Feels Like a Sunday, Privata

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view post Posted on 21/2/2021, 10:48
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Appena sentì il leggero scatto della porta del Madama che si chiudeva dietro di loro, Jolene alzò su Ariel uno sguardo che era ad un tempo confusione e consapevolezza. «Che è successo lì dentro?» non poté evitare di chiedere. Si erano comportate in maniera così strana, tutte quante: a partire da Ariel, il cui nervosismo era trasparito fin dall'uso inconsapevole della lingua madre; Mary, poi, le era sembrata fin troppo provata. Alla netta sensazione di essere capitata nel momento sbagliato si aggiungeva anche il rimprovero continuo di essersi mossa nella maniera peggiore di tutte. Tanto per cominciare, avrebbe potuto dire qualcosa di più significativo, quando Mary aveva menzionato le rose arancioni. Invece si era limitata a rinnovare il suo sorriso. «Grazie», aveva detto, nemmeno l'avesse fatto apposta a scegliere la battuta più ambigua tra tutte. Poi, prima che potesse rendersene conto stava già spingendo la porta per uscire. C'era da ammettere che la sua non era stata una fuga studiata, né completamente consapevole: la verità era che ogni battuta, ogni movimento che aveva visto nelle altre aveva contribuito ad una confusione immobilizzante. Più si faceva pressante la sensazione di perdere il controllo, più era difficile decidersi a cambiare la rotta delle cose.
Con queste considerazioni in mente, Jolene sbuffò. Non voleva tormentarsi, sapeva che Ariel avrebbe assorbito le sue emozioni in un batter d'occhio. A lei era impossibile nascondere anche il più leggero cambiamento di stato d'animo, e Jolene era particolarmente trasparente. Le labbra chiuse in una linea dritta, lo sguardo che evitava il contatto diretto – erano dei segnali piuttosto eloquenti che testimoniavano il turbamento di Jolene, il cui istinto primo, ogni volta, era quello di rifugiarsi in se stessa.
Tuttavia, le bastò un rapido scorcio del viso di Ariel per trovare la spinta necessaria ad uscire dai propri pensieri. Decise di accantonare ogni cosa, per il momento: più avanti avrebbe parlato con Mary, e lo avrebbe fatto con la schiettezza che le era mancata fino a quel momento; ma le ore successive sarebbero state dedicate ad Ariel, e al pic-nic che stavano organizzando da giorni. «Ce la fai a portare tutte quelle cose?» chiese, vedendo quanto si era caricata. Cercò di farsi passare qualcosa, quando, con la coda dell'occhio, scorse qualcuno di conosciuto.
«Ma quello è Lucien?» Lo indicò con il mento, in cerca di una conferma di cui non aveva reale bisogno. L'uomo dava loro le spalle, ma, dopo averlo conosciuto per tanti anni, per Jolene era impossibile confondere la sua figura. «Ehi, Luce!» lo chiamò, cercando di attirare la sua attenzione.
Lo raggiunsero in pochi passi. «Come stai? Anche tu sei scappato da Hogwarts per l'ora d'aria giornaliera?» Si alzò in punta di piedi e gli scoccò un rapido bacio sulla guancia, a mo' di saluto. Poi indietreggiò di un passo, così da poter spostare lo sguardo agevolmente tra lui e la giornalista: sapeva che erano vecchi amici d'infanzia, infatti aveva già avuto modo di stupirsi della curiosa coincidenza quando, parlando con Ariel del nuovo guardiacaccia, aveva scoperto che egli fosse una conoscenza in comune. Ma questa era la prima volta che li vedeva insieme, il che spiegava la curiosità con cui seguiva i loro movimenti.
«Io e Ariel volevamo giusto trovare un posto pieno di bucaneve dove metterci a fare pic-nic» disse dopo un momento, mentre scoccava all'altra uno sguardo complice. Poi, pensando di fare cosa gradita anche a lei, propose: «Ti va di unirti a noi? Abbiamo appena preso un po' di cose dal Madama, ne abbiamo per tutto il villaggio.»

Jolene White - infermiera - 21 anni - outfit
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view post Posted on 21/2/2021, 13:36
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"Gran Sacerdote del Tempio della Pizza"

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«A volte la verità viene a galla da sé, no?»
Avrebbe voluto dirlo con la solita spensieratezza di cui si armava, quella che usava per ammorbidire lo stato d'animo di chi la sentiva, se stessa inclusa, ma non poté evitare stavolta di suonare ... atona; parlava perché era abituata a intervenire, perché l'istinto le diceva che Jolene voleva risposte, voleva un controbilancio a quel vorticare soffocante di pensieri che non l'aveva lasciata nemmeno per un secondo da quando erano entrate nella sala da tè.
Parlava perché pensava che il raziocinio fosse ciò di cui avesse bisogno Jolene. Ariel, per quanto le riguardava, era con il cuore altrove, molto lontano da lì e al sicuro dalla pungente realtà dei fatti.
«Quella ragazza in qualche modo ti conosce e sa cosa ti farebbe sorridere. E' una cosa bella, rara, se ci pensi.» Piuttosto che la loro incapacità di coesistere nella stessa stanza, quella era tutto tranne che bella e rara.
Non la guardava nemmeno negli occhi, rifugiando lo sguardo fra il lastricato della viuzza e il carico di cibo che teneva fra le braccia, fingendo avesse bisogno di tenerle sempre d'occhio per potersi muovere.

Dentro il Madama aveva parlato poco e niente, limitandosi ad annuire dove necessario e rispondendo alla singola domanda postale da Mary sul suo lavoro con un «Entrambe» piatto.

«Mh-mh.» Avrebbe abbassato le braccia per farle prendere una delle buste di carta dove i dolcetti da tè monoporzione erano stati riposti.
«Non preoccuparti anche per me. Ha una cotta per te, è normale.» Sollevò le spalle leggermente, mentre si scostava di lato per far passare qualcuno dei clienti della sala da tè. «L'ho sempre detto fossi speciale.»
Erano parole dolci le sue, ma suonavano troppo distaccate dall'emotività solare di Ariel per assumere la loro connotazione positiva.
Lucien fu la distrazione perfetta. Mentre Jolene andava a salutarlo, lei si permise di abbassare lo sguardo e sospirare fra le falde degli incarti di San Valentino.
"Non metterti da parte, non metterti da parte. Lo stai facendo di nuovo."
Un mantra veniva ripetuto nella sua mente in fretta con una disperazione penosa. I suoi pensieri non erano di adulta, ma di bambina impaurita. Se Lucien non fosse stato lì a distrarre Jolene non vi avrebbe fatto caso, ma ora che aveva quella dozzina sparuta di secondi per sé, non poté evitare di rendersi conto come a fermarla non era la gelosia, ma la paura.
Paura sorda alle sue preghiere e subdola alle sue preoccupazioni.
"Non sarà studente a lungo. Non è nemmeno così piccola. E io sono così, non è a lungo termine. Non posso essere a lungo termine, non–"
«Ehi Luce!» Lo sguardo di Jolene la strappò via dalla spirale autosabotante. Si voltò in estremo ritardo verso l'amico di infanzia e a questo servì un sorriso leggero. «Ti va di reggere pile di pizze in nome dell'amore?»
E come sempre in un battito di ciglia, aveva messo se stessa da parte in favore di qualcosa di più importante: il benessere degli altri.
"Non è il giorno giusto per essere complicati e più strani del solito, Ariel. Sorridi. Falli sorridere. Dii le tue cose che non capisce nessuno e mangia la pizza. Mangia la dannatissima pizza."
«Il menù di oggi consiste di cibo buono, aneddoti di quando Lucien cadde nell'orto di mio padre, quella volta in cui abbiamo rubato una scopa volante per ben cinque minuti e dessert.»
Parlava come se desse per scontato che Lucien le avrebbe seguite.
Jolene voleva distrazione? Forse era il caso imitarla e fiondare i pensieri da tutt'altra parte.

