Più si guardava attorno, più si accorgeva di come l'ambiente continuasse a svelarsi lentamente: nascondeva in sé rifiniture, decorazioni e percezioni che rendevano tutto più vivido di quanto immaginato. L'interesse accumulato nel corso dell'anno verso la cultura orientale, poi, spingeva Oliver ad una curiosità sempre maggiore, fin nel profondo; non a caso, infatti, si era ripromesso di informarsi di più, di acquisire così una conoscenza più accurata. In quella sala adibita a festa, sentiva di essere stranamente in pace: il velo della morte, così labile in un giorno come quello, perdeva per lui ogni atmosfera lugubre e ne ripristinava invece un confine più tangibile, più spirituale, proprio nei termini di una partecipazione più personale. Non sarebbe andato via senza prima aver provato almeno i principali piatti che gli organizzatori avevano preparato, anche il menù - visto di sfuggita mentre ordinava il giro d'esordio di maotai - era stato in grado di stuzzicarlo. Per di più, Himiko's Taste era una garanzia: vi era stato un'unica volta, molto tempo addietro, e ne conservava un ricordo assolutamente delizioso.
«Torturate tutti, figli miei. Un'unica accortezza...» Un cenno del capo verso
Alice, e un sorrisetto verso
Emma prima che entrambe fuggissero via.
«Lasciate qualche corpo anche per noi.»Ammiccò un'ultima volta, mentre il suono incomprensibile di
Cugina Itt si insinuava al pari di un ritmo che non avrebbe saputo interpretare. Voleva reggere il gioco, aveva deciso di calzare il ruolo nel migliore dei modi, e ricordava dai racconti dei concasati di come, tra tutti, il personaggio vestito da Vivienne fosse forse il più particolare, il più complicato in assoluto. Come Gomez Addams in carne ed ossa, infatti, avrebbe dovuto almeno fare finta di cogliere ogni senso dei suoni gutturali dell'altra; invece, a malincuore, si costrinse a volgere via il capo, in fretta: sulla bocca tratteneva il singhiozzo di una risatina morente. Aveva con sé la macchinetta fotografica per le grandi occasioni, tra l'altro, e mentre restava infine soltanto con
Mary, si appuntò di scattare almeno un ritratto di famiglia entro la fine della serata. Un ricordo, quello, che avrebbe portato sempre con sé, ne era già convinto. Il bicchierino di maotai, a quel punto, poté compiere il passo d'apertura verso un momento di puro svago. Per la prima volta da settimane, Oliver non era soltanto chi avrebbe dovuto essere: la spilla da Caposcuola era infatti riposta al sicuro in un taschino interno dello smoking, bizzarramente accanto ad un pacchetto di sigarette all'erba artemisia. Era contento di essere lì, alla festa di Halloween. Ancor più era contento di essere con Mary: anche se condividevano molto - la Sala Comune, gli allenamenti di Quidditch, perfino gli incontri presso la Stanza delle Necessità - non avevano avuto molte occasioni per stare
davvero insieme. In lei, a ben vedere, Oliver aveva sempre ritrovato un porto d'approdo, anche quando non era stato loro possibile ritrovarsi per lungo andare. Era un po' come una certezza, Mary custodiva per lui la consapevolezza di un presente - e per lui, in effetti, nulla aveva valore più bello. Si accorse di essere sovrappensiero, mentre mandava giù tutto il contenuto del maotai in un rapido sorso: l'alcool aveva una gradazione elevata, non vi era abituato. Nascose l'impetuoso bruciore lungo la gola in una smorfia passeggera, quella che parve banalmente come un mezzo sorriso. Si augurava soltanto di non fare la figura dell'idiota, avrebbe dovuto poi Materializzarsi di nuovo con tutti gli altri per rientrare al Castello di Hogwarts. Con il
mon cher da parte di Mary, gli sovvenne naturalmente la pantomima che avrebbe dovuto seguire a sua volta. Eppure, percepì una naturalezza così piacevole da non sentire più il divario tra Oliver e Gomez, così come quello tra Mary e Morticia. Si trattava di un'affinità che alla presenza della concasata aveva già sperimentato, ed era come se non fosse trascorso neanche un giorno dalla loro prima conoscenza. Il gusto del frumento bagnava la lingua, lasciandovi un alone forte, in parte pungente. Non fu dispiaciuto quando Mary gli chiese di Leah, non ne era neanche imbarazzato: prima della festa, infatti, le aveva spedito una lettera per dirle della sua partecipazione con gli altri concasati, non sapeva però se l'altra fosse riuscita a giungere a sua volta. Non sentiva di essere in difetto, in alcun modo, e proprio per quel motivo non interpretò bene la leggera, impercettibile stretta al petto. Comprendeva che non si trattasse affatto né di fastidio né di rimostranza, era più come un cenno doloroso, e improvviso. Non durò molto.
