Shadow of memories, Concorso a Tema: [Novembre 2020]

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view post Posted on 11/11/2020, 14:55
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✷ Lucien Cravenmoore ✷
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Hogsmeade si sviluppava in un dedalo di graziose casette in stile vittoriano e negozi che serpeggiavano lungo la High Street, che quel giorno d'autunno era adornata di un manto di foglie dalle variegate gamme cromatiche. Gli stivali calzati da Lucien producevano un moto d'aria che ne faceva svolazzare qualcuna, come fosse stato un Wingardium Leviosa a farle levitare e vorticare attorno al suo incidere sicuro ed allungato. Pennellate rubiconde si miscelavano ad altre dorate facendo risaltare la sua figura e quella di chi condivideva lo spazio aperto camminando lungo la medesima strada.
La High Street ospitava il vociare animato tipico di quel giorno della settimana, dove i negozi venivano presi d'assalto da lavoratori a riposo e studenti in gita, ma l'imbrunire era alle porte e stava già dando mostra di sé e le tenebre stavano iniziando a calare sul villaggio magico. Fu un attimo e qualcosa si frappose tra il volto del mago e l'oggetto della sua osservazione.
Un piccolo fiocco di neve fu subito seguito da un secondo, poi da un terzo e pian piano il cielo in metamorfosi cromatica fu punteggiato di piccoli puntini candidi. Senza un motivo apparente, Lucien Cravenmoore si bloccò e restò a rimirare il firmamento con una nota nostalgica sul volto adulto. Un ricordo dei tempi della scuola, rimasto sepolto nei cassetti della memoria, riaffiorò con la perizia di una fialetta da Pensatoio.


Minuscoli fiocchi di neve avevano preso a vorticare nel cielo color cenere, intravedibili dalle ampie finestre ad arco che offrivano una vista spettacolare sulle montagne che circondavano il castello. La stanza, ampia, circolare e molto ariosa, vantava un soffitto a cupola punteggiato di stelle che parevano incendiarsi sotto gli stralci di luce emanati dal fuoco crepitante. Ed era vicino a quel camino che se ne stava appollaiato come un Augurey un Lucien Cravenmoore diciassettenne, sistemato su una comoda poltrona di velluto blu di Persia.
Le pieghe sulla stoffa formate dal suo corpo erano scomposte e somiglianti a delle striature scure.
La piuma intinta di inchiostro scorreva febbrile sulla ruvida pergamena illuminata dalle lingue di fuoco danzanti che di tanto il tanto il figlio di Rowena occhieggiava distrattamente. Il brusio di sottofondo dei Concasati non ne minava la concentrazione, e man mano che il tempo scorreva anche le altrui presenze presero a scemare, dirette nei rispettivi dormitori.
Ad un certo punto la piuma smise di graffiare la pergamena e, senza lasciare uno sbaffo, fu rimessa al proprio posto assieme a tutto il resto dell'armamentario scolastico, stipato nella borsa a tracolla in pelle di Moke.
La chioma di capelli corvini fu scossa assieme alle ampie spalle quando trasse dalla borsa una boccetta di vetro, sigillata con un tappo di sughero, contenente un liquido delle medesime sfumature del fuoco. Uno stralcio di pergamena era stato incollato ad un'estremità ed una calligrafia illeggibile (la sua) riportava qualche informazione del liquido corvino. Non si trattava di Whisky Incendiario trasfigurato in una boccetta d’inchiostro, bensì di una delle sue creazioni pozionistiche che smerciava con i suoi compagni per pochi galeoni.
Stava per stapparla quando avvertì dei passi dopo minuti di silenzio rotto solo dal crepitio del fuoco e dalle folate del vento che ruggiva oltre le finestre serrate. Il Corvo fece abilmente scivolare la boccetta nella borsa -avrebbe volentieri evitato rogne con Prefetti- e torse il collo per individuare il nuovo arrivato. O meglio, la nuova arrivata.
Ad attrarne la curiosità come una calamita, fu la tinta dei capelli, morbidi e vermigli che oscillavano con grazia seguendo l'incidere della loro proprietaria; l'incarnato opalino rimembrava quello dei fantasmi che si aggiravano per il castello, impossibile non riconoscerla.

