| ✷ Jolene White ✷ Jolene muoveva i propri passi solitari sulla lunga scalinata, che quel giorno aveva deciso di sua iniziativa di prendere una curiosa deviazione, portando l'infermiera ben lontana dal secondo piano. La circondava il silenzio, interrotto unicamente dagli occasionali interventi dei quadri che fiancheggiavano il suo percorso. Quasi tutti gli abitanti del castello si trovavano nella Sala Grande, ma Jolene sentiva ancora la necessità, di tanto in tanto, di abbandonare a metà dei pasti le tavolate ingombre e rumorose, in favore di una solitudine tranquillizzante. Era stata un'abitudine pressoché giornaliera durante il periodo immediatamente seguente alla pausa che si era presa un anno addietro, in seguito all'attentato di Hogsmeade e a tutti i suoi strascichi. Il disagio che provava nei luoghi affollati era diminuito sensibilmente da allora, ma probabilmente non sarebbe mai scomparso del tutto. Salì l'ultimo gradino, ritrovandosi così in una parte del castello che non percorreva da tempo e che, nondimeno, riconobbe immediatamente: era vicino alla Torre di Divinazione, ad appena qualche corridoio di distanza dalla Sala Comune Corvonero. Quante volte aveva percorso quella stessa strada durante i suoi anni da studentessa? Ora frequentava ben altre zone del castello, ma ritrovare quei luoghi le dette la curiosa impressione che, se avesse abbassato lo sguardo sulle proprie vesti, avrebbe scoperto di indossare la divisa da Corvonero, non quella da infermiera. Cosa avrebbe dato per rivedere la sua vecchia Sala Comune! La ricordava ancora nei suoi dettagli più incantevoli, popolata da tutti gli studenti che avevano segnato il suo percorso tra gli adepti di Priscilla. La sua atmosfera era sempre perfetta per affondare in una buona lettura, o chiacchierare a mezza voce, anche se, a ben pensarci, c'erano anche state occasioni più burrascose. Sulla scia di tali pensieri, Jolene cominciò a ricordare.
Era una serata dei primi di maggio, abbastanza mite da giustificare il nero immobile spalancato nella bocca del camino della Sala Comune. Jolene avrebbe addirittura potuto giurare che l'aria proveniente da alcune finestre aperte fosse profumata del risveglio della natura circostante Hogwarts, nonostante fosse improbabile che il delicato sentore dei fiori potesse raggiungere l'altissima torre. L'energia della nuova stagione le vibrava sottopelle, per cui, a dispetto dell'ora tarda e del suo aspetto composto mentre si rannicchiava in una grossa poltrona, non avvertiva la stanchezza. Lo stesso valeva per i suoi concasati, che, radunati in capannelli o a coppie, riempivano l'ambiente del brusio del loro chiacchiericcio. L'imminente fine dell'anno scolastico moltiplicava di giorno in giorno il numero di tomi aperti per il ripasso, di pergamene fittamente scribacchiate, di fronti aggrottate nel mezzo di finte interrogazioni. Lo stesso valeva per lei e Lucien, per il quale i M.A.G.O. si approssimavano sempre più. Jolene cercava di decifrare gli appunti che le aveva dato in custodia e di confrontarli con quanto sciorinava in quel momento; come c'era da aspettarsi, era già preparato alla perfezione. Di tanto in tanto Jolene alzava lo sguardo muschiato ad incontrare il volto di lui, e allora sentiva il familiare sfarfallio tra petto e stomaco a ricordarle che non era ancora indifferente ai suoi tratti decisi e ben scolpiti, né tanto meno al suo sguardo chiaro, così magnetico ogni volta che ricambiava la sua attenzione. Jolene era una quattordicenne che si era presa una solida cotta, e tale sarebbe rimasta quantomeno fino alla fine dell'anno; a nulla valeva la regolarità con cui ricordava a se stessa che non c'era nulla di buono ad attenderla su quella strada. Dopo il confronto sulla torre di astronomia, avvenuto ormai alcuni mesi addietro, aveva accettato di riallacciare i rapporti con l'altro. Lucien non era solo il bel ragazzo oggetto delle sue fantasticherie romantiche, ma era, prima di tutto, uno degli amici più cari che avesse trovato tra le mura del castello, e non sembrava corretto rinunciare alla sua compagnia per la stupidaggine avvenuta a quella festa. Misero da parte Erbologia, e Jolene srotolò almeno un metro di pergamena zeppa di appunti di Pozioni. «Davvero studiate queste cose all'ultimo anno?» La domanda raccolse subito l'interesse maschile il quale, con un cenno del capo, le accordò la sua totale attenzione unita ad una sommessa risata soffiata via dalla bocca carnosa.
