inversum
Il principio è la fine. La fine è il principio.
La verità è che per ogni singolo tempo esiste una sola ed unica via, determinata e tracciata dal principio alla fine e rappresentante a sua volta un inizio
Oltrepassammo il sole calante / O piuttosto, lui oltrepassò noi. Il fuoco raggirava il buio, vestendosi nuova stella nel firmamento in condanna. Brillava, nel cerchio che tutto catturava − schiera di raggi e di demoni, l'ascesa famelica della fine del tempo. Si propagava a perdita d'occhio, talvolta inglobando le pareti finora astratte, talvolta soffiando malefico lungo le figure in corsa. Impavido, si nutriva dei futili, miserabili sortilegi dei soldati − gocce di perla, argentee, già consumate in vapore al contrasto delle fiamme. Era maestoso, tanto reale da bruciare la pelle. Strisciava,
giocoso − un guizzo dopo l'altro, forme dimentiche. La verve fantasiosa di chi sanciva tormento, in modo continuo. La misericordia, oramai, si celava dietro colonne di polvere e cenere, nel risveglio improvviso di voci cristalline. Pregavano, i soldati. Nelle grida strazianti di corpi divorati dalle fiamme, nelle mani che coprivano i volti già affranti. Canti, litanie, promesse infrante, si disperdeva così l'innocenza dell'amore giovanile − di Wilfred, bambino, non restava nulla. Il ricordo spogliava il passato, sviscerando l'angoscia reale che il cuore aveva trattenuto fino ad allora. Le note d'agrumeto, le spighe di grano e di fiore, il dolce sospiro del petto, ogni frammento era già corroso dall'incendio. Ovunque fosse, nel tempo e nello spazio, la memoria flagellava in modo vivido: la pelle pizzicava, si inaspriva di ferite e di sangue, riduceva gli abiti in brandelli. Daddy vorticava nel fuoco, inseguendo l'eterno supplizio dei combattenti vicini. Nessuna pietà, nessuna.
«È colpa dell'Alleanza.» La voce di Adam, familiare, gridava una supplica che la cenere soffiò via. Si diffondeva lontana, infrangendosi nel tumulto della battaglia. La protesta di Daddy, dal profondo, zampillò furiosa − imbottigliava il fuoco in un'onda abissale, d'acqua salvifica, così reale da spegnere parte delle fiamme. Gocce piovane s'amalgamavano al rivolo vermiglio che scorreva lungo le gote, offrendogli una via di fuga. Un altro elemento, proprio, giungeva in soccorso. Il ricordo, per chi come lui, si manifestava
concreto.
Non era mai stato così, mai prima. Si addentrava in una mente che non gli apparteneva e che, incredibilmente, riusciva a controllare. Ogni sensazione, ogni suono, ogni tempera, tutto gli appariva infine nitidamente. Comparve un cielo offuscato dal fumo, le tinte crepuscolari strappate dal fuoco − puntellato da bombe, sortilegi e fatture, il buio sfidava la paura. Le bacchette, sollevate, disegnavano reticoli che attingevano all'antica, frenetica stregoneria. Nugoli di maledizioni, discontinue tra loro, tessevano l'assalto dei reggimenti giunti in appello: la terra, in basso, si cementò in pietra, tozzi di legno e scalpiccio di cavalli. Tremava, sotto il peso della marcia comune − una geometria macabra, di corpi abbandonati, estingueva la vita. La morte planava come avvoltoio.
«Soldato, questo è un ordine.» Un plotone di stregoni arrestava il passo, attirando l'attenzione di Daddy. Volti anonimi, velati di sangue e di cenere, scrutavano ferocemente il mondo che crollava. Formavano un cerchio, i primi sospendevano le bacchette in una bolla protettiva che ostacolava i lampi d'attacco. Al centro esatto, sostava una coppia di ufficiali − medaglie d'onore appuntate al petto. Dominavano la scena, puntando le armi magiche contro due uomini, riversi a terra. Si poté riconoscere subito Adam, stravolto dall'orrore. Sanguinava copiosamente e aveva la divisa da soldato strappata in più punti. All'apparenza prigioniero, mostrava invece la stessa uniforme dei vicini, in ginocchio tuttavia a coprire il corpo dietro di sé.