Ariel A. Vinstav - Fotoreporter - 23 anni - scheda
Prove dell'amore ancora non iniziate
Ariel è vestita con basco verde accordato alla trama floreale del vestito bianco che ha in foto + cappotto beige, occhiali da sole a specchio, zainetto, sneakers di tela verdi e macchina fotografica al collo.

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view post Posted on 21/2/2021, 15:14
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Il bottino del Madama Piediburro cioiodolava appeso al lungo braccio di Lucien simile ad un ramo aggrovigliata. Non solo aveva ottenuto una nuova tazza (in barba a quelle cavolo di fatine sbadate) ma anche delle sfide tanto inattese quanto interessanti. Riempire quasi due metri di persona era affare assai complicato, dunque i cinque miseri cioccolatini erano stati debitamente divorati in pochi secondi e ciò che avevano rivelato, lo aveva fatto sentire un bambino alle prese con una caccia al tesoro. Naturalmente Lucien non si sarebbe sottratto a quelle sfide, sebbene alcune non fossero proprio nelle sue corde, ma qualcosa si sarebbe inventato. In poco tempo memorizzò ciò che era trascritto su ciascun bigliettino che, accartocciato, ripose nella tasca interna della giacca in pelle di drago. Una volta uscito dalla sala da tè si accese una sigaretta, una delle ultime novità che avevano accompagnato l'ennesima notte insonne, e per un brevissimo istante la gravità sembrò perdere efficacia e valore, assottigliandosi per troppo poco tempo. Un buco nell'acqua, pensò: avrebbe dovuto operare necessarie modifiche per sistemare la sua creazione.
Riposta la bacchetta, fece sparire l'inutile pergamena deciso a fare ritorno alla capanna quando un paio di voci ben note carpiro il suo interesse, facendolo scattare nella loro direzione. Solo due persone al mondo lo chiamavano Luce, piuttosto che Lulù come sua madre o Lù come Safia.
Schiuse appena la bocca, passando sovrappensiero la punta della lingua nella parte interna degli incinsivi; morse dunque il labbro inferiore con i canini in un gesto spontaneo mentre le salutava a sua volta. «Hey Pal!» proruppe in un’espressione colloquiale d'uso scozzese che andava in un certo senso a sostituire “buddy”. Era lieto di vedere le due amiche e glielo fece chiaramente capire con gli occhi. «Certo che Hogsmeade è davvero un buco di villaggio.» valutò, incuriosito nel vederle assieme il giorno di San Valentino e pensando che, come lui, fossero alla ricerca di modi alternativi per discostarsi dalla massa. Si rivolse alla sua piccola Jolene che tale sarebbe rimasta ai suoi occhi, affrettandosi a risponderle scrollando le spalle. «Sai com'è, l'isolamento imposto dal mio mestiere alla lunga impone la ricerca di un contatto umano.» Di qualsiasi tipo, fosse anche solo buttare all'aria l'orgoglio e zigzagare tra le coppiette stipate al Piediburro.
Quand'ella manifestò l'intenzione di volerlo salutare secondo i convenevoli, lesto curvò il busto per agevolarle i movimenti, ricambiando scoccandole un casto bacio sulle gote arrossate.
Istantaneamente gli balenò nella mente uno dei bigliettini delle Prove dell'Amore e si ripromise di controllare se il biglietto della prima prova avesse assunto una tonalità rubiconda come da promesse. Provvide a salutare col medesimo gesto l'amica d'infanzia, l'imprevedibile ninfa dei boschi Ariel.
Che Jolene avesse optato per quel gesto in rispetto della tradizione francese di ambedue gli amici oppure anche lei aveva scoperto le fantomatiche prove? Dopotutto, fu informato in seguito che anche loro vi avevano messo piede da poco e lasciar giù più di tre galeoni era assai facile. «Naa, niente baci alla francese anche se è San Valentino.» accennò un ghigno sardonico alludendo ad un'altra espressione tipicamente francese, altrimenti conosciuta come cataglottis o rouler un patin, facendo spuntare la punta della lingua quando Jolene richiamò nuovamente la sua attenzione. Lei avrebbe capito. «Oui, volentieri.» acconsentì alla sua proposta, facendo tintinnare le bottiglie nascoste dal sacchetto recante il marchio della sala da tè. «Ci sono stato anch'io e ho giusto acquistato qualche bottiglia afrodisiaca.» le informò accennando al Liquore Afrodisiaco e alla Coppa Madreperla da asporto. Bucaneve? Una sequela di goliardate maschili gli trapassarono le sinapsi, al che preferì concentrarsi su Ariel e sulla sua richiesta di aiuto. Annuì col capo e prese tra le mani l'ingombro, il cui peso gli parve equivalente a quello dell'aria se paragonato alla legna accatastata che soleva trasportare per lavoro. Rimembrò l'ultimo incontro avuto con la strega, quando ancora parlavano del suo desiderio di candidarsi come Guardiacaccia mentre ora lo era a tutti gli effetti.
«Mademoiselles, che ne dite di provare a vedere se sono spuntati buca..neve sulla collinetta della Stamberga Strillante?» propose senza scomporsi. Quando mai.

lucien cravenmoore - guardiacaccia - 25 anni - scheda
PROVA N.1
Nel vedere le due amiche, in segno di saluto, Lucien scocca loro dei baci sulle guance.