«Esatto, dolcezza. Preparati perché a confronto, la pozione scacciabrufoli finirà nel dimenticatoio perché avrai questioni ben più serie sulle quali concentrarti.» Jolene scorgeva le informazioni con sguardo vivace, allungando le braccia davanti a sé per riuscire a vedere la pergamena nella sua interezza. Era piena di nomi complicati, dettagli minuziosi, perfino i titoli degli argomenti presagivano concetti contorti. Sporse il capo, così da poter guardare Lucien da oltre il foglio: «Ma è fantastico! Me li puoi lasciare, quando hai finito gli esami? I miei non vorranno mai prendermi già i libri del settimo anno». Lucien stavolta non le rispose subito, concentrato su una dissertazione sul grado di velenosità di alcuni funghi tibetani esposta nell' "Enciclopedia dei funghi velenosi". Aveva già studiato tutto quello che era possibile studiare per affrontare al meglio i propri M.A.G.O., ma Jolene sapeva che era un perfezionista e che su argomenti di suo interesse avrebbe speso anche le ore notturne. Con uno scatto delle falangi richiuse il tomo e lo abbandonò nella borsa a tracolla con un gesto abbastanza brutale e senza fronzoli. «Andata, a patto che me li restituisci quando avrai levato le chiappe d'oro da questo posto. È tutto qui, nella mia testa. Orma non mi servono più, ma per affezione gradirei riaverli a tempo debito.» disse picchiettando le tempie con la mancina. Jolene annuì, lo sguardo che già si tuffava nuovamente tra gli appunti, alla ricerca di un primo argomento da fargli esporre. Nel mentre, fuori dalla loro nicchia, l'atmosfera della Sala Comune stava cambiando; la tensione crebbe dapprima impercettibilmente – due voci, tra le tante, suonavano insolitamente aspre –, arrivando infine ad attirare l'attenzione di una buona parte dei presenti. Diverse teste si voltarono in direzione di Cole Cameron e Justin Fisher; quest'ultimo si trovava in piedi, leggermente proteso verso la poltrona in cui Cole sedeva con l'aria di poter balzare su da un momento all'altro. «Non è che solo perché sei il cocco del professore di Difesa allora sei automaticamente il migliore della classe», stava dicendo Justin, il tono tagliente che in un istante di innaturale silenzio raggiungeva le orecchie di tutti i presenti. Molte conversazioni erano cessate per poter meglio ascoltare, e anche Jolene diresse la propria attenzione verso i due. Entrambi del sesto anno, Cole e Justin erano piuttosto noti tra i Corvonero per aver sempre primeggiato nelle loro classi. Non erano sempre stati in rivalità, i rapporti avevano cominciato a scricchiolare solo l'anno prima, quando Cole era riuscito a prendere il posto vacante di battitore della squadra di Quidditch, per cui si era proposto anche Justin. Essendo entrambi due teste calde, una cosa aveva tirato l'altra tra frecciate di volta in volta più velenose – voci di corridoio dicevano che c'entrassero anche una Grifondoro piuttosto carina e una pozione da Oltre ogni previsione vilmente rubata, anche se non pareva che fossero collegate –, fino a sfociare nell'aperta ostilità. «È per la carica di Caposcuola, vero?» Jolene lo sussurrò all'orecchio di Lucien, stringendosi le ginocchia contro il petto mentre già sentiva la sgradevole tensione che provava ogni volta che assisteva ad un litigio. Sapevano tutti che quei due erano in lista per la carica, perché, benché nessuno dei due fosse Prefetto, i loro successi scolastici erano tali da piazzarli tra i migliori studenti della scuola. La loro inimicizia aveva contribuito a che ciascuno di loro vedesse nell'altro la più grande minaccia al coronamento delle proprie ambizioni. «Non so che cosa vuoi da me, Fisher» disse Cole, ostentando una calma gelida. «Se non prendi i voti che vuoi dovresti studiare di più, non prendertela con chi invece ci arriva.»«Scommetto che sei convinto di avere già tutte le carte in regola per accaparrarti la spilla, vero?»