cuore tornò a battere regolarmente. Il compagno di Serpeverde le aveva fatto prendere un bello spavento, tuttavia, al contrario delle sue aspettative, Narcissa sforzò un sorriso.

"Se stavi cercando di uccidermi poteva essere un buon tentativo" disse a Draven, celando un tono divertito dietro quel fiatone derivante dallo spavento preso poco prima.
La comparsa di Draven era stato un evento del tutto inaspettato: di tutte le persone che si aspettava di vedere su quel parapetto, un compagno Serpeverde era sicuramente l'ultima delle opzioni che avrebbe avanzato.
Narcissa osservò il ragazzo sedersi accanto a lei. Aveva l'aria contrita, quasi ci fosse qualcosa che lo stesse logorando dall'interno. Aveva avuto modo di conoscere Draven qualche settimana prima e aveva intuito che il ragazzo fosse tutto tranne che una persona espansiva e capace di aprire il suo cuore. Anzi, in più occasioni durante la loro conversazione aveva avuto la sensazione di aver osato troppo con le sue parole, rischiando di mandare il ragazzo su tutte le furie. Reduce di quell'esperienza, Narcissa preferì andarci cauta, dato che in quel momento l'ultima delle sue intenzioni era ritrovarsi a litigare col compagno.

"Sai che potrei farti la stessa domanda?"
Senza nemmeno accorgersene, Narcissa accompagnò quella risposta con una risata sincera. Effettivamente era strano ritrovarsi a quell'ora della sera in un luogo così palesemente distante dal sotterraneo dov'era la loro Sala Comune.
"In realtà non sto facendo nulla di particolare. Sono venuta qui per riflettere. Quando sono confusa ho bisogno di un luogo tranquillo per schiarirmi le idee e parlare con me stessa"
Si ascoltò pronunciare quell'ultima frase e soltanto dopo averla detta si rese conto che poteva essere altamente fraintendibile. Non era semplice immaginarsi qualcuno parlare con sé stesso, anzi. Se l'avessero detto a lei, probabilmente li avrebbe presi per pazzi e si sarebbe immaginata un qualche schizofrenico camminare avanti e indietro senza una meta precisa borbottando animatamente senza un apparente motivo o interlocutore. Per questo motivo scelse di spiegarsi meglio.
"Cioè, volevo dire, non è che sono pazza, eh" esordì un po' impacciata "Però a volte non mi ascolto abbastanza. Incamero, incamero e poi rischio di esplodere. Allora devo radunare le idee e capire cosa sto sbagliando. E questo è uno di quei momenti"
Questa fu la spiegazione che fornì a Draven. Infantile, impacciata e grossolana, tipica di una bambina di undici anni che sta crescendo e che sta scoprendo sé stessa, insieme alle sue paure e alle sue debolezze. Da quando s'era staccata dalla sua famiglia, infatti, Narcissa non aveva smesso un istante di mettersi in gioco e di esercitarsi nel "gioco della vita", mettendosi in campo a tutto tondo e sforzandosi di forgiare il suo carattere secondo quanto le consigliava il suo cuore e non nonna Elodie. Sembrava ci stesse anche riuscendo, non fosse che il concatenarsi di eventi che si erano verificati nell'ultimo periodo la stavano sopraffacendo.
"Anche tu sembri un po'... pensieroso, oserei dire" azzardò Narcissa, guardandosi bene dal chiedere a Draven cosa ci fosse che non andava. Aveva intuito che se il ragazzo avesse desiderato parlargliene, lo avrebbe fatto senza che lei glielo chiedesse. Se avesse posto il quesito, invece, sarebbe risultata invadente e impicciona in una maniera decisamente inopportuna e antipatica. Sperò vivamente che il compagno di casa non si arrabbiasse per quella sua esternazione, dettata dall'ingenuità e dalle circostanze. Ma considerava Draven un potenziale amico, oltre che una persona degna di stima, e vederlo così giù di corda le provocava una sensazione nuova e quasi mai provata, il dispiacere.

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Per essere piena estate faceva abbastanza fresco ed era piacevole. L’aria che gli aveva accarezzato i capelli cortissimi e le braccia nude per la t-shirt che indossava gli aveva provocato un brivido lungo la schiena; quella sensazione lo aveva per un attimo distolto dai propri pensieri... Ed era stato attratto dalla fonte. Fare un giro per il castello nella speranza di schiarirsi le idee si stava rivelando una buona idea. Il fortuito incontro con Narcissa, poi, la rese ancora migliore. Era la seconda volta che si ritrovava, per caso, con lei in momenti strani della sua vita, in cui aveva un sacco di pensieri nevrotici per la testa. Quando l’aveva conosciuta aveva constatato che il suo modo di fare era ancora da bambina, ma era intelligente e gli aveva subito dato l’impressione di essere più sveglia di qualsiasi altro undicenne; e dato che aveva vagato per la scuola in cerca di qualcuno con cui parlare, forse forse lo aveva trovato.
Distese un angolo delle labbra in un mesto sorriso quando vide la sua reazione spaventata al suo arrivo improvviso, ma fu più un sorriso di saluto, sforzato per educazione, che di vero divertimento. Gli ci sarebbe voluto un po’, e chissà quanto, per riprendersi da quella serie di batoste. Per sua fortuna, però, le parole di Narcissa iniziarono a distrarlo: in automatico il suo cervello si settò sull’ascolto e, dato che era una persona che in un certo senso non lo infastidiva, si concentrò più sulle sue parole che sui propri pensieri.


E sarebbe una domanda lecita… Ma in realtà stavo passeggiando a caso.le rispose, giocherellando distrattamente con il bordo dei pantaloni della tuta, arrotolandoselo tra le dita come a volersi tenere occupato. Non si rendeva mai conto delle reazioni che aveva quando si ritrovava a contatto con le persone, ma gli venne da tenere lo sguardo basso e da ciò capì di essere talmente giù di morale da non avere nemmeno interesse nel guardare il suo interlocutore, come invece era solito fare anche a costo di incutere disagio. Non era per niente in sé… E rispetto al conforto che aveva provato in dormitorio nel sentirsi così svogliato anche nei confronti di sé stesso, in quel momento cominciò a riflettere su quanto tempo avesse già perso dietro quella ridicola autocommiserazione… Ma come uscirne?
Sembrava che Narcissa, in un certo senso, stesse provando le sue stesse sensazioni e tanto bastò a farlo sentire meno solo, meno incompreso.
Si tirò indietro con la schiena e distese le braccia ai lati del torace, le mani a terra; sospirò e chinò indietro la testa per spostare lo sguardo sul cielo stellato.


Non sei pazza… - commentò, rivolgendo la propria attenzione sulle stelle. Ci capiva meno di zero di astronomia e non era abituato a vedere il cielo così limpido, dato che nel suo quartiere a Londra era già raro vedere il sole, figuriamoci poi con lo smog e l’inquinamento luminoso se di notte era possibile vedere le stelle. Dopo ore – ad essere completamente onesti, dopo giorni – passate a rimuginare all’infinito su quanto gli stava accadendo in quel periodo, era decisamente rilassante osservare il cielo e godersi l’aria fresca di quella sera. Fu una sensazione di tale e inaspettata beatitudine che, sorprendendo anche sé stesso, si ritrovò a ridere spensieratamente delle parole seguenti di Narcissa… o meglio, del modo cauto e guardingo con cui le pronunciò. Era proprio sveglia: aveva capito al volo come prenderlo. Era da apprezzare e lo trovava anche piuttosto esilarante.

Stavolta ho fatto schifo io con i voti. - iniziò a risponderle, pur sapendo di aver accennato solo una parte del problema, al momento quella che più di tutto lo turbava e faceva sentire… vuoto. Inutile, addirittura.
Sospirò di nuovo e scosse la testa tra sé e sé, come a volersi liberare del pensiero. Le stelle, l’aria fresca e Narcissa lo stavano distraendo e facendo sentire meglio: meglio concentrarsi su questo.


A che stavi pensando, prima che ti interrompessi?aggiunse poi, cercando di riportare l’attenzione del discorso su di lei.