«Jolene..» bisbigliò Lucien con tono talmente basso da poter essere sovrastato dai suoni di contorno. Avrebbe comunque fatto abbastanza rumore muovendo il corpo sul divanetto per assicurarsi l'attenzione della Concasata.
Le tue compagne di stanza fanno troppo baccano e non ti lasciano dormire? Posso solo immaginare i pettegolezzi di voi ragazze.»
Stavolta il tono di voce si fece più marcato e, unitamente alla domanda, Lucien squadrò l'esile figura fasciata da un pigiama maschile piuttosto largo, scuro, pantaloni e maglia abbottonata e delle puerili ciabatte a forma di Abraxas. Originali come la proprietaria. Il suo sguardo si soffermò sulla chioma ramata raccolta con un nastrino di raso, di quelli che da piccola la madre le faceva indossare.
Da "quel giorno" Jolene cercava di evitarlo manco fosse stato un Dissennatore. Ohhh se c'era rimasta male! Lui il mondo femminile credeva non sarebbe mai riuscito a comprenderlo fino in fondo e quel capitolo lo aveva confermato.
Jolene ci mise un po’ a rispondere, inizialmente lo guardò e basta. Quando alla fine parlò, Lucien percepì la nota fredda nella voce e nello sguardo che gli rivolse, anche se avrebbe potuto suonare come un broncio, non fosse che le poche volte che gli aveva parlato da quel giorno aveva mostrato la stessa freddezza.
«Sono venuta a prendere Willy.» E in effetti prese la boccetta del pesce appoggiata su un tavolino lì vicino e la tenne tra le braccia, come se volesse porre una barriera fisica tra di loro, ma forse quella fu un'impressione errata da parte del ragazzo. Quel gesto però sembrò darle coraggio perché aggiunse «Non che tu non dia abbastanza spunti perché quelle spettegolino fino a domani mattina.»
Le sopracciglia del moro scalarono la fronte nell'udire l'ultima affermazione. Dunque era protagonista di chissà quali pettegolezzi di matrice femminile? Non che la cosa non lo stuzzicasse ma, a sua discolpa, non si era ripassato nessuna delle compagne di stanza di Joline, perciò se parlavano di lui doveva essere per altre ragioni. Quali che fossero, la sua mente maschile non avrebbe potuto immaginarle ad eccezione, forse, per la sua fama di "distributore" di ritrovati pozionistici ed erboristici assai in voga tra gli studenti; decisamente meno tra il corpo insegnante. «Ops, mea culpa.» aggiunse con espressione caricaturale facendo finta di non aver colto la nota ironica ed improbabile dell'asserzione femminea.
Le tenebre avevano avvolto ormai da ore ogni cosa non fosse illuminata da candele levitanti nell'etere ed il caldo creatosi grazie al fuoco era invitante quanto le soffici e calde coperte delle camerate. Ma non abbastanza da ghermire un animale notturno come Lucien.
Egli aveva sempre marcato un discreto interesse nei riguardi di Jolene per il suo aspetto singolare, la sua ingenuità, la sua dolcezza e i modi di fare schivi e silenziosi; era un enigma e Merlino solo sapeva quanto Lucien fosse attratto dall'arcano.

«Ti va di fare un salto alla torre di Astronomia? La vista del castello, della foresta e del lago innevati, da lassù, deve essere uno spettacolo. E sballerebbe di eccitazione squamosa il povero Willy.»
Un vago riferimento alla sua coperta di Snoopy al suo inseparabile pesce rosso per smorzare una tensione che si tagliava con la bacchetta, o un modo come un altro per avere un confronto? Poter chiarire, farsi perdonare, rimettere le cose a posto.
Era evidente, dal silenzio che ne seguì, che Jolene stesse ponderando se accettare o meno.
«E se ci beccano?» la sentì domandare mordendosi il labbro. Pareva indecisa, lanciò uno sguardo a Lucien, poi a Willy, e alla fine fece un passo indietro. Sembrava che stesse tornando ai dormitori, invece si voltò verso l’uscita. «Fai strada tu.»
Il moro azzardò un mezzo sorriso per quella mezza vittoria.

Un festino tra studenti, gli effluvi alcolici a rendere il diciassettenne un po' troppo molesto, la consapevolezza di piacere a quella dolce ragazzina che da anni aiutava con i compiti per il puro piacere di bearsi della sua compagnia ed il bieco sfruttamento dell'influenza che sapeva esercitare per attrarla a sé.
Più vicino, p-e-r-i-c-o-l-o-s-a-m-e-n-t-e vicino, troppo vicino.
Quella lieve pressione sulla bocca della tredicenne, le proprie dita affondate tra i capelli rubicondi per indurla ad inclinare il capo per approfondire un bacio fortuito, quell’insieme di prepotenza e dolcezza, lo stordimento dei sensi offerto dall'alcol e la sua lingua che scivolava facendosi sempre più indiscreta.
Una risposta scontata quella di lei, al contrario della sua reazione quando i loro corpi si erano staccati. Lucien aveva letto nello sguardo femminile l'intuizione, la lettura di ciò che per lui era stato un semplice e godurioso gioco che aveva purtroppo pizzicato sentimenti sinceri. Un allontanamento repentino, protrattisi nei giorni posteriori, in quel momento per lei necessario. E lui l'aveva lasciata andare con le labbra ancora umide di colpa. La convinzione, alimentata dagli ormoni in subbuglio e da chi gli dava corda, di poter avere tutto ciò che desiderava, come e quando voleva.

