| [OffGdr] Il Consiglio dei Gufi del Natale è un evento riservato ai soli giornalisti (anche freelance) della Gazzetta del Profeta. È un incontro di spicco nel mondo magico, nell'espressione di una tradizionale cena natalizia per omaggiare chi abbia contribuito ai migliori risultati del giornale durante l'anno; è ambientato il 23 Dicembre alla Redazione di Londra, dove il topic tornerà alla sua conclusione – così da non occultare gli articoli pubblicati nel frattempo. Per scoprire le rispettive pagine, basta un click sui gufetti. L'evento durerà un mese, durante il quale i partecipanti potranno liberamente vivere la festa.
È richiesto però almeno un post di partecipazione per ricevere il Dono del Gufo – è a pagina tre ed è per tutti i giornalisti, in evento il dono si rivela a fine serata. A nome della Redazione del Profeta, è con infinito piacere che porgo davvero il mio ringraziamento più sentito per il vostro lavoro, la vostra inventiva e i vostri straordinari articoli. E con piacere vi auguro buone feste e una deliziosa serata.
Sette giorni prima del Ventitré di Dicembre, al calar della sera, una schiera di postini abbandonò all'unisono i trespoli dell'estesa Guferia della Redazione del Profeta – gufi reali, barbagianni e civette inseguirono invisibili sentieri tratteggiati nel cielo, e ai loro occhietti consapevoli si adagiò di grazia l'incedere della notte. Vedevano oltre, l'uno con una destinazione diversa dall'altro, e nel volo comune strillarono versetti acuti come di saluto. Il piumaggio variopinto si infranse cristallino al chiarore delle stelle, tutte superstiti di un firmamento che a sua volta si ritirava dormiente. Un incauto aggrovigliarsi di nuvole occultava invece un solitario spicchio di luna, rendendo la visibilità eternamente impercettibile. Al favore delle ombre, chiunque avesse sollevato attenzione verso l'alto non avrebbe potuto accorgersi così nitidamente del curioso drappello di creature, e d'altronde per i Messaggeri del Profeta il buio altro non era che fidato compagno di lunga data. Ad un tratto, sulle guglie di spicco di Westminster, molti tra loro giunsero a dividersi – alcuni virarono dolcemente verso destra, altri proseguirono dritto, altri ancora verso sinistra. Il triumvirato dei Cieli si spezzava, e prima della mezzanotte già si sarebbe ritrovato. Le strade, in basso, andavano affievolendosi di passanti nei loro cappotti variopinti, e il suono squillante delle automobili scivolava via al più pacato silenzio del riposo. Soltanto il Tamigi, in mulinelli d'acqua e in bagliori d'argento, intonava continuamente una melodia spenta, lo sciabordio di onde in contatto che nel tempo molti avevano dimenticato di ascoltare. Oltre, sempre oltre, quegli stessi rapaci si disperdevano come sentinelle, e chi tra gli artigli e chi in becco, ciascuno a proprio modo stringeva una missiva preziosa: una lettera di immacolato candore, stilizzata appena di linee dorate. Di pergamena pregiata e con un sigillo di ceralacca in superficie, ricamava in grafia elegante l'inconfondibile dicitura della Gazzetta del Profeta – il mittente era nitido, una piuma color del deserto guidava rapidamente verso la parte anteriore, lì dove il nome del destinatario impreziosiva la carta in stile calligrafico. Così graziosa, la lettera seguiva la raffinatezza dell'involucro. Iniziavano tutte allo stesso modo, rivolgendosi cortesemente a chi di dovuto. Già alle battute d'apertura sarebbe stato evidente si trattasse di un invito. E l'invito, per ogni ricevente, sfumava in privilegio. Nel tempo delle ultime pagine, la lettura volge all'indietro alla ricerca di testimonianze, di citazioni, di tutte quelle parti salienti cui l'inchiostro ha saputo rendere gloriosa giustizia. Come raffinati segnalibri ne immortala ogni paragrafo ben riuscito, a memoria perpetua di quel che è stato e di quel che nuovamente potrà essere. Ne indaga misteri, occasioni, finanche stravaganti voli pindarici, lasciandone il segno fin nel profondo. Diventa carta di valore, il prodigio di una piuma che traccia l'esistenza sulla pergamena – perché le parole, è evidente, hanno una direzione. Un