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Edited by Draven Shaw - 9/9/2020, 11:50
 
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Narcissa E. Miller
view post Posted on 8/9/2020, 19:43





Narcissa Elodie Miller
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Era una splendida notte, ma troppo fresca per i suoi gusti. Con un gesto agile, Narcissa si sistemò il collo della divisa per coprirsi meglio la gola e premurarsi di non buscarsi un raffreddore imprevisto. Tutto avrebbe tollerato, ma non passare del tempo in infermeria. Osservò un attimo Draven, rispetto all'altra volta che si erano parlati, quando il ragazzo ostentava un comportamento composto e decisamente austero, questa volta sembrava accigliato e preoccupato. Poi le diede la spiegazione: disse d'aver preso un brutto voto e la cosa lasciò Narcissa stupita. La bimba si ritrovò d'un tratto con la mascella che quasi toccava terra. Draven, lo stesso Draven che le aveva suggerito di informarsi usando il vocabolario e la biblioteca aveva preso brutti voti? Non poteva essere vero, non ora che lei s'era invece impegnata così a fondo da alzare i voti in tutte le materie e ottenere una sfilza di Oltre Ogni Previsione.
"Tu che cosa?!"
Lo stupore non accennava a svanire. Non riusciva a capire.
"Magari il professore ha sbagliato ad assegnarti il voto. Chiedi spiegazioni. Io ho parlato con Peverell, mi ha spiegato perché andavo male e adesso ho preso tanti Oltre ogni previsione"
Cercò di spronarlo a parlare con i docenti, convinta che i brutti voti non fossero destinati al compagno ma a qualcun altro. Era sicura che il professore avesse sbagliato e confuso il compito di Draven con quello di qualcun altro, invertendo i voti. Draven era troppo colto, era studioso e leggeva molto, non poteva essere calato così tanto.
Eppure, Narcissa lo guardò con più attenzione, quasi volesse leggergli nell'anima. Sembrava affranto, come se dentro stesse logorandosi in un dispiacere molto più grande di quel che voleva dare a vedere. Non sapeva come andare sull'argomento, temeva d'essere troppo indelicata con Draven.
Narcissa si rannicchiò e appoggiò il mento sulle ginocchia, gli occhi azzurri spalancati e fissi sul ragazzo.

"Ho paura che il tuo dispiacere non sia legato solo ai brutti voti. Tu sei triste, non sei arrabbiato" azzardò Narcissa, aggiungendo che anche lei, quando prendeva brutti voti a lezione, s'arrabbiava ma non al punto d'essere così triste. Sperò che Draven non prendesse male quella sua frase. Era imprevedibile quel ragazzo, Narcissa lo sapeva molto bene, per questo scelse di rispondere con sincerità alla domanda che il compagno le pose. A cosa stava pensando? A tante, troppe cose. Era un coacervo di emozioni contrastanti, di felicità mista a tristezza, di allegria mista a infelicità, di sicurezza mista a dubbi. Sospirò appena, abbassando lo sguardo e coprendosi il capo con il cappuccio della divisa di Serpeverde. L'aria fresca tra i capelli iniziava a farle venire freddo.
"Pensavo che da quando sono a Hogwarts non ho mai scritto alla mia famiglia, ma nemmeno loro l'hanno mai fatto. Solo il primo giorno, poi non li ho più sentiti. Credo siano felici d'essersi liberati di me"
Poi la bimba fece una piccola pausa. I pensieri ripresero a galoppare come cavalli selvaggi in una prateria. Sospirò di nuovo, prima di proseguire. Sperava che aprendosi ed essendo sincera con Draven, anche lui magari provasse a togliersi qualche sassolino dalla scarpa o qualche peso dallo stomaco.
"E poi ho realizzato che ho conosciuto tante persone. Con alcune non vado d'accordo, ma in fondo non si può piacere a tutti, no? Con altri invece vado d'accordo, però l'altro giorno ho parlato con un Tassorosso e abbiamo parlato di amicizia. Gli ho chiesto cosa fosse l'amicizia per lui e mi ha risposto che esistono due tipi di amicizia, una per tutti e una invece soltanto per persone più strette e di fiducia. Allora mi sono sorti tanti dubbi: chi sono questi 'tutti' e chi sono gli amici intimi?"
Fece un'altra pausa la piccola Serpeverde e si portò entrambe le mani sulle tempie, massaggiandosele quasi come se facendo così i pensieri si allontanassero dalla sua mente o potessero schiarirsi improvvisamente.
"Cioè, io pensavo che chi va d'accordo con me è mio amico, e quelli a cui non piaccio sono nemici. Ma adesso non sono più tanto convinta di questa cosa" spiegò, esternando la sua visione tanto infantile quanto lineare, tipica di una bambina di undici anni.
Alzò lo sguardo su Draven e le braccia scesero, andando ad avvolgere in un abbraccio le ginocchia.


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view post Posted on 9/9/2020, 12:07
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Non sapeva spiegarsi perché, vedendo Narcissa sul parapetto della Torre di Divinazione, avesse deciso di fermarsi lì, invece di tornare indietro al dormitorio, ma il fatto che non avesse nemmeno esitato la diceva lunga sul suo stato emotivo. Aveva passato le ultime ore da solo con sé stesso e, con tutto ciò che gli era successo, l’istinto gli aveva suggerito di dedicarsi ad altro che non lo riguardasse personalmente: evadere dalla propria mente. Di solito ci pensavano i libri ad aiutarlo in questo ed era il principale motivo per cui da sempre gli piaceva starsene per conto proprio a leggere, piuttosto che perdere tempo in banali conversazioni, ma stavolta era diverso… Stavolta, nemmeno i libri avrebbero potuto aiutarlo. Lo avevano ben dimostrato gli ultimi voti.
Aveva ancora molto da imparare, su sé stesso e sul mondo. Per la prima volta, dopo la morte di suo padre, stava affrontando la dura realtà dei fatti, che quando ci si mettono in mezzo i sentimenti, la presunzione di essere risoluto e ambizioso non basta. Forse era questo il principale motivo per cui, crescendo, aveva finito con l’isolarsi sempre di più… Stare male per qualcuno o qualcosa su cui non aveva potere decisionale era insopportabile.
Stare all’aria fresca e guardare il cielo era piacevole, alleviava un po’ il senso di oppressione all’altezza del petto che si appesantiva ogni volta che ripensava ai brutti voti, ai sentimenti per una ragazza che non lo ricambiava e al fatto che a nessuno importasse di lui. Era snervante e deprimente che gliene importasse così tanto. Non voleva provare nulla, solo tornare a pensare a sé stesso fregandosene di tutto ciò che lo circondava e avrebbe fatto in modo di riuscirci, ma stava ancora cercando di capire come…


Non importa… Cioè, importa, ma recupererò. rispose alla ragazzina, stringendosi nelle spalle. Aveva per lo meno capito la serie di cause che lo aveva portato a essere così deconcentrato e lo riteneva già un passo avanti rispetto ai giorni passati in cui aveva finto con sé stesso di stare bene, come se nulla fosse. Ora aveva bisogno di una soluzione.
Le parole seguenti di Narcissa interruppero il filo dei propri pensieri e furono talmente inaspettate da provocargli una fitta di dolore al torace. Contro il proprio autocontrollo, non riuscì a nasconderlo: il viso si contrasse in una smorfia di nervosismo e si protrasse in avanti con il busto, a testa china, per evitare il suo sguardo. Non c’era alcuna intenzione di giudicarlo o compatirlo, dal tono della sua voce. Era stata una semplice osservazione. Evidentemente, era più trasparente di quanto non volesse apparire…
Quel tipo di vulnerabilità era ciò che di solito lo rendeva aggressivo e diffidente; magari, continuando a parlare con Narcissa, sarebbe tornato in sé più facilmente del previsto.
Si volse finalmente a guardarla, lo sguardo truce che caratterizzava la sua solita espressione antipatica, e decise in quel momento di non ribattere. Una ragazzina di undici anni che aveva un carattere pessimo quasi quanto il suo lo stava di fatto aiutando a sentirsi meglio… di nuovo sé stesso. Risponderle male, a quel punto, sarebbe stato controproducente; ascoltare i suoi problemi, invece, così da non pensare ai propri, era decisamente utile. O, almeno, fu quello che pensò finché Narcissa non riprese a parlare…
Durante il suo primo anno a Hogwarts aveva pensato che sua madre stesse male per la sua lontananza, perché gli scriveva ogni settimana e nell’estate tra il primo e il secondo anno aveva capito che lo faceva solo perché le mancava la scuola e ancora soffriva per non aver completato gli studi; la nonna aveva preso il posto di sua madre quando lui aveva deciso che non avrebbe più raccontato niente di lezioni e professori, facendo perdere interesse a sua madre, ma ben presto aveva smesso di rispondere anche a sua nonna perché gli chiedeva solo dei voti. Così, dall’inizio del terzo anno, gli unici familiari a lui conosciuti avevano del tutto smesso di interessarsi di lui… Se fino a quel momento gli era importato meno di zero della cosa, nello stato emotivo delle ultime settimane aveva pensato spesso a loro. Le aveva allontanate ed evidentemente loro stavano meglio così.
Si trovava sulla stessa barca di Narcissa; darle un consiglio che non era certo di voler seguire lui stesso sarebbe stato disonesto.
In silenzio, lasciò che proseguisse il suo discorso, nella speranza che potesse vertere su un argomento che lo avrebbe toccato meno sul personale. Si voltò verso di lei, piegando le ginocchia e abbracciandole in una posa molto simile alla sua.