I due ragazzi raggiunsero furtivamente la torre più alta del castello con il favore delle tenebre ed un pizzico di magia, accolti dalla brezza gelida notturna e dallo scivolo di fiocchi di neve che punteggiavano il cielo inchiostro come minuscole stelle.
Si accovacciarono in un punto in penombra, con la speranza di non essere intercettati da Prefetti di ronda. I loro respiri si condensarono in piccole volute nivee che si mischiarono al turbinio nevoso.
Lucien incrociò le lunghe gambe da asticello sedendosi sul lastricato e verificò che la strega al suo fianco non avvertisse eccessivamente lo sbalzo climatico; alzò infine lo sguardo per inchiodarlo nel firmamento e rimanervi appeso.
Notò che Jolene faceva attenzione che le loro gambe e spalle non si sfiorassero, ma tolto quel tentativo di rifuggire qualsiasi contatto fisico, il suo sguardo continuava a cercarlo.
La profondità e la vastità del firmamento fu letta come una metafora dell'altezza a cui ciascun individuo poteva aspirare.

«L'essere umano si è moltiplicato così tanto nel corso dei secoli che ora gli individui che popolano il mondo potrebbero essere tanti quanti sono questi fiocchi di neve. Come loro cadiamo, sempre più giù, eppure con la sola forza di volontà riusciamo a rialzarci per cercare di salire sempre più in alto al solo scopo di migliorare le nostre esistenze.»
La voce dello studente si accordò alla melodia muta della danza della neve, mentre l'indice sinistro svettava verso l'alto ad indicare le stelle fuse al candore nevoso.
«In questo momento della vita, giovani come siamo, dovremmo avere la volontà di andare in tutte le direzioni, di scoprire nuove cose, sfiorando i nostri limiti e cercando di superarli. Non per aspirare ad una carriera lavorativa invidiabile o sentirci i migliori agli occhi degli altri, ma per vederci crescere nel modo che ci rende più appagati e felici.» continuò, abbassando finalmente il capo per incatenare lo sguardo cristallino in quello della concasata. «Sai, Jo, personalmente non ambisco a ciò che per molti equivarrebbe a glorificare sé stessi, facendo ciò che ci si aspetterebbe da me solo perché è la visione comune migliore per un ragazzo della mia età. Mio padre mi raccomanda sempre di non sprecare il mio intelletto, ottenendo un'invidiabile media scolastica in modo da poter ambire ai lavori più stabili e meglio pagati, giusto per farti un esempio. Ma a me dei galeoni, del prestigio e della sicurezza m'importa ben poco. Mi interessa piuttosto trovare una strada lavorativa che assecondi i miei interessi nutrendo la mia felicità personale. È a quella che ambisco, a qualsiasi prezzo. affermò risoluto.
«Parli sempre come un libro stampato, tu.» disse la tredicenne attraverso un mezzo sorriso, ma Lucien sapeva che a discapito delle parole appena proferite ella ammirava e trovava affascinante la sua capacità di regolare le parole in maniera così elegante. Erano anche quei discorsi - profondi, insoliti, per lei anche a causa del modo in cui venivano esposti, un modo che faceva sembrare le idee di lui molto più chiare e belle delle proprie e di qualunque altro coetaneo, o almeno così gli aveva rivelato un giorno - ad aver reso negli anni la reciproca compagnia tanto necessaria ed importante.
«Davvero ti diceva questo, tuo padre? I miei genitori mi hanno sempre detto che il prestigio di una persona non andrebbe mai calcolato in base a quanti Galeoni guadagna, perché è molto più importante capire che tipo di persona sia. Sai, se è buono, gentile con chi lavora per lui, se crede in qualcosa di nobile. È il modo in cui si fanno le cose che conta davvero. Io credo che abbiano ragione. Voglio dire, immagina una persona incredibilmente ambiziosa, che vuole diventare Ministro della Magia: quello non conta, a fare la differenza sono le sue motivazioni, perché sono quelle che poi faranno di lui un buon Ministro o meno. Per non parlare del fatto che quando si desidera così tanto potere di solito si cerca di ottenerlo in qualsiasi modo, anche facendo le cose più orribili. Usando e ferendo gli altri, per esempio.» La pausa fu significativa.
Il silenzio calato, indusse lo studente ad abbassare lo sguardo, notandola arricciare le labbra sino a ridurle ad una mezzaluna, spirando una coltre d'aria biancastra dalle narici in un lungo sospiro. Si disse che forse era il momento giusto.

«Ti chiedo scusa per quel bacio. Egoisticamente, bramo ottenere ciò che desidero e cerco di farlo mio a tutti i costi. Che sia un buon voto, un'ottima performance a Quidditch, una pietanza di cui in quel momento ho voglia, del sano divertimento tra le lenzuola..»
Lasciò volutamente la frase in sospeso per un attimo ed un sorriso mefistofelico calò sull'incarnato ghiacciato dalla morsa gelata.
Jolene arrossì violentemente e cominciò a fissare ostinatamente il paesaggio; quella reazione scaldò il cuore del ragazzo che le stava accanto, che dopo tanti anni aveva imparato a conoscerla, e lei lui.

