It's not right but it's okay, Privata

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view post Posted on 10/3/2021, 18:36
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Scheda | Mago
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Romeo Murphy
Aveva una data e un luogo, nella testa. Gli era stato riferito da Thomas, lo aveva scosso ma gli era servito.
Ma non aveva solo quei due dettagli in testa, aveva anche addosso il rimpianto misto alla desolazione data dal procrastinare. Perché aveva aspettato fin ad allora, per decidere? Non riusciva a darsi una risposta, quanto meno non ora che doveva trovare il coraggio di presentarsi nel luogo in cui gli era stato riferito. Tornare nelle prossimità di Hogwarts era sempre piacevole, ma in quel caso la sensazione di smaterializzarsi in quel luogo era molto diversa da una semplice nostalgia dolce. Era un rendersi conto che ciò che era stato sospeso per più di quindici anni avrebbe ripreso nuovamente forma, non sapeva nemmeno come sentirsi a riguardo. Dentro di lui viveva ancora il diciasettenne che aveva preso una decisione e non aveva lasciato spazio, ma gli anni erano passati, eppure aveva mantenuto la sua promessa. Sapere che nell'universo vi fosse qualcuno come Francis, lo aveva aiutato in momenti che nemmeno sarebbe riuscito a descrivere a parole. Il ricordo di quel ragazzo, che ormai era un uomo, lo aveva accompagnato nei suoi viaggi, nel suo essere sempre troppo al fondo delle situazioni e mai all'apice. Negli anni aveva lasciato le persone avvicinarsi, ma non gli aveva mai permesso di essere toccato veramente.
I respiri che aveva preso dopo essersi smaterializzato ad Hogsmeade erano stati pesanti, come quell'ansia che provava. Probabilmente sarebbe stato meno agitato ad affrontare un drago, piuttosto che il suo primo amore. Dalle relazioni umane, dalle loro complicazioni, molte volte Romeo era fuggito e negli anni non era di certo migliorato.
Ma vi era una consapevolezza a spazzare via il loop di pensieri che aveva, era nel posto, giusto al momento giusto. Non avrebbe dovuto essere da nessun'altra parte, da quando era arrivato in Gran Bretagna tutte le situazioni in cui si era ritrovato non lo avevano che convinto di aver preso la decisione giusta al momento giusto.
Ma quella era la prova del nove, sarebbe andata bene anche con Francis? O il colpo di fortuna, la sensazione che tutti i tasselli del puzzle fossero andati al loro posto, si sarebbe bruscamente arrestata? Valeva la pena provare, vedere, capire.
Per questo motivo Romeo aveva girovagato per le vie di quel villaggio, sperando di intravedere il profilo di Francis. Il mantello che svolazzava alle sue spalle, l'espressione di chi sta cercando di svelare un'arcano, probabilmente chiunque lo aveva visto in quel frangente lo aveva preso per pazzo. Un po' ci si sentiva anche, ma era anche consapevole che quella era il momento adatto per entrare in scena.
Stava per perdere le speranza...Quando intercettò una figura muoversi poco lontano da lui, aumentò il passo, aveva svoltato l'angolo. Romeo quasi corse, quando arrivò all'inizio della via principale, non ebbe più dubbi. Era proprio lui.
Francis?!
Chiamò, nella speranza che lo potesse sentire ma proprio in quel momento il vento decise di dire la sua facendo disperdere il suono della sua voce.
PROOOF!?
Quel modo di porsi era affiorato spontaneo nelle pieghe delle sua mente, aveva arrestato il passo, mettendo una mano a cono vicino alla bocca in modo che il suo della sua voce ormai adulta potesse arrivare all'altro.
Solo dopo averlo detto, sgranò gli occhi rendendosi conto che forse non meritava di chiamarlo in quel modo, ma ancora di più poteva essere una gaffe gigantesca se Francis non fosse riuscito ad ottenere la cattedra che sognava da sempre.
Avvampò, non capì nemmeno per cosa di preciso, se il rivedere Francis o l'aver fatto una mossa avventata.
 
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view post Posted on 10/3/2021, 21:12
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E dunque era fatta. Avevo appena superato il primo colloquio svolto in 30 anni di vita, dopo anni di vagabondaggio alla ricerca di me stesso. Alla ricerca di chi fossi davvero. Ma era davvero finita lì? Oppure c’erano altre esperienze da vivere? Altri tasselli da mettere a posto?

Certo. Ottenere quella cattedra non avrebbe risolto ogni problema, come giusto che fosse. La vita avrebbe continuato a pormi innanzi delle prove e delle sfide, tranelli che forse nemmeno Lucille Darmont, la segretaria del castello, avrebbe potuto ideare.

Una morsa improvvisa attanagliò il mio stomaco, come se gli ultimi pensieri avuti alla fine del colloquio stessero per manifestarsi d’improvviso, come se l’aver pensato a qualcuno - a cui non pensavo da tempo - avrebbe fatto sì che quel qualcuno mi comparisse davanti. Mi avrebbe fatto realmente piacere rivedere Romeo? Cos’avrei provato? Impossibile. Romeo era ormai andato, finito chissà dove. A stento ne ricordavo i lineamenti del viso. Forse dimenticati per autodifesa, per non pensare a quanto fosse bello per me.

Sapevo, però, che non avrei permesso ad un fantasma del passato di annebbiare quello che di speciale vi era in quella giornata, che doveva essere una giornata speciale, una giornata di festeggiamento. Di gioia. O almeno così credevo. Non riuscii a distogliere completamente l’attenzione da quella sensazione strana ma presi a camminare a testa alta, come se mi fossi trovato su di una passerella. Indosso avevo ancora l’outfit del colloquio, il cui rosso sgargiante non poteva certo cozzare con un umore mesto esalato da un ricordo ingiallito. Non potevo cedere alla malinconia. Una mano andò istintiva al mazzo di tarocchi legato in vita. Sembrava fremere. Carico di energia. Lo strinsi, come se ne stessi assorbendo la linfa vitale.