arrivo, sostiene il buon Amilia, così come un inizio. Quanto tratteggiato allora giunge in conferma di un operato ben più intimo, ben più personale; un lavoro certosino, un impegno altrettanto fondamentale, che ha di per sé parimenti un esordio, e parimenti un epilogo. E nell'uno e nell'altro, come in condivisione, il raccolto maturo ha il volto di una pagina scritta, e di una seconda, e di una terza, e così fino all'ultima pagina. Di quel che è stato espresso, di quel che è stato rivelato, e di quel che intimamente cristallizza il Pensiero in scrittura. Un giornale, di qualsivoglia tematica, intreccia vivamente geometrie di origini – versatili, culturalmente diverse, e l'una e l'altra per tale ragione perfino più vivaci. Un giornale, come il Nostro, tesse ragnatele d'inchiostro brillante. Un calamaio che eternamente si colma, e che mai si consuma: allora è la Piuma, quella del Giornalista più veritiero, a porsi come maestoso contatto; allora è la Piuma, tanto pretenziosa quanto al cuore incline, ad esprimere la sacralità d'inventiva, compiendo la volontà del Genio. Perché la scrittura, è risaputo, testimonia qualità singolare – non è comune, non è di tutti, e una buona calligrafia altro non resta che cornice visivamente preziosa. Perché la scrittura, profonda più di ogni altro sentimento, è cameratismo di cuore e di mente, e di intelletto, e di spirito, e della più fervida fantasia. Quello che esprime è più di un legame d'inchiostro, si articola nell'identità riservata dell'uno, e non necessariamente di tanti altri. Così la pagina, l'ultima pagina, è una pagina d'insieme – di quel che è stato, di quel che è sentito. Una pagina di quel che è stato tracciato, poiché già provato fin sottopelle. Una febbrile, frenetica padronanza di un'arte, come volo di civetta, che rivela in sé talento, predisposizione, e affinità tra tutte le virtù d'uomo. Così la Piuma è all'apparenza per tutti. Ma quel di cui ha bisogno è istintivo, forse innato, di certo è dapprima soggettiva condivisione. Cerca sacrificio, dedizione, e quanto più il cuore pone esperienza di vita, tanto più la Piuma assorbe inchiostro di pregio. Per voi sfuma in uno scettro, e all'ultima pagina trascrive gesta compiute, e peripezie sorprendenti. All'ultima pagina, la Piuma è per voi memoria.
Con la presente la Gazzetta del Profeta è lieta di invitarla al Consiglio dei Gufi del Natale, il tradizionale evento di fine anno che si terrà il prossimo 23 Dicembre, alle 8 pm, presso la Redazione di Londra. Nella declinazione di una cena natalizia – impreziosita dalla cuisine française del rinomato Chef Gautier –, l'evento diventa attesa occasione per ringraziare chi, come Lei, abbia contribuito durante l'anno al successo del Nostro giornale. Scoprirà la raffinatezza delle decorazioni dei migliori artigiani del paese, il delizioso banchetto del già citato cuoco, così come la presenza di numerosi collaboratori di redazione, al pari dei rappresentanti di tutte le rubriche letterarie che hanno nutrito i nostri migliori, assidui lettori. La serata di festeggiamenti accoglierà scrittori, giornalisti, artisti e fotografi, tutti nostri collaboratori. Nell'augurio a voce unanime di ritrovarla tra i nostri partecipanti, La preghiamo cortesemente di considerare un dress code elegante, e che richiami la simbologia dei Gufi, e di tutti i nostri Messaggeri dei Cieli. Decorazioni, accessori e/o abiti di piume, come da tradizione, saranno squisitamente appropriati. All'ingresso, inoltre, La preghiamo di mostrare il presente invito.
Con il più vivido, sincero ringraziamento per il Suo impegno come Giornalista della Nostra Redazione, speriamo di omaggiare la Sua persona con il nostro tradizionale evento, e Le auguriamo di trascorrere festività d'incanto.