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view post Posted on 22/2/2021, 16:36
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Avolte la verità viene a galla da sé: Jolene continuava a rigirarsi tra i pensieri l'osservazione di Ariel. Anche mentre salutava Lucien, una parte delle sue riflessioni continuava a tornare su quella manciata di parole. Il riferimento primo, naturalmente, era a Mary e al suo dono inaspettato; non era difficile, però, leggere tra le righe qualcosa che riguardava solo Jolene e Ariel, e nessun altro. Non preoccuparti anche per me, aveva soggiunto dopo, e Jolene si detestava per l'amarezza che stava facendo provare all'altra. Se la verità veniva a galla da sé, allora perché aveva l'impressione di brancolare nel buio di infiniti non detti? A volte era fin troppo facile rifugiarsi nell'ambiguità, con la mancanza di esposizione diretta che essa comportava; ma poi vi si accompagnava quello, quella maledetta distanza, le parole che dicevano meno del silenzio.
Aprire la comunicazione anche a Lucien fu un bene: ora sia Jolene che Ariel potevano dirigere a lui parole allegre, parole semplici che non nascondevano pesi segreti. Eppure, ancora una volta, la sensazione rimaneva quella di star fuggendo da un confronto necessario. Stava lì, in agguato appena sotto al velo di un sorriso, della risata che a Jolene uscì appena un po' distante. «Sei sempre una garanzia, Luce.» Il tono era scherzoso, in risposta al tintinnio di bottiglie afrodisiache. Lo sguardo che gli rivolse, invece, era carico di una nota più seria, mentre Jolene si rendeva conto che la presenza dell'amico era ben più preziosa di un semplice supporto necessario. Era genuinamente felice di poter contare sulla sua compagnia.
«Sembra un piano perfetto!» esclamò davanti alla successiva proposta, senza cogliere il motivo dell'esitazione di Lucien a proposito dei fiori. «Dai, andiamo, prima che le pizze si raffreddino.»
Si avviarono, attraversando le strade acciottolate di Hogsmeade, che erano ancora più pittoresche nella luce gentile del cielo di fine inverno. La temperatura era perfetta, e solo quando si alzava un leggero venticello, che ancora sapeva di neve, la pelle delicata del viso si arrossava sotto al ricordo del gelo. Jolene, che passava sei mesi all'anno ad attendere la primavera e altri tre a rimpiangerla, era estasiata. «Guardate.» Posò una mano sulla schiena di Ariel, mentre con il mento indicava gli alberi a lato della strada. «Stanno già spuntando i primi germogli.» Guardò ora un amico, ora l'altra, e in quell'ultimo sguardo si leggeva una delicatezza che voleva comunicare qualcosa di più della semplice meraviglia per la natura in procinto di risvegliarsi. Jolene lasciò che le dita scivolassero via da Ariel, lentamente, come se esitasse a lasciar cadere quel piccolo tentativo di vederle tornare il buonumore.
D'un tratto, parve ricordarsi di qualcosa di importante, che si affrettò a condividere con entrambi: «Me ne stavo quasi dimenticando! È dall'inizio del mese che a Hogwarts non si parla d'altro che delle prove d'amore di Madama Piediburro. Luce, avrai sentito anche tu gli studenti». Lo guardò rapidamente, in cerca di conferma, prima di mettersi a frugare nel sacchetto di dolci che stava reggendo insieme ai biscotti. «In Sala Grande si vedono girare solo bigliettini rossi, da mattina a sera. Devono essere nei cioccolatini, da quel che dicono.» Se non l'avessero guidata, probabilmente sarebbe andata a sbattere contro qualche passante, mentre tuffava il naso nel sacchetto e trafficava con la scatola di cioccolatini. Non era semplice fare tutto e nel mentre reggere anche il vassoio dei biscotti, ma a dispetto dell'aria disordinata Jolene appariva fin troppo allegra. «Oh, sì, eccoli.» Tirò fuori un paio di bigliettini, uno dei quali già rosso. «Guardate, questa è già completata. Dai un bacio sulla guancia a qualcuno o qualcuna Scoccò un'occhiata a Lucien. «Le tradizioni d'Oltremanica ci tornano utili. E questo... Uh, danza con qualcuno all'aperto Sarebbero finiti a saltare e rotolare sulle colline nel tentativo di seguire una musica immaginaria? Era questo il destino di quel pic-nic? Se così fosse stato, a Jolene non sarebbe poi dispiaciuto.

Jolene White - infermiera - 21 anni - outfit
In marcia trionfale verso le collinette della Stamberga. Cioccolatini spacchettati e in fase di ispezione.

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view post Posted on 22/2/2021, 20:38
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"Gran Sacerdote del Tempio della Pizza"

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«Certo che Hogsmeade è davvero un buco di villaggio.»
Lo sguardo andò istintivamente da Lucien a Jolene, prima di commentare con un «Colpa sua, sono con lei.» Suonava scherzosa, ma lo sguardo ancora fermo sul profilo dell'infermiera tradiva una nota di desiderio: non v'era nulla di malizioso e carnale a spingerla, quanto la necessità di starle vicina, di dedicarle la sua attenzione.
Forse fu per questo che subito dopo aver lasciato a Lucien le pizze, le venne l'istinto di portare la mano destra, finalmente libera, contro la mano della ragazza: ne avrebbe sfiorato le dita, prima di indugiare con i polpastrelli contro il dorso della sua mano, destinando una carezza leggera alla ragazza, mentre sfuggevole riprendeva a parlare con Lucien, come nulla fosse.
Era un gesto nascosto fra le falde dei cappotti, solo per loro due e apparentemente innocuo e anonimo.
Avrebbe voluto dire così tante cose in quel momento, ma sarebbero state tutte parole sbagliate, scelte per la fretta di voler calmare Jolene, piuttosto che per spiegare se stessa; sarebbero stati gli ennesimi "non detti", le espressioni romanzate per apparire ambigue abbastanza da potercisi nascondere dietro come Ariel era solita fare con tutti da anni.
«Niente baci alla francese? Ti stai togliendo un sacco di opportunità per fare battute scadenti e giustificarti solo dicendo "E' che sono nato davvero in Francia". E' un po' come dire che Jolene non può fare battute sul "giocare a fare il dottore". E' un privilegio, ragazzi. Avanti su, in che mondo vivete?» Avrebbe dirottato tutto nuovamente sul suo umorismo spigliato, fra sorrisi pieni e trovate di cattivo gusto che entrambi avrebbero potuto rinfacciarle durante il tragitto verso la zona della Stamberga.

Quando raggiunsero la collinetta, Ariel era alla terza osservazione stupida della giornata "Io per esempio dico di essere Islandese, così nessuno può criticare quando bevo uno shot di mattina, o se sono vestita troppo leggera in inverno" e alla quarta risata scatenata dalle sue stesse parole.
Aveva un umorismo scadente di cui andava molto fiera e su cui stava pressando molto per cercare di innalzare l'umore suo e di Jolene, oltre che rendere godibile il tempo che Lucien avrebbe trascorso con loro.
Il fatto che fosse tornata a illuminarsi quando aveva avvertito il leggero contatto fisico di Jolene contro la sua schiena, forse, era una casualità.
«Prove d'amore?» Si voltò, fronte e labbra corrucciate in una smorfia confusa. «Tipo fare una serenata sotto la torre? Le avete le band di quindicenni armati di chitarre che fanno le dediche in Sala Grande?» Decisamente aveva un'idea molto stupida e lontana di come una prova d'amore del Madama dovesse funzionare.
La mano destra venne protesa contro il fianco di Jolene, cercando di cingerlo con le dita per orientarla lungo la via ed evitare impattasse contro i passanti.
«Luce, l'hai già ricevuta una dichiarazione da una studentessa innamorata dei tuoi muscoli da Guardiacaccia? Devo scrivere a tua madre e farle sapere degli inviti per il matrimonio?» E nel mentre che manteneva il contatto fisico con Jolene, lei dirottava la sua attenzione in parte su Lucien con commenti conditi della solita idiozia con cui era solita armarsi nelle conversazioni di gruppo.
Tutto pur di distrarsi e far ridere qualcuno.

Quando sarebbero giunti sulla collina avrebbe fatto scivolare il braccio destro lungo il fianco e cominciato a muoversi verso la zona su cui avrebbero svolto il loro pic nic. Dallo zainetto avrebbe estratto un piccolo telo color porpora, cercando di dispiegarlo sul prato e permettere al trio di poter finalmente prendere posto. Si sarebbe fiondata contro l'angolo del telo senza troppe cerimonie, accompagnata dallo scricchiolio dell'erba irrigidita dal clima di fine inverno.
Mentre gli altri avrebbero disposto il cibo, lei avrebbe cercato nella tasca del cappotto il suo pacchetto di sigarette magiche da zonko e il suo accendino usa-e-getta babbano, prestatole da uno dei suoi colleghi (e mai più ridato indietro).
«Dai un bacio sulla guancia a qualcuno?» Ripetè, mentre con un "flick" una fiamma veniva scaturita dalla punta metallica dell'oggetto, bruciando l'estremità della sigaretta che reggeva nella mano sinistra. «Jolene: guancia.» Lo disse con naturalezza e con la sicurezza di chi non avrebbe ricevuto una protesta dall'altra parte. Scostò le dita, portandole verso il prato per evitare di bruciare una delle due con la sigaretta appena accesa e sporgendosi verso Jolene avrebbe cercato di darle un bacio contro la guancia, rischiando di lasciarle un leggero alone di trucco rosso sulla pelle.
«Danza con qualcuno all'aperto? Ma sono delle prove per dilettanti. Io ho ballato con uno gnomo da giardino una volta.»
E vabbé. Persona normale e sana.

