– How you remind me., Privata.

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 23/2/2021, 13:04
Avatar


Group:
Dipendente Ministeriale
Posts:
12,043
Location:
Trantor - Settore Imperiale

Status:


— 23yrs ▴ Late Afternoon ▴ Clothes« Posso entrare? »
La voce rassicurante di nonno Semna destò Horus dal suo intorpidimento. Batté le palpebre un paio di volte alla luce calda del sole del primo pomeriggio e annuì.
L’uomo varcò la soglia della stanza del giovane —una semplice camera con grandi finestre, un letto con biancheria in lino, e una scrivania di pietra bianca— e si accomodò sulla stuoia su cui il nipote sedeva, a gambe incrociate, con il mento appoggiato alla mano. Horus aveva gli occhi arrossati dalla stanchezza e il dettaglio non sfuggì a Semna.
« Partirai domani, quindi? »
Horus annuì, continuando ad osservare davanti a sé il giardino curato che si intravedeva oltre la finestra. Semna rimase in silenzio per qualche secondo, ponderando le parole che avrebbe pronunciato di lì a breve: sapeva che suo nipote era testardo e del resto, come biasimarlo, visto l’argomento?
« Lo so che sei arrabbiato con tua nonna. Ma dovresti capire…
« Capire?! Capire cosa? Non voglio sposarmi, punto e basta! » Horus sbottò improvvisamente, facendo sussultare Semna che lo guardò con i suoi grandi occhi neri.
Non era abituato a vedere il nipote reagire così violentemente; in quei due anni, Horus si era dimostrato ribelle, certo, e il suo carattere forte si era scontrato più volte con quello altrettanto deciso di Meresankh. Ciononostante, aveva imparato a gestire e a dimostrarsi molto più maturo per la sua età e tutto sembrava andare per il meglio, fintantoché non era arrivata la lettera dal Ministero. Semna sapeva che Horus non avrebbe mai desistito dal voler lavorare come Spezzaincantesimi; non si sarebbe mai arreso all’eventualità di diventare un semplice officiante, né un quieto marito, come lui. Era pur sempre figlio di Osiris.
« Lo so, Horus. » Sospirò l’uomo, posando una mano ruvida sulla spalla del ragazzo che lo guardava con gli occhi grigi ardenti d’indignazione. Come assomigliava ad Osiris, pensò Semna con un po’ di nostalgia.
« Tuo padre si evitò la cosa perché stava con Ainsel, erano innamorati e–– » Sentì Horus irrigidirsi sotto la sua presa e lui gli strinse la spalla con fermezza. « ––E si sposarono subito. Fu un bel colpo per tua nonna e fu difficile per lei accettarlo. Oh, so che vuole molto bene a tua madre, non sto dicendo il contrario. » Si affrettò a chiarire, agitandosi un poco sulla stuoia. Cominciavano a dolergli le ossa e stare seduto in quel modo era sempre più complicato per la sua povera anca.
« Ma cerca di comprendere tua nonna, nipote mio. Desidera il meglio per te e Sitra è una ragazza così dolce e gentile, sarebbe una moglie… »
« Basta così. » Tagliò corto Horus, sfuggendo alla mano di suo nonno e alzandosi in piedi con uno scatto nervoso. Guardò con freddezza l’uomo seduto davanti a sé; Semna era sempre stato una persona mite e sorridente: il suo carattere pacato era stato un ottimo pacere per quello autoritario e orgoglioso della moglie Meresankh e sebbene fossero così diversi, i suoi nonni si amavano, non c’erano dubbi. Anche il loro, tuttavia, era stato un matrimonio combinato, com’era del resto previsto dalle tradizioni: i Sekhmeth dovevano sposare solamente Purosangue appartenenti all’Antica Dinastia. Semna Tefnut apparteneva ad una discendenza minore, ma era stato il candidato perfetto per diventare il compagno di vita dell’ultima sacerdotessa della Dea della Guerra Sekmet. Gli Dei, tuttavia, non avevano mai benedetto Meresankh con una figlia femmina: il titolo di sacerdotessa che per secoli si era succeduto di madre in figlia fu interrotto con la nascita di Osiris. L’unica speranza di avere una nipote venne infranta con la nascita di Horus, e fu causata, secondo Meresankh, dalla scelta di Osiris di prendere Ainsel, una straniera, in moglie.
Horus, perciò, comprendeva solo superficialmente l’urgenza che sua nonna aveva di avere dei nipoti —anzi, delle nipoti— a cui tramandare le chiavi del tempio. Per quanto fosse stato iniziato ai rituali, e alle tradizioni, infatti, un uomo non avrebbe mai potuto servire completamente la Dea, che esigeva solamente sangue femminile al suo diretto servizio.
Eppure, per quanto devoto, Horus non era disposto a sacrificare i suoi ideali, né ciò che si era imposto, per sposare una sconosciuta e mettere così fine ai suoi progetti. Non aveva rinunciato a tutto, a Emily, per ritrovarsi sposato e dover fare dei figli solo perché “quello era il suo dovere, il suo destino”. Non era affatto il suo cazzo di destino, quello, pensò lui.
« Non sposerò né Sitra, né nessun altra tizia che mia nonna mi presenterà. » Concluse, alzando il mento e serrando le labbra: la conversazione era conclusa.
Semna sospirò ancora e annuì. Si alzò a fatica sulle gambe malferme, aiutato dal nipote, e si congedò con una carezza tremante sul braccio di Horus.
Quando uscì dalla stanza del ragazzo, incrociò Sitra. La ragazza, che per ordine di Meresankh era stata invitata a trascorrere del tempo a casa, stava col capo chino e si torceva le mani in attesa nel corridoio che conduceva alle camere. Semna scosse il capo e lei soffocò un singhiozzo.
Poco dopo, Meresankh chiudeva nervosamente le tende delle finestre del salotto, nascondendo la vista dei due falchi che volavano alti nel cielo, in direzione del deserto.

Quando era giunta la lettera dal Ministero che aveva generato tutto quel caos, un’altra missiva, più piccola e modesta, l’aveva accompagnata.
Non ci volle molto per riconoscere la calligrafia di Amber e un moto di affetto aveva travolto Horus, mitigando l’ansia per il colloquio imminente e per tutto ciò che era accaduto in seguito. La richiesta di vedersi per una pizza e per recuperare il tempo perduto, fu come un balsamo e quando Horus partì, l’indomani della discussione con suo nonno, lo fece col cuore un po’ più leggero pensando all’amica. Nel momento esatto in cui era giunto il suo invito, Horus si era reso conto di quanto avesse bisogno di staccare da tutto, per godersi la compagnia di qualcuno che non lo faceva sentire in colpa per essersene andato di casa o che aveva deciso di appioppargli una moglie in fretta e furia solo perché i suoi piani erano andati in fumo.
Così, il mattino precedente il colloquio, già di ritorno a Londra da un paio di giorni, Horus si svegliò con l’umore decisamente più sereno. Fece colazione con Ainsel, che era euforica di vedere suo figlio prima del previsto, e passò la giornata a studiare incantesimi, sigilli e maledizioni in giardino, godendosi il sole primaverile, molto più delicato e gentile di quello rovente egiziano.
« Ah, mamma, stasera non ci sono a cena, mi vedo con Amber. » Disse d’un tratto, mentre sua madre finiva di potare una rosa particolarmente rigogliosa. Si aspettava qualche protesta —“Ma come, sei a casa solo da due giorni!”– ma stranamente la risposta di lei lo sorprese.
« Oh! » Sorrise Ainsel, raggiante. « John mi aveva giusto detto che di recente Amber ha trovato lavoro al Ministero e che ora vive da sola. » Buttò lì, tagliando con un po’ troppa enfasi un gambo.
« Mmm, sì me lo ha velocemente accennato nel gufo, ma forse tu sei più informata di me. » Horus guardò di sottecchi sua madre, che aveva preso a canticchiare un allegro motivetto a bocca chiusa.« Mamma… tutto ok? » Le chiese incerto, sollevando un sopracciglio. Scottato com’era dalla litigata con Meresankh, non aveva detto nulla sul presunto matrimonio che lei gli aveva organizzato (e ci sarebbe mancato! Ad Ainsel sarebbe venuto un coccolone). Ma non gli sfuggì come aveva chiamato il padre di Amber: fino a qualche tempo prima lo aveva sempre nominato come “il signor Hydra”. 
Non farti strane idee, avrebbe voluto dirle, ma preferì tacere, non volendo nemmeno prendere in considerazione l’ipotesi che anche sua madre avesse cominciato a volersi intromettere nella sua vita amorosa. Amber, poi!
« Ooooh, sì sì, caro, tutto bene, tutto bene. » Trillò lei, sollevando la lunga gonna e raggiungendolo sulla panchina in giardino.
« Ma tesoro mio, non sarebbe il caso che ti rasassi questo bel faccino? » Gli disse, carezzandogli la guancia ispida. Lui rise, un po’ disperato, un po’ divertito dallo sguardo supplichevole di lei.
« Per l’ennesima volta, mamma: no! »

Conventry Street numero 26 era un bel palazzo di recente ristrutturazione e insolitamente alto per la media Londinese. Nel centro del quartiere magico della City, si distingueva per l’eleganza delle rifiniture, stonando con le abitazioni bislacche che i Maghi e le Streghe solitamente preferivano. Horus si Smaterializzò nella piazza principale, alzando lo sguardo verso l’alto dove Ra si divertiva a zigzagare fra i camini lunghi e storti delle varie case: gli sfuggiva come diamine facesse a seguirlo ovunque, ma di certo, dopo tutto il tempo passati separati, non gli dispiaceva.
Le strade cominciavano a riempirsi di coloro che uscivano dagli uffici e la frenetica vita della città scombussolò per un momento Horus che non vi era più abituato. Dopo un primo momento, però, si incamminò con le mani nelle tasche della giacca a coste color cognac che indossava, lo sguardo che si spostava con accesa curiosità sui palazzi e sui negozi. Si sentiva tranquillo, tuttavia un pizzico di emozione lo animava al pensiero di rivedere Amber dopo tutto quel tempo: era cambiata tanto quanto lui? Cosa faceva ora? Com’era casa sua? Stava con qualcuno Gli sporadici gufo che si erano scambiati in quel lasso di tempo non erano stati abbastanza per colmare due anni, soprattutto non dopo che avevano passato anni fianco a fianco come compagni di banco e colleghi di spilla.
Passando davanti una vetrina particolarmente pulita, Horus si fermò a guardare il proprio riflesso. Si tolse gli occhiali da sole (un modello aviatore appartenuto a suo padre tanti anni prima e trovati in un cassetto della sua stanza in Egitto) e si osservò, critico.
Non era molto più alto di due anni prima, ciononostante il suo fisico era più definito, i capelli, più lunghi e schiariti dal sole, erano accuratamente legati dietro la nuca; la pelle, solitamente mortalmente pallida, aveva un colorito più sano, leggermente dorato ma, soprattutto, ora aveva la barba. Per un momento si sentì molto stupido e si portò una mano sul mento: le continue lamentele di Ainsel riguardo quella sua scelta (che lei considerava solo estetica) gli fecero venire severi dubbi sul suo aspetto: Amber lo avrebbe trovato ridicolo? Ma poi, certo che lei non avrebbe badato al suo aspetto, Horus aveva scosso la testa, e aveva ripreso a camminare, sollevato.
Giunto davanti l’appartamento e salite le scale che conducevano all’ultimo piano, col cuore che batteva un po’ più veloce per l’attesa, Horus allungò la mano verso il campanello. Il suono tintinnante giunse ovattato da dietro l’uscio chiuso e lui trattenne il respiro per un momento, godendosi l’istante che avrebbe preceduto l’apertura della porta e la sua voce pronunciare un affettuoso: « Ciao, Ambie. »