Cordialmente, la Redazione della Gazzetta del ProfetaAl risveglio del Ventitré di Dicembre, la Capitale inglese si agghindava di bianco. La neve, a lungo attesa nei giorni precedenti, era finalmente entrata in scena, ed era come assistere ad uno spettacolo giunto all'atto maestro. Alle prime ore dell'alba, nugoli di cristalli di ghiaccio brillavano in perlacei giochi d'incastro, vestendo strade grigie di un manto celestiale; impreziosivano in quel modo le lunghe schiere di panchine di ferro battuto, talvolta adagiandosi tra rametti di cespugli e di alberi sempreverde. Sui giardini londinesi, in effetti, la neve si rivelava sempre più d'incanto, e al sorgere del giorno attirava dolcemente lo sguardo sognante dei più – bambini, genitori, adulti, in una magia tanto naturale da non porgere distinzione. Il campanile più gettonato, nel battito di cuore pulsante della città, cullò il risveglio con l'armonia di suoni familiari: un ticchettio lento, una melodia che tutti gli abitanti avrebbero sempre riconosciuto. Impetuoso, il Tamigi sospirava a sua volta, districandosi nei flutti di onde concentriche: al fiume tornava lo sguardo di Westminster, e a tacita voce si scambiavano l'augurio di un freddo, gelido, eppure ottimo inizio. Il Natale, ebbro di promesse, si avvicinava ormai a vista d'occhio, e sul Calendario dell'Avvento le crocette rosse si affaccendavano come lucette d'anteprima – mancava poco, ormai era evidente, e in molti si invischiavano negli ultimi regali, entrando ed uscendo così da uno e più negozietti lì nei dintorni. Era un via vai continuo, tanto variopinto nei colori quanto nelle voci; un cicaleccio rapidissimo, da un punto all'altro, e spesso capitava di afferrare al volo uno scorcio di conversazione. Un uomo anziano, sovrappensiero, parve incuriosito infatti proprio da una coppia, entrambi ben più giovani di lui. Il primo, elegantissimo in un montgomery scuro, aveva appena passato la propria sciarpa attorno al collo dell'altro, e gli sorrideva come in una di quelle scene da romanzetti romantici. Cercava di restargli accanto, a dispetto della fiumana di passanti sullo stesso marciapiede: ogni volta che si staccavano, infatti, tornavano subito insieme. Parlavano di... Gufi, e di un Consiglio. Proprio così. Certo di aver sentito male a causa dell'età, l'anziano alla fine aveva ripreso a passo spedito; ringraziava il semaforo rosso lì di fronte, in effetti, perché soltanto in quel modo poté raggiungere la coppia. Ho un abito di piume che si trasfigurano da sole, allora sentì dire dal primo. Il cappotto di Augurey è un tocco di classe, commentò il secondo. Il vecchietto, sorridente, si guardò attorno come per condivisione – a dispetto del capannello di londinesi e di turisti, però, appariva come l'unico ficcanaso nei riguardi dei due giovanotti. Augurey gli sembrò un modo un po' francese per porgere gli auguri, e d'altronde le mode degli adolescenti lo stizzivano sempre di più. Ai suoi tempi... Il pensiero, lento, riuscì a distrarlo. Quando una donna lo spinse al braccio destro – Mi perdoni, mi perdoni – si accorse in ritardo dello scatto del verde pedonale al semaforo. Lasciò che molti lo superassero e lui, invece, rimase lì. Ad inseguire la coppia di innamorati, entrambi sorridenti. Rimase lì fino al successivo rosso, bloccato all'argine di una strada che non aveva destinazione, non per lui. Pensò ancora ai ragazzi, anche nel pomeriggio. Quando dalla finestra circolare di casa adocchiò un paio di gufi, gli parve una coincidenza. Strabuzzò gli occhi, velati com'erano, pensando per un attimo, soltanto per un attimo, di aver visto quegli stessi gufi con una lettera scintillante tra gli artigli. Le ultime mode, com'erano curiose. Ai suoi tempi, borbottò. Ai suoi tempi... *** Gli uffici principali della Redazione della Gazzetta del Profeta si trovavano lì, a Londra. Come pietra d'ardesia, l'imponente edificio vecchio stile si incastonava perfettamente tra una schiera ben gremita di altre casette, altri palazzi, altri negozietti. Ai più non dava altro che l'impressione di essere una struttura molto raffinata, di numerosi piani, forse il domicilio di un'azienda ministeriale oppure più semplicemente quello di avvocati di spicco. E così si realizzava agli sporadici visitatori più incuriositi, poiché il palazzo era intessuto di potenti sortilegi disillusori fino al tetto. Il Profeta, in effetti, era più di un'istituzione qualunque – si trattava del giornale più in voga, rinomato e seguito dell'intero mondo magico, e bizzarramente restava