Portai la mente a vagare su quanto era appena accaduto, su quanto avessi parlato, sul legame che avevo creato con quella particolare segretaria. Le sue scale mi avrebbero perseguitato, sicuro, tra incubi e sogni. Sentivo già arrivare visioni di me intento a scalare gradini infiniti, abbarbicandomici ogni tanto col fiatone.

“Salirò, saliròòò, fra le rose di Mr. Rickfoooord… E Salirò, salirò… fino a quando sarò con Lucille nel mio splendido ufficio”

Canticchiai emulando una vecchia melodia di un cantante babbano. Gaudiosamente fingendo di scalare gradini mentre camminavo per strada sotto gli sguardi allarmati, divertiti e sconvolti della gente intenta a fare acquisti nel villaggio. Una folata di vento fece poi arruffare le piume di struzzo rosso e per un attimo mi parve di udire qualcuno pronunciare il mio nome. Era il mio inconscio che voleva riportarmi alla serietà? Mi stava dicendo “Fraaaaancis, c’è un luogo e un momento per ogni cosa”?

“Proooof”

Ansia. Ero appena stato nominato professore e già gli studenti mi fermavano per strada? Immaginai Lucille intenta ad affiggere messaggi con cornici a forma di scala con su scritto “Da oggi un pazzo con cappotti piumati è diventato Professore di Divinazione”. Risi. Ma l’ansia non andò via perché qualcuno mi aveva davvero chiamato così ed ero sicuro non fosse un gioco della mente, né tantomeno il grillo parlante della mia coscienza. Era una voce troppo profonda per essere quella di uno studente, una voce troppo nota per essere quella di uno sconosciuto. Ma di chi era? C’era solo un modo per scoprirlo: voltarmi.

Quando accadde mi paralizzai. Persi letteralmente la capacità di utilizzare gli arti del mio corpo. Una frustrazione lasciata dormiente per più di quindici anni iniziò a risalire al posto del sangue nelle vene. Pensavo non sarebbe mai potuto accadere, eppure il mio intuito ci era arrivato prima di me. Non gli avevo nemmeno dato ascolto. Ero felice? Ero agitato? Cosa provavo in quel momento? Non seppi dare un nome a quel cocktail di emozioni che in un singolo istante provai. Ero posseduto da un tripudio di sensazioni contrastanti che cozzavano l’un l’altra. Ed esplose. Come se fosse stato il primo episodio in cui un bambino manifesta i suoi poteri. Come la prima volta in cui un bambino si piscia addosso nel letto. Esplose. Esplose il mio mazzo. Era ben legato in vita, eppure tutte le carte al suo interno presero a svolazzare nello spazio che intercorreva tra me e lui. Tra me e Romeo. Ogni carta pioveva dal cielo in una danza a rallentatore. La carta dell’imperatore superava un tre di spade. Una papessa rincorreva agitata il papa. Sei di spade, asso di denari, regina di bastoni.

Due di coppe.

Era lontano, ma riuscii a vedere un due di coppe, proprio quella carta, posarsi ai piedi di Romeo.

L’unico pensiero che riuscì a farmi muovere dalla stasi in cui mi trovavo, fu quello di raccogliere le carte. Mi chinai, con movimenti secchi e robotici al pari di quelli di un automa. Iniziai a raccogliere le mie amate carte. Come se lui non ci fosse. Come se lui non ci fosse mai stato. Lui non c’era mai stato.



 
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view post Posted on 11/3/2021, 00:32
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Romeo Murphy
Lo poteva aver desiderato, sperato, immaginato, persino sognato quel momento ma tutto ciò che era stato in quegli anni si sgretolò davanti alla realtà. Quella visione cremisi, spezzò quel poco di dubbio che gli era rimasto nel petto: sì, era passato troppo tempo.
Aveva lasciato che il tempo e la distanza, diventasse un entità talmente ingombrante da sembrare quasi una terza persona in quella storia. Ma non era solo una questione di distanza, era la assenza la vera protagonista.
Francis parve muoversi al rallentatore, lo aveva lasciato di spalle quindici anni prima, dopo che gli aveva parlato per l'ultima volta, aveva ceduto a guardarlo per un'ultima volta prima di rintanarsi nel castello. Era tutto talmente perfettamente allineato, che gli mancò l'aria nei polmoni, come era possibile che sembrasse ancora più bello di quanto avrebbe mai potuto immaginare?
Se Francis era il rosso, il calore, la speranza di un futuro migliore. Romeo era il nero, il freddo, l'assenza, l'oblio. Non aveva portato a fondo anche sé stesso, ma anche quel rapporto.
Pensò a una fenice nel guardare Francis, volle aggrapparsi a quel segno, poteva davvero nascere qualcosa dalle ceneri?
Era sicuro che fosse la realtà , ma quando le carte iniziarono a volteggiare tra di loro, sembrò un sogno. Un dolore acuto al centro del petto, perché nei suoi sogni tutte le volte che Francis si girava per guardarlo, lo raggiungeva ridente correndo per avere un suo abbraccio. Solo ad allora si rese conto di quanto il diciasettenne che viveva ancora in lui, bramasse quell'abbraccio, quel calore, quella vicinanza.
Era sveglio però, perché quello che si limitò a fare Francis era raccogliere le proprie carte, e Romeo sapeva che non poteva meritarsi null'altro. Rimase per qualche secondo ancora in quella posizione ad osservare l'altro a distanza mentre veniva a patti con la propria malinconia ma soprattutto con il proprio senso di colpa. Abbassò lo sguardo, la vide, quella carta.
Due di coppe.
Dopo che aveva lasciato Hogwarts era fuggito da qualunque cosa potesse anche vagamente ricordargli la divinazione, troppo doloroso. Ma quella carta aveva deciso di venirgli incontro al posto del proprietario di quel mazzo, non seppe come interpretare quel segno. Un sorriso amaro a quella consapevolezza, che forse avesse davvero bisogno di ripetizioni di divinazione?
Alzò nuovamente lo sguardo verso Francis indaffarato a recuperare le proprie carte, uno sguardo dolce ma addolorato allo stesso tempo. Un sospiro prima di raccogliere quella carta e tutte le altre che incontrò sul suo cammino, che raggruppò al di sotto del due di coppe. Di quel dannato due di coppe, aveva ancora il diritto di associarsi a quella carta, nei pensieri di Francis?
Piegò solo una gamba in corrispondenza delle carte che trovò sul suo sentiero, in una serie di inchini che sembrarono quasi rivolti al proprietario del mazzo.
Se non mi vuoi parlare, lo capisco...
Aveva esordito così, senza nessun preambolo una volta che si era avvicinato a lui. Si era tenuto a una distanza ragionevole di un paio di passi, le carte raccolte , tra loro.
Il tono più gentile che conoscesse ma era anche triste, l'accento scozzese quel modo di mangiarsi le parole che gli era tipico.
Si maledì per l'ennesima volta aveva dimostrato quanto non fosse in grado di parlare, avrebbe voluto avere le parole adatte, o semplicemente sapere cosa vedesse Francis in quel momento, in lui, per poter tentare di mettere delle parole, dove non vi erano mai state, prima di allora.
Non aveva molto da dire in quel momento, se non palesare la sua presenza, se Francis lo avesse guardato in volto in quel momento lo avrebbe visto in quello sguardo azzurro: la bramosia di quindici anni di attesa per rincrociare quello stesso sguardo che lui stesso aveva abbandonato.
 