«Non sempre si tratta di cose che riguardano solamente me e spesso non tengo conto di chi ne viene coinvolto. L'altra sera mi è venuto un forte desiderio di baciarti e, onestamente, non mi sarei limitato a quello, se ci fossi stata. Perciò è stato meglio che sia andata com'è andata, sebbene non mi abbia fatto piacere essere ignorato in maniera così marcata i giorni seguenti. Non ho tenuto conto dei tuoi sentimenti, volevo togliermi quella voglia e l'ho fatto, sia ringraziato Merlino che non sono arrivato al punto di sporcarti per assecondare i miei ormoni. Non me lo sarei perdonato una volta fatto e tu nemmeno. Non sul momento, probabilmente, ma sappiamo entrambi che si tratta di una cosa che non desidereresti sprecare senza un contesto serio e per la quale forse non sei nemmeno pronta.»
Jolene, anche allora, mostrava una maturità psicologica che si dissociava dall'età anagrafica che la relegava a ragazzina da poco affacciatasi a quel periodo di transizione tra l'infanzia e l'età adulta, caratterizzato da profonde mutazioni di tipo somatico e psicologico strettamente legate alla maturazione sessuale, nota come adolescenza. Un percorso che un diciassettenne sbarazzino come Lucien aveva già ampiamente calpestato.
Come quella sera aveva involontariamente calpestato i sentimenti della White.

«Ovviamente non pensi agli altri.» Si cominciava a percepire una certa rabbia nella sua voce. «Ambisci ad essere felice e non ti importa di quello che gli altri pensano della tua posizione, ma evidentemente vale lo stesso per quello che pensano di te. Vuoi le cose in maniera egoistica, Lucien. Fai lo stesso errore di quelli che tengono solo ad arrivare in cima a tutti gli altri.» Sembrava rifiutarsi di alludere concretamente a sé stessa e al loro rapporto, trovando conforto nella protezione di un discorso astratto e più grande di loro. Ma Lucien era ostinato per natura e non avrebbe mollato il colpo.
Quello ed altri discorsi, spesso avevano portato padre e figlio su binari opposti ed inconciliabili. Le motivazioni erano alla base delle scelte degli individui e, il più delle volte, delle relative azioni. Nel caso del Ministro della Magia, però, Lucien aveva sempre sospettato che non dovesse essere facile per lui e chi lo aveva preceduto attuare i buoni propositi ideologici intrinsechi nelle motivazioni che li avevano portati a scegliere quel tipo di strada piuttosto che mantenere un basso profilo. Una strada spesso sbarrata da terzi che impedivano loro una totale libertà d'azione. O talvolta li obbligavano a fare cose che non avrebbero voluto fare.
Inclinò il capo, alla ricerca di qualcosa nello sguardo femminile che non fosse unicamente ostilità.
«Normalmente lo faccio, poi ci sono circostanze e contorni che minano la mia capacità di riflettere prima di agire.» Come gli effluvi alcolici, ma immaginò che Jolene ci sarebbe arrivata. Anche se era cosciente di non potersi avvalere di quella scusa. Quella volta sapeva di avere terreno fertile con lei e ne aveva approfittato, ma aveva pensato erroneamente che un bacio rubato non rappresentasse per lei qualcosa che, chiaramente, l'aveva assai infastidita.
La vena egoistica che si diramava in quegli anni di turbamenti e mutamenti in Lucien sarebbe stata appianata nel corso del tempo, ma ancora nessuno dei due poteva saperlo.