da anni lì, sotto sguardi ai quali non era destinato. Così imponente, era artisticamente circondato da una serie di cespuglietti sempreverde, un marciapiede delimitato da un'inferriata con una e più colonnine in simil-marmo, e sporadici lampioni comunali lungo la strada. Quella sera vestiva di bianco a sua volta, come la Capitale. La neve scendeva dai tetti più alti, fino a perdersi a vista d'occhio, e alcuni fiocchi scivolavano fin sulle testoline di una coppia di civette. Erano l'una a poca distanza dall'altra, entrambe sulle lanterne svettanti verso il cielo, proprio all'ingresso principale della Redazione. Con loro, al centro esatto, due uomini in completo raffinato sorridevano cortesemente, chiedendo agli ospiti che si susseguivano di mostrare loro un cartoncino – per alcuni non-maghi di passaggio, di fretta verso le loro abitazioni, cominciò a girare l'idea che vi fosse una serata di gala per i dipendenti degli uffici, e in effetti... era proprio così. L'invito aveva raggiunto chi di dovuto – tra giornalisti, ospiti d'eccezione, rappresentanti editoriali – già nei giorni precedenti, e le lancette si affrettavano a battere le otto in punto del Ventitré di Dicembre. Solitario, un barbagianni volgeva i grandi occhi color petrolio da un lato all'altro, e accompagnava in quel modo l'incedere degli invitati oltre il cancello, oltre il varco, e fino all'incredibile portone d'ingresso. Oltre il passo d'esordio, infatti, la magia finalmente sfumava liberamente – lanterne sospese a mezz'aria, fuochi fatui in danza solitaria, e petali rosseggianti in volo come crisalidi appena dischiuse dai cespugli farfallini di contorno. Una luce soffusa, all'esterno: il viale principale era privo di neve, appena bagnato dai cristalli di ghiaccio delicatamente disciolti sull'acciottolato. Il via vai di chi in arrivo veniva dolcemente accompagnato dai convenevoli ricamati a misura, da parte dei maghi all'ingresso. Buonasera, buonasera a lei; è delizioso ritrovarla; la prego, da questa parte – era un cicaleccio di voce unanime, a memoria di una poesia di sottofondo. Gli ospiti stessi, talvolta riconoscendosi, apparivano deliziati nell'atmosfera natalizia della sera d'inverno, e si scambiavano educatamente complimenti per gli abiti, per gli articoli, per il proprio operato giornalistico, e così via discorrendo. Il verso stridulo di un Gufo Reale, sul cornicione del tetto più alto del palazzo, quasi passò inosservato. Erano lì, maghi e gufi – e spesso gli uni erano gli altri. I festeggiamenti si svolgevano al pianoterra, nella sala delle conferenze. Alcuni già avevano avuto modo di visitarla, per altri sarebbe stata la prima valida occasione: all'interno del palazzo, infatti, l'atrio risultava quasi inusuale per tanti giornalisti. Mancava la frenesia così tipica per la sede: gruppi di persone da un punto all'altro, sortilegi in attivazione sulle più svariate Passaporte, scintillanti guizzi di fiamme smeraldine nei camini di metropolvere continuamente attivi, e quei fogli di giornale, quelle pergamene in volo confusionario, le piume prendi-appunti, i taccuini e le copie di giornale, tutto era dormiente. La Redazione, quella sera, accoglieva un momento di serenità, privo di lavoro ma non di colpi di scena – e gli Osservatori si mischiavano alla folla, e i Giornalisti vestivano abiti di gala, e tutto era calmo, pacato, serafico. Per i più veterani, giornalisti di professione vera e propria, non poteva sfuggire la saletta limitrofa all'atrio, lì dove un camino restava acceso, e blocchetti incantati attendevano una e più notizie possibilmente in arrivo. Il Profeta, si sapeva, non si fermava mai per davvero, e tutto osservava, tutto inseguiva. Decorazioni natalizie, invece, impreziosivano tanto il pianoterra quanto la saletta indicata all'occorrenza da altri maghi: tutto intorno c'erano gufi, almeno loro restavano come senso di familiarità di quel luogo, molti appollaiati su lanterne in volo, sulle scrivanie e sui trespoli lì da sempre. La festa omaggiava loro fin nel nome e nella simbologia. Altri barbagianni, civette e di tanto in tanto volatili magici sonnecchiavano sui bordi di