Questa è un’enorme stronzata.iniziò a dire, interrompendo il suo discorso, mentre una smorfia di disgusto sostituì quella di nervosismo. La falsità delle persone e il loro bisogno di popolarità per sopravvivere nel mondo non smettevano mai di stupirlo…
Non esistono diversi tipi di amicizia. Nel momento in cui ti piace una persona, ti ci trovi bene a parlare o a studiare o hai interessi in comune con lei, si crea un legame. Se quel legame ti fa stare bene, può sfociare in amicizia. Se ti senti forzata dalle circostanze a stare vicino a qualcuno che per qualche motivo non sei sicura ti piaccia davvero, lascia perdere. I giusti criteri di amicizia per te stessa li scegli tu e solo tu. Non devi piacere a tutti e non tutti devono per forza piacere a te.continuò, tenendo lo sguardo fisso sulla ragazzina.

Se la persona con cui non vai d’accordo ti fa un torto, allora è un nemico. E ciò ti concede il potere di ribattere a muso duro. Non farti mettere i piedi in testa. Ma se semplicemente non piaci a qualcuno, ignoralo e basta. Insomma… Come potrebbe cambiarti in meglio la vita la presenza di una persona a cui non piaci? Meglio non averla intorno, no?le rispose poi, abbassando per un attimo lo sguardo, sovrappensiero… Ciò che le aveva appena detto era davvero ciò che pensava in maniera oggettiva o solo ciò che avrebbe voluto sentirsi dire per smettere di pensare a tutte le persone che lo avevano ferito e deluso?

Non dare mai a qualcuno il potere di farti male. Fidati solo di te stessa. - si ritrovò ad aggiungere sotto voce, di nuovo perso nei propri pensieri.

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Narcissa E. Miller
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Narcissa Elodie Miller
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La brezza notturna si faceva beffe di lei: Narcissa, infatti, proverbialmente freddolosa dalla nascita, si strinse nelle spalle non appena una leggera folata d'aria fresca le sferzò il viso. Con un gesto pressoché inutile cercò di sistemarsi al meglio il mantello, nascondendo entrambe le manine all'interno delle tasche affinché le punta delle dita infreddolite potessero scaldarsi. Lo sguardo della piccola Serpeverde si spostò su Draven, la cui smorfia di fastidio non passò inosservata: aveva intuito giusto, ma aveva anche capito di aver toccato un tasto dolente e, conoscendo il carattere del compagno, se avesse voluto farsi avanti avrebbe parlato senza essere stuzzicato. L'ultima volta che s'era mostrata troppo insistente Draven s'era alzato dal tavolo e se n'era andato: voleva dimostrargli che aveva imparato a conoscerlo e che di lei si poteva fidare. Non avrebbe mai fatto nulla che andasse contro la sua volontà.
"Convengo anche io che è un'enorme stronzata" disse Narcissa, dopo aver deciso di ribattere soltanto al momento che riteneva opportuno.
Scelse di esternare il suo punto di vista per far capire a Draven che il suo pensiero non si discostava molto da quello che s'era fatta lei nel corso del tempo. Frequentando persone a Hogwarts aveva imparato a conoscere chi valesse la pena frequentare, chi invece era meglio ignorare. Parimenti aveva appreso che non sempre le persone si manifestavano uguali a come il loro aspetto suggeriva: era il caso di Delta, ad esempio, molto bella e dall'aria ingenua, ma dagli artigli decisamente affilati e dal caratterino pungente. Sospirò appena pensando a Delta, anche perché il pensiero della compagna Corvonero arrivò nel momento stesso in cui Draven aveva deciso di proseguire con la sua spiegazione. Quindi Delta, secondo il punto di vista di Draven, era una persona con la quale non andava d'accordo, almeno per ora, ma non le aveva fatto un torto, quindi non poteva considerarla sua nemica. Forse rivale, forse incompatibile per carattere, ma non nemica si disse.

"Io ho sempre pensato che gli amici veri sono pochi. Gli altri sono persone con le quali si condividono interessi e azioni, almeno così mi ha insegnato mia madre" spiegò Cissy.
In quel mentre le mani, che nel frattempo avevano raggiunto una temperatura leggermente discreta, sgattaiolarono fuori dalle tasche e arrivarono davanti alla sua bocca. La bimba soffiò con l'alito su entrambe le mani, nel tentativo di scacciare quella pungente sensazione di formicolio derivante dal freddo.

"Per dire, io penso che tu sia un mio amico" esordì, riacquistando compostezza e dimenticandosi momentaneamente delle mani fredde. La frescura della notte stava iniziando anche a farle arrossare le gote e il nasino, ma scelse di non badarvi, non ora che stava per intraprendere uno dei discorsi più profondi e seri che avesse mai deciso di affrontare nella sua breve vita.
"Trovo che tu sia simpatico. Anche se a volte ti faccio domande inopportune" aggiunse, facendogli con quest'ultima frase intuire che poco prima aveva notato di essere stata indiscreta col suo commento. Implicitamente si stava scusando anche con lui per non essersi esentata dal fare quel commento così personale e per Draven fuori luogo.
"Anche Maxine Kampell e Lyvie Synferir, loro le considero mie amiche. Con loro parlo e mi preoccupo che stiano bene e non succeda loro nulla"
Così proseguì e il suo visino si scurì improvvisamente. Ripensando a Max, a quello che era successo al quarto piano con gli altri e alla risposta ambigua che le aveva dato e che lei non era riuscita a digerire. Scelse allora di chiedere il parere di Draven. In fondo lui era più grande, aveva più esperienza di vita rispetto a lei ed era un maschio, quindi era in grado di vedere le cose secondo un punto di vista differente.
"Ad esempio, l'altro giorno ero al quarto piano, stavo per andare in biblioteca a fare una ricerca per Peverell, e mi sono imbattuta in un gruppo di studenti che attorniavano la nostra Maxine. Ecco, io forse ho agito impulsivamente, lo ammetto, però ho visto che Max era in difficoltà. Aveva la voce nasale, sembrava infastidita e avevo avvertito alcune parole di disappunto provenire dalla sua bocca"
Narcissa prese a parlare tutto d'un fiato con lo scopo di spiegare a Draven tutto l'antefatto. Ovviamente alla luce del suo punto di vista e non in maniera del tutto obiettiva come avrebbe dovuto essere. Scelse di omettere di aver volutamente attaccato le ragazze presenti giusto per il gusto di veder saltare i loro nervi, però parte del suo racconto era realistica e veritiera.
"Ecco, poi è uscito che hanno rotto la consolle di Max e io ho voluto sincerarmi che lei stesse bene e che gli altri si prodigassero per mettere a posto il danno fatto" concluse, spiegando l'antefatto.
"Poi uno di loro mi ha dato del condor, io pensavo si riferisse al mio naso e che lo stesse dicendo in maniera offensiva. Allora mi sono offesa e me ne sono andata, però poi quel ragazzo di Tassorosso che mi ha offesa mi è corso dietro per scusarsi. Mi ha detto di sentirsi in colpa"
Così concluse. Gli occhi di Narcissa si posarono su Draven, in attesa che il ragazzo le desse la sua opinione sul suo comportamento e sugli avvicendamenti accaduti al quarto piano.
"Ah, in pratica io ho difeso Max e loro tutti hanno usato solo ironia e cattiveria nei miei confronti" aggiunse con un velo di amarezza.
"Io penso che un'amica vera faccia così: se si accorge che l'altra persona è in difficoltà interviene e cerca di fare del bene. Lo farei anche per te, se vedessi che hai bisogno di aiuto e sei in pericolo" gli disse, prima di fermare quel fiume in piena di parole.
Era incredibile come Narcissa potesse passare dall'essere estremamente taciturna a vomitare litri e litri d'aria e di parole. Sorrise appena a Draven, in modo che il ragazzo potesse capire che lei aveva buone intenzioni e che di lei si sarebbe potuto fidare sempre.