◤A single book of matches gonna burn what's standing in the way.◥Code © Horus

 
Top
view post Posted on 23/2/2021, 15:34
Avatar

Group:
Mago
Posts:
6,506
Location:
Hyperversum

Status:



aszpIdP"I was waiting on a different story"
«E' stata un'idea stupida» nel dirlo accarezza il fianco lucido dell'Ippogrifo, gli occhi fissi sul manto nero. In fondo cosa poteva saperne lei di come si riallacciano i contatti con qualcuno che se ne è andato appena ha potuto? E perché imprime così tanta forza in quel gesto che dovrebbe aiutarla ad accudire Foscapiuma, e non infastidirla? Gli zoccoli scalciano, la creatura sbuffa un trillo che risveglia Amber dai suoi pensieri. Dura poco, ne viene subito rapita. Matasse che si intrecciano e si lasciano perché non ci possa mai essere un filo conduttore che le dia pace. Ci ha pensato dei giorni, come una sciocca per capire quanto fosse ancora capace di scrivergli... di scrivere ad Horus. Vederlo andare via dopo i M.A.G.O. era stato un duro colpo, ricorda il modo quieto in cui è riuscita a sorridergli perché sarebbe andato tutto bene, avrebbe trovato il suo posto nel mondo e lei, nel giro di due anni, lo avrebbe raggiunto; fianco a fianco come si erano promessi. Due Spezzaincantesimi, ricorda come era riuscita a fare una testa quadra a John perché assolutamente non dovevano esserci eccezioni, avrebbe seguito quella strada e non ci sarebbe stato bisogno di nessun altro volantino del Ministero. Poi.. - allunga le mani lungo il collo piumato, la radura immaginaria è irradiata da un'alba spenta - ... poi le cose hanno preso una piega diversa, gli eventi si sono presi spazi e respiri fino a spingerla contro una realtà che l'ha vista più sola di sempre. Ha sempre portato su un palmo la sua indipendenza, il non doversi affidare a legami e supporti che la tenessero in piedi. Però è stato impossibile continuare a mentire, dopo aver conosciuto l'amicizia e l'amore. Di quest'ultimo porta ancora una bruciatura lungo il petto, che si irradia dal cuore e poi si allunga in rami che a volte la soffocano di notte, quando il sonno dovrebbe essere il suo miglior alleato; ed invece è solo il "via libera" del cuore. John l'aveva caldamente invitata a non riflettere troppo sulle cose e prenderle di pancia, come aveva fatto al colloquio di lavoro, come aveva fatto quando aveva scelto una strada diversa per un futuro di incognite.

«Hai finito di tormentarti?» solo questo la riscuote davvero, il tono con cui suo padre la riprende nel vederla vagare assorta per i pochi metri del nuovo appartamento. Lei sa solo rivolgergli uno sguardo che nell'incertezza è semplicemente muto. «Non ha senso che tu ti faccia tutti questi problemi, è solo Horus e siete sempre stati amici. Non è cambiato niente.» Allora Amber annuisce, eppure non sa trattenere quelle parole per sé. Amici, certo che sono amici! Amici che si sono scritto quasi niente negli ultimi due anni. Amici che non si vedono da un tempo che sembra una vita intera, in cui hanno preso decisioni, affrontato bivi e di sicuro qualcosa li avrà ancora cambiati no? «Comunque non tornerà dall'Egitto per questo» lo dice come se in parte sapesse essere un sollievo, un modo che ha per sciogliere l'ansia che si impunta in petto, testarda come un mulo. John invece nasconde un sorriso che rivolge alla finestra quando finisce di piegare un paio di coperte e riporle vicino ad un ficus. E' stata Ainsel a tenerlo informato sui suoi spostamenti, e lui con la delicatezza di un padre che si è cresciuto un'adolescente da solo, ha saputo infilarle tra una conversazione casuale e l'altra, senza darvi peso o giudicare, solo per farle arrivare a lei. «Smettila di prevedere tutto, non funziona così, lo sai bambina...» lo sa, lo pensa quando annuisce ancora e poi la vede: una risposta, una lettera che illumina la piccola lanterna sopra la cassetta della posta. Fergus, infastidito, sposta le zampe artigliate e richiude gli occhi, disturbato nel momento migliore del sonno. «Leggila»

Alla fine Horus è tornato. Non sa per quanto, non sa per cosa, si sono detti qualche parola in più che spiegasse almeno la loro presenza, ma anche lei ha preferito tenere gli anni di silenzio in attesa ancora per un po'. E' stata un'idea stupida! Ancora, non sa ripetersi altro ed è perché non trova pace, non sa godere di un pensiero che invece le allarga un sorriso in volto. Horus, sarà cambiato? Sarà cresciuto? Più di quanto lo era già sarebbe stato un filino troppo, ne conviene nello spostare con una mano il vapore dallo specchio. si massaggia i capelli avvolti nell'asciugamano, retaggi di usanze babbane che può accorciare con la magia. Scivola con le dita lungo il volto sottile. Lei è cambiata, adesso non assomiglia più così tanto ad Eveline, ora si vede l'impronta di John, dagli occhi verdi al taglio delle labbra. Si accorge del piccolo tremolio che prende i polpastrelli e lo soffoca sotto un getto di acqua fresca. Smettila Amber, non sei mai stata tanto agitata per qualcosa di così normale. E' solo Horus.Già, quindi perché darsi pena? Non sarà cambiato niente da quando si sono visti l'ultima volta o da quando si fermavano fuori orario per studiare in Sala Comune, grazie al silenzio di un dormitorio spento. D'un tratto sarà tutto di nuovo semplice, di nuovo come se fossero ad Hogwarts a prepararsi alle imprese di Peverell o ai G.U.F.O. o qualunque altra cosa li abbia visti affiancarsi per un bene comune, prima anche del loro. Ed è solo perché si convince di questo e che non ci saranno silenzio imbarazzati come invece teme, che esce dal bagno e recupera la bacchetta. Basta un gesto e quel vapore la riscalda lasciando evaporare ogni gocciolina, e riportando i capelli alla loro setosità naturale. Scivola verso la camera, poi di nuovo in cucina, poi ancora in salotto, prendendosi cura di ogni dettaglio, tanto per tenere la mente occupata. Le sue piante hanno bisogno di cure costanti e diverse, alcune più di altre, e quindi è così che si distrae da tutto, che si calma e si concede respiri finalmente più profondi. Ed il tempo scorre, i minuti si incastrano finché - piegata sull'ultimo vaso da curare e con una foglia potata ancora in mano - viene sorpresa dal campanello. Nel rialzarsi è un fiotto di adrenalina che le gela le gambe. E resta per un secondo ferma, fissando la porta ma senza muoversi per andare ad aprirla. Com'è che si faceva a respirare? Eve miagola, svogliata prima di soffocare uno sbadiglio e riacciambellarsi sulla poltrona del salotto. Amber la guarda, quasi desse la colpa alla gatta per aver reso palese che c'è qualcuno in casa. Posso sempre non essere qui, mi scuserò domani.. Ma poi sa darsi dell'idiota abbastanza in fretta da vestire un'espressione quanto più normale possibile e stringere il pomello d'ingresso. Dev'essere uno strappo netto, come un cerotto, o la tensione la divorerà viva. Così lo fa, apre quella maledetta porta e resta ferma di fronte ad un "Ambie" che le allarga in volto il sorriso più sincero degli ultimi tempi. «Horus» avrebbe potuto dire qualunque cosa ma è la sola che le esce quando è troppo presa dal non sembrare che la sua sia un'ispezione accurata al volto di Horus che ha qualcosa di diverso. Si, non sono più dei ragazzini, adesso è evidente. Abbassa appena lo sguardo solo per non sembrare invadente, prendersi un respiro e fargli spazio per entrare. «Entra pure, questa è.. » trovare un termine giusto è facile, lo fa quasi con una risata leggera «... la mia nuova tana» la chiude così, insieme alla porta quando lui finalmente entra. E' già tutto davanti ai loro occhi, o quasi. Salotto abbastanza ampio da ospitare un bel divano contornato di piante e piantine, mobiletti in legno chiaro ed arredamento che spiccatamente tende ai toni di verde. C'è un televisore di ultima generazione, perché è un vizio che ha preso quando ancora ogni week end andava da Killian. Non è riuscita a liberarsene. C'è la falsa parete, poco più avanti, che ospita Foscapiuma ed ogni tanto non è raro che Fergus la attraversi per trovare un po' di pace. La piccola cucina è subito a sinistra, con un'isola in legno contornata di edera e un tavolino circolare ideal per ospitare due persone, non di più. Camera e bagno si raggiungono dalla scala a chiocciola oltre la cucina. Amber incrocia le braccia al petto, appena più tranquilla. «Sì, sentivo la mancanza delle serre di Erbologia, e.. forse un po' anche della Sala Comune» tanto quanto non la sente di Villa Hydra e tutto quello sfarzo.

amber hydra - 21 anni - Spettrologa del Ministero della Magia - look



Edited by ˜Serenitÿ - 6/3/2021, 20:04
 
Top
view post Posted on 23/2/2021, 16:33
Avatar


Group:
Dipendente Ministeriale
Posts:
12,043
Location:
Trantor - Settore Imperiale

Status:


