Come una stretta al cuore, sentì il peso della nostalgia ancor prima che potesse giungere in richiamo. Non era giusto, si disse. Non era giusto provare già tristezza per una festa che di per sé non era ancora finita. Era un paradosso che viveva fin sottopelle da moltissimo, e che in quel momento tornava come un'amara consapevolezza: l'epilogo, per lui, era una costante di vita. Così ogni cosa mutava in traguardo, ogni visione estingueva il presente. Nelle occasioni più semplici si esprimeva il timore di non avere altri istanti, di fare più in fretta, di volere molto di più. Il suo disprezzo peggiore, parimenti, si esauriva talvolta nell'incapacità di
fermarsi - per un attimo, e un altro, e un altro ancora. Si era ripromesso di non pensare oltre, di non immaginare alcun prosieguo. Era lì, nel momento, e tanto bastava per sentirsi al sicuro, e felice per la prima volta da lungo andare. Mai avrebbe creduto che di fronte, proprio allora, vi fosse qualcuno che più di tutti avrebbe potuto comprenderlo. Mary era per lui una vera e propria
testimonianza: di quel che lui era, di quel che loro erano stati. Fin dal primo giorno, fin dal primo passo. Eppure, c'era altro. Vibrava come una trama delicata, screziava le crepe del tempo, e nell'istante sussurrava misteri e segreti che nessun altro in quella stanza avrebbe potuto capire. Era lì, Oliver. Era lì, e la vedeva. Così nitidamente, vestita d'incanto, Mary Grenger era per lui chiarezza. Non interpretò a fondo quello che il cuore gli stesse suggerendo, ma quando si discostò di poco - l'ultimo sguardo soffermato sul bracciale legato al polso dell'amica - sulla bocca scivolò l'ambrosia del miele, e di tutte le promesse che quel gusto portava con sé, e sempre continuava a portare. Il miele avrebbe avuto un significato, avrebbe condotto ad una destinazione. Ma era lì, era spesso lì che tornava. Quando era con lei, quando era con Mary, la Vista poneva in risalto aspetti che avrebbe voluto indagare, e verso i quali avrebbe voluto infinitamente perdersi. Ne ebbe paura, al rischio di porre l'altra in pericolo, e lentamente la paura cambiò in curiosità, in dedizione, in frenesia. Voleva attingere alla Vista, voleva lasciarsi travolgere. Sarebbe stato così facile, sarebbe stato
possibile. Le parole di Mary cristallizzavano una direzione, e una guida. Sarebbe stato così vivido, sarebbe stato così tangibile. La sua mano, la sua pelle, la sua voce. Voleva essere il suo unico Gomez, scoprì per davvero di volerlo. Se anche ne fu intimorito, per le conseguenze di una scoperta come quella su di sé, parimenti si accorse di essere attirato. Indietreggiò, un passo gentile, il volto in sorriso raffinato. Non era titubante, non era preoccupato. Mary Grenger, per lui, custodiva la dolcezza del miele. E il miele, per il Veggente, era memoria in eterno divenire.
«Questa serata è stata preziosa.» Lo disse così, in modo semplice. Un commento, un intercalare, una certezza vera e propria. Avrebbe voluto aggiungere molto altro, avrebbe di certo voluto compiere un discorso. Avrebbe voluto chiamare a raccolta tutti i concasati, divertirsi con loro, ringraziare tutti, dal primo all'ultimo. Per l'idea, per aver partecipato in gruppo, per il costume così accurato di ciascuno di loro, per una condivisione che aveva atteso a lungo e che per lui acquisiva il senso di spensieratezza. Ne aveva bisogno, ne aveva avuto da così tanto. Accettò di buon grado di trattenersi per assaggiare le pietanze in menu e seguì Mary, in parte sovrappensiero. Interrogava il suo cuore e la sua mente, percepiva le visioni scorrere in incedere tumultuoso fino ad affievolirsi. Quando arrivarono al bancone notò con piacere il volto di un'altra concasata,
Alice McRyan, e la salutò con un cenno gentile, e con un occhiolino divertito. Ringraziò Mary per l'offerta, sapeva già però che non avrebbe potuto né saputo accettare. Non di nuovo, era già stata generosa con lui e aveva apprezzato, aveva apprezzato perfino il più semplice tra i suoi gesti.