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view post Posted on 12/3/2021, 15:35
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Le mie pupille rimbalzavano come biglie alla vista delle carte disperse per terra. Il mio mazzo completamente disfatto com’era disfatto quello che provavo dentro di me. Ma in realtà, cosa provavo? Tristezza? Rabbia? Felicità? Raccogliere le carte divenne infine un modo per sistemare un po’ quei pensieri, quelle emozioni. Come le carte, alcune erano lontane e distanti, altre vicine, altre ancora riuscivo già a tenerle in pugno. La paura che potessi perderle era la stessa paura che avevo avuto di perdere lui. Quindi cosa stavo davvero raccogliendo? I cocci di me? I cocci di lui? I cocci di noi?

Troppe erano le domande che affollavano la mia mente, troppi gli interrogativi irrisolti che lui aveva lasciato. Non c’era stato molto da dire dopo quel giorno. Quello in cui se n’era andato lasciandomi inerme nel luogo dove tutto aveva inizio, quel luogo che tanto sapeva di lui nella sua apparente freddezza. Un tempo ci sarebbe bastato uno sguardo per capire cosa stessimo provando. Ora era diverso. Quindici anni erano passati eppure - vedendolo con la coda dell’occhio inginocchiato a raccogliere anche lui quei cocci, quelle carte - sembrava fosse stato ieri. E allo stesso tempo, nel tempo che era intercorso da quello che solo sembrava ieri, tutto era cambiato. Ci eravamo fatti delle promesse, lo ricordavo bene. Gli avevo promesso che sarei sempre rimasto lo stesso ed io, quella promessa, l’avevo mantenuta. Io ero sempre rimasto me stesso, per quanto possibile. Ma in quel momento non riuscii nemmeno per un attimo a pensare di essere me stesso con lui. Quell’intimità che avevamo condiviso era stata costruita in maniera tanto graduale quanto naturale. Probabilmente una parte di me l’aveva a lungo bramata. Una parte di me avrebbe voluto semplicemente stringere le braccia attorno al suo collo. Guardarlo negli occhi.

Baciarlo.

Un nodo mi strinse la gola. Gli occhi iniziarono ad inumidirsi come ampolle di natale. Al posto della neve vi erano gocce di lacrime sul punto di riversarsi sul mio volto. Erano lì lì per tracimare, ma la mia volontà le fece soggiornare sulle rime cigliari. Perché non si era fatto sentire in tutti quegli anni? Nemmeno una lettera, neanche un messaggio da parte di altri. Nessuna notizia di lui, come se fosse scomparso nel nulla. Lui aveva visto una parte della storia, quella in cui accettavo la dipartita. Accettavo che mi stesse lasciando. Lo accettavo perché avevo sempre creduto che l’amore fosse anche libertà. Libertà di andare. Libertà di lasciare andare. Amare la libertà dell’altro e amare l’altro al punto che perfino la sua assenza diviene un atto d’amore. Estremo. Pensai d’esser stato più maturo allora di quanto stessi dimostrando in quel momento. Era davvero difficile gestire tutto ciò che avevo cercato di mettere da parte nell’assenza di lui. Per trovare nella sua assenza i miei perché. Trovare la motivazione nel fatto che non avessi nulla di sbagliato e convincermi che quella fosse solo la scelta migliore per tutti. Trovare la voglia di mangiare anche quando non ne avevo. Ritrovare la concentrazione nello studio quando tra le righe ogni parola sembrava chiamare il suo nome. Ero convinto che Romeo non avesse provato tutto questo. Ero certo che lui se ne fosse lavato le mani e non avesse pensato nemmeno per un momento che un essere spensierato e matto come me potesse mai lasciarsi andare ad una tale fragilità. Era stato il mio primo amore. Ma ora non sapevo più cos’era. Chi era. Chi sei Romeo? Quello che lui aveva rotto dentro di me, era stato riparato grazie alla mia resilienza. Grazie all’aiuto di chi, invece, ci era stato. Primo fra tutti Thomas.