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Essere cresciuto al centro di Londra, dove le temperature più alte raggiungevano i venti gradi d’estate, lo avevano evidentemente temprato, perché stava benissimo così, mentre Narcissa continuava a stringersi nel mantello nel vano tentativo di scaldarsi. L’aria era certamente troppo fredda per il periodo, andava ammesso; l’altitudine del castello permetteva di rado di godersi temperature miti, ma a differenza di Londra dove il cielo era quasi sempre plumbeo, a Hogwarts si poteva godere di svariate giornate soleggiate e, come in quella sera, di un bel cielo limpido e stellato. Era estremamente rilassante. Gli dispiacque un po’ di vedere Narcissa così infreddolita, ma con la loro chiacchierata che stava inaspettatamente aiutandolo parecchio a non pensare ai propri problemi, non si sentì – egoisticamente – di consigliarle di rientrare. Finché non l’avesse chiesto lei, avrebbe fatto finta di niente… Erano troppo piacevoli il silenzio e la vista che si aveva da quel posto. Rassicuranti, perfino. Ci sarebbe volentieri rimasto a dormire, se non avesse rischiato una punizione.
Con lo sguardo fisso sulla ragazzina, riprese ad ascoltarla in silenzio. Gli sarebbe piaciuto parecchio avere la sua stessa capacità di aprirsi e parlare dei propri problemi…
Distese le labbra in un sorriso spontaneo quando gli disse di considerarlo un amico, ma alle parole seguenti non riuscì a trattenere uno sbuffo divertito, scoppiando a ridere.


Simpatico non me lo aveva mai detto nessuno… - commentò a bassa voce, più tra sé e sé che in risposta a Narcissa, facendole cenno con la mano di proseguire e non soffermarsi sulla questione.
Si sentì lusingato di essere considerato amico da una ragazzina così sveglia… e simpatica. La sua voce non gli dava fastidio e nemmeno, in generale, la sua presenza, anzi la spontaneità con cui gli parlava, sin dalla prima volta che si erano conosciuti, lo faceva sentire a suo agio; in quel suo modo di fare non vedeva una ragazzina bisognosa di attenzioni, come tante altre, ma solo qualcuno dal carattere difficile, che stava ancora scoprendo sé stessa e cercava consigli su come andare avanti… Un po’ come lui.
Aiutarla con i suoi problemi, che soprattutto in quell’occasione sembravano affini ai propri, poteva rivelarsi terapeutico anche per lui.


Io non vorrei che lo facessi per me, vorrei cavarmela da solo. Forse Maxine si è sentita indifesa e non le è piaciuto. - si decise a dire, dopo averla lasciata raccontare senza interromperla. Conosceva di vista Lyvie, perché quando aveva iniziato a lavorare da Magie Sinister e aveva scoperto che la sua collega Casey aveva lavorato prima al pub Testa di Porco, si era informato a riguardo… Che poi se ne fosse disinteressato venendo a scoprire che Christelle lavorava lì era un altro discorso. Comunque, Lyvie era una Serpeverde e l’aveva vista più volte in sala comune. L’altra ragazza, Maxine, non aveva idea di chi fosse, probabilmente una primina come Narcissa. Capire chi fossero le sue cosiddette amiche, però, non era comunque rilevante ai fini del racconto: al di là delle fasi in cui dovette mordersi un labbro per non ridere, rischiando di offenderla, aveva colto il messaggio e la richiesta dietro di esso.

Se tu ti trovassi in difficoltà e io fossi presente, non ti aiuterei. Ti spronerei a fare il culo ai tuoi avversari… scusa il francesismo… però non interverrei.proseguì a spiegarle, stringendosi nelle spalle.

Non dico che hai sbagliato, hai fatto quello che ti sentivi di fare e va bene così. Sei stata gentile, ma ad alcune persone non piace la gentilezza. L’orgoglio di bastarsi da sole a costo di ritrovarsi con delle costole incrinate è più forte dell’idea di uscirne illesi grazie all’aiuto di altri.aggiunse, continuando a guardarla negli occhi. Aveva sempre trovato difficoltà nel capire le persone altruiste, perché semplicemente lui aveva sempre dato la priorità a sé stesso e spesso mancava di empatia; l’idea di ritrovarsi immischiato in un duello per aiutare qualcuno troppo debole per cavarsela da solo era impensabile, ma provò a immettersi nei panni di Narcissa e in quelli della sua amica per farle razionalizzare la questione.

Più che sincerarmi delle condizioni di Maxine, al posto tuo, avrei picchiato a sangue quelli che ti hanno preso in giro… Ma ognuno è fatto com’è fatto, no? E non devi fare a botte, non è quello che sto dicendo. Dico solo che, forse, prima di preoccuparti dei tuoi amici, dovresti mettere al sicuro te. Capisci che intendo?continuò, cercando di chiarire il concetto, con lo sguardo ancora fisso nei suoi occhi nel tentativo di scorgere una qualche sua reazione a quelle parole. Non era sicuro che le avesse detto ciò che voleva sentirsi dire, ma lo aveva appena dichiarato suo amico e gli amici non ti dicono quello che ti vuoi sentir dire, ma la verità… Per quanto, in questo specifico caso, potesse risultare soggettiva e dettata da un carattere pressoché egocentrico, era pur sempre una verità.

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Narcissa E. Miller
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Ascoltare Draven era per lei sempre un'esperienza illuminante. Lei vedeva in lui un esempio da seguire. Lo vedeva più grande, più autonomo e più schivo rispetto a lei, che invece era impulsiva e incapace a volte di decidere come agire in maniera razionale.
Draven non sembrava particolarmente infreddolito, a differenza sua, per questo preferì non continuare a ripararsi da quel fresco della sera. Non voleva sembrare una debole, il freddo non avrebbe dovuto scalfirla. Ascoltava le parole del compagno Serpeverde con meticolosa attenzione, valutando i pro e i contro di quelle che erano le sue personalissime opinione e paragonandole nel mentre alle posizioni che aveva assunto lei. Dal suo punto di vista non aveva provato a pensare che magari a Max potesse aver dato fastidio il suo comportamento: forse s'era risentita perché l'aveva fatta passare per debole davanti agli altri? La piccola Cissy sgranò appena gli occhi.

"Non l'avevo considerata sotto questo punto di vista, devo ammetterlo" osservò, mordendosi il labbro inferiore e facendosi pensierosa.
Sicuramente avrebbe dovuto trovare Max e chiarire la sua posizione, facendole capire che aveva agito pensando di fare il suo bene e non per metterla in cattiva luce davanti agli altri o perché la ritenesse incapace di provvedere a sé stessa.
Narcissa tornò a osservare quella distanza di stelle, mentre la sua idea di amicizia andava modificandosi in itinere. Aveva assunto posizioni differenti, non aveva le idee chiare e soprattutto non aveva la più pallida idea del perché l'amicizia potesse avere sfaccettature così differenti a seconda della persona con la quale si ritrovava a interagire. Sembrava quasi che non esistesse nulla di univoco in quella questione.