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DAI UN BACIO SULLA GUANCIA A QUALCUNO/A √

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view post Posted on 23/2/2021, 14:33
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I ciottolati che si srotolavano nel ridente villaggio magico erano rischiarati dai raggi solari che filtravano tra i batuffoli di nubi argentate. Era come se indicassero al trio il cammino da percorrere per raggiungere la nota collinetta che, come ebbero modo di notare, era stata presa d'assalto da coppiette determinate a godersi San Valentino immerse nella natura. Ciò non implicava necessariamente amorevoli slinguate pubbliche, ma anche semplici gruppi di amici che si riunivano com'era il loro caso; le scatole delle pizze che il Guardiacaccia reggeva senza troppe difficoltà gli scaldavano i palmi delle mani, infondendogli una curiosa sensazione di caldo-freddo. Era il clima ideale per abbandonarsi a pomeriggi di ristoro imbastendo pic-nic che avrebbero dato il via alla sequela primaverile/estiva che tanto animava il villaggio magico quando si scrollava di dosso le rimanenze nevose.
«Sei sempre una garanzia, Luce.» le parole di Jolene avevano vorticato nella sua mente per diversi minuti, scucendo ricordi legati ai tempi della scuola, quando effettivamente Lucien si era fatto promotore di merci che mai erano mancate in sua presenza. Un pò gli mancava quel periodo spensierato, dove non gli riusciva di attribuirsi ansie e responsabilità.
Piuttosto ingenuamente per i suoi standard, non aveva carpito nessuno degli effimeri segnali delle due amiche, troppo coinvolto dall'iniziativa del Madama Piediburro per abbandonarsi alle consuete mute analisi. Sentì qualche foglia scricchiolare sotto al suo peso finchè il soffice manto erboso non accolse la suola dei suoi anfibi.
Restituì uno sguardo mite alla rossa, senza tuttavia saggiare il medesimo entusiasmo alla vista dei candidi boccioli. Lui voleva tutto e subito, come aveva ammesso mesi addietro alla segretaria scolastica peccava di scarsa pazienza e dunque avrebbe preferito vederli già dischiusi, affacciati ad una nuova stagione appena principata. Fu in quell'istante che il nocciolo dei suoi pensieri si allineò a quello di Joline, la quale prese a parlare delle fantomatiche Prove d'Amore. «Trascorri più tempo di me tra le mura del castello, le voci di corridoio di rado raggiungono la mia capanna. Però, ora che so di cosa si tratta, mi torna più facile collegare alcune frasi e curiosi episodi avvenuti sotto ai miei occhi.» Non era più come un tempo, quando conosceva buona parte dei segreti che pullulavano ad Hogwarts. Fu a quel punto che frugò nella tasca della giacca per mostrarle l'unico bigliettino rubicondo in suo possesso. Similare a quello afferrato da Jolene, erano la prova che quelle Prove non erano solo il frutto di giocosi diversivi adolescenziali.
Con un piglio scazzato aggiunse, stavolta rivolto ad entrambe «Badate: sono negato a ballare, Jo ne ha avuto un assaggio nel negozio d'antiquariato di mio zio. Ma se proprio devo...» Il suo sguardo si indurì, come quando mal digeriva qualcosa che si trovava obbligato a fare. D'altra parte se non avesse compiuto tutte le prove non avrebbe potuto ritirare l'oggetto speciale in premio. Fortuna che Arial gli mitigò l'umore con il suo humor, portandolo a ghignare come un ebete.
«Penso che sverrebbe sapendomi promesso ad una minorenne.» scosse teatralmente il capo, lasciando che la chioma assumesse ulteriormente le caratteristiche dell'obiettivo di un Confundo. «Nessuna dichiarazione plateale. Staremo a vedere se queste prove non indurranno qualcuna a tanto, ma spero non capiti o chi la sentirà quella vegliarda della segretaria scolastica?» le rispose senza tirarla per le lunghe, ben conscio dell'interesse che aveva suscitato su alcune esponenti di sesso femminile in gonnella. Già Lucille lo aveva torchiato una volta e, se lo sentiva, controllava le sue mosse peggio di uno Snaso alle prese con una corona d'oro appollaiata sulla testa di un Crup.
Finalmente trovarono uno spazio dove potersi sistemare e, dopo che Ariel ebbe steso il telo color porpora, Lucien vi poggiò le pizze senza tuttavia prendere posto. Rimase in piedi nella caricaturale versione big size di un Asticello ad osservare l'amica d'infanzia mentre compiva la prima delle cinque prove.
Ad un certo punto intercettò la sigaretta magica che Ariel aveva allontanato e con grazia gliela sottrasse, pilotandola verso di sè e pinzandola con le labbra carnose. «Gli gnomi sono piuttosto bassini. Prova l'ebrezza di ballare con un mago alto, prestante e totalmente incapace di seguire la musica.» che, per inciso, nemmeno c'era in quel luogo. Si curvò in modo da cingere i fianchi sottili della fotoreporter e, quando l'ebbe avviluppata con sicurezza, la trasse a sé come se pesasse l'equivalente di uno stelo d'erba. Ecco a cosa servivano i duri lavori previsti nel suo impiego.
Sistemò la strega ben rettilinea sul prato ed iniziò a ballare con lei, grottescamente scoordinato, imitando una melodia con ancora la sigaretta bruciante tra le labbra. La mancina intrecciata alla mano di Ariel, la gemella accoccolata nella curva del suo fianco. Le lunghe gambe si mossero sull'erba come sotto effetto di un Imperius.
Dopo qualche secondo di assestamento, con un gesto del capo invitò Jolene ad unirsi a loro.

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PROVA N.5
Controvoglia, Lucien si immola in una ridicola danza all'aperto in compagnia di Ariel, aspettando che Jolene si unisca a loro.