— 23yrs ▴ Late Afternoon ▴ ClothesLa porta si aprì con una lentezza esasperante; cosa c’era in quei cardini, una fattura rallentante?
Horus ne fu seriamente convinto, ma poi il tempo semplicemente riprese a scorrere normalmente e il viso di Amber, che Horus credeva di ricordare così bene, si intromise nello spazio vuoto che intercorreva fra loro. Il sorriso, così raro solitamente sulle labbra di lei, si dipinse con una facilità disarmante e il suo calore, e la sua sincerità, investirono Horus che se ne sentì avvolto come se lei lo avesse effettivamente abbracciato: l’effetto, in fondo, era molto simile.
Entrò e trovandosi dinanzi l’appartamento così ampio e luminoso, ebbe subito la sensazione di esser tornato indietro nel tempo, nella Sala Comune Tassorosso. Ma mentre lei gli faceva strada, gli riusciva particolarmente difficile concentrarsi sul contorno, quando i suoi occhi tornavano sempre a guardare Amber. Non poteva nascondere di esserne incuriosito, come se la stesse vedendo davvero per la prima volta. Era diversa, ma manteneva sempre i tratti distintivi con cui l’aveva conosciuta: l’eleganza di una Veela, la pacatezza di un fiume, almeno all’apparenza. Qualcosa, però, c’era in effetti di diverso in lei: forse lo sguardo, che sembrava offuscato da un’inquietudine che lui non (ri)conosceva.
« Cavolo. È molto bella… » Esclamò soprappensiero, un po’ disorientato e non guardando minimamente l’appartamento in cui era appena entrato.
« La casa. » Si affrettò ad aggiungere, scuotendo leggermente il capo ed accennando un sorriso. I muscoli del volto sembravano intorpiditi, tant’era che non si lasciava andare in una manifestazione di serenità. « Anche tu, però. Ti trovo molto bene. » Che male c’era a dire la verità? Certo, il filtro della circostanza poteva mascherare fin troppo bene anche le intenzioni più sincere, ma non era il suo caso: lo pensava davvero. I capelli biondi erano molto più lunghi di quanto ricordasse, la linea del collo più sottile, le labbra più morbide e gli occhi profondi come due giade. Ne aveva viste di simili al tempio di Bastet, pensò, incastonate negli occhi della Dea gatto. Amber era, in effetti, molto bella e lui si chiese se lo era sempre stata così.
Ciononostante, sentì l’orecchino quasi pesargli sul lobo sinistro e leggermente in imbarazzo mosse qualche passo all’interno nella casa, guardandosi intorno con rinnovato interesse. Ogni angolo di muro, pavimento e ogni pezzo di arredamento sembrava gridare a gran voce il nome di Amber e la vista di tutte quelle piante lo fece sorridere, trascinandolo in un vortice di ricordi che cominciavano a sbiadire.
« A me le serre non mancano particolarmente, lo sai. » Ridacchiò accennando col capo a tutte le piante che lo circondavano e che già avevano cominciato a pizzicargli il naso. Erbologia era forse l’unica materia, dopo Divinazione, in cui Horus non poteva dire di eccellere: i suoi risultati li doveva solo all’aiuto che Amber ogni tanto gli dava. Lei era sempre stata molto più brava di lui con le piante, proprio come Ainsel.
Nonostante la quantità di memorie che potevano dire di condividere, Horus trovò particolarmente complesso cercare di smorzare la tensione: non aveva effettivamente messo in conto che sì, erano sempre stati amici, ma che lui se n’era andato dal paese e allontanatosi da tutto e tutti per un tempo che a lei doveva esser sembrato forse troppo lungo per ricucire l’amicizia che c’era stata. Però erano lì, si disse, lei non lo aveva invitato a casa sua con lo scopo di ricucirlo, quel rapporto? Il dubbio lo impensierì e un’ombra passò sul suo viso, così si affrettò a nasconderlo con la prima cosa che gli venne in mente.
« E quello? » Chiese, indicando con la mano il grande schermo piatto che regnava al centro della sala. Mai come in quel periodo di isolamento dal mondo Babbano gli faceva strano vedere un oggetto simile. Ad Alessandria era assolutamente vietato utilizzare qualsiasi “diavoleria Babbana” a cominciare dagli indumenti: erano molto meno accondiscendenti che in Inghilterra. Il tempo, laggiù, sembrava essersi fermato, nonostante di tanto in tanto Horus scappasse dal quartiere dove abitava e volasse sopra i cieli de Il Cairo, per osservare il resto del mondo. « Non dirmi che ti sei convertita agli aggeggi Babbani! » Scherzò, avvicinandosi al televisore e guardandolo come uno strano ninnolo pronto ad esplodere.
Che buffo pensare che era preparato ad affrontare trappole runiche, amuleti maledetti e tombe insidiose, ma un semplice elettrodomestico Babbano lo sorprendesse tanto.
O forse era strano vederlo in casa di Amber, che sapeva essere Purosangue; un indizio, quello, che gli diede solo altro da pensare.

◤A single book of matches gonna burn what's standing in the way.◥Code © Horus

 
Top
view post Posted on 3/3/2021, 10:57
Avatar

Group:
Mago
Posts:
6,506
Location:
Hyperversum

Status:



aszpIdP"I was waiting on a different story"
Sarà tutto come un tempo; che grande menzogna se è detta quei giorni. Un tempo non c'era molto che premesse contro le pareti della loro coscienza, e soprattutto della sua. Sì c'erano impegni, studi da portare avanti, riunioni trai Tassini per organizzarsi e tenere tra le mani la Coppa delle Case, una delle poche cose che sapeva scaldarle il cuore. Anche se non aveva idea di come si parlasse in pubblico, ed ancora adesso non è tra le sue attività preferite, neppure quando deve, per lavoro, delineare una situazione limite entro cui operare. Che discorsi, e pensare che l'ingresso di Horus sa ricordarle solo i momenti in cui la sua più grande preoccupazione era riempire cinque pergamene per Peverell. Eppure ne aveva di pensieri all'epoca, che la tenevano sveglia oltre il coprifuoco con lo sguardo fisso sulle travi di legno ed il lento sospiro di Eve accanto. Nessuna responsabilità che non usasse respiri fuori Hogwarts, niente che ricordasse loro di essere anche due adulti, ad unirli. Ma ha saputo dirselo quando ha scelto con cura il maglione da indossare, quando ha passato il tempo ad annaffiare le piante di casa, quando ha apparecchiato il tavolino e si è assicurata che tutto fosse in ordine, come se non stesse per ospitare qualcuno che già la conosceva. Sì, Horus la conosce anche se si è perso due anni che sono pesati come macigni in petto, che hanno cambiato prospettive e... molto altro. Fatica a non guardarlo a non riservargli quelle occhiate con cui era solita radiografargli l'esistenza se lo vedeva stanco, preoccupato o con pensieri che non erano affar suo. Poi sapeva anche mantenere il silenzio, anzi, le ricorda tutte le volte in cui era bastato sedersi affianco sul divanetto e restare anche così, a fissare il camino. Ora però è diverso, perché lui è cambiato, perché sono cresciuti e non hanno più sedici anni. Una cosa però non è cambiata, Amber non sa come ricevere un complimento, non sa come prendere un apprezzamento e tenerselo dentro come una piccola perla da custodire, tant'è che per prima cosa è un lieve rossore quello che tenta malamente di nascondere, anche se sì.. si riferiva alla casa, almeno all'inizio. C'è una cosa che vuole dire, ma non dice: quella casa è anche un forte richiamo a sua madre. «Ci ho messo un po' a trovare il mio equilibrio qui dentro, ma adesso... » alza le spalle e gli rivolge un sorriso appena più sereno, in fondo sì, anche se c'è un blocco di ghiaccio fermo tra le costole, lo sente sciogliersi, e si vede già pronta a prendere un piccone ed accelerare il processo perché, insomma, lui è Horus e loro sono sempre stati amici; rivuole quel moto che la spingeva a dirsi che anche nei momenti peggiori avrebbe sempre potuto contare su di lui. "Ti trovo molto bene", ecco questo per un secondo la lascia incapace di qualunque espressione, al punto che le iridi si fissano su di lui ed è una punta di incredulità quella che spinge tra loro. Sul serio? Ne sei proprio sicuro? Amber non sa credere di essere così migliorata nel tempo, quando ha solo pensato di aver sempre perso pezzi lungo la via, e che continuerà fino a diventare un vaso rotto che non può essere aggiustato di nuovo. Lui, invece, sta meglio. Non è più pallido come un tempo ed anche se è strano vederlo così adulto, i suoi tratti non sono cambiati, si sono fissati sulla tela che è sempre stato. Adesso è come seguire una costellazione e vedere quanto sia lì, di nuovo nel suo cielo, solo più splendente di prima. «Tu stai bene» non io «.. Alessandria dev'essere un bel posto» e no, non vuole essere un rimprovero quanto più un modo per forse confermargli che ha fatto la scelta giusta nel seguire la sua vita, ma poi chi è lei anche solo per accennarlo? Lascia che devi su quanto le serre a lui non siano mai piaciute e sì, anche per lei è un sorriso nostalgico che vela lo sguardo al pensiero delle volte in cui lo ha aiutato a risolvere quelle piccole incomprensioni floreali. Ed è pronta, in quel respiro che adesso apre completamente i polmoni e dismette il tremolio iniziale e l'incertezza, a percorrere la via dei ricordi... non fosse per l'elefante nella stanza. Quel televisore, Killian.

Non si rende conto di come il sorriso di prima cambi, si spenga un po', venga contaminato da un ricordo ancora vivido che però non ha saputo realizzare fino a quel momento. Fino a che Horus non gli si è avvicinato e lei è rimasta in silenzio, mimando un'alzata di spalle che di credibile ha poco. Per un attimo che dura troppi battiti può quasi immaginarli l'uno di fronte all'altro, come se la TV fosse Killian, nei suoi completi, con le sue espressioni ed il modo che avrebbe di guardare Horus e sollevare un sopracciglio. Ed è già troppo, troppo quando sa che ha dato già del tempo alla sua ferita di rimarginarsi, che ha speso lacrime anche più di quanto avrebbe dovuto e che no, è solo come fosse successo una vita fa. «Oh.. ehm, no. Beh forse, ma solo perché.. » incespica, ci prova a non soffocare il suo stesso fiato. «Non lo so, ma non è male quando ti ci abitui anche se ...» si avvicina di qualche passo, un braccio dietro la schiena, l'altro ad indicare un angolo preciso della curva. Deve farlo o rimarrà impantanata in ricordi che non fanno altro che aggiungere dolore. «... non toccherei quel punto se fossi in te.» un modo per metterlo in guardia dal nulla, solo per vedere la sua reazione quando capirà che lo sta solo prendendo in giro. «... e neanche quell'altro, sai se ti avvicini troppo poi...» Allarga le braccia, solleva le spalle, però ride, perché non sa farla durare tanto a lungo e perché ne ha bisogno. Un bisogno quasi disperato che si arrampica lungo le costole.

amber hydra - 21 anni - Spettrologa del Ministero della Magia - look



Edited by ˜Serenitÿ - 6/3/2021, 20:05
 
Top
view post Posted on 3/3/2021, 17:31
Avatar


Group:
Dipendente Ministeriale
Posts:
12,043
Location:
Trantor - Settore Imperiale

Status:


— 23yrs ▴ Late Afternoon ▴ ClothesEra chiaro che ad Amber qualcosa non tornasse nella domanda che lui le aveva fatto e la risposta esitante fu la conferma che quel dubbio che lo aveva colto, poteva esser reale: apparteneva a lei, quel televisore? Tuttavia, Horus non poteva sapere l’origine del turbamento di Amber, ma si sorprese di udirne la voce agitata da quelle brevi pause continue. La osservò, con la coda dell’occhio, e vide il sorriso sparire per un momento dal suo volto. Doveva ammettere dire di essersi lasciato sfuggire un paio di infelici commenti, in passato, sui cosiddetti aggeggi Babbani, ma solo perché in guerra col suo adorato (p)i-pod. Lui per primo, infatti, aveva ceduto più volte nell’ammettere che sporadicamente, i Babbani ci avevano visto giusto in questa o quella invenzione. Pertanto, pensò velocemente, l’apprensione di Amber non poteva certo derivare da un infondato timore che lui la giudicasse per essersi messa una melevisione in casa. Fu tentato di indagare e di valutare se il proprio sospetto avesse un fondamento (aveva davvero importanza? Se Amber viveva con qualcuno, non avrebbe dovuto aver problemi ad ammetterlo, no?) ma proprio quando fu ormai sul punto di porle la domanda scomoda, ecco che quel maledetto affare si era acceso a volume spacca timpani.
Colto di sorpresa, Horus ritrasse la mano che aveva sfiorato inavvertitamente il bottone (touch) dell’accensione e balzò indietro come fosse, in una curiosa inversione di ruoli, una sconosciuta stregoneria.
« MA! » Esclamò, tirando stupidamente fuori la bacchetta e puntandola contro l’uomo in giacca e cravatta che teneva banco per una reclame di una cyclette dalla dubbia robustezza. Dimentico della reazione di Amber, Horus si voltò a guardarla scoppiando a ridere in evidente imbarazzo.
« Ok, avevi ragione tu, era meglio non toccare… »
Rinfoderò l’arma sentendosi un po’ sciocco e stette a guardare l’amica risolvere lo spiacevole danno; per fortuna, si disse, il lavoro che sarebbe andato a fare non riguardava i Babbani e le loro diavolerie o il licenziamento sarebbe stato ad un passo da lui.
« Ehm… » Mormorò poi, passandosi la mano sulla nuca come faceva sempre da studente quando era a disagio. Se prima era stato difficile rompere il ghiaccio, l’iceberg che adesso si trovava di fronte sembrava così insormontabile da non poter essere sciolto nemmeno da un Incendio. Lasciò vagare lo sguardo per l’ampio salone e si arrampicò con notevole audacia sul commento che Amber aveva fatto poco prima pur di non cadere in un silenzio che, di certo, entrambi avrebbero faticato a sopportare.
« Scusami, è che già di per sé non è comune trovare queste cose qui da noi… » Faceva, ovviamente, riferimento ai quartieri Magici, dove l’elettricità era tanto astrusa quanto lo erano i tappeti volanti per i non maghi.
«… ma in effetti ad Alessandria è pressoché impossibile. Lì il tempo è come se si fosse fermato, sai? Non è affatto come crederesti tu o come crederebbero gli stessi Babbani. » Amber aveva detto che era lui, quello che stava bene; il fatto che Alessandria fosse un bel posto doveva essere correlato al suo “stare bene”? Che poi, ora che ci faceva caso, cosa voleva dire per lei “stare bene”? Il pensiero gli fece arricciare il labbro superiore in un’espressione divertita. « È indubbiamente un bel posto, te lo confermo. Non so, però, se si possa dire lo stesso dei suoi effetti su di me. Qui in Inghilterra non ci rendiamo conto di quanto il sole possa esser forte e dopo essermi ustionato dieci volte in una settimana, ho imparato che è importante, ogni tanto, sbucare fuori dalla tana per mettere il naso alla luce e assorbire un po’ di raggi solari. Mia nonna ha minacciato di diseredarmi se non fossi uscito un po’. »
Le si avvicinò con le mani nelle tasche della giacca (meglio evitarsi altri danni) approfittando di quel discorso per osservarla meglio. Notò in quel momento le due piccole sfere di metallo che emergevano, come perle, dalle sottili clavicole messe in risalto dal grazioso maglioncino che le scopriva (pericolosamente) una spalla; ecco, pensò, Amber non era realmente cambiata. Non si era trasformata in una donna completamente diversa da prima, ma era come scoprire, a poco a poco un bellissimo fiore nascosto dalle foglie. E lei era sbocciata con la stessa delicatezza su un ramo adorno di gemme. Le sfumature delle foglie, la ricchezza e la pienezza della corolla, la morbidezza e il profumo dei petali: era un esempio banale, ma semplicemente perfetto per descrivere come l’aveva trovata dopo quei due anni. E benché ancora un’ombra scura aleggiasse sui suoi occhi cangianti, questa non faceva che completarla nella sua interezza. « Quei dermal, però, sarebbero visti come una cosa normale. È pratica comune, da millenni, decorare il proprio corpo con piercing e tatuaggi. … Dovresti proprio venire, una volta. » Soggiunse, quasi soprappensiero, alzando il viso verso di lei.

◤A single book of matches gonna burn what's standing in the way.◥Code © Horus

 
Top
view post Posted on 3/3/2021, 20:27
Avatar

Group:
Mago
Posts:
6,506
Location:
Hyperversum

Status:



aszpIdP"I was waiting on a different story"
Ride, e per un attimo gli occhi brillano di una serenità che per mesi non ha saputo toccare. E succede così, perché Horus non si avvede di quello che fa con "l'aggeggio Babbano" e quello inizia a strillargli in volto. E resta anche ferma, così a vedere come potrebbe reagire di primo acchito, ed è un attimo che la riporta a nonno Dustin. Lui che aveva riservato un intero angolo del capanno in giardino per stiparvi i ritrovati di tecnologia che puntualmente non aveva idea di come mettere in moto o far funzionare. E' il tempo che le serve perché l'ombra lascia spazio ad un suo allungare la mano verso la bacchetta che no, non potrebbe che fare danni adesso. «Aspetta, aspetta.. si fa così, guarda..» si premura di fermarlo tra una risata e l'altra, per tornare a premere il tastino di spegnimento. Ha letto le istruzioni perché in quello è sempre stata una nerd, sempre. Non è mai esistito un volume che le servisse che non si è poi studiata fino all'osso; tanto che i suoi libri di Hogwarts, tutti conservati in uno speciale baule, sono così consumati che sembra abbiano decenni di usura alle spalle. Deve ammetterlo, è stata una risata che le ha aperto i polmoni ad un respiro più pulito, per una volta non frammentato, o non triste quando è sempre il primo sentimento che prova se si avvicina a quell'angolo di casa. Tuttavia è troppo ostinata per liberarsene, troppo testarda per capire che non ha bisogno di un promemoria del dolore quando per viverlo le basta chiudere gli occhi e pensarci. Una cosa che adesso non vuole fare, non quando le sue attenzioni devono concentrarsi su Horus e sul legame che ha temuto rischiasse di logorarsi troppo se avesse lasciato passare altro tempo. Forse per questo non sa distogliere lo sguardo quando riconosce i gesti, i movimenti e le abitudini che lo rispecchiano. Caratteristiche che ha assorbito nel passare anni in sua compagnia, fianco a fianco, dal modo in cui si muove se è nervoso o dal tono che usa quando parla di determinati argomenti, e così anche l'imbarazzo che prende la forma che ha per un attimo davanti. E' sempre Horus, lo conosci, sai chi è, aveva ragione a non temere che fosse diverso.

«Mh? No no va bene, a dirla tutta qui non funziona sempre, anzi sono più le volte che fisso uno schermo vuoto di... quelle in cui si comporta così.» indica ancora il televisore, «Sei fortunato, forse gli piaci» è sempre l''onda di uno scherzo, una che segue anche se già sa che di Alessandria vuole saperne di più, vuole racconti che ha perso in due anni di scarna corrispondenza. «Com'è allora?» un soffio che si trasforma in una domanda retorica quando glielo legge che ne parleranno, che glielo dirà e che forse gliel'avrebbe detto anche se non avesse esplicitamente chiesto. Sempre se il tono sottile che ha usato sia identificabile in una richiesta di qualche sorta. La verità è che Amber sta aspettando che il muro tra loro crolli, che uno dei due sappia arrampicarsi abbastanza da farsi vedere oltre la parete ed è forse solo camminando verso di lei che Horus lo fa. Compie un gesto, uno semplice che basta a stamparle in volto un nuovo sorriso, uno che profuma di quella crescita che seppur non lampante, c'è stata. Da come ne parla, da quel poco che già racconta, Amber sente la curiosità premere lungo le ossa, risalire trai nervi e piantarsi in uno sguardo che si fa appena più chiaro, come se fosse possibile far brillare quel verde ancora un po'. «Stai parlando della stessa Inghilterra dove il sole è letteralmente un miraggio. E se ti può consolare, lei non è cambiata per niente.» alza le spalle, un gesto lieve che asseconda in un muoversi di labbra che lasciano quel mezzo sorriso ancora lì, ad aleggiare tra loro. Ed ancora, lentamente, si apre un sorriso perché non ha più fatica ad immaginarlo ustionarsi al sole, prendere sotto gamba la ferocia di quel Dio che tra le stelle brucia più di tutti e non è clemente nel deserto, tanto quanto non lo è la Luna in piena notte. Tuttavia lei non sa nulla, e vorrebbe conoscere tutto, sa già che sarebbe capace - come un tempo - di passare ore ad ascoltarlo raccontarle di viaggi e avventure e, magari sì, di chiederle di accompagnarlo. In fondo, anche se sembra passata una vita, non era tanto tempo fa che immaginavano reliquie ed antichi incantesimi da spezzare per ordine del Ministero od anche per il loro semplice interesse. Ma è quando Horus si ferma, quando la osserva e l'occhio cade lì dove la clavicola è esposta ed i suoi nuovi tratti sono in bella mostra. E' quasi un ghigno che le piega le labbra, abbassa per un attimo il capo ed è istintivo lo scorrere delle dita affusolate e gelide lungo le due sfere di metallo. Ne ha altre due sull'altra spalla, quella che rimarrà coperta. «Questi sono una delle novità» ancora lieve, solo per rimarcare la volontà che l'ha condotta fino ad avere in tutto quei quattro fori. Però torna seria, così nel modo che ha di fissare Horus di rimando. Respira piano, troppo piano. «Mi piacerebbe» andare ad Alessandria e scrollarsi di dosso il grigio di Londra.