una maestosa, solenne fontana marmorea; era una struttura che richiamava la Fontana dell'Inchiostro Sempiterno, ai piani superiori della Redazione, che soltanto i giornalisti lì d'ufficio potevano aver ammirato nel corso della propria carriera. In versione ridotta, altrettanto magnifica, quella splendente fontana zampillava acqua velata di gocce d'inchiostro, e lì due streghe – una per lato – invitavano gli ospiti a fermarsi per un istante: offrivano loro una piuma di lusso, e chiedevano cortesemente di firmare la propria partecipazione su un grande libro sospeso a sua volta, in perfetta stabilità. Ad ogni modo, era una scelta – di lato, infatti, un lungo tappeto argenteo, velato di ricami dorati, guidava gli ospiti nella sala delle conferenze. L'atmosfera natalizia saliva alle stelle, fin dalla soglia si scorgevano abeti intervallati da statue di gufo a grandezza umana, tutti in successione alle pareti laterali. Lì dove solitamente svettavano sedie, poltrone, postazioni per scrittori, fotografi e giornalisti, quella sera si adagiava invece un lunghissimo tavolo rettangolare, tanto da perdersi fino alla fine della stanza. Un impercettibile incanto d'estensione rendeva tutto più spazioso: il soffitto si tingeva come cielo aperto, la notte della sera puntellata di stelle, una mezzaluna e cristalli di neve in dissolvenza; lo sguardo degli invitati si perdeva nell'infinito scorcio d'universo, mentre in tutta la sala i Messaggeri del Profeta guizzavano da trespoli, tane create in buche sui tronchi, e rametti di tutti gli alberi di contorno. Era una serata tranquilla, e il solito palco sul fondo che accoglieva interviste e servizi giornalistici si era ristretto. Sullo stesso si adagiavano alcuni strumenti musicali ai lati, come violini, flauti e un'arpa, tutti incantati per suonare in autonomia: la melodia non aveva parole, e cullava gli invitati come dolce sottofondo. Al centro esatto del palco, invece, svettava un abete imponente, ben più alto di quelli alle pareti lungo l'intera sala. Fin da lontano brillava di luci, fasci dorati e argentei, palline coloratissime in stoffa pastello: da vicino sarebbe apparso perfino più dettagliato, con ceramiche di fate in volo, minuti babbo natale in slitte incantate che girovagavano in più direzioni, pupazzetti e cristalli di neve che mai si scioglieva, tutte decorazioni realizzate da noti artigiani del mondo magico. C'erano gufetti tra i rametti scintillanti, alcuni finti come vivide statuette animate, altri invece verissimi. Perfino il puntale dell'Abete di Natale era nella forma di un Gufo più grande, in ceramica a sua volta, e spalancava di tanto in tanto le ampie ali come ad accogliere i visitatori: sulla testolina piumata vi si adagiava un vero e proprio cappellino natalizio, con tanto di pon-pon. Alla base dell'albero sul palco, circondato da strumenti, vi si sparpagliavano tantissimi pacchetti regalo: se anche apparivano di colori diversi, con fiocchi e nastrini bene abbinati tra di loro, erano tutti rettangolari e il contenuto era identico. C'era un gufetto di legno in superficie, a fine serata ogni invitato avrebbe ricevuto il Dono del Gufo. Era al centro dell'intera sala che si incastonava un lungo tavolo ben lontano dalle pareti. Vedeva già qualcuno prendere posto, in modo molto libero, nella semplicità di vecchi incontri e di amicizie e conoscenze in visibilio. Il tavolo guadagnava postazione di spicco, imbandito dall'inizio alla fine per metri e metri: una tovaglia di seta argentea ne vestiva il suo legno di cedro, e tutto era già apparecchiato per la festa. Una serie di piatti, bicchieri, calici e posate scintillava nella ceramica eterea, e per chi più esperto e più appassionato sarebbe stato evidente si trattasse di quella particolarissima, raffinata collezione artigianale cui il giornale aveva accennato in passato – ricordava infatti le deliziose tazze di porcellana e di ceramica di Madama Piediburro. Nastrini argentei dischiusi su campanellini scintillanti, pigne e rametti di vischio abbellivano tutto ordinatamente, e preziosi candelabri in rifiniture argentee e bronzee adornavano il tavolo in graziose