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view post Posted on 25/2/2021, 19:11
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Bastarono pochi minuti in compagnia dei due perché Jolene si sentisse rasserenata. Rideva alle loro battute, adattava il proprio passo al loro e, man mano che macinavano la strada fino alla collinetta della Stamberga, vedeva crescere in se stessa una confortevole sensazione di calore. La reciprocità con cui lei e Ariel cercavano il contatto una dell'altra riuscì ad addolcirle lo sguardo. Sotto alla carezza gentile dell'altra, la pelle di Jolene sarebbe potuta diventare trasparente, tale era la sua impressione di divenire luogo di luce, quasi che la giornata potesse attraversarla senza perdere nemmeno un filo del suo splendore.
Solo quando giunsero a destinazione, e scoprirono di non essere affatto gli unici ad aver avuto la stessa idea, Jolene ripiombò nello stato di una cosa fisica, opaca e pesante. Avere intorno così tanti sconosciuti guastava la piacevole illusione che ci fosse spazio solo per il buonumore del loro terzetto. Jolene cercò di pilotare gli altri due verso la postazione più isolata: le coppiette la mettevano un po' a disagio, facendole tornare una certa reticenza nel guardare Ariel negli occhi, mentre i gruppi più numerosi erano anche quelli che facevano più rumore.
Prese posto sulla coperta e distese le gambe di fronte a sé, prendendosi un momento per esaminare lo spazio circostante. Poi, cominciò ad estrarre le vivande dai loro sacchetti: spacchettò i suoi biscotti fatti in casa e le ali di cupido appena comprate. Ora che aveva le mani più libere, prese finalmente un sorso del suo tè da asporto, che a quel punto era tiepido. Tuttavia, lungi dall'essere di aiuto, il tè di Ginevra non fece che acuire un certo senso di disagio. Delicato, suscettibile e malinconico: da una parte era la bevanda fatta su misura per lei, dall'altra solo un segno di gran masochismo.
Dopo essersi leggermente distratta, tornò ad ascoltare le battute degli altri due. Non era esattamente in vena di scherzare sulle cotte degli studenti verso il personale scolastico, ma nondimeno commentò da dietro un sorriso divertito: «Chissà se la signorina Darmont ha già sentito del dibattito sulla sfumatura esatta degli occhi del Guardiacaccia». Puntellò i palmi dietro di sé, reclinandosi per sollevare il mento verso Lucien. «Azzurro, ma con quell'esatta sfumatura di pietra delle scale del quinto piano», scimmiottò, sfociando poi in una risata. «La segretaria è fissata con le scale» spiegò poi ad Ariel. «Ma, dico, davvero fissata. A quel che dice Luce il suo ufficio ne è pieno, deve venirti il mal di testa solo a starci dentro cinque minuti.»
Ariel si accese una sigaretta e l'aria cominciò a trasportarne l'odore di erbe bruciate. Jolene vi era abituata: fin dall'infanzia i vestiti di sua madre conservavano, sotto al profumo di detersivo, l'aroma forte del tabacco e delle altre piante che vi mescolava. Le piaceva, era un odore caldo.
«Jolene: guancia.»
Come se nulla fosse, Jolene si allungò di lato per porgere ad Ariel la guancia sinistra, su cui l'altra scoccò un bacio che si lasciò dietro una vaga traccia di rossetto. «E una prova anche per Ariel» esclamò. «Voglio un riconoscimento come acchiappa-bacini ufficiale.» Nel tornare con la schiena dritta alla sua postazione, Jolene si prese un'ala di Cupido. Il tè giaceva ancora accanto a lei, leggermente inclinato sull'erba, e non sembrava intenzionata a berne ancora.
Lasciò che la pasta di zucchero le si sciogliesse sulla lingua mentre, ancora seduta sulla coperta, osservava i goffi tentativi di Lucien di improvvisare un balletto. Alla fine, scoppiò a ridere, e non era l'unica a mostrarsi divertita: più di una testa di era voltata a guardare i due amici d'infanzia, Jolene poteva vedere qualche sorriso con la coda dell'occhio. Quasi che avesse atteso il loro segnale, qualcuno da qualche parte accese una radio, o alzò il volume al punto da far arrivare fino a loro la voce un po' disturbata di Celestina Warbeck. Jolene si guardò intorno, cercando di individuare quel terzo complice, e d'un tratto si sentì molto più rilassata nei confronti di tutte quelle persone. La linea delle spalle si ammorbidì sotto al cappotto scuro, mentre una luminosità divertita nello sguardo annunciava la decisione di unirsi ai suoi amici.
«E d'accordo» fece finta di sospirare, tirandosi rapidamente in piedi. Un po' troppo rapidamente, tanto che si sorprese della sua stessa leggerezza. Il motivo era presto detto: le ali di Cupido avevano fatto il loro effetto, e la schiena di Jolene era adorna di candide piume. «Oh. OH, guardate, sono un pollo Si lanciò in una piroetta un po' sbilenca, così da mostrare in tutta la loro maestosità le alucce, che sbattevano freneticamente, senza tuttavia sollevarla di un centimetro da terra.
«È come al ballo delle fate» prese a straparlare, «solo che questo è il ballo dei polli. Signore, signorina.» Abbozzò un inchino, porgendo una mano a ciascuno. Si sentiva incredibilmente stupida e se solo avesse incrociato lo sguardo di qualche estraneo probabilmente avrebbe usato la coperta di Ariel per nascondercisi dentro, quindi evitò accuratamente di guardare qualcuno che non fossero i due pazzi che erano con lei. E poi, ecco, Jolene si unì al ballo. Così, senza che vi fosse una vera coordinazione, e non c'erano dubbi che offrissero uno spettacolo penoso. Lucien aveva sempre sfoggiato la fluidità di movimenti di un tronco di pino, e l'imbarazzo rendeva Jolene piuttosto scattante, tanto che, a dire la verità, la sua intenzione era di ritirarsi dopo appena qualche passo di danza. Se non l'avessero fermata, lei e le sue ali si sarebbero presto ritirate al ruolo di semplici spettatori incoraggianti – con tanto di battito di mani fuori tempo, proprio così.

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view post Posted on 4/3/2021, 17:40
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"Gran Sacerdote del Tempio della Pizza"

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Uno schiocco leggero delle labbra contro la guancia di Jolene e una prova veniva superata, marchiata dalla magia col tingersi di rosso di uno dei cinque biglietti del madama.
Ariel tardò a ritrarsi, indugiando nello spazio personale di Jolene mentre lo sguardo vagava oltre il suo profilo, soffermandosi sulle leccornie disposte sul telo porpora.
Da dove cominciare il picnic?
Inclinò il capo leggermente di lato, sfiorando la spalla della ragazza col mento.
«Ci sono artefatti nel negozio di tuo zio? Possiamo andarci una volta?» Lo domandò a Lucien con gli occhi grandi grandi per la curiosità: per un'amante della Storia e delle storie d'altri, un negozio d'antiquariato poteva venire visto alla pari di un parco giochi.
«Quindi possiamo dire a tua madre che il matrimonio sarà con questa Signora Darmont con un feticismo per le scale?»
Sollevò le sopracciglia più volte, ammiccando al Guardiacaccia e mostrandogli un sorriso sghembo. Schioccò la lingua in sua direzione. «Occhi azzurri come quelli di un principe, o Lucien rubacuori.» Sospirò teatralmente, mentre forzava la voce nel suonare più ariosa e sognante, come se avesse il cuore in pena. Portò la mano libera contro il petto, mentre tornava al suo posto.
Non riuscì a continuare la scenetta per sfottere l'amico che questo incalzò sottraendole la sigaretta appena accesa.
«Meno venti punti a Corvonero, Cravenmoore!» Gli puntò l'indice della mano destra contro con finto fare minaccioso — era decisamente poco credibile di base a vederla con le guance gonfiate di proposito nel tentativo di tenere il broncio all'amico. «Infermiera Acchiappa-Bacini White, il Guardiacaccia mi ruba il fuUU—LUCE!»
Si era voltata verso Jolene per cercare di includerla in quella pagliacciata infantile e così non aveva potuto notare Lucien che senza sforzo riuscì a cingerle i fianchi e sollevarla di peso.
«...» Rimase un attimo immobile sul posto, sopracciglia sollevate e volto rigido in un'espressione attonita davanti alla discutibilissima performance del Guardiacaccia, muovendosi solo per riprendere in mano la sua sigaretta.
Qualche secondo dopo, portò il filtro fra le labbra e si sfilò di dosso il cappotto, mostrando per intero il vestito e la sua trama floreale. Lasciò che Lucien le prendesse la mano e dimostrando più capacità di coordinazione, cercò di farsi condurre in una breve piroetta, prima di aprire assieme a lui le braccia verso Jolene per incitarla ad unirsi a loro.
«Ah! Questa la conosco!» Biascicò entusiasta quando la musica di Celestina Warbeck li raggiunse da un gruppetto poco distante, presumibilmente attrezzato di radio di tutto punto.
"— two, three, four!
You charmed the heart right out of me
Don't need no broom, I'm flying free
I think by now it's plain to see
I'm nothing without you"

Le parole di "You Charmed the Heart Right Out of Me" accompagnarono il tentativo di balletto che il trio cercava di inscenare. Si prese qualche secondo per fare un tiro, prima di tornare con la sigaretta in bocca e le mani occupate fra una mano di Lucien e una di Jolene. Quando le ali di Jolene comparvero per magia dietro la sua schiena, si ritrovò a trattenere con fatica un trillo entusiasta. «Sei un pollo!»
"Your every wish is my command
My fragile heart is in your hand
And now, at last, I understand
The magic about you!"