«Toobl è uno dei nostri, è uno...» La voce rotta dal pianto, Adam appariva disarmato. Le mani aperte, i palmi scorticati, piangeva e chiedeva l'assoluzione. Uno dei comandanti avanzò di pochi passi, l'espressione nauseata: i colpi della rappresaglia imperversavano tuttora, alle sue spalle. Spinse via Adam con un calcio, calando la bacchetta nell'esecuzione finale.
Un lampo improvviso recise la vita dell'uomo nascosto: un corpo vicino, in qualche modo familiare, che rantolò via con il volto celato sulla terra.
«Toobl ha tradito la nostra razza.» Scomparvero, gli uni dopo gli altri, in una serie di materializzazioni d'ombra e fuoco. Adam, sotto attacco e oramai solo, tastò la roccia a tentoni, recuperando così la propria bacchetta magica. Era una scena pietosa, la miseria dell'uomo piegato dal potere. Eppure, la Grande Guerra imperversava ovunque. Era facile supporre, allora, che il cadavere lì a terra fosse Toobl, il padre di Wilfred. Era un soldato, aveva detto Laura in un altro ricordo, così com'era stato Adam. Punito con la morte, Toobl non era perfettamente visibile: Adam lo avvolse tra le proprie braccia e, nella stretta, sentì il rantolo del compagno manifestare l'ultima scintilla di vita.
«Sei... sei... resisti, io...» Il pianto di speranza di Adam riverberò oltre la battaglia, l'attimo seguente sparirono in un refolo cenerino. La memoria si contorse nuovamente, turbinando tanto rapidamente da assecondare il fremito della guerra. Non era stato possibile scorgere perfettamente Toobl, eppure... era chiaro che Adam non lo avesse ucciso, non lui. Le parole che aveva più volte pronunciato, nel tempo dei ricordi vissuti, contrastavano quanto visto. Come in risposta, la mente si formò di nuovo, incanalandosi in una quiete che distanziava l'incubo precedente. Le statue dei satiri, così familiari, sovrastavano i due passanti lungo il viale. Era buio, una notte d'estate − Villa Cerere spuntava tra gli alberi d'arancio, in lontananza. Adam sedeva sul bordo della fontana marmorea, dondolando la testa tra le mani come disperato. Accanto a sé, in piedi, un'altra figura gli parlava con tristezza e rabbia. Daddy poté scorgerlo soltanto di spalle: la memoria era bloccata.
«Non c'era altra soluzione, io... io ti ho salvato la vita» diceva Adam.
«Questa non è vita, tu mi hai condannato.» gli rispondeva l'altro.
«Lei non dovrà mai saperlo.» Era una voce... una voce vicina, una voce familiare. In qualche folle, unico modo, Daddy poté sentirne un'affinità che non aveva ragione apparente. La memoria lo guidò via, sfumando nel canto delle cicale e delle statuette animate.
Toobl, Toobl, Toobl.
Chiamava il suo, il loro nome, oltre i tempi.
«Madre» chiedeva Wilfred.
«Madre, torna da me.»
Oltrepassarono un campo di grano, di spighe lucenti al meriggio. La scena si colorava di tinte acquerello, nella delicatezza della terra dorata e del cielo rosato. La cornice di un cottage solitario, dov'era già stato, accolse Daddy di nuovo come in un dipinto. Nell'abbraccio della notte o forse dell'inizio del giorno, le luci di candele si riflettevano dagli interni, filtrando raggi sottili dalle vetrate delle finestre. Sulla soglia attendeva la giovane donna che era stata Laura. Cullava dolcemente un bambino tra le braccia, il piccolo Wifred. Intorno le volteggiava una farfalla, concedendo alla scena un'intima bellezza. Poco lontani, c'erano due uomini − Daddy aveva già potuto vivere il ricordo, osservandoli scappare via. Ora vi era più vicino, così distingueva il primo come Adam, che si rivolgeva al secondo uomo accanto.