fiammelle, aromatizzando la sala in profumi mai grevi, e sempre morbidi sulle note di spezie, di fiori, e di essenze naturali. Quello che poteva forse sorprendere, ad ogni modo, era come le bottiglie di vino elfico, idromele barricato, vin brulé, champagne e altri liquori d'ambra fossero state disposte a cerchio attorno le candele, come una corona di uno e più bagliori; si sospendevano appena, a riempire per magia le coppe e i calici degli invitati. Lo stesso accadeva per bevande meno alcoliche, tra ginger ale, drink speziati, succhi di zucca, di frutta, di latte di mandorla, e tanti altri ancora. In carta pergamenata, stretta tra gli artigli di una statuetta di gufo intagliato in legno, il menu di Chef Gautier si svelava allo sguardo dei commensali con le promesse di piatti francesi e britannici, di tradizione natalizia e non soltanto. Descrizioni in sinuosa calligrafia, una e più portate previste, e verso la fine una vivace, stravagante dicitura: Distillat "Hibou Grand-duc", seguito subito dopo da Promenade traditionelle en traîneau de Noël. Non v'era traduzione, né avanti né sul retro della carta. La firma, a caratteri altrettanto raffinati, segnava il nome Chef Gautier, e lì concludeva. Di certo sarebbe stato chiaro per tutti entro fine serata, ad ogni modo fin dalla lettera d'invito era stato annunciata una cena con i fiocchi, improntata soprattutto alla cuisine française. Gautier, per chi più invischiato nel mondo magico oltremanica, era uno dei cuochi più rinomati in Francia, e spesso era stato contattato da mecenati di spicco in tutta Europa. Per rinverdire una collaborazione internazionale, Chef Gautier era stato chiamato dalla Gazzetta di Londra con tutti gli onori necessari; c'era chi sussurrava si trattasse di una scelta più accurata, per l'avvio di una rubrica che il Giornale non aveva ancora annunciato. Comunque, il menù era lì all'occorrenza, pian piano durante la serata le varie portate sarebbero comparse armoniosamente – in una e più decorazioni d'eccellenza – nei piatti di ceramica dell'uno e l'altro tra i commensali, all'unisono. Sul tavolo già c'erano numerosi dolci, pasticcini e torte, in attesa semplicemente di essere presi in tutta tranquillità dai commensali. Accanto agli artistici cupcake, pudding e cracker di tradizione britannica, l'uno e l'altro nelle variopinte versioni di omini e gufetti di marzapane, e piume zuccherine, c'erano invece i piatti promessi del Natale francese: i classici bredele, curiosissimi biscotti di una e più forme – stelle, cappellini, abeti, altri gufetti, civette, corvi, e via discorrendo – e ai gusti speziati di cannella, chiodi di garofano, zenzero e vaniglia; il più familiare tronchetto natalizio, Bûche de Noël, ricoperto di uno e più strati di cioccolato e ricamato di geometrie di glassa di zucchero, e con un ripieno di squisita marmellata di fichi d'Abissinia; imponente da un punto all'altro della tavolata, v'era inoltre il croquembouche, come deliziosa piramide di bignè di pasta choux, velati da crema chantilly e un soffio di celestino essiccato tanto da rendere i pasticcini brillanti nelle sfumature azzurrine; non mancavano altre torte francesi più gettonate in periodo natalizio: la Galette des Rois, la Torta dei Re, una deliziosa pasta sfoglia a base di mandorle, mele e cioccolato, custode di un fagiolo luminoso, benaugurante per chi l'avrebbe trovato; la Tarte Tatin, torta capovolta di mele caramellate in burro, zucchero, e velata appena di petali d'ocra di giunchiglia magica; e così via, in uno e più sapori, gusti, profumi. Era bizzarro, a ben vedere, che vi fossero più dolci che piatti salati – che vi fosse lo zampino di qualcuno in particolare? Ad ogni modo, il menù anticipava altre portate, a scandire l'intera cena: dalle amuses bouches, bocconcini di caviale di salmone oppure plimpi, con una delicata grattugia di mandarino e di limone; tartine di paté de foie gras accompagnate da rametti di agrifoglio in pastella e bacche di mirtilli; le immancabili escargot, servite in conchiglie adamantine, veri e propri gusci argentei d'Occamy; e via di piatti più stuzzicanti, dai plateaux de fromages – in