Lo sa che potrebbe vivere di questo stallo, rimanere anche ferma così senza chiedersi cosa significhi, ma non è la staticità che adesso cerca e no, nemmeno la sfiora l'idea di imbarazzo quando è solo che sente le gambe più cedevoli di quanto dovrebbero. «Ho dimenticato le buone maniere, vuoi.. darmi la giacca?» allunga appena una mano verso di lui mantenendo costante quel lieve sorriso. «Ah, le pizze non ci metteranno tanto, ti ho ordinato quella che volevi ma il basilico lo prendiamo da qui.» è così che gli volta le spalle, si muove verso l'antro ad elle che disegna la cucina e lì indica una piantina verde e rigogliosa, profumatissima. Gli da ancora le spalle. «Non mi piace quando si scioglie sopra il pomodoro e te lo ritrovi annerito e praticamente morto sul piatto.» Allunga una mano verso la prima mensola e la apre, non ha molto da offrire in effetti ma in qualcosa John è stato utile alla fine. «Cosa posso offrirti?» si volta «.. da bere.»

amber hydra - 21 anni - Spettrologa del Ministero della Magia - look



Edited by ˜Serenitÿ - 6/3/2021, 20:05
 
Top
view post Posted on 6/3/2021, 12:33
Avatar


Group:
Dipendente Ministeriale
Posts:
12,043
Location:
Trantor - Settore Imperiale

Status:


— 23yrs ▴ Late Afternoon ▴ Clothes« Dopo averti quasi distrutto quel robo lì— e lo avrei fatto credimi— le buone maniere sono l’ultima cosa a cui guardo ora come ora. »
Le rispose divertito, togliendosi comunque la giacca e allungandola verso Amber. Rabbrividì appena, non abituato ancora al freddo umido dell’Inghilterra; si scaldò le braccia scoperte passandoci velocemente le mani con discrezione, mentre la seguiva verso la cucina. L’ambiente, nonostante la sua poca sopportazione del freddo, era comunque piuttosto caldo per gli standard inglesi e così non gli ci volle molto per scrollarsi di dosso la sensazione sgradita. Sorrise nuovamente nel vedere la piantina profumata e ancor di più si sentì riscaldato dalla premura di Amber, che ancora si ricordava come gli piacesse la pizza, un dettaglio così banale che persino sua madre spesso si dimenticava.
« È davvero una vita che non mangio una pizza come si deve. Hai avuto una bellissima idea e grazie. Per questo. » Accennò col capo alle foglioline verdi e ne aspirò il familiare profumo: una delle poche piante che non lo faceva starnutire disperatamente.
Alzò lo sguardo verso la mensola aperta e con un sopracciglio alzato, in chiaro segno di lecito dubbio, Horus guardò l’amica con l’angolo della bocca incurvato in una smorfia maliziosa.
« Se ora mi dici che hai anche cominciato a bere qualcosa di diverso da un’Acquaviola, è la volta buona che mi chiederò chi sei davvero, Amber Hydra. »
Sapeva, infatti, che a lei non era mai piaciuto bere; alle feste aveva sempre preferito drink analcolici (a differenza di tutti i suoi coetanei, lui compreso) e si era sempre divertito a prenderla bonariamente in giro per quella loro differenza.
Mentre ripensava ai balli, il ricordo di Nieve e delle loro bevute lo colpì e una fitta di nostalgia lo spinse a chiedersi che fine avesse fatto la Rigos e come doveva passarsela ad Hogwarts. Tuttavia durò un attimo e subito si ritrovò a rispondere alla richiesta di Amber.
« Se Impresse particolare attenzione sulla parola, esprimendo una giocosa incertezza – c’è qualcosa di vagamente alcolico, ti rispondo una birra, per favore. Altrimenti, direi che l’acqua va più che bene. Con la pizza c’è ben poca scelta. » Dichiarò solennemente, appoggiandosi al bordo del piano della cucina con una rinnovata tranquillità. Si sentiva più a suo agio all’interno della piccola, ma graziosa cucina, piuttosto che in quel grande salotto, con quel televisore gigantesco a ricordargli che c’era qualcosa (o qualcuno?) che ancora non conosceva. In quell’ambiente, con la calda luce del tramonto ad illuminarli, le piante rigogliose, il legno rustico e avvolgente e semplicemente la serenità di Amber, totalmente padrona di ciò che la circondava, Horus si sentiva trasporto indietro nel tempo, nella Sala Comune Tassorosso. Non era, in effetti, nemmeno poi così diversa dalla cucina e gli piaceva quel senso di famiglia che gli comunicava.
Si riscosse dal torpore di quei ricordi che, uno dopo l’altro, non smettevano di abbandonarlo da quando era tornato, e, timoroso di cadere di nuovo nell’immobilità dell’imbarazzo, ritrovò la parola.
« Ti sei trasferita qui da sola Discretissima inflessione per togliersi il dubbio che quel televisore Babbano non appartenesse ad un ignoto convivente di cui non era a conoscenza – per via del lavoro? Mi ha detto mamma che lavori per il Ministero adesso. » Fu tentato di chiederle se era davvero diventata Inquisitrice e se un giorno avrebbe lavorato per lei, ma preferì tacere per evitare di sobbarcarla di domande. La verità era che voleva centellinare ogni dettaglio o novità sulla vita di lei, in quei due anni, sorbendolo a piccoli sorsi come un buon vino. Avevano tutta la serata davanti e lui aveva intenzione di non sprecarne nemmeno un minuto.

◤A single book of matches gonna burn what's standing in the way.◥Code © Horus

 
Top
view post Posted on 7/3/2021, 20:13
Avatar

Group:
Mago
Posts:
6,506
Location:
Hyperversum

Status:



aszpIdP"I was waiting on a different story"
Lo ferma così il tremore alle mani, aggrappandosi ad una mensolina che non non c'era davvero il bisogno che aprisse a mano. Seppur non abbia perso l'uso della magia, e ben ricorda come l'accompagni in ogni cosa che fa, o dovunque vada, in casa ha più fatica a farne così tanto uso. Oppure ogni tanto ha solo bisogno di ricordarsi che le sue dita servono a qualcosa, che afferrando oggetti e.. persone.. si ricorda che esiste, che il mondo continua ad esistere e lei ne fa parte. A volte è troppo semplice estraniarsi quando non basta che un gesto, uno sventolio di bacchetta ed è tutto compiuto: vestiti freschi e puliti, mobilia riordinata, casa pulita e piante curate. Certe volte è così semplice da far male. Ma lo sa che non è al dolore che vuole associare Horus, anche quando lei stessa ha impiegato troppo poco a fare i passi indietro dovuti e non insistere affinché rimanesse, o le spiegasse qualcosa o comunque non svanisse in quel modo. A questo sa pensare da giorni, dal momento in cui ha affidato una lettera che ha raggiunto Alessandria, l'altro capo del mondo. Le è sempre sembrato tristemente ironico che John ed Ainsel fossero rimasti in contatto molto più di loro due. «Se lo sapesse mia nonna.. » che ho perso l'uso delle buone maniere, e forse anche del buon senso «... sicuramente insisterebbe per essere qui di persona stasera.» Lo sospinge così, il discorso, e non perché non abbia sentito quello che le ha detto sull'alcol e sul modo in cui forse saprebbe non riconoscerla per quel che è stata, ma perché ne ha bisogno. «Ti direbbe perfino dove metterti, come muoverti e sì, lo farebbe con dei libri sulla tua testa.. e due bastoni da passeggio sotto le braccia. Adesso che ci penso tu non l'hai mai vista. Sono sicura che saprebbe terrorizzarti. » mentre lo dice, e mentre un po' sorride al pensiero assurdo, si alza appena sulle punte per raggiungere una birra di cui non conosce assolutamente alcun dettaglio, perché è stato John a comprarla per lei e posarla con calma sul bancone. Lascia che lo sguardo vada sui bicchiere finché non ne sceglie uno giusto.

«Non-.. non devi ringraziarmi, è il minimo, avendolo in casa.» il Basilico, che per poco sembra allungarsi verso Horus, tanto che Amber lancia alla piantina un'occhiata fugace e raggelante. Lo sa che sta comunque evitando gli occhi dell'amico, sta sfuggendo precisamente a quel modo che adesso ha di guardarla, come se invece qualcosa fosse cambiato e non è che le sia chiaro in che verso, in che senso o se esserne sollevata o meno. Nel dubbio, sospende il giudizio, lo lascia fluttuare vicino, come una piccola lanterna incantata, ma resta lì perché non lo vuole vedere. «Che dici? Io mi ubriaco tutte le sere!» stavolta è ad una risata più profonda che si aggrappa quando in fondo dura poco, il tempo di trattenere un sorriso sulle labbra e versare per sé un bicchiere d'acqua. No, alcune cose non sono cambiate. Ed è forse con un velo di imbarazzo che deve ammettere che bere da sola è uno schifo, che lo ha fatto quando le cose sono finite peggio di quel che avrebbe pensato con.. beh con molte cose in realtà negli ultimi due anni, e no, non inizierà così stasera. Lascia però a lui la scelta di come versarsi da bere e quando, allungando verso la sua figura sia il bicchiere che la bottiglia, l'ultima la regge in mano più saldamente.

Anche lei in un respiro si appoggia al tavolino, così da essergli di fronte ma leggermente più spostata, solo per impedirsi di avere la sua figura davanti al punto da non riuscire a fare a meno di cercare ogni possibile appiglio o cambiamento ... o sicurezza. Trasferirsi da sola non era nei suoi piani, per nulla. Per questo c'è ancora un nodo in gola che fa scivolare a fatica oltre le corde vocali, imponendo loro di non abbandonarla così presto. Anche perché no, non è ciò a cui vuole pensare quando finalmente può fare qualcosa di buono. «Tua madre e mio padre parlano parecchio ultimamente» una constatazione che, nell'essere assoluta verità, è un punto che sa stupirla sempre, tanto che si nota nei suoi occhi come in qualche modo continui a faticare a capacitarsene. «Sì io-...» ha bisogno di quel giro di parole prima di tornare a guardarlo, stavolta per ricordare che non c'è solo il passato a gravarle sulle spalle. «- avrei anche potuto rimanere a casa, al Village, mio padre non è stato proprio entusiasta della mia scelta.» Lo ricorda come abbia dovuto convincerlo di aver bisogno dei suoi spazi e di non vivere solo nella sua cameretta fino a qualche altro magico avvenimento della vita! E' stato un colpo per lui quanto per lei, soprattutto poi il ritrovarsi da sola. «Ma avevo bisogno di andarmene, di trovare un mio spazio e sì.. sì ho un lavoro al Ministero, sono una...» allarga le braccia, così da evidenziarsi anche se per poco «... Spettrologa!» Che è motivo di orgoglio al punto che nonostante ci sia un piccolo "scusami se non lavoreremo assieme come pensavamo", questo non sovrasta la fierezza con cui presenta il suo mestiere. «Non lo avevo pianificato è stato solo.. beh, naturale penso e dopo quello che era successo con Midnight credo che fosse destino, in parte.» E ci sarebbe molto di più, il Silvantropo, il Camelia.. quante cose, però:«Hai colloquio anche tu però, vero?»

amber hydra - 21 anni - Spettrologa del Ministero della Magia - look

 
Top
view post Posted on 10/3/2021, 17:35
Avatar


Group:
Dipendente Ministeriale
Posts:
12,043
Location:
Trantor - Settore Imperiale

Status:


— 23yrs ▴ Late Afternoon ▴ ClothesLe parole, finalmente, scivolavano fluenti, riempiendo armonicamente l’intero spazio che li divideva. Non erano più incastonate a fatica, mattoni preformati che tuttavia non avrebbero mai potuto riempire quel muro che la separazione aveva creato; ora erano, invece, modellate e seppur non tasselli perfetti, si incastravano con la stessa sintonia con cui Horus si appoggiava a quella cucina sconosciuta come se, in realtà, ci fosse sempre stato. Una volta tolto dalla vista l’ingombrante televisore, era stato più facile ricondurre tutto il resto ad Amber e così l’ascoltava ridere —quella risata rara, ma genuina—, parlare della temibile nonna e di quel lavoro ignoto, affascinante. Non si sentiva dispiaciuto del fatto che lei avesse scelto una strada diversa da quella che entrambi si erano auspicati diversi anni prima, ancora in divisa scolastica.
« Congratulazioni, Ambie, sembra fantastico. Sono molto fiero di te. » Le disse dolcemente, sorridendole sincero e incuriosito da quel ruolo mai udito prima.
Spettrologa: in effetti “sembra fantastico” è tutto ciò che Horus poteva dire, poiché non possedeva la minima conoscenza di cosa facesse uno Spettrologo. Tuttavia, cogliendo il riferimento a Midnight, il sorriso tentennò, indeciso o meno se rompere l’idillio che avevano appena trovato rievocando in lei ricordi scomodi. Amber non ne aveva mai parlato apertamente, ma ciò che era accaduto all’evento che aveva condotto il professor Midnight e pochi studenti al suo seguito era ormai diventato di dominio pubblico, persino fuori dalla Scuola. Si era parlato di un terribile pluriomicidio, tra le cui vittime figuravano due bambine giovanissime e di una forza oscura che Midnight stesso, e qualche altro luminare, stavano ancora studiando; ciò che invece non era stato riportato dal Profeta, né dalle istituzioni, erano i terribili id inquietanti racconti che si erano susseguiti tra i corridoi di chi dentro quella casa nel Missouri c’era stato. Molte volte Horus era stato sul punto di chiedere ad Amber o Eloise cosa era accaduto, ma ogni volta si era trattenuto e aveva scelto di accettare il silenzio in cui entrambe sembravano essersi rinchiuse.
Quel pomeriggio non fece eccezione e ancora una volta decise di lasciare sepolti quei ricordi.
« Di cosa ti occuperai, nel dettaglio? » le chiese invece, sinceramente incuriosito, prima di vertere sulla risposta che aveva involontariamente ignorato.
« Riguardo me sì, ho il colloquio domani mattina. Sono un po’ teso, lo ammetto, ma ad esser sinceri il gufo dal Ministero non poteva capitare in un momento migliore. » Le scoccò un’occhiata, pronto a soppesare l’espressione dell’amica una volta che avesse sganciato la bomba.
« A proposito di nonne maniache del controllo, la mia ha ben deciso che devo sposarmi e mi ha persino trovato una moglie. »
Ad essere onesti, il solo pensiero della povera Sitra, con i grandi occhi neri colmi di tristezza e il sorriso malinconico, e di sua nonna che si era limitata a salutarlo con un sorriso freddo e un cenno del capo, lo fece andar su tutte le furie. Strinse per un momento il bordo della cucina, e le nocche sbiancarono, ma poi si rilassò e cercò di evitarsi di appesantire la notizia, cercando di sottolineare, invece, la ridicola idea di Meresankh.
« Ovviamente, a me non passa nemmeno per l’anticamera del cervello. In che secolo pensa che siamo? Quindi ben venga il colloquio. Mi auguro che avrò parecchio da fare per i prossimi secoli prima di doverne riparlare. » Rise, nel tentativo di alleggerire ciò che aveva appena confessato —e che di certo non si aspettava di rivelare così presto
◤A single book of matches gonna burn what's standing in the way.◥Code © Horus

 
Top
view post Posted on 10/3/2021, 18:44
Avatar

Group:
Mago
Posts:
6,506
Location:
Hyperversum

Status:



aszpIdP"I was waiting on a different story"
Quelle due bambine. Oh Amber le ricorda ancora troppo bene, lì nella magione a capo della piantagione di cotone. Una "gita scolastica" che ha finito per segnare la sua intera esistenza, ancora di più delle strampalate missioni di Peverell. Ricorda anche come avrebbe voluto che Horus fosse lì per non sopportare da sola un orrore di cui non ha più potuto parlare una volta rientrati. Un voto al silenzio a cui si è adattata anche troppo bene così da avere la vana speranza di poter dimenticare il terrore che l'ha infettata come un veleno senza antidoto. E' stata l'ultima goccia ad averla spinta verso una professione che non fa più di questo un mistero, ma un caso da studiare. C'è un mondo oltre il velo che nell'essere affascinante è anche pericoloso per gli incauti e chi vi si avvicinano senza il dovuto addestramento. E' facile ricondurre uno Spettrologo ad un disinfestatore di presenze ma no, non è esattamente questo. Ecco la ragione per cui sa di nuovo cercare gli occhi di Horus, stavolta con intenzione, come a rimarcare attraverso una scintilla che prende i suoi, che è quello per cui è portata di più al mondo. Trattiene il bicchiere di acqua fra le dita, mentre ci prova a raccogliere un pensiero che sia il più limpido possibile, nonostante tutte le zone grigie che lei stessa non conosce nel suo lavoro. «Ah, questa è una bella domanda... » prova a mantenersi misteriosa, seppur sia una recita che vuole sia ovvia, un modo che ha per sottrarsi all'oscurità che troppo spesso osa allungare spire verso di lei. Beve un sorso d'acqua e lo fa solo per continuare così, con leggerezza a dire che potrebbe essere che non possa rivelare nulla, come gli Indicibili. Però non è così, per fortuna o non troverebbero granché di cui parlare no? Ed è proprio che all'improvviso lei vuole solo continuare a farlo, a parlare. «Ci occupiamo delle presenze oltre il velo, e non solo dei comuni spettri... l'avevi letto il libro di Haunt?» ricorda che c'era stato un periodo in cui lei, e molti altri, erano caduti vittime del fascino di quel ricercatore e del suo fantastico manuale, ancora una Bibbia per molti del mestiere. «Diciamo che io ho il compito di rintracciare Spettri o Spiriti o particolari Esseri, quando questi si avvicinano troppo alle persone, infestano luoghi che non gli appartengono o diventano un problema per lo Statuto. Generalmente poi troviamo loro un posto idoneo in cui esistere... ed in altri casi...» qui prende un respiro, e appoggia il bicchiere al tavolo, voltandosi appena, non per sottolineare volutamente la gravità del concetto che esprime. «... dobbiamo neutralizzarli prima che lo facciano loro con noi» Sorride, cauta.

La virata sulla moglie procurata da Nonna Sekhmeth, invece, la lascia basita. Al punto che nel sollevare un sopracciglio schiude anche le labbra, per un secondo incerta se ridere o crederci davvero. Però poi ci pensa e no, non è tanto diverso dal tono con cui Nonno Hydra l'ultima volta l'ha "minacciata" di pensare lui a darle una posizione nella loro società che fosse idonea. «E' per questo che sei tornato?» E' un impulso che non sa frenare, un'accusa che nel non voler essere tale, scivola con troppa facilità dalla bocca in un tono calmo ma quasi rassegnato. Non ha mai indagato i motivi per cui sia partito subito per Alessandria, ed un po' si è solo sentita immobile, incapace di fare qualunque cosa e perfino chiedergli spiegazioni perché in fondo lei aveva ancora due anni di scuola da affrontare e troppi altri mesi dentro le mura del castello, tra fantasmi e drammi che ha dovuto superare per crescere. «Per il colloquio, dico e... beh per scappare da una fantastica moglie araba» non le è difficile sorridere comunque alla fine, perché si è un'assurdità che siano ancora quelli i concetti che permeano le menti dei vecchi purosangue: "sistemare figli e nipoti" senza lasciare loro modo di rovinarsi un po', di ammaccarsi prima di mostrarsi completi come vorrebbero. «Spezzaincantesimi?» stavolta chiede, curiosa, a braccia incrociate. E no, non nega uno sguardo che sembra voler scavare di più, forse solo per istinto.

amber hydra - 21 anni - Spettrologa del Ministero della Magia - look

 
Top
view post Posted on 11/3/2021, 15:40
Avatar


Group:
Dipendente Ministeriale
Posts:
12,043
Location:
Trantor - Settore Imperiale

Status:


— 23yrs ▴ Late Afternoon ▴ Clothes Cerca di distrarsi dal fervore che il ricordo di Meresankh gli provoca. Devia così la sua mente, come ha imparato a fare laggiù, con un’agilità tale che potrebbe dirsi di trovarsi sulla sua amata Gelbsturm. Così si concentra sulle parole di Amber (non su sposa araba che in realtà non genera la risata che vorrebbe concederle), ma sulle presenze al di là dello specchio. Timoroso, senza quasi rendersene conto, Horus si porta la mano al collo, sfiorando sotto la maglietta nera, la piccola Ankh da cui mai si separa. A lui non sono mai piaciuti gli spettri né le presenze, segno di cattivo presagio nella sua religione. Vivendo ad Hogwarts, tuttavia, aveva dovuto farci i conti e piano piano erano diventati una accettata consuetudine— talvolta persino apprezzata, nel caso del buon Frate Grasso. Ma al di là delle sue superstizioni, il lavoro di Amber lo affascina e socchiude un po’ gli occhi alla luce del sole, immaginandola in quei panni nuovi e sconosciuti; la coda bionda che scintilla nel buio come una fiamma dorata, la bacchetta agile e gli spiriti che le ondeggiano intorno. Per quanto si sforzi, però, non riesce a classificarli come presenze malevole, perché Amber gli aveva sempre dato l’idea di una creatura effimera, a metà fra quei mondi, perfettamente a suo agio nel confine labile che divideva ciò che era visibile e ciò che non lo era.
Si riscuote battendo le palpebre e abbassando gli occhi sull’amica.
« Cosa? » le chiede per un momento spaesato, salvo poi rendersi conto della presenza intonsa della birra davanti a sé. Si avvicina meccanicamente e se la porta alle labbra, direttamente dalla bottiglia. Non ci pensa nemmeno, un gesto forse fin troppo informale ma che gli serve solo per avere un appiglio con la realtà.
La birra gli scivola in gola morbida, dissetante, e vi si aggrappa quasi con disperazione. Non aveva più avuto grandi occasioni per bere, ma la birra era ottima ad Alessandra, come il vino, e non erano rare le volte in cui se ne consumava a cena.
« Sì, Spezzaincantesimi. » Risponde poi, sospirando appena e abbassando la bottiglia.
« Tecnicamente sì, sono tornato per questo. » Si rende conto di aver fatto un passo indietro e la guarda di sottecchi bere il suo bicchier d’acqua, la birra ancora stretta nella mano sinistra. Vorrebbe raccontarle che no, non era davvero tornato per quello, ma in fondo, per cosa era davvero tornato? Al di lei e di sua madre, non può contare legami tanto importanti da spingerlo a fare ritorno in Inghilterra. Non ha nemmeno bisogno immediato di denaro: i soldi non sono certo una sua priorità e grazie agli Dei non gli mancano. Non ha davvero bisogno di un lavoro, ma d’altro canto non ha ancora fatto nessun passo avanti nella sua ricerca. Horus volge lo sguardo verso l’ampia finestra della cucina e un lampo bronzeo vi passa rapido davanti. Si muove silenzioso in sua direzione, posando la bottiglia sul tavolino della cucina e avvicinandosi al vetro. Sopra il tetto dell’abitazione di fronte, appollaiato sulla grondaia, c’è Ra che gli lancia un grido stridulo di saluto, e poi allarga le grandi ali per sgranchirsele. Horus sorride e allunga la mano libera verso Amber, facendole segno di raggiungerlo.
« Lo vedi? » Le dice poi, sfiorandole un fianco —le dita, gentili, lambiscono la morbidezza della lana, l’ennesimo gesto di cui non si avvede per quanto in quel momento lo sente naturale; lo fa per farla sistemare dov’era stato fino ad un secondo prima. Indica, oltre il vetro, il bel falco semi-nascosto dai tetti delle case. Amber non sa che Horus è un Animagus e a lui va bene così; è stato pronto a negarlo persino dinanzi l’evidenza, davanti ad Emily, e non sa se è disposto a dirlo ad un altro essere vivente. Tuttavia, gli vuole mostrare il suo amico più leale e così, osservando il profilo di lei, sorride.
« Lui è Ra, il mio falco. Ti ricordi? Ti avevo accennato che da piccolo, mio padre me ne aveva portato uno dall’Egitto e poi era scappato. Beh… eccolo lì. »
Torna a guardarlo mentre si riposa, alzando appena il mento e un piacevole brivido gli carezza la nuca. Vuole volare e darebbe qualsiasi cosa per aprire la finestra e spiccare il volo.
« Hai detto che voi Spettrologi indagate sulle presenze oltre il velo, giusto? Per me, lui è una di quelle. Nel mio credo i fantasmi non sono quasi mai positivi e per questo li ho sempre un po’ temuti, anche a scuola. Significa che l’Aldilà non è stato raggiunto e che il giudizio di Osiride non è stato abbastanza incisivo, o che la Bestia non è riuscita a divorare l’anima e… » Si interrompe, mordendosi un labbro, per poi riprendere. « Ma ci sono spiriti buoni. Gli animali sono tra questi, personificazioni degli Dei e loro emissari. Lui è il mio. Non so dov’è stato, ma ha attraversato anni di distanza ed è tornato da me. È il mio Ba, l'altra parte della mia anima. » La sua voce si riduce quasi ad un sussurro affettuoso mentre osserva il falco che guarda proprio dinanzi a loro, dritto nei suoi occhi d’argento.
◤A single book of matches gonna burn what's standing in the way.◥Code © Horus