«Alla prossima occasione, per stasera hai già offerto tanto. Vorrei assaggiare anch'io un Fantasma a tre vie, sembra curioso. Prendo poi una mela caramellata, a patto che non sia avvelenata. E cinque caramelle scruta-anima, bel nome. Complimenti di nuovo per la festa, ben fatto. Ah, un altro giro per brindare agli Addams?» Si era rivolto dapprima a Mary, poi ad Alice e infine di nuovo all'amica con lui. Ordinò altri due bicchierini, precisando che fossero di Shaoxing. Era curioso di assaggiare anche quel liquore, e da solo non l'avrebbe fatto. Non sarebbe stato lo stesso, in effetti. Pagò tutto, lasciando una mancia di un Galeone. Poco dopo, bacchette alle mani, si divertì a mangiare le varie pietanze, e scoprì come fosse veramente deliziato dal riso, seppur nella semplicità di quel piccolo involtino - quando la parte inferiore del corpo scomparve per l'effetto magico annesso, però, l'espressione si rese bizzarramente allarmata. Parlò così tra un assaggio e l'altro, e gli parve per la prima volta che il tempo si fermasse, e desiderò che restasse così per molto, molto ancora. L'alcool, per giunta, stava facendo il suo corso, e le gote si erano tinte di una leggera nota vermiglia. Era felice, lo si vedeva. Ed era nostalgico, allo stesso modo. C'era troppo che non avrebbe potuto dimenticare, ma si era ripromesso un ultimo gesto, un'ultima interpretazione per rendere onore al personaggio di Gomez Addams. Al momento opportuno, così, tornò in piedi. Elegantissimo, si passò una mano tra i capelli e recuperò subito dopo un secondo bocciolo di rosa, dallo stesso taschino dove aveva preso il primo ad inizio serata. Come prestigiatore eccelso, offrì la rosa all'altra e le sorrise. La bacchetta, nella mano destra di nuovo libera, si mosse appena al sortilegio che lui aveva in mente: una sinfonia dapprima dolce, poi dal ritmo sempre più frenetico, sempre più scandito, parve risuonare leggera come una litania, e come un canto che loro due - tra tutti - avrebbero potuto sentire. Aveva incantato uno dei tavolini, e sperava che la musica non arrivasse agli altri fino a disturbarli. Non sarebbe durata a lungo, il tempo di un'unica danza. Così porse la mano a Mary, ancor prima di parlarle.
«Abbiamo ballato la mamushka mentre Nerone suonava il violino, abbiamo ballato la mamushka a Waterloo. Abbiamo ballato per Jack lo Squartatore, e ora, Morticia Addams, cara mia, questa mamushka è per te.» Aveva continuato a guardarla con attenzione, e con divertimento. Era lì, Mary. Anche quella era una battuta del proprio personaggio, ma era un finale che mai avrebbe sognato, e che per lei, per lei avrebbe sempre ripetuto. Il piede destro batté sul pavimento al ritmo della musichetta, e seguì il sinistro subito dopo, e ancora le spalle in un movimento particolare, molto vistoso. Dava l'impressione che stesse lasciandosi scivolare qualcosa via, mentre si spingeva all'indietro e di nuovo in avanti, e all'indietro e ancora in avanti. Era molto buffo, non aveva tra l'altro la più pallida idea di come si danzasse la mamushka, ricordava soltanto il nome dagli appunti su Gomez Addams che aveva preso prima di quella sera. Se Mary avesse accolto la sua mano, l'avrebbe afferrata al volo e via, via così, fino a stringerla a sé. Un ballo, un avvicinarsi continuo, e movimenti ben scanditi che ricordavano il tango più sensuale. Ironici, divertiti, liberi, avrebbero potuto ballare, e ballare ancora. Da un angolo all'altro della stanza, tra gli invitati, senza freni. Per tutta la sera, per tutta la notte: Oliver avrebbe guidato Mary come un gentiluomo, una giravolta dopo l'altra e via di casqué. L'incantevole, caliente danza delle terre meridionali, al romantico incedere delle loro figure. Perché per una sera, soltanto per una sera, erano Gomez e Morticia Addams. Per una sera, e per tutte le altre sere, sarebbero sempre stati Oliver e Mary. Un privilegio di cui era infinitamente, profondamente grato.