«Dipende. Di sapere cosa determinate persone pensano di me mi importa eccome. I miei genitori, gli insegnanti, gli amici, te del giudizio dei restanti, invece, se ne infischiava.
Lì per lì aveva pensato *Tutto questo casino per un semplice bacio?* Ma cosa poteva aver rappresentato per una ragazzina alle prime cotte un bacio ricevuto senza la controparte di sentimenti ad animarlo? Forse era stato perfino il primo, per quanto ne sapeva, ed il ricordo sarebbe rimasto impresso in Jolene con i contorni di una festa tra adolescenti sballati, romanticismo sotto gli stivali, e soprattutto sentimenti differenti dai suoi, per quanto profondi e sinceri. Troppo impattanti quattro anni di differenza a quell'età, troppo pressante il desiderio di sperimentare e farsi le proprie esperienze con diversi esponenti del gentil sesso perché il primogenito dei Cravenmoore potesse offrirle ciò cui anelava.
«Chi ambisce ad arrivare in cima agli altri non tiene conto di sentimenti che non siano unicamente i propri. In quel momento non pensavo di poterti ferire; mi andava, ci ho provato e visto come hai risposto direi che non ti è dispiaciuto. E l'hai fatto perché infondo era ciò che anche tu volevi, poi è sopraggiunta la consapevolezza che non ero il tuo ragazzo, che non avrebbe fatto germogliare una storia seria e ne hai sofferto. Io ho dato sfogo a un mio desiderio e solo dopo mi sono reso conto che era stato un errore, visto come mi ignori da quel giorno. Azione e reazione, da ambedue le parti. Siamo umani, sbagliamo e, almeno per quanto mi riguarda, sto cercando di rimediare.»
I tratti spigolosi, tirati dalla concentrazione che si frapponeva al discorso appena esposto, si distesero appena. Non avrebbe mai permesso a se stesso di perdere una persona eccezionale ed unica come Jolene White.
Il figlio di Rowena, che indossava ancora la divisa scolastica non avendo intenzione di mettersi a letto prima di una certa ora, con uno scatto meccanico si liberò del pesante mantello da stagione e vi puntò contro la dodici pollici.
«Impervius» la formula dell'incanto andò di pari passo con la gestualità dell'arto armato, rendendo la stoffa impermeabile. Jolene, in confronto a lui, era piuttosto minuta, così Lucien sfruttò il mantello per riparare entrambi dalla neve, la cui discesa si stava intensificando al punto da rischiare di inzuppare i loro vestiti.
Rimasero muti ed immobili a fissare il cielo stellato, consapevoli di aver fatto un primo passo per riavvicinarsi e di aver appreso un'importante lezione di vita.

It is good to have an end to journey toward; but it is the journey that matters, in the end [Ernest Hemingway]
GNHfonF
CONTEST A TEMA - NOVEMBRE 2020
tema: AMBIZIONE
PAST - COMMON ROOM - HOGWARTS
Francia - Scozia - outfit
R0Qc28D
codice role © Akicch;. want your own? get it!


Precisazione: le dinamiche narrate, le reazioni dei personaggi ed i dialoghi, sono stati concordati e scritti a quattro mani dalle giocatrici coinvolte.
 
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view post Posted on 11/11/2020, 21:50
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✷ Jolene White ✷
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Jolene muoveva i propri passi solitari sulla lunga scalinata, che quel giorno aveva deciso di sua iniziativa di prendere una curiosa deviazione, portando l'infermiera ben lontana dal secondo piano. La circondava il silenzio, interrotto unicamente dagli occasionali interventi dei quadri che fiancheggiavano il suo percorso. Quasi tutti gli abitanti del castello si trovavano nella Sala Grande, ma Jolene sentiva ancora la necessità, di tanto in tanto, di abbandonare a metà dei pasti le tavolate ingombre e rumorose, in favore di una solitudine tranquillizzante. Era stata un'abitudine pressoché giornaliera durante il periodo immediatamente seguente alla pausa che si era presa un anno addietro, in seguito all'attentato di Hogsmeade e a tutti i suoi strascichi. Il disagio che provava nei luoghi affollati era diminuito sensibilmente da allora, ma probabilmente non sarebbe mai scomparso del tutto.
Salì l'ultimo gradino, ritrovandosi così in una parte del castello che non percorreva da tempo e che, nondimeno, riconobbe immediatamente: era vicino alla Torre di Divinazione, ad appena qualche corridoio di distanza dalla Sala Comune Corvonero. Quante volte aveva percorso quella stessa strada durante i suoi anni da studentessa? Ora frequentava ben altre zone del castello, ma ritrovare quei luoghi le dette la curiosa impressione che, se avesse abbassato lo sguardo sulle proprie vesti, avrebbe scoperto di indossare la divisa da Corvonero, non quella da infermiera. Cosa avrebbe dato per rivedere la sua vecchia Sala Comune! La ricordava ancora nei suoi dettagli più incantevoli, popolata da tutti gli studenti che avevano segnato il suo percorso tra gli adepti di Priscilla. La sua atmosfera era sempre perfetta per affondare in una buona lettura, o chiacchierare a mezza voce, anche se, a ben pensarci, c'erano anche state occasioni più burrascose.
Sulla scia di tali pensieri, Jolene cominciò a ricordare.