 
Top
view post Posted on 11/3/2021, 17:20
Avatar

Group:
Mago
Posts:
6,506
Location:
Hyperversum

Status:



aszpIdP"I was waiting on a different story"
Per un attimo ha come l'impressione che Horus sia altrove, ovunque ma non lì. E lo sa, è un punto che la riscalda quasi, una coperta che l'avvolge nella certezza che certe cose non siano cambiate per nulla. Un punto in comune che in pochi hanno capito anche di lei, negli anni. Li ricorda i momenti in cui seppur vicini, erano ognuno rinchiuso nei proprio pensieri, tanto trincerati dietro sguardi che nel chiedere aiuto non lo concretizzavano mai. Normalità che li portava alla fine a sorridersi appena, quel tanto che basta a dire che ci sarebbero stati se fosse servito ancora una compagnia silente. E così come immagina lui abbia tenuto per sé tante cose, lo ha fatto anche lei e questo assolutamente senza pentirsene mai. Così non lo richiama, non lo ammonisce, non ha la pretesa che sia sempre presente, ancora meno dopo due anni senza vedersi e sentendosi così poco da lacerare un po' la corda. Ma adesso va tutto bene...

Un altro appiglio che serve al punto da aggrapparvisi con tutta la forza che ha. Lo sa che chiedere è stato meschino, perfino egoista e no, non saprebbe davvero dire la reazione che avrebbe avuto se le avesse detto che era tornato per lei. Perché in fondo lei cos'è? Un'amica che non si sente da tanto, una a cui raccontare di anni persi tra le dune del deserto, o con il naso all'insù verso le stelle, milioni di volte più luminose. E basta, per poi non ritrovarsi per chissà quanto, quindi no, non avrebbe accettato quella risposta a voce alta. Tuttavia il sorriso che accompagna la realtà di quanto detto, che è lì "tecnicamente" per quel colloquio, non brilla di quella gioia che dovrebbe avere, è un po' opaco rispetto a prima. Non è mai stato nella sua indole bloccare qualcuno, impedirgli di fare qualcosa per raggiungere qualunque obiettivo, anzi. Quindi no, non saprebbe dirlo a voce alta che un po' spera che la permanenza a Londra duri di più, sebbene anche quel lavoro non vincoli a spazi chiusi del mondo, tutt'altro. «Andrai benissimo, ne sono sicura. » E lo è davvero, senza alcun dubbio o incertezza che ne macchi il timbro. «È quello che vuoi, lo otterrai vedrai. E poi forse hai già visto più tu di chi ti farà il colloquio o di altri Spezzaincantesimi.» Non è tanto diverso da ciò che è stato detto a lei quando ha varcato la porta.

Solo quando lui si muove, lei fa altrettanto, per affiancarlo quanto basta a capire cosa abbia attirato la sua attenzione, deviandolo dalla conversazione e qualunque altra cosa. Ma è il contatto, così naturale, che scivola lungo il fianco, a bloccarla in un istante. Le toglie un respiro che combatte contro l'idea che nessuno debba mai avvicinarsi così tanto da sentire la sua pelle sotto la propria. Però non fa nulla, non fa altro che non sia tentare di concentrarsi su quello che davvero preme, sul falco, sull'ombra della vita di Horus e non sul modo in cui l'ha lentamente spostata perché lo vedesse. Ed è un attimo in cui Amber perde contatto con tutto e si ferma sul riflesso di sé stessa, sullo sguardo che non gli rivolge direttamente, che tiene per sé come se parlasse all'adolescente dietro il vetro. Le parla solo per dirle di darsi una calmata, di smetterla di pensare perché così non può funzionare, non può rimanere in silenzio troppo a lungo, non è sicuro. «Oh... » si riallaccia al discorso, ci prova pur non scostandosi, lasciando che quel minimo contatto resti il tempo che serve, il tempo che vuole. Allunga le dita a sfiorare il punto in cui, qualche metro oltre il velo c'è Ra. Per un secondo il fatto che si tratti di un falco le assesta un pugno dritto allo stomaco. E' una storia che nel non essersi ancora ripetuta, ci si avvicina troppo, ed è come se fosse lei a guardare oltre un burrone fin troppo familiare. Ma no, le cose sono diverse, se ne convince con l'ennesimo sospiro, quando quasi abbassa la voce, come se l'animale potesse sentirla e quindi poi andarsene a causa sua. «Me lo ricordo... è tornato da te» sempre e solo sussurri, quasi la percepisse lei stessa la fonte di un sollievo che non ha eguali. Uno spirito, una guida, un guardiano. Amber è sempre stata affascinata dalla cultura politeista di Horus, dagli Dei in cui crede e questo ora si intreccia ad una professione che l'ha vista ritrarsi troppo spesso dietro un "io non credo" che è solo una menzogna, perché in qualcosa crede anche lei e sì, qualcosa che quel velo lo governi anche se non è così radicato come le origini che lui ha incise sulla pelle. Adesso un po' si scosta per guardarlo, per notare come il profilo più adulto sappia specchiarsi così bene e nascondere parte di un pensiero tanto limpido. L'altro lato della sua anima. Poi lo sguardo lo abbassa, lascia che sia una sua spalla ad appoggiarsi al braccio di Horus, fianco a fianco come si era promessi che sarebbero rimasti. «Hai ragione, non tutti sono positivi.. alcuni hanno una ragione per non esserlo, altri invece scelgono di diventarlo» lo sa che il discorso sarebbe molto più ampio. «Ma penso che questo possa esistere, lo vedo come lo vedi tu adesso.» Non ha bisogno di rimarcarlo, è palese che vi creda profondamente. «Immagino che tu gli sia mancato parecchio in tutto questo tempo.» Al falco, ovviamente, solo al falco. Questo sì che se lo ripete mentre prende fiato e.. «Il ragazzo delle pizze è in ritardo, sto già iniziando a pentirmi di quello che ho fatto.» Aggiunge in fretta, quasi non lasciando spazio a pensieri che in lei si accumulano come monetine sul marmo di una fontana. «... aveva ottime recensioni.»

amber hydra - 21 anni - Spettrologa del Ministero della Magia - look

 
Top
view post Posted on 16/3/2021, 17:19
Avatar


Group:
Dipendente Ministeriale
Posts:
12,043
Location:
Trantor - Settore Imperiale

Status:


— 23yrs ▴ Late Afternoon ▴ Clothes Nonostante la sua spalla sia appoggiata al suo braccio, Horus ha come l’impressione che una parte di Amber non sia lì con lui. Continua, però, ad osservare Ra e l’animale, quasi percependo di non essere più l’unico a riempire i pensieri del compagno umano, distoglie lo sguardo da loro e si dedica ad un’attenta pulizia delle piume del petto.
Inevitabilmente, il ragazzo ripensa alle parole dell’amica e si chiede, ancora una volta, se davvero Ra ha sentito la sua mancanza, come lui della sua. Più volte è stato tentato di trasformarsi e chiederglielo, ma il timore di una risposta e l’ostacolo di una comprensione ancora marginale dei poteri di un Animagus, si sono sovrapposti tra loro, lasciando Horus nel dubbio. E mentre in cuor suo si ripromette di colmare presto il divario di quella conoscenza che solo uno studio più attento può cancellare, gli occhi di Horus si spostano sul riflesso di Amber. Più volte gli è sembrato di coglierla a sfuggire deliberatamente la sua vista, come se avesse timore di guardarlo o, piuttosto, come se non riconoscesse l’uomo che Horus è diventato. Eppure quel contatto lieve dei loro corpi sottolineava una fiducia che Amber non avrebbe mai concesso a qualcuno che riteneva estraneo. Sta quasi per rimproverarsi per quella sua sciocca paranoia, quando lei si allontana appena e la leggera titubanza con cui esprime quello che crede essere stato un errore, lo induce a osservarla a lungo con le mascella serrata.
Parli davvero della pizza?
Vuole chiederle, ma tace, percependo un sentimento simile all’inquietudine farsi largo in lei. Ed è come un’illuminazione, un sipario che viene improvvisamente aperto su una scenografia ben diversa da come era stata immaginata. Capisce solo in quel momento che è stato un cieco e che ha permesso al Tempo di calare tra di loro un velo che, inizialmente, aveva ricondotto solo ed unicamente alla crescita di entrambi, avvenuta a chilometri di distanza.
« Ambie… » Sussurra d’un tratto, voltandosi verso di lei. È indeciso e benché esternamente non dia affatto l’idea di essere preda di remore, in cuor suo comincia a rendersi conto — e a vedere — che c’è qualcosa in Amber, qualcosa che adombra il suo sguardo e che non è riconducibile, banalmente, ad una semplice incertezza per la vita futura; c’è qualcosa che li accomuna, un dolore che entra in risonanza ma il cui suono è di difficile interpretazione, troppo lontano, troppo poco familiare per l’uno, più che per l’altra.
Horus indugia ancora e quasi ha l’impressione che l’eco della sua voce, così calma e tranquilla, si ripercuota tra le mura della casa, rimbalzando con violenza in un luogo altrimenti solitario. Decide però di andare avanti, di non restare in silenzio, e di lasciare il passo a quella nuova parte di sé che desidera, ad ogni costo, non lasciare più nulla di sospeso. È stanco dei non detti, è stanco dei rimorsi e imparare ad accondiscendere ai desideri dell’istinto era una delle cose che aveva imparato ad Alessandria.
« Cosa c’è che non va? »
Le chiede solo questo e lo fa con una ricercata delicatezza nel tono che non prevede né pietà, né compassione né inopportuna indiscrezione; non lo fa col desiderio di pettegolezzo, né con la presunzione di voler sapere da lei tutto ciò che gli ha taciuto in quei due anni. Ma c’è qualcosa, in Amber, qualcosa di cui si è reso conto solo dopo aver con cura scartato tutti i filtri che entrambi avevano posto davanti. E glielo chiede senza sfiorarla, senza prenderle la mano, come avrebbe voluto, perché se lei vuole rispondere —e rispondere davvero— avrebbe dovuto farlo senza sentire alcuna costrizione. Nondimeno, lui ha sentito, nel momento in cui è caduto quel velo, l’istinto di porre la domanda che, forse, lei attende e teme più di ogni altra cosa. Si sarebbe, allora, davvero pentita di averlo invitato a cena?
◤A single book of matches gonna burn what's standing in the way.◥Code © Horus