«Non riusciamo ad incontrarci tanto spesso, nell'ultimo periodo.» La domanda spontanea di Mary, però, gli diede da pensare: era vero quello che aveva appena detto, lui e la Tassina non si vedevano spesso come magari accadeva in principio. E sebbene avesse potuto addurre una e più giustificazioni - i doveri, i compiti, i ruoli e gli impegni in successione che seguiva in prima linea -, Oliver sapeva anche di esserne in parte responsabile. Era più come se temesse ogni incontro. Da quando Leah gli era stata accanto durante la degenza dell'anno precedente, la loro relazione si era rafforzata; tuttavia in qualche modo era come se il pericolo affrontato avesse aperto in Oliver una voragine. Aveva paura - per lei, e egoisticamente soprattutto per lui. Non avrebbe voluto rappresentare l'insidia principale per Leah, non avrebbe potuto reggerne il prezzo che ne sarebbe conseguito. Un conto era affrontare da sé le sue Visioni, un altro era condizionare con le stesse qualcun altro. Leah, per lui, era importante.
«Mi dispiace non ci sia stato ancora modo di presentartela per bene.» Si rivelò sfuggente, e lo comprese fin da subito. In altre circostanze avrebbe parlato volentieri, invece era come se non sapesse quale direzione inseguire, quale linea di pensiero adeguare al momento. Riprese in fretta, poggiando il bicchierino sul tavolino.
«È davvero una bella persona, ti piacerebbe. Per te, invece? Qualche Gomez Addams nella tua vita, cara mia?»Attenuò il battito del cuore con un sorriso, accettò così di buon grado il secondo giro di alcolici. Quando il maotai scivolò sul bancone, si premurò di ringraziare Mary con un cenno del capo e si affidò al liquido ambrato piuttosto rapidamente. Un lungo sorso, il capo leggermente reclinato all'indietro. Pizzicava sulla lingua e offriva un sapore particolarissimo, che stranamente gli ricordava giorni d'estate. Il discorso poté proseguire lungo il percorso, si mostrò infatti piacevolmente concorde per la proposta di dare un'occhiata in giro, il banchetto con gli articoli di Zarathustra per l'occasione aveva saputo attirarlo fin dall'ingresso. Lasciò il bicchierino, ormai vuoto, al primo tavolino libero di passaggio. Agli articoli in esposizione si trattenne appena all'indietro, e poi si fermò alla sinistra di Mary. A partire dai tessuti fino ai vari ricami in superficie, dalla ricercatezza stilistica fino agli effetti magici associati, tutto realizzò per Oliver un vero e proprio senso di raffinatezza, tutto gli sembrò intimamente prezioso. Soppesò la pelliccetta con maggiore curiosità, arrivò a socchiudere gli occhi per mettere ancor più a fuoco. Forse non avrebbe mai avuto modo di indossare quei capi d'abbigliamento in pubblico, alcuni erano vistosi per lui e per il suo gusto; tuttavia trovava in ognuno qualcosa di singolare e di tradizionale, qualcosa che rimandava ad una cultura per lui straniera, e come tale ancor più vivida. Annuì alle parole di Mary, attese così che l'altra completasse i suo acquisti. Nel frattempo, provò a recuperare un Braccale Yurei lì visibile, e lo girò tra le dita con estrema delicatezza. Era forse il manufatto che più aveva attirato la sua attenzione, la sfera di vetro al centro gli dava l'impressione di imprigionare una nube temporalesca; il fluido argenteo gli parve colorarsi di una prima nota più accentuata, sul vermiglio, e per un attimo provò timore di aver rotto il monile. Si affrettò a posarlo sul bancone, accorgendosi soltanto dopo - dalla lettura del potere del gioiello - di cosa si trattasse all'effettivo. C'erano spettri nei dintorni? Non si guardò attorno, ma ne fu ancor più affascinato.
«Sembra quasi una Ricordella, non trovi? Ne ho sempre voluta una.» Era vero, nonostante non ne avesse mai avuto un concreto bisogno. Gli piaceva però il turbinio rosseggiante all'interno del manufatto magico, ne aveva viste alcune nei bauli dei suoi compagni di dormitorio; il Bracciale della festa, ad ogni modo, attingeva ad un potere ben più peculiare. Si schiarì la voce, ammiccando verso l'amica. Parlò in tono profondo, più teatrale.