“Se non mi vuoi parlare, lo capisco…”

Le sue parole furono un miele troppo dolce. Non ero pronto a riascoltare il suo accento scozzese, la sua voce così calda. Non riuscii nemmeno a guardarlo negli occhi perché ogni parte di me nutriva la paura che proprio ora che l’avevo ritrovato stesse per parlare e dirmi che mi avrebbe nuovamente abbandonato, che sarebbe rimasto lì per poco, un giro per poi tornare nell’oscurità da cui era riemerso. Forse sarebbe stato meglio rimanere lì, entrambi inginocchiati su quelle mattonelle. Ad unirci solo le carte del mio mazzo. Una parte di me tra le sue mani. Una parte di lui nelle mie. Mi sarebbe bastato quello.

Lo sguardo ancora basso, rivolto alle carte, le ultime che avevo preso. Aprii la bocca, ma la voce rimase incastrata in corrispondenza di quel nodo in gola. Avrei voluto dirgli di parlarmi, di dirmi dove fosse stato. Avrei voluto che fosse lui a dirmi qualcosa. Senza bisogno che gli dessi il mio permesso. Avrei voluto insultarlo. Avrei voluto abbracciarlo. Avrei voluto ucciderlo… ma non capivo se volessi ucciderlo di baci o a suon di stupeficium.

Non riuscii a parlare ma il corpo rispose con un gesto istintivo: la mano che teneva la metà del mazzo, con le carte da poco raccolte, andò a posarsi sul mazzo nella mano di lui. Le nostre dita si sfiorarono appena ma quel tocco delicato, sulla punta dei nostri polpastrelli, fu sufficiente a far esplodere ogni atomo della mia anima. Un’energia dimenticata che improvvisamente prendeva di nuovo forma e colore. Una scintilla, una scossa. Un bombardamento fatto di palpiti.

“Parlami”

Sussurrai.

E con la voce ritrovata, seppur flebile, tracimarono le lacrime.



 
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view post Posted on 12/3/2021, 19:20
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Romeo Murphy
Prima di andarsene da Hogwarts aveva preso una decisione, era stata la decisione più difficile della sua vita. Aveva fatto credere a tutti che non avesse sofferto a prenderla, a tratti se ne era convinto lui stesso.
Ma nelle notti solitarie ritornato nella casa del nonno paterno, si era reso conto di quanto gli mancasse Francis. Il suo era stato un dolore privato e intimo, che era riuscito a esplicitare a qualcuno solo da ubriaco molti anni dopo. Era qualcosa di cui non andava fiero, ma amaramente non se ne era pentito.
Per come erano andate le cose, era stato convito di aver preso la decisione migliore. Non era stata una persona stabile per molti anni, non era stato affidabile e la cosa migliore era stato allontanarsi dalla cosa che aveva reputato la più importante al mondo. Il modo di essere di quel ragazzino, che alla sprovvista, lo aveva conquistato.
Non era più riuscito a legarsi a nessun'altro in quel modo, in parte perché spaventato di avere una vicinanza con qualunque persona, in parte forse perché non aveva mai dimenticato Francis.
Si trovava ridicolo a tratti, perché una relazione di una manciata di mesi era stata più importante di anni della sua esistenza. Aveva capito molto di più di sé, degli altri, dell'universo, in quelle chiacchierate nel giardino segreto che in anni.
Era al di là del grato per quello che aveva vissuto, per quella gratitudine, si era tenuto a largo. Aveva avuto paura di rovinare il ricordo dei quei momenti, con i suoi fari bruschi. Ma quello che aveva temuto, ancora temeva immensamente di più, era un rifiuto a regola d'arte. Era stato sicuro di non riuscire a riprendersi, per questo motivo aveva deciso di non farsi vivo.
Ma non per questo non aveva sperato che Francis si facesse vivo, per un periodo della sua vita, lo aveva aspettato e poi aveva finito per rassegnarsi.
Ma tutto ciò che aveva rimandato fino ad allora era diventato chiaro quando era tornato in Gran Bretagna. Era il momento giusto, non sarebbe scappato, non aveva semplicemente più scuse...Soprattutto dopo che aveva avuto quello scontro, a cuore aperto, con Thomas. Era venuto il momento di farsi avanti, di incontrarlo.
Ora che lo aveva davanti, si era reso conto che aveva fatto passare troppo tempo e l'unico che poteva incolpare di quella situazione era se stesso. Non si sarebbe mai perdonato di aver fatto scivolare gli anni, di aver reso qualcosa che riteneva inestimabile, un ricordo. Ma lo aveva fatto, di conseguenza quello che gli rimaneva da fare era chiudere un cerchio o provare quanto meno a farlo.
Mentre si inginocchiava a raccogliere le carte, non seppe più cosa pensare, nemmeno cosa sentire. Era stato lui, a provocare la reazione del mazzo? Cosa voleva dire?
Aveva il cuore in gola, per l'emozione. Si sentì sopraffatto da quel turbinio di sensazioni che lo colpirono tutte in una volta, senza nemmeno avere la capacità di separarle. Vi era il timore, la paura, la gratitudine, la meraviglia, il senso di colpa...Non riusciva a tracciare in se stesso un'emozione in maniera chiara. Il suo corpo si mosse, senza che fosse davvero in grado di comandarlo.
Fece fede a tutto il suo autocontrollo per arrivare davanti a Francis, senza lasciarsi sfuggire delle lacrime, o una espressione fuori posto, o peggio decidere di andarsene. Ma man mano che raccoglieva quelle carte si rese conto, di non voler stare da nessuna parte se non lì, doveva finalmente confrontarsi con ciò che aveva creato, lasciato. Aveva atteso quindici anni per vivere quel momento.
Quando aveva raggiunto Francis e aveva preso dalle sue mani la parte di carte che aveva raccolto, le loro mani si sfiorarono appena. Erano davvero passati quindici anni? O li aveva solo sognati? Per un tempo indefinito si sentì con ancora addosso la divisa da Serpeverde. Non aveva dimenticato nulla di quello che era stato, la sua presenza, il suo modo di muoversi, non era cambiato nulla di lui. O così gli parve.
L'unica cosa che era cambiata era che ora erano adulti, ed ora Romeo avrebbe dovuto dimostrare di esserlo.
CITAZIONE
Parlami