particolare chèvre, fresco e cremoso su tartine e foglie d'insalata; bleu, tipicamente venato di blu e dal sapore più rustico; saint-nectaire, più consistente e bagnato di miele d'ape e di glumbumble; da lì in poi, intervallati da brindisi, sarebbero arrivate le rinomate chele di schiopodo, fiammeggianti in fiammelle decorative, mai brucianti; e il piatto principale della canard à l'orange, l'anatra all'arancia, con batuffoli di maionese di contorno. E altro ancora, fino a quel curioso brindisi finale che il menù sottolineava. Chef Gautier avrebbe dato il meglio di sé, e per una sera Londra poteva spaziare tra confini culinari. Non restava che accomodarsi, e nell'incanto del ricevimento le sedie foderate di stoffa di raso bianco e dorato si animavano all'arrivo dei commensali per accompagnarli al tavolo come invisibili camerieri d'altri tempi. Ciascuno poteva scegliere dove sedersi, quella sera non c'era distinzione – a capotavola, infatti, non v'erano sedie, ma ad ogni lato una statua di gufo a grandezza uomo, l'una e l'altra che si scrutavano in sguardi eterni. I gufi veri, dai piumaggi svariati, erano invece in tutta la sala, talvolta volando da un punto all'altro, talvolta fermandosi dove potevano – mai avrebbero però raggiunto la tavola; mai avrebbero disturbato i commensali, e per loro altri gustosi cibi sarebbero arrivati allo stesso tempo: erano i postini della Redazione del Profeta, ed erano ben più rispettosi. Soltanto qualcuno, più furfantello, si muoveva in volo con una certa frenesia: se Zorro scrutava con occhi rosseggianti e spazientiti tra gli invitati, Cariño volava in cerchio tra le stelle, sul soffitto, nella speranza di vedere lei, lei tra tutti. Era seducente l'armocromia degli abiti degli ospiti in sala. L'invito aveva richiesto cortesemente di considerare la simbologia dei gufi per la scelta raffinata del proprio abbigliamento, e l'interpretazione di risposta tra maghi e streghe risultava ben più creativa di ogni aspettativa. Abiti di piume, alcuni ben più vistosi degli altri, vestivano elegantemente le figure di uno e più giornalisti, fotografi, reporter, redattori, e ospiti d'eccezione; c'era una delegazione del Settimanale delle Streghe, in collaborazione con il Profeta da anni, e in molti indossavano abiti di paillettes e piume di una e più tinte; si muovevano in gruppetti, le streghe-giornaliste di moda sembravano ballerine nei loro vestiti sfavillanti e cortissimi, alcune con copricapo da altre piume vistosissime; c'erano poi maghi, giornalisti d'oltreoceano, in giro per il mondo magico da anni e di rientro in Capitale e in Redazione almeno per quel periodo festivo: chi vestiva cappotti di piume di corvo, chi di piume semplicemente color d'inchiostro, chi invece aveva osato di più con giacche e completi di seta con venature smeraldine e anelli, gioielli e collane di piume d'Augurey; c'era chi aveva una veste di ricami e di alamari di zaffiro, con piume celestine di Jobberknoll; e chi, tra altre streghe, aveva scelto abiti ottocenteschi in gonne ampie e pieghe voluttuose, in piume che scivolavano dolcemente verso il basso a coprire scarpette d'avorio e cristallo; c'era soltanto l'imbarazzo della scelta, qualcuno di carattere più eccentrico aveva trasfigurato parte del proprio corpo in richiami di piume, becchi e occhietti da gufo, e somigliava ad una sfilata di moda a tutto tondo. Mentre saluti, abbracci e bacetti sulle guance si susseguivano in voci d'estasi, la sala del ricevimento si riempiva sempre di più. Ben presto il tavolo sarebbe stato occupato dai suoi invitati, e i festeggiamenti erano già in corso d'opera. Seraphinus Bagley, il Capo-Redattore, si aggirava tra l'uno e l'altro con deliziosa partecipazione, ma sembrava ben più impegnato al cicaleccio degli ultimi eventi mondani. Quella festa era semplice condivisione, e inneggiava al Natale come l'eco di una vita d'incanto. In un abito ben più semplice, sulle venature più scure del nero gessato, un giovane stregone sorrideva con cortesia, si complimentava all'uno e all'altro, concedeva inchini e cenni accurati del volto; procedeva allora verso la fine del tavolo, oltre