Era una serata dei primi di maggio, abbastanza mite da giustificare il nero immobile spalancato nella bocca del camino della Sala Comune. Jolene avrebbe addirittura potuto giurare che l'aria proveniente da alcune finestre aperte fosse profumata del risveglio della natura circostante Hogwarts, nonostante fosse improbabile che il delicato sentore dei fiori potesse raggiungere l'altissima torre. L'energia della nuova stagione le vibrava sottopelle, per cui, a dispetto dell'ora tarda e del suo aspetto composto mentre si rannicchiava in una grossa poltrona, non avvertiva la stanchezza. Lo stesso valeva per i suoi concasati, che, radunati in capannelli o a coppie, riempivano l'ambiente del brusio del loro chiacchiericcio. L'imminente fine dell'anno scolastico moltiplicava di giorno in giorno il numero di tomi aperti per il ripasso, di pergamene fittamente scribacchiate, di fronti aggrottate nel mezzo di finte interrogazioni. Lo stesso valeva per lei e Lucien, per il quale i M.A.G.O. si approssimavano sempre più. Jolene cercava di decifrare gli appunti che le aveva dato in custodia e di confrontarli con quanto sciorinava in quel momento; come c'era da aspettarsi, era già preparato alla perfezione. Di tanto in tanto Jolene alzava lo sguardo muschiato ad incontrare il volto di lui, e allora sentiva il familiare sfarfallio tra petto e stomaco a ricordarle che non era ancora indifferente ai suoi tratti decisi e ben scolpiti, né tanto meno al suo sguardo chiaro, così magnetico ogni volta che ricambiava la sua attenzione. Jolene era una quattordicenne che si era presa una solida cotta, e tale sarebbe rimasta quantomeno fino alla fine dell'anno; a nulla valeva la regolarità con cui ricordava a se stessa che non c'era nulla di buono ad attenderla su quella strada. Dopo il confronto sulla torre di astronomia, avvenuto ormai alcuni mesi addietro, aveva accettato di riallacciare i rapporti con l'altro. Lucien non era solo il bel ragazzo oggetto delle sue fantasticherie romantiche, ma era, prima di tutto, uno degli amici più cari che avesse trovato tra le mura del castello, e non sembrava corretto rinunciare alla sua compagnia per la stupidaggine avvenuta a quella festa.
Misero da parte Erbologia, e Jolene srotolò almeno un metro di pergamena zeppa di appunti di Pozioni.
«Davvero studiate queste cose all'ultimo anno?» La domanda raccolse subito l'interesse maschile il quale, con un cenno del capo, le accordò la sua totale attenzione unita ad una sommessa risata soffiata via dalla bocca carnosa.
«Esatto, dolcezza. Preparati perché a confronto, la pozione scacciabrufoli finirà nel dimenticatoio perché avrai questioni ben più serie sulle quali concentrarti.»
Jolene scorgeva le informazioni con sguardo vivace, allungando le braccia davanti a sé per riuscire a vedere la pergamena nella sua interezza. Era piena di nomi complicati, dettagli minuziosi, perfino i titoli degli argomenti presagivano concetti contorti. Sporse il capo, così da poter guardare Lucien da oltre il foglio:
«Ma è fantastico! Me li puoi lasciare, quando hai finito gli esami? I miei non vorranno mai prendermi già i libri del settimo anno».
Lucien stavolta non le rispose subito, concentrato su una dissertazione sul grado di velenosità di alcuni funghi tibetani esposta nell' "Enciclopedia dei funghi velenosi". Aveva già studiato tutto quello che era possibile studiare per affrontare al meglio i propri M.A.G.O., ma Jolene sapeva che era un perfezionista e che su argomenti di suo interesse avrebbe speso anche le ore notturne. Con uno scatto delle falangi richiuse il tomo e lo abbandonò nella borsa a tracolla con un gesto abbastanza brutale e senza fronzoli.
«Andata, a patto che me li restituisci quando avrai levato le chiappe d'oro da questo posto. È tutto qui, nella mia testa. Orma non mi servono più, ma per affezione gradirei riaverli a tempo debito.» disse picchiettando le tempie con la mancina. Jolene annuì, lo sguardo che già si tuffava nuovamente tra gli appunti, alla ricerca di un primo argomento da fargli esporre.
Nel mentre, fuori dalla loro nicchia, l'atmosfera della Sala Comune stava cambiando; la tensione crebbe dapprima impercettibilmente – due voci, tra le tante, suonavano insolitamente aspre –, arrivando infine ad attirare l'attenzione di una buona parte dei presenti. Diverse teste si voltarono in direzione di Cole Cameron e Justin Fisher; quest'ultimo si trovava in piedi, leggermente proteso verso la poltrona in cui Cole sedeva con l'aria di poter balzare su da un momento all'altro.
«Non è che solo perché sei il cocco del professore di Difesa allora sei automaticamente il migliore della classe», stava dicendo Justin, il tono tagliente che in un istante di innaturale silenzio raggiungeva le orecchie di tutti i presenti. Molte conversazioni erano cessate per poter meglio ascoltare, e anche Jolene diresse la propria attenzione verso i due.