Quella voce flebile, gli spezzò il cuore. Era stato lui a portargli via le parole? Era stato quello che aveva fatto, a colpirlo in quel modo? In una crudeltà che non sapeva di avere si trovò a tracciare con lo sguardo, l'intero volto di Francis, cogliendo quelle lacrime. Sgranò lo sguardo mentre le pupille tracciavano la traiettoria di quelle lacrime, sentì delle proprie solcargli il volto. Come poteva essere che a distanza di anni, vi fosse ancora quella connessione? Non si sentì di meritarsi tutto ciò quello che stava accadendo, ma sarebbe stato da sciocchi non cogliere quella occasione.
Una sola lacrima solcò il viso dello scozzese, che prese un respiro pesante prima di parlare. Era un modo di fare che negli anni non era svanito, prima di dire qualcosa di importante prendeva sempre quella boccata d'aria, che aveva un suono e una gestualità tipica di un modo di comportarsi di Romeo che era solenne.
Grazie
Sì, lo aveva davvero fatto, anche in una situazione come quella aveva deciso di essere criptico perché quel ringraziamento non era solo per la possibilità che gli stava dando in quel momento, ma anche per tutto ciò che gli aveva donato e anche quello che stava provando in quel momento.
Ma non avrebbe continuato a nascondersi nelle sue mezze frasi, era cresciuto, ora se voleva davvero parlare di qualcosa era in grado di farlo e non si sarebbe di certo risparmiato.
Non mi scuserò perché quello che ho fatto, non è perdonabile. Non ti ho lasciato la possibilità di scegliere, ho preso la mia decisione perché per me in quel momento era la cosa migliore da fare. Ma non solo mi sono chiuso nel mio silenzio, nella mia distanza...Quello che vorrei che tu sapessi è che non ho dimenticato quello che abbiamo vissuto, non ho permesso a nessuno di vedere quanto stessi soffrendo, non ho nemmeno permesso a me stesso di sapere quanto lo stessi facendo tu...Sono stato egoista
Il tono di voce all'inizio fu aspro, contro se stesso, per quello che aveva fatto. Ma poi quel tono virò nuovamente in un modo solenne, traspariva però la difficoltà di quella decisione ma non solo il fatto che stesse cercando di parlare al meglio delle sue capacità. La stessa asprezza inziale diventò più acuta, era rancore, verso se stesso.
Per assurdo invece di perdersi nei suoi soliti movimenti nevrotici era stato perfettamente immobile, solo gli occhi si erano mossi sulla figura dell'altro. Ma non aveva osato cercarne lo sguardo.
Mi dispiace, mi dispiace non essere stato all'altezza di quello che avevamo. Di non essere stato in grado di comportarmi come ti meritavi...Non hai idea di quante lettere ti abbia scritto negli anni, quante non ho mai trovato il coraggio di mandarti. Quante volte, ovunque mi trovassi, vedevo qualcosa che mi ricordava di te...Quanto mi sono illuso che prima o poi mi avresti scovato, ovunque fossi.
Quello che disse era sentito, quel tono di voce, quel modo di porsi, pochissime persone lo avevano sentito. Francis era stato tra queste, lo era anche in quel momento, non aveva paura di esporsi in quel momento Romeo, raccontandogli anche della propria frustrazione, data dall'illudersi che prima o poi avrebbe si sarebbe fatto vivo. Vi era anche della dolcezza, ma non solo vi era anche molto più di quello che sarebbe riuscito ad esprimere a parole, quello che stava facendo in quel momento Romeo era parlargli a cuore aperto.
Ma ora sono qui, so che è poco, so che probabilmente non è nemmeno abbastanza. Ma ora non ho più intenzione di fuggire, non sono più un adolescente, né un codardo. L'unica cosa che ti chiedo è il permesso di poter fare di nuovo parte della tua vita, solo questo. Ma se mi scaccerai, io lo capisco...Ma ti prego di credermi, non potevo tornare nella tua vita se non ora.
Aveva stretto un pugno, che man mano che parlava rilasciò. Era chiaro nella sua postura, nel modo di porsi, quanto stesse sentendo quelle parole, quanto sperasse davvero di avere quel permesso ma allo stesso tempo avrebbe capito l'altro. Vi era tutto il coraggio di potersi scontrare con un muro, tutta l'eleganza di sapere di poter andare incontro a un fallimento. Ma non vi era solo questo, vi era molto altro, vi era soprattutto il rispetto verso Francis, non avrebbe fatto nient'altro che lo potesse colpire in alcun modo, ma soprattutto avrebbe rispettato la sua risposta.
Ma anche l'umiltà di non chiedere altro se non di poter far parte del suo universo, in caso contrario sarebbe sparito come aveva fatto per tutto quel tempo.
Sembrava che quel fiume di parole si fosse interrotto, quando un sorriso dolce affiorò sulle labbra dello scozzese. Solo ad allora osò cercare lo sguardo dell'altro.
Ho fatto quello che ti avevo detto, non hai nemmeno idea come il tuo ricordo nei momenti più bui mi abbia aiutato
Dolcezza e tristezza, e tutto quello che vi era di mezzo. Se avesse incrociato il suo sguardo in quel momento lo avrebbe rivisto, Francis avrebbe rivisto lo stesso sguardo che gli aveva dedicato quindici anni prima. Del suo due di coppe.
Forse ancora più tormentato o più consapevole, perché colui che gli stava rivolgendo lo sguardo in quel momento non era più un ragazzino, ma un adulto, un uomo.
Tu...Hai mantenuto la promessa?
Quella era la domanda che avrebbe voluto fargli fin dal primo momento, la cosa a cui più teneva. Saper di non aver contaminato quel modo di vivere, di essere. Una promessa che sperava fosse stata mantenuta al di là dei suoi sbagli, degli anni.
Un sospiro, ora aveva detto tutto ciò che aveva voluto dire in quegli anni, quello che le sue parole non erano stato in grado di trasmettere, vi aveva pensato il suo linguaggio non verbale, il suo sguardo.
Un'altra lacrima gli solcò il volto, mentre cercava nuovamente lo sguardo di Francis.
 