Si ritrovò a oscillare a destra e sinistra a tempo, se non quando la canzone cominciò ad entrare nel vivo.
A quel punto avrebbe ritratto la mano per portare i palmi a battere gli uni contro gli altri, battendo il tempo della canzone per gli altri, prima di cercare di introdursi durante il coro delle Tre Banshee in featuring con la canzone, biascicando per la sigaretta le parole del brano assieme a loro.
«This feeling's utter bliss, yet something seems amiss
Like a Dementor's Kiss! You're consuming me!»
Piroettò sul posto, prima di spalancare le braccia verso Jolene.
La voce di Ariel era decisamente più acuta e leggera di quella calda di Celestina, tipica del genere Rythm & Blues delle sue canzoni, ma non era spiacevole da sentire.
«And now you've torn it quite apart! I'll thank you to give me back my heart!» Schioccò le dita della mano sinistra, mentre la destra sfilava la sigaretta dalle labbra per permetterle di soffiare verso l'alto il fumo e poi unirsi nella conclusione del ritornello, cantando più chiaramente un «'Cause, you charmed the heart right out of meee!»
Sarebbe potuta persino sembrare una dedica d'amore per Jolene, visto come nel recitare l'ultima frase tornò a tendere la mano verso l'infermiera, ma chi avesse visto quel goffo duo danzante con accompagnamento canterino avrebbe perfettamente potuto vederli come semplici amici intenzionati a mettersi in ridicolo — non che l'idea fosse del tutto sbagliata, a dire il vero.

Ariel A. Vinstav - Fotoreporter - 23 anni - scheda
PROVA N.2
FAI UNA DICHIARAZIONE D'AMORE IN PUBBLICO √

Nell'iniziare a ballare in gruppo, Ariel riconosce "You Charmed the Heart Right Out of Me" di Celestina Warbeck proveniente da una radio poco distante.
Decidendo di fingersi cantante provetta, mentre saltella a tempo, Ariel recita parte della canzone come dedica comica a Jolene.

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view post Posted on 5/3/2021, 15:00
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Di rado gli capitava di parlare del negozio di zio Jacques o anche solo di soffermarvi la mente. Quel luogo non suscitava in lui lo stesso fascino che aveva sedotto la dolce Jolene e che, a giudicare dagli occhioni dilatati, pareva attrarre anche Ariel; comunque vi passava sempre con piacere per immergersi in un passato che non lo riguardava, alla ricerca dei segreti e delle storie che quei ninnoli nascondevano sotto strati di polvere e ruggine. «Non posso asserirlo con certezza, ad essere onesti, ma ti ci porto volentieri. Mio zio è babbano e non conosce il nostro mondo, pertanto dovremo osservare l'accortezza e le precauzioni del caso, ma ti posso assicurare che è difficile uscirne a mani vuote. Ti converrà incantare la borsetta con l'estensione irriconoscibile, sei avvisata.» la risposta andava ad accarezzare la memoria comune che intrecciava i suoi ricordi a quelli di Jolene e, nello specifico, ai grammofoni che si erano portati a casa. Ora che ci rifletteva, anche in quell'occasione si era trovato a ballare con l'ex concasata. «Credo sia l'ultimo dei miei desideri, così come rimettere piede in quel dannato ufficio. Penso che le celle di Azkaban siano munite di un arreno meno opprimente.» e su questo, pensò, avrebbe trovato concordi diverse persone. Quelle dannate scale lo avevano angosciato dall'inizio del colloquio fino al sudato finale. Il suo volto si modellò in una smorfia grottesca. Spese qualche secondo a catalogare alcuni atteggiamenti delle due amiche che non erano passati inosservati al suo sguardo attento, sforzandosi di capire come facessero le donne ad essere così melense nel manifestare la propria amicizia. Bah, d'altronde cosa ne sapeva lui?
Ma se il ricordo dell'ufficio della Darmont non fosse già stato sufficientemente ributtante, si aggiunse la voce stucchevole di Celestina Warbeck. Ma per tutti i paradisi delle Puffole, perchè quei rincorbelliti non potevano mettere un pò di musica decente, tipo gli Skull&Roots, Blodwyn Bludd o le Sorelle Stravagarie?!
A differenza di Arie, Lucien non conosceva manco una strofa di quella canzone (ed in generale di qualunque canzone della Warbeck) perciò si limitò a cercare di seguire la musica muovendo a caso le lunghe gambe da Pixie. Che le due streghe fossero nettamente più portate di lui per la danza era fuori discussione, ma se si erano spinte fin lì voleva dire che di fare figuracce non gli importava. Le candide ali apparse sull'esile schiena di Jolene frullavano come pesci fuor d'acqua, infondendo un tocco di ironia ad una scena già di per sè assai comica. Alla frase del ritornello "Mi hai incantato il cuore" con la sua mano tesa verso Jolene, Lucien non sospettò minimamente ciò che il gesto di Arial comunicava - troppo preso dal cercare di non inciampare sui propri piedi. Stufatosi piuttosto in fretta della propria imperizia, lasciò che le amiche continuassero a ballare serene e non appena il loro moto lo avvicinò ad un albero, con uno scatto ferino ghermì un ramo massiccio. Inaspettatamente resse la sua mole e senza troppe difficoltà vi si arrampicò (Ariel, pensò, vedendo quel gesto avrebbe potuto vagliare più di un ricordo legato alla loro infanzia).
Lasciò cadere le gambe a penzoloni nell'etere, lasciandole oscillare qualche secondo prima di puntare l'indice verso le amiche e poggiare l'altra mano ad altezza del cuore. La sua voce baritonale cercò di seguire il motivetto della canzone, avvalendosi di un testo del tutto personale. «Celestina biricchinaaa, le mie orecchie stai trapanandooooo. Se bene mi vuoi, silenziati come un Fwooper appena puoiii!» Il suo tono di voce era abbastanza alto da intercettare l'interesse di qualche presente, oltre a quelli già incuriositi dal balletto. Quando fu certo di aver ottenuto un pò di pubblico, il Guardiacaccia si schiarì la voce e con fare teatrale riprese. «I veri amici sono coloro che conoscono ogni cosa di te e nonostante questo non ti abbandonano. L'amicizia è uno dei sentimenti più forti che esista al mondo, capace di contrastare anche il tempo. E' ciò che voi, Jolene e Ariel, mi avete insegnato in questi anni.» Messa a tacere la vena sardonica pocanzi manifestata, il volto del mago si fece improvvisamente serio. Quelle curiose Prove dell'Amore lo avevano indotto a profonde riflessioni in più di un'occasione e voleva sfruttare al meglio alcune delle possibilità che implicitamente offrivano. «Mi conoscete, sapete che non sono bravo in queste cose.» la mancina venne seppellita tra i capelli arruffati «Voglio solo cogliere l'occasione per ringraziarvi di essere parte integrante della mia vita. Del mio presente e, spero, del mio futuro perchè al vostro non voglio di certo mancare.» un sorriso sghembò mitigò la solennità delle sue parole, senza tuttavia privarle della loro autenticità. «Non serve dirlo, lo si capisce da piccoli e grandi gesti, ma ogni tanto fa bene anche bagnarsi le labbra di queste parole: vi voglio bene, amiche mie. Più di quanto possiate immaginare e, se dovessi mancare di manifestarvelo a dovere, sentitevi autorizzate a riempirmi la bocca di Gelatine al cerume.» o in qualsiasi altro modo la loro fervida immaginazione avrebbe pensato di punirlo. Scrollò le spalle, avvertendo curiosamente una nota di imbarazzo che non era solito saggiare. Ma, invece di esserne infastidito, stavolta la accolse con piacere.