"Io alla fine penso che prima di tutto vengo io, quello senz'altro" esordì, dopo che Draven ebbe finito di parlare. Lo lasciò spiegare il suo punto di vista senza mai interromperlo, prima di saltare su come una trottola e dire la sua, sulla base delle riflessioni del ragazzo.
"Però penso anche che gli amici possono sempre servire. Cioè, ci sono persone che servono e basta, ma quelli che si considerano amici a volte servono anche solo per star bene" spiegò in maniera confusionaria.
Si rese conto solo allora di essere troppo giovane per poter affrontare discorsi di una tale portata.
Era sul punto di proseguire quando una macchietta nera in volo s'avvicinò al duo Serpeverde. Gli occhi di Narcissa si spalancarono quando notò il gufo di sua madre planare sulla Torre di Divinazione. Scoccò un'occhiata sconcertata a Draven, prima di rendersi conto di essersi appena sfogata con lui e di essersi lamentata per non aver mai ricevuto lettere da casa.
Con una leggera punta di imbarazzo si giustificò immediatamente col ragazzo, cercando di sdrammatizzare e di non passare per quella che sapeva solo lamentarsi senza motivo.

"Ecco, che la legilimanzia di mia nonna abbia fatto effetto?"
Con un cenno del capo indicò il gufo di sua madre, che nel frattempo s'era appollaiato sulla sua spalla destra e aveva preso a beccarle affettuosamente l'orecchio.
"Ehi, ehi, fa' il bravo" si lamentò Narcissa, portandosi una mano all'orecchio per allontanare il becco affilato del rapace.
Attaccato alla sua zampina c'era un fiocchetto rosso che teneva ferma una pergamena raffigurante lo stemma della casata di appartenenza della madre. Era un sigillo rosso raffigurante un gufo ad ali dispiegate, in cera laccata e sciolta al fine di sigillare la busta contente la lettera a lei destinata.
Narcissa scostò appena la zampina del gufo quanto bastava per sfilare la busta e aprirla. Le tremavano le mani, aveva quasi paura che sua nonna Elodie potesse essersi fatta un'escursione nella sua mente e aver scoperto cose che le stava per rimproverare.
Con un gesto lento e cinico, la piccola Narcissa scollò il sigillo, che si distaccò dalla busta e cadde al suolo. Il gufo di Helena Cooper, in quel preciso istante, dispiegò le ali con veemenza e si librò nell'aria, abbandonando definitivamente Narcissa e Draven. Si allontanò nell'aria fresca delle notte, disperdendosi in mezzo alle stelle, mentre la pergamena fuoriusciva dalla busta.
Narcissa avvertiva la sensazione di aver la gola secca. Temeva il giudizio della sua famiglia.

"Io... ho paura che sia una lettera di rimprovero. Mia nonna si diverte a usare la legilimanzia su di me, per..."
Narcissa si interruppe bruscamente. Stava per concludere con 'per vedere se mi comporto da mezzosangue o da purosangue vera', ma preferì non sbilanciarsi troppo, non per ora almeno.
Deglutì nervosamente, mentre titubante apriva la lettera, piegata in quattro.
Una calligrafia corsiva, piatta e di difficile lettura prese vita sotto i suoi occhi, che presero a scorrere rapidamente lungo quelle poche ma intense righe speditele da sua madre.


Mia cara Narcissa,
ti starai sicuramente domandando per quale motivo io sia tornata a farmi sentire dopo tutto questo tempo. Ho riflettuto a lungo prima di scriverti questa lettera e, se dapprima ero titubante nel volerti coinvolgere, adesso invece sono arrivata alla conclusione che è giusto che tu sappia tutta la verità.
Sono ormai quattordici giorni che non ho più notizie di tuo padre. Sembrerebbe che sia svanito nel nulla e nessuno - né tra i babbani né tra i maghi - sa dire dove potrebbe trovarsi in questo momento.
Vorrei soltanto che tu, dopo aver letto queste mie parole, non ti allarmassi ,ma sono certa che dopo tutti questi mesi trascorsi a Hogwarts tu sia cresciuta e abbia sviluppato una maturità tale da affrontare con coscienza e razionalità questa tragica situazione.
Desidero che quest'estate tu non faccia ritorno a casa, ma che trascorra la tua estate a Villa Cooper con nonna Elodie, sarà lei a prendersi cura di te fintanto che io non avrò riportato a casa tuo padre. Si è anche offerta di aiutarti a raffinare le tue tecniche magiche, in modo che a settembre tu possa essere la migliore della tua classe.
Ti chiedo di non fare niente di stupido, ma di limitarti solamente a seguire le mie indicazioni senza agire di testa tua. Qualsiasi cosa succeda, ti chiedo di non provare a metterti sulle tracce di tuo padre, ci sono già persone più esperte e preparate che si stanno occupando di questo.
Se ci tieni alla tua vita, fa' come ti dico io e non lasciare che la debolezza dei tuoi sentimenti ti spinga a metterti in serio pericolo. Ci sono volte in cui può accadere che non si torni indietro, non sono ancora pronta a perderti, Narcissa.
Con affetto,
tua madre Helena


Il labbro inferiore di Narcissa prese a tremare seguendo il vibrare delle sue mani. La piccola Serpeverde restò ferma qualche istante, osservando la lettera con occhi vacui. Ci vollero diversi attimi prima che potesse metabolizzare la notizia e rendersi conto che suo padre era ufficialmente disperso. Ma cosa gli era accaduto di preciso?
Una spiacevole sensazione si fece strada in lei. Le parole di sua madre sembravano presagire una tragedia più grossa di quanto volesse dire. L'impressione che davano era che Helena Cooper stesse minimizzando l'accaduto. La sollecitava persino a disinteressarsi alla ricerca di Laurent Miller. Va beneche era un nato babbano, ma lei aveva sempre detto che era andata contro tutto e tutti pur di seguire il suo cuore e sposare l'uomo che amava. Adesso, invece, le stava suggerendo di non preoccuparsi per suo padre?
Lo stomaco si strinse in una morsa dolorosa, prima di ribellarsi e lasciare che una voragine si dispiegasse brontolando rumorosamente, come ogni qualvolta che la piccola Cissy si ritrovava in preda di emozioni brutte e contrastanti.
Alzò appena lo sguardo su Draven, prima di ricomporsi e cercare di sdrammatizzare.

"Ecco, per esempio se mia madre non si fosse fatta sentire sarei stata molto più felice. Finché non m'avesse scritto io stavo tanto bene"
Sperava che dalla sua voce trasparisse tranquillità e ironia, ma era consapevole di essere in preda al panico. Non sapeva cosa sarebbe successo di lì a breve e soprattutto non aveva nemmeno più la certezza di poter rivedere vivo suo padre. Perché le parole di sua mamma le avevano instillato un dubbio molto più grande di quel che aveva dichiarato apertamente nella lettera.
"Fatto sta che adesso non so più cosa fare"
Narcissa lasciò cadere la lettera per terra. Non le interessava minimamente se Draven potesse leggerla o meno. Di lui si fidava e aveva intuito che se l'avesse letta non avrebbe raccontato in giro la tragedia che stava colpendo casa Miller.
Di scatto Narcissa si alzò in piedi, totalmente dimentica del freddo e delle dita intirizzite. Si appoggiò al parapetto, fissando il vuoto sottostante, con gli occhi che bruciavano. Una lacrima calda e timida scese lungo la sua guancia, ma Narcissa l'asciugò col dorso della mano prima che Draven potesse accorgersi del suo attimo di debolezza.
Arrivata a quel punto non aveva nemmeno più la certezza di voler mantenere il segreto sul suo status di sangue. Era talmente sconvolta e sotto scacco che in quel preciso avrebbe voluto scomparire o trovarsi altrove a vivere la vita di qualcuno meno afflitto da problemi.