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view post Posted on 13/3/2021, 01:43
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Parlami gli avevo detto. Non era stato un ordine, né tantomeno una richiesta. Se ve lo state chiedendo non era stato nemmeno un permesso. “Parlami” era un invito. Un invito a bussare nuovamente alle porte della memoria infranta da lui, di lui. “Parlami” perché per quindici anni c’era stato solo silenzio tra noi. Una sola parola per farmi convesso, pronto ad accoglierlo. Lui. La sua voce.

Forse se anch’io avessi fatto il primo passo e mi fossi fatto sentire, quell’assenza non sarebbe mai entrata in essere. Non che non ci avessi pensato. Ma come avrei potuto rintracciarlo? E poi, sarebbe stato rispettoso nei suoi confronti? Già. Il rispetto. Bella cosa. In fondo, era stato lui stesso a volersene andare. E chi ero io - se non un ragazzino quattordicenne - per chiedergli di restare? Io ero solo un amore temporaneo. Una prova magari. Le mie esperienze in amore si potevano contare sulle dita… di un dito. Un dito a forma di Romeo, per l’esattezza.

Quasi mi venne da sorridere al mio stesso pensiero. I miei occhi, però, non la pensavano ugualmente. Le guance erano ancora solcate da lacrime che avevano un sapore diverso da quello della tristezza. Erano lacrime di sfogo. Lacrime tenute dentro per anni e che mai avevano avuto modo di uscire. Lacrime che avevo buttato a calci nell’inconscio e che, occasionalmente, facevano la loro comparsa solo nei miei sogni. Nei miei incubi. Nelle notti più turbolente, quelle senza stelle e piene d’oscurità. Quelle notti in cui avrei voluto solo un suo braccio a cingermi le spalle e le sue labbra a sussurrarmi qualsiasi cosa, anche la più assurda, nell’orecchio. Mi avrebbe calmato. Mi calmava. Il pensarci, dico. Tuttavia quell’idea non si faceva mai manifesta. Era destinata ad affievolirsi a tal punto che al mattino non ne rimaneva che cenere.

Quando Romeo prese a parlare, qualcosa prese lentamente a mutare dentro di me. Ero colpito da quanto stesse dicendo. Per la precisione, da quante parole stesse dicendo. Romeo non era mai stato un tipo di tante parole. La prima e l’ultima volta che l’avevo sentito proferire così tante cose insieme… Beh. Sappiamo tutti com’è andata.

Era diverso. Stavolta. Diverso era lui e diverso era quanto stesse dicendo. Ne fui letteralmente sconvolto al punto che avvertii i miei occhi sbarrarsi. Improvvisamente ebbi la consapevolezza che anche per lui non era stato così facile e che, probabilmente, mi fossi buttato addosso colpe che non avevo. E, allo stesso tempo, avevo addossato colpe a lui. Che non aveva.

Mi aveva pensato. A me. Alla mia sofferenza. A noi.

In poco riuscì ad uccidere il mio sabotatore interiore. Forse credere che non mi avesse pensato rendeva più facile elaborare quello che per me era stato un vero e proprio lutto. Non mi piacque, però, il fatto che si desse dell’egoista. Non lo era. E aveva ragione su una cosa: non poteva tornare nella mia vita se non ora.

L’universo mette in gioco energie tra le più disparate. Che sia la vita, il destino o dio, le vie che possiamo percorrere sono innumerevoli. A volte, queste vie, incrociano il percorso di qualcun altro. Non si uniscono mai completamente, ma viaggiano vicine. Non coincidono del tutto ma si intersecano e corrono parallele. Non sempre giungono alla stessa meta perché spesso il percorso cambia, deraglia, si distanzia. Si riavvicina ad essa. Non bisognerebbe mai dare per scontato che due percorsi non possano riaccostarsi né che ce ne possano essere di nuovi in arrivo, in accostamento. Non avevo creduto abbastanza nell’universo. Lo avevo sottovalutato.

Quello che mi colpì di più del suo discorso fu che mi aveva scritto delle lettere… mai inviate. E pensare che anche io, in qualche occasione, gli avevo indirizzato delle lettere. Per poi bruciarle. Aveva fatto lo stesso anche lui? Fu in quell’istante che ebbi il coraggio di alzare lo sguardo ai suoi occhi, solo per rendermi ulteriormente conto che quello che stava provando non era diverso da quello che provavo io. Io e Romeo avevamo una profonda connessione, qualcosa che andava al di là di ogni possibile discorso, al di là di ogni descrizione. Quegli occhi nei quali mi ero specchiato così tante volte presero improvvisamente significato, come se fossi finalmente riuscito ad intravedere la soluzione agli enigmi che tanto avevano nascosto nella nostra adolescenza, nella parte più profonda dell’iceberg. Il ghiaccio che avevo visto in quegli occhi si era sciolto. Le lacrime non erano solo le mie.

Poi, una goccia cadde dal cielo. Seguita da una seconda e da una terza. In alto c’era ancora un timido sole a fare capolino oltre le nuvole che man mano si addensavano. Una leggera pioggia inglese, tipica, prese a scendere su di noi come a voler cancellare quelle lacrime e purificare il dolore di entrambi.