Entrambi del sesto anno, Cole e Justin erano piuttosto noti tra i Corvonero per aver sempre primeggiato nelle loro classi. Non erano sempre stati in rivalità, i rapporti avevano cominciato a scricchiolare solo l'anno prima, quando Cole era riuscito a prendere il posto vacante di battitore della squadra di Quidditch, per cui si era proposto anche Justin. Essendo entrambi due teste calde, una cosa aveva tirato l'altra tra frecciate di volta in volta più velenose – voci di corridoio dicevano che c'entrassero anche una Grifondoro piuttosto carina e una pozione da Oltre ogni previsione vilmente rubata, anche se non pareva che fossero collegate –, fino a sfociare nell'aperta ostilità.
«È per la carica di Caposcuola, vero?» Jolene lo sussurrò all'orecchio di Lucien, stringendosi le ginocchia contro il petto mentre già sentiva la sgradevole tensione che provava ogni volta che assisteva ad un litigio. Sapevano tutti che quei due erano in lista per la carica, perché, benché nessuno dei due fosse Prefetto, i loro successi scolastici erano tali da piazzarli tra i migliori studenti della scuola. La loro inimicizia aveva contribuito a che ciascuno di loro vedesse nell'altro la più grande minaccia al coronamento delle proprie ambizioni.
«Non so che cosa vuoi da me, Fisher» disse Cole, ostentando una calma gelida. «Se non prendi i voti che vuoi dovresti studiare di più, non prendertela con chi invece ci arriva.»
«Scommetto che sei convinto di avere già tutte le carte in regola per accaparrarti la spilla, vero?»
«Per quanto mi dispiaccia infierire sul tuo ego smisurato, sì, Fisher, ne sono piuttosto sicuro.»
Nonostante l'interesse di Lucien per i due sembrasse nullo, siccome Jolene gli aveva posto una domanda si premurò di risponderle a bruciapelo.
«Si, ma questo è l'ultimo di una lunga lista di motivi che li ha portati a scontrarsi.» scrollò le spalle, ad intendere che poco gli interessava. Aveva i M.A.G.O. tra pochi mesi, per le chiappe di Merlino! Inspirò lentamente il profumo di magnolia della ragazza, prima di proseguire. «Hanno caratteri dissonanti, ma ambiscono alle stesse prede, posizioni sociali, successi..non si capisce se facciano apposta a mirare agli stessi obiettivi; il problema è che per le loro idiozie ci stanno andando di mezzo troppe persone.» Lo sguardo liquido fece tornare alla mente di Jolene un particolare che aveva udito di bocca in bocca e della cui veridicità non poteva dirsi certa. Kira, la ex storica di Lucien, sembrava fosse andata con uno dei due e l'altro, rimasto a bacchetta asciutta, aveva preso a tormentarla finché Lucien stesso non si era intromesso. La questione era versata in una scazzottata in pieno stile babbano ai Tre Manici durante una gita a Hogsmeade, qualche settimana prima.
Jolene lanciò un'occhiata a Lucien, prima di tornare ad osservare Justin e Cole. Per quanto anche lei, come la maggior parte dei concasati, fosse a conoscenza dei retroscena, non riusciva a comprendere nel profondo l'atteggiamento dei due.
«Si comportano come se il valore di uno dovesse per forza toglierne all'altro.» Parlò a bassa voce, più tra sé e sé che al ragazzo al suo fianco. Aveva riscontrato lo stesso tipo di atteggiamento anche in alcuni studenti del suo anno: una competizione continua ad eccellere, a raggiungere tutti i successi che Hogwarts poteva offrire. Di per sé, si trattava di una spinta positiva;. la bravura e l'ambizione dei suoi compagni spronavano Jolene a mettersi in gioco a sua volta, vincendo l'indolenza che talvolta poteva portarla a tralasciare i suoi doveri, in quei momenti in cui perdeva di vista i propri obiettivi. Riscopriva allora la sua vena più perfezionista, quella che la portava a mettere tutta se stessa in ciò che faceva, mossa dall'ambizione di arrivare al punto più alto che le era concesso. Per alcuni, però, il tutto degenerava in una gara che avrebbe portato onore al vincitore e vergogna su tutti gli altri. Lo sprone diventava obbligo, diventava ansia di non farsi togliere quella porzione di successo che si intendeva conquistare.
Per Justin e Cole, ciò si concretizzava nella prospettiva della spilla da Caposcuola, intorno alla quale gravitavano anche tutte le altre rivalità, piccole o grandi che fossero, che vedevano scontrarsi le loro forze così simili.
«Se sei così bravo, perché non lo dimostri?» La Sala Comune venne percorsa come da un fremito, in vista di ciò che quella provocazione lasciava presagire.
«Non ho tempo da sprecare con te...» I pugni di Cole erano due macchie bianche sui braccioli della sua poltrona, la forma delle nocche ben distinguibile nella forza con cui stava stringendo.