«Per quanto mi dispiaccia infierire sul tuo ego smisurato, sì, Fisher, ne sono piuttosto sicuro.»Nonostante l'interesse di Lucien per i due sembrasse nullo, siccome Jolene gli aveva posto una domanda si premurò di risponderle a bruciapelo. «Si, ma questo è l'ultimo di una lunga lista di motivi che li ha portati a scontrarsi.» scrollò le spalle, ad intendere che poco gli interessava. Aveva i M.A.G.O. tra pochi mesi, per le chiappe di Merlino! Inspirò lentamente il profumo di magnolia della ragazza, prima di proseguire. «Hanno caratteri dissonanti, ma ambiscono alle stesse prede, posizioni sociali, successi..non si capisce se facciano apposta a mirare agli stessi obiettivi; il problema è che per le loro idiozie ci stanno andando di mezzo troppe persone.» Lo sguardo liquido fece tornare alla mente di Jolene un particolare che aveva udito di bocca in bocca e della cui veridicità non poteva dirsi certa. Kira, la ex storica di Lucien, sembrava fosse andata con uno dei due e l'altro, rimasto a bacchetta asciutta, aveva preso a tormentarla finché Lucien stesso non si era intromesso. La questione era versata in una scazzottata in pieno stile babbano ai Tre Manici durante una gita a Hogsmeade, qualche settimana prima. Jolene lanciò un'occhiata a Lucien, prima di tornare ad osservare Justin e Cole. Per quanto anche lei, come la maggior parte dei concasati, fosse a conoscenza dei retroscena, non riusciva a comprendere nel profondo l'atteggiamento dei due. «Si comportano come se il valore di uno dovesse per forza toglierne all'altro.» Parlò a bassa voce, più tra sé e sé che al ragazzo al suo fianco. Aveva riscontrato lo stesso tipo di atteggiamento anche in alcuni studenti del suo anno: una competizione continua ad eccellere, a raggiungere tutti i successi che Hogwarts poteva offrire. Di per sé, si trattava di una spinta positiva;. la bravura e l'ambizione dei suoi compagni spronavano Jolene a mettersi in gioco a sua volta, vincendo l'indolenza che talvolta poteva portarla a tralasciare i suoi doveri, in quei momenti in cui perdeva di vista i propri obiettivi. Riscopriva allora la sua vena più perfezionista, quella che la portava a mettere tutta se stessa in ciò che faceva, mossa dall'ambizione di arrivare al punto più alto che le era concesso. Per alcuni, però, il tutto degenerava in una gara che avrebbe portato onore al vincitore e vergogna su tutti gli altri. Lo sprone diventava obbligo, diventava ansia di non farsi togliere quella porzione di successo che si intendeva conquistare. Per Justin e Cole, ciò si concretizzava nella prospettiva della spilla da Caposcuola, intorno alla quale gravitavano anche tutte le altre rivalità, piccole o grandi che fossero, che vedevano scontrarsi le loro forze così simili. «Se sei così bravo, perché non lo dimostri?» La Sala Comune venne percorsa come da un fremito, in vista di ciò che quella provocazione lasciava presagire. «Non ho tempo da sprecare con te...» I pugni di Cole erano due macchie bianche sui braccioli della sua poltrona, la forma delle nocche ben distinguibile nella forza con cui stava stringendo. «Di' piuttosto che non hai le palle, perché sai che potrei farti il culo anche ad occhi ben-» Ma Justin non terminò la frase, perché all'improvviso Cole balzò in piedi, una mano che correva alla fondina della bacchetta. Justin fece un passo all'indietro, ma fu più veloce a sguainare l'arma. Per qualche secondo rimasero così, a fissarsi in cagnesco, probabilmente aspettando che fosse l'altro ad attaccare per primo e, dunque, a prendersi la responsabilità di una rissa che avrebbe potuto compromettere le sue possibilità come Caposcuola. Tutti gli altri sembravano trattenere il fiato, ma solo una ragazza del quinto anno provò ad intervenire con un poco convinto «Ragazzi, dai...», che quelli non sembrarono sentire. Tutto ciò cominciava ad essere troppo per Jolene. «Lucien.» Lasciando perdere ciò che aveva per le mani, strinse le dita sulla manica dell'altro. «Andiamo, bisogna fermarli prima che finiscano entrambi in