«Spiriti soccorretemi, datemi un segno! Devo gioire o esser pieno di sdegno?» Anche quella era una citazione del proprio personaggio, l'aveva imparata a memoria. Cercò anche lui il primo commesso disponibile, rispose così indirettamente.
«Compro tutto.» Sul suo volto il sorriso si mostrò ben più accentuato con i baffi leggeri che aveva fatto crescere ad un colpo di bacchetta. Gomez Addams avrebbe agito esattamente come lui in quel momento, il punto era che Oliver l'avrebbe fatto anche se non fosse stato in quel costume. Aveva recuperato nel frattempo il sacchetto di Galeoni tintinnanti, sempre quelli veri, e vi accostò un biglietto rettangolare, di un vivido colore d'oro.
«Se fosse possibile sfruttare anche questo buono, sarebbe ottimo. Passo anch'io a ritirare tutto dopo, se non è un problema. Solo che...» Gli occhi smeraldini si tinsero di un bagliore più delicato, meno inclini al carattere esplosivo di Gomez Addams e ben più vicini all'animo gentile del Caposcuola Grifondoro. Indicò il Ciondolo Akashita, poco in basso. Ne era incantato, sebbene non avesse idea di chi o cosa nella cultura orientale stesse raffigurando: apprezzava il corpo nascosto della creatura all'apparenza mutaforma, al suo sguardo, lì in superficie. Rimandava ad un simbolico strappo tra i mondi, tra il velo del reale e dell'irreale, e forse per quella ragione ne viveva un'affinità più intima. La nuvola nera richiamava in lui vere e proprie ombre, la persistenza del buio che non incuteva tuttavia timore: era più come se si trattasse di uno scrigno, di un tesoro celato agli occhi dei più. Di un intreccio che anticipava l'impossibile, la cui lingua - così sinuosa - guizzava fino a divenire invito e canto di sirena. Ne era attratto, non avrebbe potuto negarlo. La scoperta del potere linguistico del bracciale, poi, lo rese ai suoi occhi perfino più interessante. Tornò rapidamente sul commesso, concludendo.
«Di questo ciondolo prendo una doppia copia, il primo lo ritiro ora.» Non parlò oltre, non aggiunse nulla che potesse nell'immediato chiarire le sue intenzioni. Poteva trattarsi di un capriccio personale, forse di un regalo natalizio in anticipo; da parte propria si limitò a pagare la somma richiesta, aggiungendo quanto dovuto qualora il buono spesa vinto in una borsa di studio fosse stato validato. A quel punto, ciondolo tra le mani, avrebbe ringraziato e indicato poco più avanti. Si allontanò infatti dal banchetto d'esposizione e cercò così di nuovo Mary, pregandola silenziosamente di raggiungerlo. Da soli, sebbene al centro della festa, avrebbe lasciato che un lembo del ciondolo scivolasse via, come una carezza. Non era un caso se fosse stato l'unico manufatto che non aveva sentito nella lista degli acquisti della concasata. Le sorrise, e ripristinò la più classica tra le battute di Gomez Addams, in un fittizio italiano con un forte accento inglese.
«Cara mia.» Era gentile, ed era a suo agio. L'affetto che provava verso Mary Grenger aveva pochi altri confronti, e una parte di lui percepiva un'affinità perfino più intensa. Come la lingua d'ombra d'Akashita, vibrava in lui una trama che non si cristallizzava affatto, non una volta. Era la stessa sensazione del Divenire, nelle sue declinazioni più versatili e più vivide.
«Questo è per te, accettalo come un dono della mia amicizia e soprattutto come ricordo di questa serata.» Avanzò di un passo, di nuovo. Cercò nella vicinanza di Mary un contatto più facile tra le loro mani: mostrò infatti l'intenzione di legarle il ciondolo al polso.
«Permetti?»Soltanto all'eventuale cenno d'approvazione, Oliver avrebbe continuato. Delicatamente, il laccio pendente avrebbe trovato perfetta congiunzione con l'estremità stretta tra indice e pollice. Così ancora una volta l'ombra vestiva eleganza, e mutava sulla figura di Mary Grenger in profonda armonia. Viceversa, se fosse stato troppo, le avrebbe invece semplicemente affidato il monile.
«Vorrei dire qualcosa alla Gomez Addams, ma parliamoci chiaro» Sorrise, discostandosi appena.
«Morticia non reggerebbe il tuo confronto.»Un occhiolino, un cenno divertito. Soltanto alla fine avrebbe indicato verso il tavolo delle cibarie: la domanda di gustare appieno la festa, ancora e ancora, non trovò necessità di espressione.