«Di' piuttosto che non hai le palle, perché sai che potrei farti il culo anche ad occhi ben-» Ma Justin non terminò la frase, perché all'improvviso Cole balzò in piedi, una mano che correva alla fondina della bacchetta. Justin fece un passo all'indietro, ma fu più veloce a sguainare l'arma. Per qualche secondo rimasero così, a fissarsi in cagnesco, probabilmente aspettando che fosse l'altro ad attaccare per primo e, dunque, a prendersi la responsabilità di una rissa che avrebbe potuto compromettere le sue possibilità come Caposcuola.
Tutti gli altri sembravano trattenere il fiato, ma solo una ragazza del quinto anno provò ad intervenire con un poco convinto
«Ragazzi, dai...», che quelli non sembrarono sentire.
Tutto ciò cominciava ad essere troppo per Jolene.
«Lucien.» Lasciando perdere ciò che aveva per le mani, strinse le dita sulla manica dell'altro. «Andiamo, bisogna fermarli prima che finiscano entrambi in infermeria.»
Lucien non diede segno di averla udita, il volto dall'espressione indecifrabile non si era staccato un secondo dal libro, ma Jolene notò che la mancina si era serrata in un pugno talmente forte da avergli sbiancato le nocche. Ancora non lo sapeva ma, almeno uno dei due, sarebbe stato Lucien stesso a spedirlo in infermeria. Fu questione di secondi: con uno scatto animalesco, Lucien si alzò dalla sua postazione ed abbrancò la dodici pollici che teneva al sicuro nel fodero del mantello. L'attenzione dei presenti era focalizzata sui due litiganti, quasi nessuno notò l'intromissione del diciassettenne che si frappose fra i due, dando le spalle a Cole ed inchiodando Justin con uno sguardo dal sapore letale. Il catalizzatore si mosse veemente e minaccioso sul bersaglio e nella sala comune tuonò la formula dell'incanto.
«Silencio!» L'incantesimo aveva l'effetto di zittire la vittima ed era piuttosto difficile da eseguire, difatti veniva insegnato normalmente verso il quinto anno. Fisher rimase ammutolito e prese a raschiarsi la gola con le dita massicce come se sperasse di riuscire a recuperare la voce in quel modo, guardando Lucien con odio. «Vedo che l'ematoma si è riassorbito, Fisher. Forse questo ti aiuterà a ricordare, in maniera più efficace, di pensare prima di parlare. Ora corri pure a singhiozzare in infermeria imputandomi del tuo momentaneo disagio. Se ci riesci.» Lucien parlò con un tono calmo e sardonico che cozzava con il suo gesto, restituendo l'espressione acrimoniosa al Concasato, prima di fare ritorno da Jolene. La ragazzina aveva assistito protesa sul bordo della poltrona, i piedi poggiati a terra e pronti a sostenerla qualora un rapido intervento si fosse reso necessario. Fortunatamente, così non fu: Justin venne subito circondato da un terzetto di suoi amici abbastanza assennati da cercare di tranquillizzarlo mentre quello faceva per slanciarsi contro Lucien. Cole sparì in fretta dietro alla porta dei dormitori e, là dove poco innanzi avevano risuonato voci cariche di avversione, ora si udivano solo i toni concilianti di chi cercava di convincere Justin a ritirarsi anche lui.
Piano piano, l'atmosfera stava tornando alla normalità, come se fino ad allora tutti non avessero atteso altro che un primo intervento prima di stemperare la tensione. Jolene si lasciò ricadere contro allo schienale di velluto: all'improvviso, sentiva le spalle pesare di tutta la stanchezza della giornata. Non aveva più voglia di parlare, men che meno di riflettere ulteriormente sulla rabbia e le rivalità da cui nemmeno Lucien, che pure aveva messo fine a quella pagliacciata, era esente.
«Direi che per questa sera hai ripassato abbastanza.» Si allungò verso il tavolino affianco a lei per poggiare gli appunti e, subito dopo, prese il voluminoso tomo che vi si trovava sopra. La copertina, spessa e di vecchio cuoio rossastro, aveva un'aria antica tanto quanto le pagine, spesse e ingiallite; era un libro pesante, e lasciava presagire un contenuto altrettanto impegnativo. Non per nulla, Jolene non si era portata nient'altro con sé: compiti, lezioni da ripassare, capitoli pieni di sottolineature che attendevano di essere studiati erano rimasti tutti nel baule.
Nella Sala Comune che pian piano si andava svuotando, Jolene aprì il gigantesco volume. Dentro, una scrittura piccola piccola riempiva da cima a fondo ogni pagina. Si mise comoda, appoggiando il tomo sulle ginocchia, e riprese con grande attenzione la lettura di
Fiabe della tradizione popolare irlandese.
I could be bounded in a nutshell, and count myself a king of infinite space.
[William Shakespeare]
GNHfonF
SHADOW OF MEMORIES
CONTEST A TEMA - NOVEMBRE 2020
AMBIZIONE
PAST - COMMON ROOM - HOGWARTS
R0Qc28D
codice role © Akicch;. want your own? get it!


Precisazione: le dinamiche narrate, le reazioni dei personaggi ed i dialoghi, sono stati concordati e scritti a quattro mani dalle giocatrici coinvolte.


Edited by Unconsoled - 11/11/2020, 23:33
 
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