infermeria.» Lucien non diede segno di averla udita, il volto dall'espressione indecifrabile non si era staccato un secondo dal libro, ma Jolene notò che la mancina si era serrata in un pugno talmente forte da avergli sbiancato le nocche. Ancora non lo sapeva ma, almeno uno dei due, sarebbe stato Lucien stesso a spedirlo in infermeria. Fu questione di secondi: con uno scatto animalesco, Lucien si alzò dalla sua postazione ed abbrancò la dodici pollici che teneva al sicuro nel fodero del mantello. L'attenzione dei presenti era focalizzata sui due litiganti, quasi nessuno notò l'intromissione del diciassettenne che si frappose fra i due, dando le spalle a Cole ed inchiodando Justin con uno sguardo dal sapore letale. Il catalizzatore si mosse veemente e minaccioso sul bersaglio e nella sala comune tuonò la formula dell'incanto. «Silencio!» L'incantesimo aveva l'effetto di zittire la vittima ed era piuttosto difficile da eseguire, difatti veniva insegnato normalmente verso il quinto anno. Fisher rimase ammutolito e prese a raschiarsi la gola con le dita massicce come se sperasse di riuscire a recuperare la voce in quel modo, guardando Lucien con odio. «Vedo che l'ematoma si è riassorbito, Fisher. Forse questo ti aiuterà a ricordare, in maniera più efficace, di pensare prima di parlare. Ora corri pure a singhiozzare in infermeria imputandomi del tuo momentaneo disagio. Se ci riesci.» Lucien parlò con un tono calmo e sardonico che cozzava con il suo gesto, restituendo l'espressione acrimoniosa al Concasato, prima di fare ritorno da Jolene. La ragazzina aveva assistito protesa sul bordo della poltrona, i piedi poggiati a terra e pronti a sostenerla qualora un rapido intervento si fosse reso necessario. Fortunatamente, così non fu: Justin venne subito circondato da un terzetto di suoi amici abbastanza assennati da cercare di tranquillizzarlo mentre quello faceva per slanciarsi contro Lucien. Cole sparì in fretta dietro alla porta dei dormitori e, là dove poco innanzi avevano risuonato voci cariche di avversione, ora si udivano solo i toni concilianti di chi cercava di convincere Justin a ritirarsi anche lui. Piano piano, l'atmosfera stava tornando alla normalità, come se fino ad allora tutti non avessero atteso altro che un primo intervento prima di stemperare la tensione. Jolene si lasciò ricadere contro allo schienale di velluto: all'improvviso, sentiva le spalle pesare di tutta la stanchezza della giornata. Non aveva più voglia di parlare, men che meno di riflettere ulteriormente sulla rabbia e le rivalità da cui nemmeno Lucien, che pure aveva messo fine a quella pagliacciata, era esente. «Direi che per questa sera hai ripassato abbastanza.» Si allungò verso il tavolino affianco a lei per poggiare gli appunti e, subito dopo, prese il voluminoso tomo che vi si trovava sopra. La copertina, spessa e di vecchio cuoio rossastro, aveva un'aria antica tanto quanto le pagine, spesse e ingiallite; era un libro pesante, e lasciava presagire un contenuto altrettanto impegnativo. Non per nulla, Jolene non si era portata nient'altro con sé: compiti, lezioni da ripassare, capitoli pieni di sottolineature che attendevano di essere studiati erano rimasti tutti nel baule. Nella Sala Comune che pian piano si andava svuotando, Jolene aprì il gigantesco volume. Dentro, una scrittura piccola piccola riempiva da cima a fondo ogni pagina. Si mise comoda, appoggiando il tomo sulle ginocchia, e riprese con grande attenzione la lettura di Fiabe della tradizione popolare irlandese. I could be bounded in a nutshell, and count myself a king of infinite space. [William Shakespeare] | SHADOW OF MEMORIES CONTEST A TEMA - NOVEMBRE 2020 AMBIZIONE PAST - COMMON ROOM - HOGWARTS | |
Precisazione: le dinamiche narrate, le reazioni dei personaggi ed i dialoghi, sono stati concordati e scritti a quattro mani dalle giocatrici coinvolte. Edited by Unconsoled - 11/11/2020, 23:33
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