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PROVA N.2
Lucien si abbandona ad una dichiarazione d'amore per le due amiche d'infanzia di fronte a maghi e streghe che come loro hanno preso d'assalto la soffice distesa erbosa della collinetta.

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view post Posted on 7/3/2021, 12:18
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Jolene, che aveva l'intenzione di lasciare il palco agli altri due per ritirarsi in un ruolo più discreto, dovette rinunciare nel momento in cui venne coinvolta nell'improvvisata performance canora di Ariel. Anche se percepì i muscoli irrigidirsi in un momento di imbarazzo, e le alucce sbattere furiosamente come se volessero portarla via da sotto agli sguardi che si sentiva puntata addosso – nonostante questi piccoli indizi di timidezza, Jolene rideva. Rideva, perché era sinceramente contenta – anzi, per lo spazio di alcuni istanti fu addirittura felice, come lo si può essere solo quando non ci si bada. Non si trattava del semplice divertimento, che sarebbe bastato a giustificare solo un'emozione più superficiale quale una grande allegria; no, Jolene era felice perché a dare senso ad ogni cosa vi era l'affetto sincero che provava per i due. Per Lucien, con cui aveva riallacciato un rapporto di amicizia che era sempre stato così importante; e per Ariel, a cui la legava un sentimento meno definito, capace di influenzare, appena sotto alle risate, un battito del cuore sensibilmente accelerato.
Naturalmente, tutto ciò che poteva e che desiderava era portare avanti la loro scenetta, così da assecondare la piacevole sensazione di essere parte di qualcosa. Così, a dispetto di ciò che le comunicò il proprio corpo in un primo momento, Jolene non si nascose, né cercò di riportare tutti con i piedi per terra. Al contrario, si portò entrambe le mani davanti al cuore, e reclinò leggermente la testa mentre le alucce di pollo sbattevano ora come deliziate. Questa serenata è per me?, sembrava dire, per accettarla con teatrale commozione. Quando, per il gran finale, Ariel tese la mano perso di lei, Jolene fece per unirvi la propria; cercò la collaborazione dell'altra per chiudere in una piroetta la distanza delle loro braccia tese. «Grazie Celestina!» Così, un ultimo nonsense in chiusura dello spettacolo.
Dovette reclinare la testa all'indietro per riuscire a guardare Lucien, che nel frattempo si era chissà come accomodato sopra all'albero che faceva loro ombra. Jolene si era persa del tutto il suo spostamento, e quando lo vide lì, a canticchiare con versi farlocchi, pensò che stesse per dare l'ennesima prova di quanto il loro trio fosse la dimostrazione empirica del fatto che l'età non porta né saggezza né serietà. Jolene stava ancora ridacchiando quando capì, dalle parole successive di Lucien, che aveva in mente tutt'altro. Lo ascoltò attentamente, e in quel breve lasso di tempo sentì crescere dentro di lei quella leggerezza luminosa che associava solo ai ricordi più belli. Lucien stava dando voce al luccichio di felicità di cui si era beata inconsapevolmente, ed ogni nota che uscì da lui apparteneva in egual misura a Jolene – e ad Ariel, pensò, perché il centro di tutto era la condivisione.
«Oh, Luce! Anche io ti voglio bene.» Reclinò la spalla sulla testa della giornalista, stringendola a sé: «E voglio bene a te, Ariel». Anche se in modo diverso. Ma che importava, in fondo? Si trattava solo di sfumature, perché in quel momento la sostanza le sembrava la medesima: quando stava con loro, non era sola. Quella che sembrava una tautologia riassumeva in realtà ciò che per Jolene significava il vero affetto, addirittura l'amore: un modo privilegiato di stare insieme, di vedersi e di sentirsi come realmente presenti con ogni parte di sé. Era meraviglioso, pensò, ed era anche un piccolo miracolo, perché solo la casualità li aveva fatti incontrare. Non era una casualità che avessero legato, però; e forse non c'era da stupirsi poi tanto se funzionavano anche a trovarsi tutti e tre insieme, per quanto quella fosse la prima volta. «Potete contare che non andrò da nessuna parte.» Si riallacciò a quanto detto da Lucien per quella che suonava come una promessa.
Poi, lasciò che tutto degenerasse ancora una volta: «Qui serve un abbraccio di gruppo. Luce, forza, scendi, non puoi fuggire dall'affetto! Non farmi volare fin lassù con le mie ali di pollo, eh! Dai, scendi, scendi...». E prendendo Ariel per mano, cercò di guidarla in una piroetta mentre già muoveva un passo intorno all'albero, e poi un altro. Aveva intenzione di far vergognare Lucien fino a fargli perdere la presa sul ramo? Voleva semplicemente mandarla in caciara perché con loro poteva farlo, e tanto la dignità l'avevano già salutata tempo addietro? In fondo, perché no?

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view post Posted on 12/3/2021, 00:42
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Al nominare lo zio Jacques e il suo essere babbano, Ariel sfarfallò le ciglia in un accenno di sorpresa che all'interno della comunità magica era probabilmente una reazione comune. Da parte della giornalista, però, la nota di stupore sembrava venire da un punto di vista ben distante da quello tradizionale «E dov'è il problema? Mio nonno è magonò e sta con gli amici del club anziani del paese per tre giorni a settimana. Porta sempre un sacco di cose assurde in casa: c'è un motivo se mi vesto in maniera colorata quando non sono a lavoro, mi ha insegnato la moda!».
Georg è da oggi colpevole dei delitti oculari commessi da Ariel nell'indossare capi d'abbigliamento che tra di loro non hanno mai nulla a vedere che sia per il colore che per il taglio, lo stile o il tessuto.
Da qualche parte in Islanda qualcuno si stava chiedendo perché il vispo anziano Georg Vinstav stesse tenendo gli occhiali con una collana per bambini piena zeppa di unicorni di plastica.
Arricciò le labbra in un sorriso tenue, mentre la mente vagava già nell'immaginarsi la ricerca dei tesori perduti nella bottega dello zio di Lucien
«In questi giorni andrò alla Gringott a farmi cambiare qualche galeone, allora!»