Edited by Horus Sekhmeth - 16/3/2021, 18:27
 
Top
view post Posted on 17/3/2021, 19:53
Avatar

Group:
Mago
Posts:
6,506
Location:
Hyperversum

Status:



aszpIdP"I was waiting on a different story"
Cinque parole ed un punto di domanda. Questo è un pugno diretto contro lo stomaco, lì dove lo specchio si crepa. Dove l'immagine che Amber ha faticato a costruire dal primo momento in cui Horus è entrato, s'infrange contro la realtà. Così anche lei si ferma, lo fa prima di voltarsi, che ancora gli dà le spalle perché respirare diventa un'impresa titanica. Incurva le spalle, assorbe un colpo ma non sa farlo fino in fondo perché già gli occhi hanno cambiato la sua intera espressione. Le iridi sono si sono fatte più scure e quella colpa, di una menzogna che pur non avendo mentito è reale, divampa in petto. Il cuore rallenta i battiti dopo aver accelerato come un folle, si calma nel dolore che stringe tutto. Le dita strette al tessuto del maglione sciolgono la presa, si aprono lasciando così che le braccia tornino tristi lungo i fianchi. E' stato orribile dirsi che andava tutto bene quando no, no non c'è niente nella sua vita che funzioni, almeno tranne qualcosa ma indubbiamente il più è un disastro. Forse è solo che non voleva rovinare l'immagine che avrebbe potuto dare ad Hogwarts, quella forza che l'ha sempre portata a guardare avanti a non fermarsi davanti a niente. Non sono più quella Amber. «I-io...»

Cambia tono, perfino, nel voltarsi con molta calma verso Horus e guardarlo in volta senza più nessuna maschera. Le esce in uno sbuffo quella che sembra una risata ironica, ma un'ironia troppo simile a sarcasmo, triste sempre triste. Compie un solo passo verso di lui, ha la gola secca, le labbra per un attimo tremano come se lui avesse semplicemente colpito l'unico punto vitale ed a lei non restasse la vergogna di mostrarsi in un modo che no, non è bello da vedere. Avrebbe voluto risparmiargli tutto, aggrapparsi ad una cena che desse almeno la parvenza di una Amber matura, pronta a divorarsi il mondo con la forza di un uragano ma.. beh, dopo il colloquio alcune cose sono cambiate, e forse si sono sommate a quanto ha represso negli anni con la convinzione di averlo elaborato. E' tutto lì. S'intravede in un battito lento di ciglia. «Forse dovresti chiedermi cosa c'è che funziona, e-...» alza le spalle e fa davvero, davvero del suo meglio per tenersi in piedi anche se lentamente si appoggia allo schienale del divano, con le braccia conserte ed un respiro che anticipa la libertà che non si è mai concessa: quella di parlare sul serio. Perché è vero, da quando Horus è andato via una parte di sé è partita con lui ed il resto si è chiuso a riccio. Dopo l'addio a Killian, a Mayline e perfino ad una causa che l'ha trascinata nei baratri più oscuri, qualcosa si è per forza spezzato. «-.. e ti risponderei che non c'è niente che vada. Niente, a parte il lavoro.» un sospiro che spegne il primo iniziale tremolio, ed allora di sbieco lo guarda ancora. Ha un nodo in gola, se l'aspettava così come temeva che Horus facesse esattamente questo, sgonfiasse l'immagine creatasi per sostituire la realtà e lo facesse tanto in fretta da trovarla impreparata. O, forse, è esattamente per questa ragione che gli ha scritto. «Horus io..-» Tu cosa, Amber?

Non sa da dove iniziare o cosa riassumere, ed allora lo guarda e basta, per trarre da lui una forza che sente mancarle perché tutto ha saputo diventare "troppo" così in fretta da piegarla sulle ginocchia. «.. sono successe molte cose in questi due anni e io non-... non è stato facile, niente è mai stato facile, neanche che mi illudessi lo fosse ma.. Ma adesso non credo di essere quella che ti ricordi. A volte non so neanche riconoscermi se mi guardo allo specchio.» Torna a guardarsi le dita ed il modo in cui si tormentino per trattenere l'oppressione al petto. «Scusami»

amber hydra - 21 anni - Spettrologa del Ministero della Magia - look

 
Top
view post Posted on 24/3/2021, 18:15
Avatar


Group:
Dipendente Ministeriale
Posts:
12,043
Location:
Trantor - Settore Imperiale

Status:


— 23yrs ▴ Late Afternoon ▴ Clothes C’era stato in un tempo in cui Horus si sarebbe rimproverato per quei due anni di silenzi e pochi gufo scambiati; un tempo in cui si sarebbe ancorato a quel passato che ormai era scivolato via dalle sue mani, come granelli di sabbia; un tempo in cui si sarebbe tormentato alla vista di una Amber così spezzata dagli eventi.
Ma il tempo in cui ora Horus vive è diverso da quello che si è lasciato alle spalle, quando ha deciso di partire. Il passato, adesso, è qualcosa di prezioso, irrecuperabile, qualcosa su cui nemmeno gli Dei hanno possibilità d’azione: perché, allora, dovrebbe avercela lui? Ha imparato, a sue spese, che non si può fare nulla per ciò che ormai è andato via, che rimproverarsi, dispiacersi, non porta a nulla. Non è caduto vittima di una positività tossica che urla al domani come unica forma di felicità; ha semplicemente capito che solo nel presente può porre le basi di un buon passato. Così non si dà dello stupido per non averle scritto prima, né si pente di non esser stato lì vicino a lei quando le accadevano certe cose. La lascia parlare, ne assorbe con gli occhi ogni gesto che esprime una fragilità che è cresciuta ed ha dimorato nell’anima di Amber come unica proprietaria di quel corpo. Sente, nel petto, una fitta di dolore per lei, nel vederla così: aveva sperato, nei giorni addietro, che tutto le stesse andando per il meglio e quando aveva saputo che lei aveva ottenuto il posto di lavoro al Ministero, Horus se n’era rallegrato, pensando ingenuamente che tutto potesse essere a posto. Ora, mentre la guarda torcersi le mani, vorrebbe chiederle cosa è andato storto, cos’è che l’ha ferita a tal punto da incrinare l’immagine di ragazza solida e forte che aveva avuto di lei fino a quel momento. Ma contrariamente a quanto Amber può pensare, non è di certo la scomparsa di quella fanciulla, ad angustiarlo.
Così allunga le sue mani, verso quelle di lei, e gliele stringe con tenerezza.
« Non devi scusarti, per aver affrontato delle difficoltà, Ambie. » Prova a sorriderle e ci riesce, sebbene la linea delle sue labbra rimanga sempre sottile, labile. Non vuole darle l’idea di stare sottovalutando i suoi problemi, così, tenendo la presa sulla sua destra, si muove, aggirando il divano e convincendola a sedersi.
Si accomoda vicino a lei e poi lascia andare le sue mani solo per afferrare la bacchetta ed Appellare il bicchiere d’acqua. Concentrarsi sui gesti altrui è a volte l’unico modo per ritornare alla realtà, frenare (o distrarre) anche solo per un minuto quell’ansia che preme sul petto.
Quando era nel tempio, nel giardino di casa, o solo, nella sua stanza, e i pensieri correvano ad Emily, a ciò che si erano detti, e a come si erano lasciati, il senso di soffocamento —e la rabbia— erano tali che, le prime volte, Horus si era lasciato andare a moti nervosi che avevano mietuto vittime fra i libri e i cuscini. Poi, però, aveva imparato a concentrarsi su un passero che volava nel cielo, su sua nonna che usciva in giardino e chiacchierava animatamente con un elfo domestico sulla disposizione della nuova biblioteca, sui riflessi dorati che in lontananza intravedeva sulle piramidi.
In quei momenti era come se tutto, dentro di lui, si mettesse in stand-by e quando ritornava presente, il dolore non era sparito, ma affievolito, addormentato di nuovo in fondo al cuore.
Così, in casa di Amber, Horus compie quei gesti memore di quanto, a lui, siano serviti. Ogni movimento è lento, tranquillo, posato; le porge il bicchiere senza aggiungere altro, dandole un motivo per tacere, se lo desidera, o per parlare, quando si sentirà pronta. Dandole, semplicemente, qualcosa da stringere, affinché non si senta senza appigli, anche se solo letteralmente.
« A me non importa, se sei cambiata. Mi importa nella misura in cui questo cambiamento ti fa soffrire. Ma non è con me che devi scusarti, né con te stessa. Dovresti permetterti di… » Tentenna e la guarda intensamente. Ora tiene le mani in grembo, ma vorrebbe, di nuovo, stringere quelle di lei per farle capire che non è sola.
« … stare male. Non c’è nulla di sbagliato, nel cadere, o di venir sommersi dalle difficoltà. Questi anni trascorsi… » Aggiunge, e nel farlo abbozza ancora quel lieve sorriso di cui l’ha resa partecipe solo pochi secondi prima. « sono dietro di te. Se vuoi, ora, ci sono io con te. Puoi dire quello che vuoi, io non ti giudicherò e non farlo nemmeno tu, ti prego. » Le dice, e allora la smette di rimuginarci su, e le posa la mano sul ginocchio. È un tocco delicato, leggero come la stoffa, ma tramite il quale Horus comunica tutto il suo desiderio di volerci davvero essere per lei.
◤A single book of matches gonna burn what's standing in the way.◥Code © Horus

 
Top
15 replies since 23/2/2021, 13:04   533 views
  Share