«La legge magica non lo permetterà mai» mormorò, tristemente. Si allontanò, superando parte del grano e sollevando la bacchetta verso Laura.
«Oblivion.» Gli occhi brillanti di gioia e di vita della donna vacillarono fino all'eclissi di un battito vacuo. Quando Laura si guardò intorno, i due maghi erano già scomparsi − sul volto s'impresse la stessa confusione che Daddy aveva già percepito. Si spegneva, vagando in una memoria che le era stata strappata. Un braccio scivolò in basso, l'altro stringeva il bambino. L'anello nuziale le sfilò via, lo stesso che nel tempo avrebbe consegnato al figlio Wilfred. Nascondo nel campo di grano, un terzo uomo interruppe il silenzio.
«Inversum.» Il sussurro della voce gli spezzò il cuore, compiendo l'ultimo atto d'amore. Ancor prima di toccare terra, l'anello di Laura mutò infatti forma in quella di una nuova farfalla. Allungò le ali in colori brillanti, sfumando sotto il chiarore delle prime stelle e sollevandosi nell'ultimo volo attorno la donna. Poco dopo, le due farfalle sparirono per sempre. L'uomo, invece, avanzò di un solo passo. Sotto il bagliore del tramonto calante, si rivelò perfettamente − una figura elegante, vestita da un cappotto oltremarino tessuto d'alamari argentei. Una borsa, la stessa Aurélie degli anni cinquanta che Daddy aveva ricevuto in dono, pendeva sul petto. In piena vista, occhi color dell'inchiostro, capelli tessuti di notte, si presentò per Daddy come una
figura nota.
«Addio, Laura.» La voce era la stessa degli ultimi ricordi, la stessa che in qualche modo già risultava familiare. Scomparve subito, senza essere visto.
Toobl, Toobl, Toobl. Oltre i confini del tempo, tornò il pianto di Laura. Nel principio, nella fine, nel cerchio che si ristabiliva. Mamma, chiedeva il figlio. Mamma, torna da me. I ricordi imperversavano, di nuovo caotici. L'ultima scena che si focalizzò, per Daddy, ritrovava l'immagine di Laura oramai anziana: vestigia d'ombra, rughe di dolore, sedeva in uno stanzino pieno di vecchi cimeli. Stringeva tra le mani una statuetta di Cerere e tante lettere.
«Toobl, Toobl, Toobl.» Ripeteva lo stesso cognome in un rantolo, sotto lo sguardo attonito di Wilfred e di Giulia. Chiamata dal figlio, l'anziana sollevò il volto con un barlume lucido. Era come sul punto di rivelare qualcosa, un nome che lasciò la propria bocca in un sospiro.
«Theodore» Chiamò, infine. Smise di dondolarsi, finalmente in pace.
«Theodore Toobl.» L'ombra di un sorriso, passeggera, sulla bocca.
Il viaggio cominciò a spingere lontano, la mente di Wilfred indugiava nella visione del giovanotto nel campo di grano − giacca elegante, voce spigliata. Era qualcuno che Daddy aveva già visto, proprio all'arrivo al negozio d'antiquariato. Theodore, si chiamava. Avrebbe ricordato? Il collegamento, d'altronde, appariva impossibile. Quando Daddy aprì gli occhi, nel presente, la testa implodeva − Wilfred attendeva, seduto al tavolino. Aveva uno sguardo addolorato e le mani congiunte al petto, tutto era di nuovo in ordine. Dietro di sé, in piedi, c'era però un giovanotto. Era lo stesso commesso già incontrato, lo stesso uomo dell'ultimo ricordo. Immutato nel tempo, nell'eterna attesa.
«Bentornato a casa, Daddy Toobl.»La voce, la
sua voce.
Theodore Toobl era lì con loro.
| Perché solo di garza la mia Veste | La Rugiada si posò rabbrividente e gelida | O piuttosto - Lui oltrepassò noi | Oltrepassammo il sole calante | |