La performance in onore di Celestina venne ultimata con un'ode di Jolene al disgustatissimo Lucien.
Scoppiò a ridere davanti al contesto quasi surreale che aveva scatenato lei in primis. Al suono tenue della risata, affiorò poco dopo un suono più leggero un «Own» commosso che scemò del tutto all'avanzare della "dichiarazione "dell'amico.
Più era serio e più sembrava intenzionato a promettere sulla longevità del loro legame, più Ariel poteva avvertire con facilità la morsa alla bocca dello stomaco.
Aprì la bocca, pronta ad avanzare con un tempestivo "no", o qualunque cosa le potesse permettere di andare contro i bei pensieri del ragazzo.
Perché, si disse, nessuno dei due meritava di darsi così tanto a lei che a differenza di tutti, rifiutava di aprirsi e si dava a comportamenti superficiali come "spalla comica" di ogni comitiva.
Non parlò un po' per codardia, un po' per l'incalzare di Jolene.
"E voglio bene anche a te, Ariel"
La stretta allo stomaco si trasformò in una spiacevole sensazione di bruciore che risalì l'addome fino a concentrarsi contro la base della gola.
Si sentiva soffocare.
"Potete contare che non andrò da nessuna parte" disse Jolene.
«Non posso dire lo stesso.» Si ritrovò a dire prontamente. Avrebbe potuto far male per quanto seria era riuscita a suonare e a sembrare, rigida in volto com'era.
Un battito di ciglia, due, tre battiti di ciglia dopo si sarebbe voltata di scatto per effettuare una piroetta sul posto, sfiorando con il gomito qualcuna delle piume delle ali di Jolene.
«Perché se non scendi dovrò riprendere a piroettare e ballar per sempre ~» E riprese a ballare, nascondendo dietro plié ed arabesque raffazzonati la tensione del momento.
Si permise persino di sfruttare la mano di Jolene per farsi accompagnare ad un ballo sfrenato che ad ogni evoluzione la portava un passo sempre più vicina a Lucien.
«Scendi, scendi...» Ripeteva all'unisono con l'infermiera.

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DANZA CON QUALCUNO/A ALL'APERTO √

Ariel e Jolene riprendono a ballare sotto l'albero, incitando Lucien ad unirsi a loro.

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view post Posted on 16/3/2021, 14:16
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Dall'alto si aveva una panoramica del mondo assai vasta. Lo sapeva bene Lucien che si era spesso trovato ad essere più alto dei suoi coetanei e non sempre aveva amato tale condizione, anzi, essa poteva comportare una lunga lista di aspetti negativi che aveva saggiato in passato. Ma a volte l'altezza aveva giocato a suo favore, come in quel momento appollaiato su un albero. Poteva scorgere tutto ciò che ad un'altezza normale gli sarebbe stato precluso: i dettagli d'insieme, la miscela di colori che formavano una tavolozza d'incanto.
Se si fosse trovato solo in quell'inusuale contemplazione, l'avrebbe protratta più a lungo, ma fu richiamato all'ordine ed il piacere derivante dalla compagnia delle due amiche lo smosse. Lo accolse una fragranza con la quale i suoi istinti e sentimenti si erano già scontrati, uscendone sconfitti, e con la stessa placida arrendevolezza abbassò lo sguardo su Ariel e Jolene.
"Non poteva fuggire dall'affetto" aveva detto la dolce Jolene ed era vero, eppure il mago aveva rifuggito altri tipi di sentimenti per paura di soffrire nuovamente e non era mai più sceso a patti con quella realtà. Rifuggiva la possibilità di percorrere una strada diversa e ne evitava il solo pensiero.
Pur di raggirare la cosa, gli tornò in mente la frase di Ariel riguardante il mondo babbano ed il fatto di non averle spiegato che semplicemente, in presenza del fantomatico zio Jacques, cercava di non lasciare indizzi che potessero rivelare il loro mondo. Non era una cosa che gli era difficile visto che aveva speso una buona fetta di infanzia in un villaggio babbano, per non parlare di sua madre.
Deciso a spiegarglielo, e noncurante degli sguardi curiosi che le loro gesta avevano virato gli sguardi di molti dei presenti su di loro, si avvalse ancora di qualche secondo tra i rami ritorti.
«Pff, guastafesti.» mormorò con una sorriso sardonico indirizzato alle due streghe. Aveva raggiunto il villaggio magico con l'intento di acquistare una tazza ed il destino gli aveva portato delle prove intriganti da superare ed un inaspettato pic nic con le due care amiche.
«Se proprio mi implorate...»
Con uno scatto ferino, il Guardiacaccia si diede un piccolo colpetto di anche ed atterrò sull'erba rigogliosa schiacciandola col proprio peso. Attento a non rescindere l'intreccio delle loro mani, sistemò ambedue le braccia sulle spalle avvicinandole a sè. «Andiamo a divorare quelle pizze prima che si raffreddino del tutto.» le esortò a causa della voragine che aveva al posto dello stomaco, ben conscio che eventualmente avrebbero potuto riscaldarle mediante l'ausilio della magia.

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view post Posted on 22/3/2021, 18:38
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Nell'armonia perfetta di quegli istanti, Jolene sentì ancora più chiaramente l'unica, piccola stonatura.
«Non posso dire lo stesso.»
Il sorriso di Jolene le si congelò sulle labbra, lasciando che per un istante gli occhi tornassero seri nel loro rapido guizzo verso Ariel. L'incertezza ebbe la vita di qualche battito di ciglia, prima che la giornalista la spazzasse via come uno sbuffo di fumo che per poco avesse reso indefiniti i contorni della sua presenza e del significato che essa aveva. Jolene ballò, il suo corpo sciolto mentre in fondo al petto qualcosa si attorcigliava in un piccolo nodo stretto. Non lasciò che il nuovo corso delle sue emozioni trasparisse – di questo, almeno, lei era convinta. D'altronde si trattava di una ragione sommersa, come un ripensamento costante che, da quel momento e per parte del tempo che ancora trascorsero insieme, assorbì una minima frazione della sua felicità. Non aveva motivo di attribuire a quelle poche parole di Ariel un significato diverso da quello scherzoso che lei stessa aveva esplicitato immediatamente dopo; eppure, una volta sollevata, l'increspatura non si stirò più. L'impressione era che ci fosse qualcosa di più di quel che era stato detto, qualcosa che, per il semplice fatto di dover essere nascosta, portava con sé implicazioni sgradevoli. Nemmeno Jolene avrebbe saputo esprimere a parole quella parte incerta della sua emotività e, se proprio avesse dovuto assimilarla a qualcosa, sarebbe stato ad un cattivo presagio.
Non che ci fosse molto tempo per dedicarsi a simili elucubrazioni. Lucien, vinto dalle loro preghiere strambe ed insistenti, balzò giù dai rami e le raggiunse. Jolene sentì il peso confortante del suo braccio intorno alle spalle, come una maggiore stabilità per proseguire nella spensieratezza del pomeriggio.
«Ho fame» confermò Jolene non appena sentì la parola pizze. Lo dichiarò con la stessa solennità che avrebbe potuto usare un bambino. «Queste alette consumano più di quanto sembra.»
Le pizze, in effetti, ebbero vita breve, al pari di tutto il resto del cibo che si erano portati. Mangiarono, bevvero e risero molto. Jolene seguiva i movimenti e le espressioni degli altri due con lo sguardo luminoso di chi si sente nel posto migliore in cui potrebbe essere. Quando si alzava ad unirsi a quella degli altri due, la sua voce trasportava una leggerezza come raramente aveva sperimentato negli ultimi tempi.
A poco a poco, gli sconosciuti constatarono come il loro gruppetto si fosse calmato e persero interesse a guardarli. Nell'aria gentile della prossima primavera, la collinetta appena fuori Hogsmeade si fece paesaggio di cartolina – una cartolina animata da un intreccio di sguardi, di sorrisi che davano l'impressione che, per una volta, tutto fosse semplice e tutto fosse bello.

Jolene White - infermiera - 21 anni - outfit
Grazie della bella role, fanciulle ♡

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