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La luce soffusa nella Sala Comune, illuminava la grande stanza centrale mentre la luna faceva il suo ingresso nel cielo stellato. Bianca, il primo quarto per l’esattezza, rifletteva sul lago nero specchiandosi sulle placide acque tenebrose. Nel silenzio, che precedeva il coprifuoco, Megan si trovava affianco all’ampia finestra, alla destra del caminetto spento, seduta sulla poltrona in velluto blu. Sfogliava le pagine di un tomo narrativo, gli ultimi due capitoli prima della fine, immergendosi in quella storia che confermava avere una conclusione inaspettata, del tutto diversa da quanto aveva immaginato fin dall’inizio. Allo scattare dell’orario di ronda Megan chiuse il libro riponendolo all'interno dell’ampia libreria; il coprifuoco avrebbe avrebbe avuto inizio di lì a breve. Successivamente, colta da passi improvvisi lungo le scale che conducevano ai dormitori femminili, scorse Phoebe e Jean.
«Sono di turno nei paraggi questa sera. Qualsiasi problema mi trovate sulla Torre.» Un mezzo sorriso e un cenno del capo, mise il mantello e lasciò la Sala alle proprie spalle. Il tonfo della grande porta in legno rimbombò nel silenzio, mentre le torce rendevano chiaro il percorso che avrebbe intrapreso di lì a breve. Un lungo sospiro anticipò i primi movimenti, nessuno quella sera le avrebbe fatto compagnia.

La quiete veniva disturbata dai passi e dallo scoppiettare delle fioche lanterne a ridosso della pietra. Ultimamente trovava pace solo nelle ronde notturne, libera da studenti che le giravano attorno con mille quesiti e riflessioni. Un momento della giornata dove liberava i pensieri e lasciava che questi attraversassero la propria mente, colmando gli spazi di emozioni e sensazioni. Poteva essere se stessa, calare la maschera fronte all’ignoto e lasciarsi osservare dall’oscurità: bella, dannatamente inarrivabile.
Salì le scale, lo stesso percorso che un anno prima l’aveva vista protagonista di una situazione che aveva cercato di eliminare dalla propria mente. I ricordi che rimanevano erano solo attimi di quiete dopo la tempesta: Emily Rose che le tendeva la mano offrendole una spalla su cui piangere. Sorrise teneramente all’immagine che s’era proiettata davanti a lei mentre apriva il grande portone in legno varcando la soglia. Respirò aria fresca e un brivido le accarezzò la pelle attraversando l’intero corpo, Megan chiuse gli occhi sentendone l’intensità. Pochi secondi e le iridi cobalto sondarono l’intero perimetro, finché non appurarono che nessuno fosse presente. In tal modo, così come era arrivata tornò indietro e ripercorse la strada in direzione dell’Aula di Divinazione.

Post di avvicinamento.
L’orario del coprifuoco si avvicina e a breve vi vedrà protagonisti di un giro di ronda in corso. Avete modo di pensare a una soluzione, qualora ci fosse, e di muovere i vostri personaggi in maniera coerente. Non sapete che Megan sta arrivando, né lei sa della vostra posizione. Niente metagame e post autoconclusivi, mi raccomando! Rimango disponibile qualora vogliate avere un riscontro in off, via mp, e vi auguro una buona fortuna!

 
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Uscendo dal dormitorio non aveva immaginato che si sarebbe imbattuto in Narcissa e avrebbe iniziato con lei una lunga conversazione sul significato dell’amicizia. Parlandone, però, si era sentito meglio per un po’. L’arrivo a Hogwarts aveva significato per lui un’incredibile svolta nella sua vita e aveva subito capito di dover approfittare a pieno dell’opportunità che gli era stata concessa; si era messo sotto con lo studio, voleva sentirsi fiero di sé stesso e rendere orgogliosi i suoi concasati. Simultaneamente, aveva vissuto la sua prima vera amicizia… Che non aveva niente a che fare con i Serpeverde, la scuola o lo studio. Era cresciuta in maniera spontanea, insieme a lui. Aveva fatto parte di lui dal primo giorno in cui aveva messo piede alla stazione di King’s Cross per raggiungere Hogwarts e lo aveva seguito passo passo negli ultimi tre anni. Finché lei non aveva rovinato tutto.
Aveva lentamente, ma progressivamente, finito col concentrarsi solo su Narcissa e i suoi problemi, dimenticando per un po’ i propri, ma gli erano tornati in mente alla prima occasione. Era bastato un attimo di silenzio, in cui la ragazzina si era soffermata a riflettere sulle sue parole, che Draven aveva ripreso a deprimersi. Pensava davvero tutto ciò che le aveva detto, ma la dura realtà contro cui Narcissa non si era ancora scontrata era che qualsiasi cosa, qualsiasi legame, era destinato a finire, in un modo o in un altro. Fu sul punto di dirglielo, per avvisarla quantomeno di andarci sempre con i piedi di piombo, con chiunque, quando con la coda degli occhi vide un gufo avanzare in volo verso di loro. Avevano appena commentato di non essere abituati a ricevere lettere – lei lo aveva detto, lui era rimasto in silenzio, a essere precisi – e la coincidenza del momento bastò a lasciarlo senza parole. Non sapendo bene come comportarsi, se lasciarla lì da sola per concederle privacy o restare per non sembrare insensibile, si alzò in piedi e si avvicinò al parapetto; la via di mezzo gli sembrò la scelta migliore. Si appoggiò al parapetto con i gomiti, restando quindi rivolto verso di lei, in completo silenzio, ma nel vedere l’espressione del suo viso mutare man mano che procedeva nella lettura di quella lettera, deviò lo sguardo e riportò l’attenzione verso le stelle. Che diavolo le avevano scritto per farla intristire così all’improvviso? Non era certo di volerlo sapere, anzi, avrebbe preferito non esserne coinvolto affatto, perché se avesse cominciato a piangere non avrebbe saputo che fare. Con la coda degli occhi la vide tremare, in quello che gli sembrò essere un misto di rabbia e dolore, una sensazione per lui fin troppo familiare. E si sentì tremendamente a disagio.


Sei a scuola. Qualsiasi cosa sia, non credo tu possa fare molto, dall’alto dei tuoi undici anni. E a quest’ora…commentò cinicamente, voltandosi per cercare il suo sguardo.

Mi dispiace, comunque.provò ad aggiungere, per alleviare un po’ la durezza delle parole precedenti. Arricciò le labbra in un sorriso comprensivo e si allontanò dal parapetto. Si chinò a terra a raccogliere la lettera, con l’intenzione di ripiegarla e porgergliela, ma esitò quando lo sguardo cadde su una frase specifica: “non ho più notizie di tuo padre”. Quale persona sana di mente avvisava una ragazzina di undici anni tramite lettera per darle una simile notizia? Alzò lo sguardo su Narcissa e aspettò che riprendesse la lettera dalle sue mani. La sua famiglia doveva essere parecchio incasinata… Leggere quell'unica frase gli era bastato per fargli apprezzare l'indifferenza che con tanto impegno aveva coltivato nella propria di famiglia.

Vieni. Rientriamo. Comincia a fare freddo. - disse subito dopo, appoggiandole delicatamente una mano dietro la schiena per spronarla a muoversi e raggiungere la botola della torre.


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Narcissa E. Miller
view post Posted on 11/9/2020, 18:13





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Con quella lettera la sua vita, già di per sé stessa incasinata, andò a ingarbugliarsi ulteriormente. Ai crucci legati al suo sdoppiamento di personalità, all'eterna lotta tra la parte Narcissa e la parte Elodie, andava adesso ad aggiungersi la triste nonché intollerabile notizia della scomparsa in circostanze misteriose del padre. Poteva andarle peggio? Forse, ma per Narcissa quel tanto era già sufficiente per causarle una profonda sofferenza.
In lontananza una civetta coccovegiò, segno che la notte stava iniziando a inoltrarsi e che ormai erano prossimi al coprifuoco. Tra le tante cose che Narcissa temeva c'era anche la punizione: non era già una punizione sufficiente il modo in cui aveva scoperto quella terribile notizia? Sua madre, in fondo, s'era rivelata la solita infame: pur di non trasgredire alle regole imposte da nonna Elodie aveva scelto di percorrere la strada della sofferenza. E menomale che, a detta sua, lei era la sua unica ragione di vita. Aveva un modo piuttosto singolare di dimostrarlo, dovette ammettere Narcissa. Era mortificata, decisamente incapace di comprendere cosa le stesse accadendo attorno.
Improvvisamente nemmeno il freddo della notte era più in grado di scalfirla: si sentiva congelare da dentro, come se all'improvviso ogni sentimento buono si fosse soffocato sotto la morsa del ghiaccio. A stento avvertiva la presenza di Draven, che nel frattempo s'era alzato e l'aveva raggiunta al parapetto.
Narcissa aveva gli occhi lucidi, la mente annebbiata da pensieri contrastanti: quale verità le stava venendo impedita di cercare? Cosa stava accadendo a casa sua? Avrebbe dovuto chiedere al preside un permesso per tornare prima e scoprire cosa stavano ordendo in famiglia? Al pensiero che qualcosa di spiacevole potesse essere successo a suo padre un singhiozzo si fece strada nel silenzio della notte, spezzando il sonoro e impaziente canto delle cicale.