gli invitati, fino a guadagnare il centro del palco. La musica, soffusa, parve invitare in note più alte ad un attimo di attenzione da parte degli ospiti in sala. Quando girò sui tacchi, lì sul palco, l'abito lungo brillò nel piumaggio di velluto nero in bagliori argentei, a coprire fin oltre le caviglie e gli stivaletti. Al di sotto, un completo in giacca e pantaloni di seta nera attingeva alla semplicità dell'insieme, mentre soltanto al collo si scorgeva un curiosissimo papillon come piuma purpurea di Fwooper. Sorrideva, Oliver Brior. Grato di essere lì, grato di un sogno d'infinita rivelazione; un gufo gli s'accostò di grazia e gli si pose davanti, mutando lì per incanto in un'asta di microfono. Socchiuse gli occhi, ad assaporare il momento, e silenziosamente il proprio Fwooper lo raggiunse fino a sistemarsi sulla spalla destra. Il contrasto delle sfumature cremisi del piumaggio della Creatura sul nero lucente dell'abito del Mago brillò in armonia, e così cominciò. «Buonasera, buonasera a tutti voi.» Gentile, pacato, sereno: era il sogno di una vita, e il ruolo che aveva cercato con tutto il suo cuore. Poche parole, si era ripromesso: ringraziò allora gli invitati, si congratulò gioiosamente dei loro abiti e del loro estro più vivido, accennò e omaggiò ancora una volta Chef Gautier per il delizioso banchetto che di lì a breve avrebbero gustato tutti insieme, e distribuì messaggi d'onore e di grazia per la Redazione, per il Profeta, per il Giornale, e soprattutto per tutti, tutti i colleghi lì presenti. Era un privilegio essere lì. Concluse in fretta. «La Gazzetta del Profeta è una testimonianza.» Il Fwooper, sulla spalla, dispiegò le ali sottili, lucenti come rubini. «Del mondo magico, degli eventi che si inseguono, delle rivelazioni che viviamo quotidianamente. La piuma di ciascuno di voi rende gloria all'inchiostro di una vita, di ogni vita. Così quando tratteggiate la prima goccia, lì su carta, concedete potere alle vostre parole, le rendete da quel momento libere, e condivisibili. Le vostre piume, le vostre fotografie, le vostre testimonianze.» Ripeté volutamente la parola d'esordio. «Sono eterne.» Si sentì la nota di profumo di libri. «E l'eternità è pregio, ed è beneficio. Perché da quel momento, da quel primo momento, il vostro nome diventa storia parimenti ai vostri scritti. Così, stasera, ciascuno di voi è memoria indelebile. Ringrazio ancora Mr Bagley per aver permesso l'organizzazione di questa splendida festa, e ringrazio tutti voi per l'impegno dedicato al nostro Giornale, e per tutto l'impegno che verrà in futuro. A fine serata invito ciascuno a portare via con sé uno dei pacchetti alle mie spalle, è un piccolo, piccolissimo omaggio per voi da parte della Gazzetta. Oh, e prima di dimenticare.» Parve annuire. «Vi attendiamo per il tradizionale tour in slitta di gufo. Buona serata a tutti voi.» Un sorriso gentile, un inchino veloce; si allontanò dal palco di fretta, appena imbarazzato, mentre il Fwooper spiccava il volo a nascondersi tra l'abete, mentre il microfono tornava ad essere un gufo, e mentre la musica riprendeva tutto intorno. Il Consiglio dei Gufi del Natale era ufficialmente iniziato. Dono di Natale Benvenuti di nuovo alla serata di festeggiamenti: come anticipato, siete liberi di agire come desiderate, anche per la cena e per il menù avete piena autonomia. A fine evento ci sarà una sorpresa annunciata, restate e non ve ne pentirete. Il dono che ciascun giornalista riceve (e che potete naturalmente già aggiungere in scheda) verrà consegnato verso la fine, e contiene: ■ Libro G.U.F.I., Grande Unico Folklore Internazionale di Dinari Amilia (+1 Punto Mana) ■ Gufo il Saggio È un morbidissimo peluche a forma di Gufo, richiamo della Gazzetta del Profeta. Come ogni gufo che si rispetti, sembra essere dotato di un'infinita saggezza... seppur particolare. Il peluche, infatti, è incantato per bubolare frasi come "Anche il Crup del Ministro ha solo due code", "Se si morde da sola è una Fata Mordace", "La Salamandra va presa finché è calda", "Non dire Snaso se non hai l'oro" e così via.
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