E come se fossi stato un pazzo, privo di senno, non potei fare a meno di abbracciarlo.

Non gli saltai al collo. Non lo feci in modo brutale. Fu un avvicinarmi lento, avvenuto dopo essermi sincerato che le carte fossero tutte al loro posto, togliendole delicatamente dalla presa che entrambi avevamo ancora su di esse. Prima che potessero bagnarsi. Non lo strinsi. Era una presa lasca, fragile ma al contempo ricca di significato. Se lui era riuscito a parlare come un fiume in piena, io mi sentivo per la prima volta privo di parole. Avrei voluto che fosse quell’abbraccio a parlare. Che fossimo rimasti per sempre così.

“Guarda che hai combinato…” Dissi, con la voce spezzata, riferendomi al fatto che mi mancassero le parole. Anche se poteva interpretarsi anche come un “mi hai fatto esplodere il mazzo” che, tutto sommato, aveva quasi un ché di poetico. Oppure poteva sembrare un rimprovero, tipo “guarda che hai combinato a star via tutto questo tempo”. Magari era volutamente ambiguo, cosicché volesse dire un po’ tutto, un po’ niente. ”Sai cosa ti dico?”

Dovetti prendere un respiro. Per quanto difficile potesse sembrarmi, facevo fatica ad esprimermi. Ci eravamo scambiati di posto quando avevamo toccato il mazzo?

“Non hai mai lasciato quel posto nella mia vita… è sempre stato tuo. Neanch’io ho dimenticato, anche se non ti nascondo di averci provato. Ma non importa. A me importa solo che ora tu sia qui. Che noi siamo qui. Restiamo qui, ancora un po’… Abbracciami finché non saremo anche noi pioggia, finché piove... e, quando avrà smesso… Beh… Quando avrà smesso dovrai raccontarmi tutto quello che c’era in quelle lettere…”






Considero superata la prova relativa alla dichiarazione d'amore per la challenge di Madama Piediburro
 
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view post Posted on 13/3/2021, 16:00
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Romeo Murphy
Per quanto Romeo non fosse una persona dalle molte parole, nelle occasioni che lo necessitavano era in grado mettere insieme un discorso più o meno articolato.
Ma in quel caso, quel fiume in piena di parole, era un fiume unico nel suo genere. Perché la sua sorgente nasceva direttamente dai suoi pensieri più intimi e privati, che aveva custodito per più di quindici anni. Come un fiume, quelle parole avevano eroso tutto quello che vi era stato intorno, come l' insicurezza o l'indecisione di non mostrarsi. Non aveva lasciato che le proprie insicurezze lo contrastassero, ma nel paradosso della meravigliosa natura umana aveva lasciato che Francis, percepisse chiaramente tutte le sue insicurezze. Era stato cristallino.
Era quello che avrebbe visto Francis, in quegli occhi che l'emozione aveva reso argentei, per le lacrime trattenute che avevano trovato uno sfogo. Sarebbe bastato quello, la soddisfazione per una volta di non essersi celato, la soddisfazione di essere svincolato dalla gabbia dorata delle sue elucubrazioni...Ma non ci fu solo quello, perché il suo sguardo si immerse nello sguardo di Francis. Lo seppe, quello che aveva detto era stato recepito, quegli occhi parlarono in una melodia silente che aveva aspettato più di un decennio per interpretarla nuovamente.
Come gli aveva detto non importava quello che erano diventati, o erano stati, in quel momento erano la versione più scarna di loro. Due essenze che si incontravano e scontravano nelle gentilezza della accettazione.
Trattenne il respiro quando lo vide muoversi verso di lui, il suo corpo si mosse spontaneamente lasciandogli lo spazio, quella conversazione non verbale trovò il suo exploit in quell'abbraccio. Tutto quello che poteva aver detto, pensato, fu sostituito da quell'abbraccio. La risposta di Francis era in quell'abbraccio, Romeo ritrovò parte di quello che poteva aver lasciato ma la sensazione finale era la piacevolezza di aver chiuso un cerchio.
Il cielo decise di dire la sua, con quelle gocce che sembravano celebrare quella connessione ristabilita.
CITAZIONE
Guarda che hai combinato…

Non lo percepì come un rimprovero, di conseguenza quello che fece Romeo fu sorridere al di sopra della spalla di Francis. Nell'abbraccio aveva piegato appena le ginocchia, in modo da rendere quell'abbraccio confortevole. Produsse anche uno sbuffo che era quella di una risata, mentre aumentò per un secondo l'intensità di quell'abbraccio.
CITAZIONE
Sai cosa ti dico?

Era assurda quella situazione, Francis che doveva sforzarsi a parlare e Romeo che era stato un fiume in piena. Eppure vi un equilibrio in tutto ciò, che Romeo non poté non apprezzare.
Si scostò appena per poterlo guardare in volto, lo ascoltò mentre il suo sguardo tracciava i contorni di quel viso, un sorriso prima di nuovo abbandonarsi a quell'abbraccio.
Dove le parole non erano arrivate, vi fu quel calore a riempire il vuoto che vi era stato in precedenza, era come ritrovare un'intesa, che era rimasta sospesa fino ad allora.
Chissà cosa avrebbero pensato i passanti, a vedere due uomini abbracciati nella pioggia che non sembravano preoccupati per quella pioggia tipicamente britannica.
Le lacrime di Romeo si mischiarono con le gocce della pioggia, sembrò che quelle nuvole avessero voluto dargli il loro contributo, purificando quel loro rincontro.
 