"Sono sempre troppo piccola per fare tutto, lo so"
Così rispose alle parole di Draven, ma in realtà era più un duro ed implicito rimprovero rivolto alla sua famiglia e alle innumerevoli volte che in famiglia le avevano imposto il silenzio.
"Ma non possono impedirmi di sapere cosa è successo"
In quel mentre Narcissa si accorse che Draven aveva raccolto da terra la lettera che aveva lasciato cadere. Quand'era stata travolta dalle emozioni, le mani avevano tremato al punto di non essere più in grado di mantenere salda la presa e la pergamena era caduta sul ballatoio, in balia dell'aria notturna. L'aveva letta Draven? Poco importava, in quel momento aveva bisogno di un consiglio, un suggerimento e soprattutto conforto. Forse Draven poteva capirla? Lo sperava vivamente.
Con gli occhi arrossati recuperò frettolosamente la pergamena dalle mani del ragazzo. Aveva il labbro inferiore che tremava e le parole faticavano a fuoriuscire. Aveva la gola secca, le tonsille bruciavano e il groppo allo stomaco stringeva la morsa.

"Draven, mio padre è sparito. Non sanno dov'è finito" si limitò a dire Narcissa, evitando di esternare la serie di sospetti e di problematiche che aveva maturato in quei pochi attimi che era rimasta appoggiata a fissare il vuoto vicino alla ringhiera. Se avesse voluto dire a Draven dei sospetti avrebbe dovuto sicuramente cominciare dal passato e non sarebbe bastata una notte a far capire al ragazzo perché temeva che sua nonna e sua madre le stessero tenendo nascoste troppe cose. Quella lettera... Helena l'aveva scritta sotto dettatura di nonna Elodie, se Narcissa avesse scommesso e messo la mano sul fuoco non si sarebbe scottata. La ragazzina ormai conosceva il modo di scrivere della madre. Non che le avesse spedito molte missive, però il suo stile era inconfondibile. Quell'austerità, quella cripticità erano più proprie di sua nonna che di sua madre.
Sospirò appena Narcissa, prima di annuire alle parole di Draven. Effettivamente cominciava a fare freddo e ad essere tardi. Nonostante la forte apatia della quale era rimasta vittima, Narcissa seguì a ruota Draven, senza opporsi alla sensazione di aver avuto la mano del ragazzo sulla schiena. E per una come lei, che detestava il contatto fisico di qualsiasi tipo esso fosse, il fatto che non si fosse opposta a quel tocco lasciava intuire lo stato d'animo che aveva in quel momento.

"Va bene, andiamo, prima che qualcuno si accorga che siamo qua. Ho già abbastanza problemi a casa per poterne gestire altri anche a Hogwarts" aggiunse in conclusione, con una piccola punta di amarezza nel tono di voce.

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Edited by Narcissa E. Miller - 11/9/2020, 20:24
 
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view post Posted on 13/9/2020, 07:59
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Ocean eyes.

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Tornando indietro – scendendo qualche gradino – Megan superò l’arco in pietra e salì la lunga scala a chiocciola d’argento, posando la mano sulla lunga ringhiera, guidata dalla luminosità della bacchetta per guadagnare più luce. Una volta arrivata davanti all’ingresso della stanza poggiò il palmo sulla maniglia e con uno scatto la botola si aprì, accogliendola. L’odore d’incenso la travolse – quando l’aula era vuota si sentiva con maggiore intensità – e le pupille si strinsero alla luce soffusa di color rosso scarlatto. Nox! La stanza circolare era colma di tazzine da caffè, sfere di cristallo e artefatti di cui l’insegnante si serviva durante le lezioni. Megan era la prima volta che metteva piede in quell’aula di notte e la suggestione si posò su di lei come una piuma, una piacevole carezza. Fece per superare la soglia, lasciando la struttura in legno aperta alle proprie spalle.
Se c’era una cosa che amava delle ore di Divinazione era la tranquillità che le trasmettevano. Il più delle volte si interrogava chiedendosi se tutta quella roba fosse frutto della fantasia di molti e altrettante volte si convinceva di questa teoria, la maggior parte in realtà. Leggere i fondi di caffè davvero poteva predire il futuro? E la Tasseografia? Aveva sempre considerato alcune di queste pratiche, o simili, una sciocchezza, tramandate di generazione in generazione, collocandosi secondo un parere del tutto personale tra vecchie e sciocche pratiche di presunte streghe dell'epoca. C’era una cosa però che aveva amato durante il primo anno di studio di quella materia, l’ultima lezione, quella riguardante la Negromanzia. Quest’ultima aveva solleticato una curiosità sopita, la possibilità di un ponte collegato con l’aldilà che permette una comunicazione con i morti. Sì, era inutile nascondere che la prima cosa che a Megan era venuta in mente fu praticarla per scopi personali, rivedere i propri genitori e trovare delle risposte. Non era così facile, lo sapeva, ma se avesse trovato una giusta strada un calcolo di probabilità avrebbe pesato su una decisione incline al praticare quell’arte. Poteva metterla in pericolo, vero, ma a lei non interessava; giocava già una partita dove la possibilità di vedersi a terra, esanime, era alta. Non aveva nulla da perdere alla fine.
Sospirò, le dita sfiorarono i tavoli in legno, toccarono le sfere di cristallo posizionate al centro e gli occhi indugiarono sul riflesso che proiettava: lei e nient’altro.
Futuro… Che stronzata! Affermò silenziosamente, con un sorriso che curvò solo la parte sinistra delle labbra. Lasciò le dita sollevarsi dalla superficie rotonda e si spinse lungo le scaffalature; il blu dei suoi occhi individuò ogni oggetto presente per poi spostarsi sul grande orologio che segnava ancora pochi minuti allo scoccare della vera e propria ronda. Poi, lo sguardo seguì gli spifferi d’aria estiva che sfioravano con delicatezza i propri capelli: una finestra socchiusa a qualche metro da lei.

Bene! Megan è nell’Aula di Divinazione proprio vicino a voi, solo che si trova all’interno. Vi chiedo di muovervi sempre con coerenza.
Qualsiasi domanda mi trovate sempre disponibile per MP! 🌸

 
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view post Posted on 8/10/2020, 10:58
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Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts

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Studente - III anno - 14 anni - Serpeverde
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A soli quattro anni aveva visto negli occhi di suo padre l’odio e la repulsione per qualcosa che non aveva alcuna intenzione di comprendere e a lungo, negli anni seguenti, si era trovato in bilico tra il voler essere ‘normale’, per poter essere amato di nuovo da lui, e il vederlo sparire per sempre, per essere libero di essere sé stesso. Non era decisamente la persona giusta per consolare Narcissa, che aveva appena saputo della sparizione del genitore…
Solo dopo che suo padre se n’era andato, aveva capito quanto gli piacesse quella che – secondo l’uomo – era la sua ‘diversità’, ma quello sguardo di biasimo lo tormentava ancora. Il senso di colpa per averlo portato ad allontanarsi da sua madre e da lui, rendendolo la persona orribile che era diventata poco prima di morire, non accennava a sparire, anzi: nel migliore dei controsensi che caratterizzavano la personalità di Draven, quel senso di colpa era la fiamma che accendeva giornalmente la sua ambizione di diventare il mago migliore di tutti i tempi. Se avesse raggiunto quell’immenso obiettivo, allora avrebbe potuto lasciarsi alle spalle il passato. Solo allora, sarebbe stato in grado di dimostrare a suo padre quanto fosse stato in torto.
Chinò la testa, improvvisamente intristito dai propri pensieri.
Non sapeva niente della situazione famigliare di Narcissa e, di certo, non ci avrebbe ficcato il naso, però in minima parte sentì di poterla capire. Perché, qualsiasi cosa fosse successa, qualsiasi cosa significasse per lei la sparizione del padre, comunque quella lettera le aveva appena cambiato la vita. Poteva immaginare facilmente quanto dura sarebbe stato per lei capire quanto tutto ciò influisse e avrebbe influito sulle sue decisioni future.
La spronò a camminare, ma varcò la soglia dell'aula per primo. Rimase in assoluto silenzio, a pensare a cosa dirle o, meglio, se dirle qualcosa. Per quanto non amasse le interazioni con le persone e nonostante facesse di tutto per tenersi alla larga dai problemi altrui, si sentì sinceramente dispiaciuto per quella ragazzina.
Ancora sovrappensiero, alzò lo sguardo con l'intenzione di volgerlo per assicurarsi che Narcissa lo stesse seguendo, ma nel farlo rimase, invece, a guardare i due occhi blu che brillarono nel buio dell'aula a poca distanza da lui. Avevano davvero passato talmente tanto tempo lì da superare l’orario del coprifuoco?
Mentre si stava godendo l’aria fresca di quella sera, si era chiesto più volte che ore fossero, ma l’intensità della conversazione, culminata con l’arrivo di quella fatidica lettera, lo avevano distratto… A tal punto?! Non aveva mai infranto le regole della scuola!
Doveva dire qualcosa, spiegare la situazione. Già i suoi voti erano peggiorati nell’ultimo periodo, non ci voleva anche una punizione. Schiuse le labbra per poter dire qualcosa… Ma alla flebile luce della stanza, rimase così: in silenzio e a bocca aperta, a guardare il Caposcuola che troneggiava nell’aula di divinazione. Era bellissima. E qualsiasi cosa avesse pensato fino a quel momento, svanì come una nuvola di fumo.

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codice role © Akicch~NON COPIARE - WANT YOUR OWN? GET IT


Perdonate la lunga attesa :cry4: :<31:
 
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Narcissa E. Miller
view post Posted on 8/10/2020, 14:52




Narcissa Elodie
Miller
«O forse a Serpeverde, ragazzi miei, voi troverete gli amici migliori, quei tipi astuti e affatto babbei che qui raggiungono fini ed onori!»

► Mood: Happy► Età: 11 anni ► Ruolo: Studentessa► Outfit: Divisa di Serpeverde

Q
uella lettera le aveva letteralmente sconvolto l'esistenza. Narcissa non ricordava di aver mai vissuto un momento tanto drammatico quanto doloroso. Per quanto a casa si sforzassero di inculcarle l'odio nei confronti di suo padre, lei non aveva smesso per un solo istante di volergli bene. Provava un bene incondizionato nei suoi confronti, anche perché quell'uomo tanto disprezzato da sua nonna era lo stesso che l'aveva cresciuta e che aveva contribuito a farla diventare quella che era. Desiderava ardentemente renderlo fiero di lei e, segretamente, lo ammirava per tutto quello che sapeva fare, perché a differenza di sua madre e di sua nonna, aveva vissuto una vita a cavallo tra i due mondi, riuscendo persino a sopravvivere in un mondo dove la magia era del tutto bandita. Un sospiro e si avviò verso l'ingresso, seguendo a ruota Draven. L'aria fresca della notte le sferzava il viso e le guance, solitamente diafane, avevano iniziato ad assumere un colorito piuttosto roseo. Le labbra, di tutta risposta, si seccarono sotto la pressione dell'atmosfera notturna. Varcarono la porta che avrebbe ricondotto all'interno dell'aula di divinazione. Ormai il coprifuoco era sicuramente scattato e la vera sfida sarebbe stata tornare in Sala Comune prima che qualcuno si fosse accorto della loro assenza. Se qualcuno, infatti, avesse reclamato, avrebbero potuto passare un brutto quarto d'ora e con tutti i guai che Narcissa stava già vivendo quella sera, una punizione non era di certo il modo migliore per concludere una giornata decisamente indimenticabile. In negativo, s'intende.
Varcò la soglia, la pergamena ancora stretta tra le mani, più serrate del nodo che le stringeva la gola quasi togliendole il respiro. Non avrebbe concesso a Draven di vederla piangere, l'amico in fondo non le sembrava un sentimentale e, sotto sotto, nemmeno lei lo era mai stata. Certo c'erano state un paio di volte nelle quali s'era lasciata commuovere, ma non aveva mai pianto pubblicamente, s'era limitata a sfogare la sua tristezza o frustrazione tra le quattro mura della sua stanza o del dormitorio. E in dormitorio soltanto dopo essersi accuratamente sincerata che né Lyvie né Layla stessero per rientrare. Nemmeno a loro era concesso vederla soffrire nel suo dolore. Ma poi...
SBAM.
Draven si era fermato, impalato sulla finestra che conduceva all'interno dell'aula di divinazione. Narcissa sbatté contro la sua schiena e il suo naso si andò a conficcare letteralmente nella schiena del giovane Serpeverde. Con una mano, la ragazzina si accostò al naso, quasi a volersi sincerare di non averlo perso durante quell'imprevista collisione.

"Ahia! Ehi, ma cos..."
Era sul punto di domandare spiegazioni all'amico, quando s'accorse della sua espressione rapita. Il suo sguardo puntava nel cuore dell'aula, dove una ragazza dagli occhi azzurri e profondi stava meditando in silenzio. Narcissa trattenne il fiato nel rendersi conto della sua identità. Non ci aveva mai parlato - per fortuna o purtroppo - ma sapeva benissimo chi era. Draven sembrava rapito dalla sua bellezza, quasi del tutto ignaro del pericolo nel quale s'erano appena cacciati. Già il rischio di poter essere visti era alto, ma da una caposcuola proprio non ci sarebbe voluto.
Narcissa deglutì, prima di muoversi lesta dietro Draven e sgusciare silenziosamente al suo fianco. Sperava che la Caposcuola non li notasse. Riducendo la voce a un impercettibile sussurro, Narcissa cercò di richiamare l'attenzione di Draven tirandogli appena un lembo della divisa. Sperava che il ragazzo persistesse nel suo silenzio, ma che spostasse lo sguardo su di lei per ascoltarla.

"Draven, mi sa che siamo nei guai" bisbigliò Narcissa, allarmata.
Per quanto si stesse sforzando di restare impassibile, l'ingenuità dei suoi undici anni stava lentamente iniziando a risalire in superficie. La ragazza sentiva il fiato smorzarsi in gola, mentre la mente, confusa e disorientata, vagava nell'iperuranio alla ricerca di una spiegazione plausibile da rifilare alla caposcuola di Corvonero.
Per un momento a Narcissa balenò per la mente l'idea di strisciare silenziosamente a ridosso del muro per sfuggire alla fioca luce che le sfere di cristallo emanavano al centro dell'aula. Ma la presenza di Draven forse era già stata notata, persino la sua, visto che oltretutto aveva sbattuto contro il ragazzo senza rendersene nemmeno conto. Narcissa sospirò sommessamente, mentre le dita della sua mano destra si serrarono ulteriormente attorno alla pergamena nella quale, con la minuta calligrafia di Helena Cooper, erano contenute le origini dei suoi peggiori drammi esistenziali.

*Adesso cosa diavolo si fa? Come ne usciamo?*
Senza nemmeno rendersene conto, la sua attenzione oscillò dapprima su Draven, poi si indugiò sulla caposcuola di Corvonero. Sembrava particolarmente concentrata su sé stessa, poteva non averli visti, ma poteva anche non aver udito i loro movimenti o il loro respiro nel silenzio della stanza?

 
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