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view post Posted on 13/3/2021, 23:02
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Mi staccai dal suo corpo giusto un attimo, le braccia ancora agganciate al suo collo in una presa che non gli avrebbe mai permesso di scappare via. Tutto intorno a noi scomparve, eravamo solo io e Romeo. Sotto la pioggia. Fu come se fossimo stati catapultati improvvisamente nel nostro giardino segreto, come se nulla fosse cambiato. Per quei minuti, che non so quanto fossero durati, perché sembrarono al contempo un secondo e l’eternità, nulla era accaduto. In quello spazio di sguardi e pioggia non erano passati quindici anni dall’ultima volta che ci si era visti. Eravamo due anime, due corpi che sotto le lacrime del cielo si univano fradici e zuppi. Senza timore, senza paure. Eravamo di nuovo puri e spensierati come lo eravamo stati su quel letto erboso. Non c’erano stati baci e foglie svolazzanti di cespugli, ancora. Ma nel mio stomaco le farfalle volavano impazzite insieme ai battiti del mio cuore. Mi accostai nuovamente a lui, il capo poggiato al suo petto. Anche il suo cuore batteva. Mi ricordò di quando ci stendevamo l’uno sull’altro e coi nostri respiri accordavamo i nostri organi affinché producessero lo stesso ritmo cadenzato, all’unisono, in sincrono. Quello che stavamo vivendo possedeva, come ogni momento già vissuto, una magia forte e incontrastabile. Più felice di un patronus e allo stesso tempo mortale come un Avada.

“Mi toccherà buttare questo cappotto… l’avevo comprato a China Town, cosa potevo aspettarmi?”

Sbiascicai mangiandomi le parole, con un tono fintamente rattristato. Solo perché non riuscivo ancora a dirgli qualcosa di smielato, solo perché già tutta quella scena portava con sé abbastanza dolcezza e romanticismo da far venire il diabete a chiunque ci stesse guardando. Ma anche perché mi accorsi realmente che alcuni ciuffi di piume rosse si stavano staccando per rimanere appiccicate agli abiti di Romeo. Chissà come avrebbe preso quella faccenda…

“Lo senti?”

Una domanda sottovoce che lo invitava a tendere l’orecchio. Non mi riferivo solo al battere dei nostri cuori, ma anche al cadere incessante della pioggia. Era come se si fosse creata una melodia, un’armonia naturale tra corpo e atmosfera. E dopo quella richiesta non gli ci volle molto per capire cosa intendessi fare. Perché su delle note non troppo mute iniziammo ad oscillare in una danza ritmata. Stavamo ballando, completamente bagnati, davanti all’intero villaggio. Gli ombrelli neri dei maghi intorno non erano che un contorno per la nostra silente coreografia.

L’unica musica era quella della pioggia e dei nostri cuori.






Considero superata la prova relativa al ballare con qualcuno in pubblico
 
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view post Posted on 1/4/2021, 21:38
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Romeo Murphy
Francis in quel momento gli aveva riportato una parte di sé che pensava di aver seppellito, nei suoi pensieri più tetri. O così pensava, a pensiero freddo non si sarebbe mai trovato capace di danzare nella pioggia.. Eppure era successo, senza alcuna pressione. Seguire il mood del momento, era sempre più liberatorio di quanto avesse preventivato. Seguire le proprie inclinazioni e predisposizioni, era liberatorio. Ma era anche stato liberatorio, per una volta, andarvi contro. Distruggere il proprio istinto alla preservazione, al non volersi confrontare con nessuno.
CITAZIONE
Mi toccherà buttare questo cappotto… l’avevo comprato a China Town, cosa potevo aspettarmi?

Non si era aspettato quell'esternazione dal Corvonero, la sua risata iniziò con uno sbuffo per poi propagarsi nelle strade lasciate vuote dai passanti che aveva cercato riparo dalla pioggia. Echeggiò, libera. Assottigliò lo sguardo, rivolse appena la testa all'indietro, quasi decidendo di godersi quella battuta senza alcuna remora. Rise sinceramente, rise di cuore, perché quel tipo di esternazioni lo facevano sempre ridere, ma non solo considerata quella situazione quella battuta al di fuori dal contesto, la apprezzava, immensamente.
Ora che aveva puntato l'attenzione su quel cappotto, Romeo si rese conto di avere piume addosso, le guardò divertito per poi cercare un'intesa verso l'altro.
Mi sa, io invece rinnoverò il mio...
Disse sullo stesso tono dell'altro uomo, in riferimento al fatto che considerato il numero di piume che erano rimaste intrappolate sul suo di cappotto, poteva considerare di avere un pezzo d'abbigliamento nuovo.
CITAZIONE
“Lo senti?”

Fece quello a cui era stato invitato a fare, guardò un punto non specificato oltre Francis...Lo sentì, quel suono. Lasciò che quella melodia suonasse, per coordinare i loro passi.
Qualunque cosa fosse stata, qualunque cosa sarebbe accaduta, avevano condiviso un momento speciale come quello. Romeo non avrebbe mai potuto immaginare, che quel rincontro sarebbe andato in quel modo.
Finito di danzare, anche la pioggia decise di acquietarsi per dare spazio a nuvole timide ormai scariche, insieme al bagliore del sole che decideva di palesare la sua presenza, accompagnato dal cinguettare delle creature poco lontane, che salutavano i primi raggi di sole dopo la pioggia.
Romeo si scostò da Francis, facendo un passo indietro, rivolgendogli un sorriso a labbra strette.
Ma con questa cosuccia, dove andavi?
Il tono divertito, ma anche sinceramente interessato a dove poteva essere stato prima di quell'incontro con lui. In realtà lo sapeva che era stato al colloquio, ma non sapeva se si fosse cambiato o se quello era proprio quella, la mise, che aveva scelto per il colloquio a cui era sempre stato destinato da sempre.
Se le parole potevano anche sembrare vagamente canzonatorie, il modo di fare di Romeo le smentiva per dare l'esatta impressione che aveva: di apprezzamento. Questo era visibile nel tono dello sguardo e della voce, non per ultimo dal sorriso a labbra strette.
 
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8 replies since 10/3/2021, 18:36   167 views
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