Prima di andarsene da Hogwarts aveva preso una decisione, era stata la decisione più difficile della sua vita. Aveva fatto credere a tutti che non avesse sofferto a prenderla, a tratti se ne era convinto lui stesso.
Ma nelle notti solitarie ritornato nella casa del nonno paterno, si era reso conto di quanto gli mancasse Francis. Il suo era stato un dolore privato e intimo, che era riuscito a esplicitare a qualcuno solo da ubriaco molti anni dopo. Era qualcosa di cui non andava fiero, ma amaramente non se ne era pentito.
Per come erano andate le cose, era stato convito di aver preso la decisione migliore. Non era stata una persona stabile per molti anni, non era stato affidabile e la cosa migliore era stato allontanarsi dalla cosa che aveva reputato la più importante al mondo. Il modo di essere di quel ragazzino, che alla sprovvista, lo aveva conquistato.
Non era più riuscito a legarsi a nessun'altro in quel modo, in parte perché spaventato di avere una vicinanza con qualunque persona, in parte forse perché non aveva mai dimenticato Francis.
Si trovava ridicolo a tratti, perché una relazione di una manciata di mesi era stata più importante di anni della sua esistenza. Aveva capito molto di più di sé, degli altri, dell'universo, in quelle chiacchierate nel giardino segreto che in anni.
Era al di là del grato per quello che aveva vissuto, per quella gratitudine, si era tenuto a largo. Aveva avuto paura di rovinare il ricordo dei quei momenti, con i suoi fari bruschi. Ma quello che aveva temuto, ancora temeva immensamente di più, era un rifiuto a regola d'arte. Era stato sicuro di non riuscire a riprendersi, per questo motivo aveva deciso di non farsi vivo.
Ma non per questo non aveva sperato che Francis si facesse vivo, per un periodo della sua vita, lo aveva aspettato e poi aveva finito per rassegnarsi.
Ma tutto ciò che aveva rimandato fino ad allora era diventato chiaro quando era tornato in Gran Bretagna. Era il momento giusto, non sarebbe scappato, non aveva semplicemente più scuse...Soprattutto dopo che aveva avuto quello scontro, a cuore aperto, con Thomas. Era venuto il momento di farsi avanti, di incontrarlo.
Ora che lo aveva davanti, si era reso conto che aveva fatto passare troppo tempo e l'unico che poteva incolpare di quella situazione era se stesso. Non si sarebbe mai perdonato di aver fatto scivolare gli anni, di aver reso qualcosa che riteneva inestimabile, un ricordo. Ma lo aveva fatto, di conseguenza quello che gli rimaneva da fare era chiudere un cerchio o provare quanto meno a farlo.
Mentre si inginocchiava a raccogliere le carte, non seppe più cosa pensare, nemmeno cosa sentire. Era stato lui, a provocare la reazione del mazzo? Cosa voleva dire?
Aveva il cuore in gola, per l'emozione. Si sentì sopraffatto da quel turbinio di sensazioni che lo colpirono tutte in una volta, senza nemmeno avere la capacità di separarle. Vi era il timore, la paura, la gratitudine, la meraviglia, il senso di colpa...Non riusciva a tracciare in se stesso un'emozione in maniera chiara. Il suo corpo si mosse, senza che fosse davvero in grado di comandarlo.
Fece fede a tutto il suo autocontrollo per arrivare davanti a Francis, senza lasciarsi sfuggire delle lacrime, o una espressione fuori posto, o peggio decidere di andarsene. Ma man mano che raccoglieva quelle carte si rese conto, di non voler stare da nessuna parte se non lì, doveva finalmente confrontarsi con ciò che aveva creato, lasciato. Aveva atteso quindici anni per vivere quel momento.
Quando aveva raggiunto Francis e aveva preso dalle sue mani la parte di carte che aveva raccolto, le loro mani si sfiorarono appena. Erano davvero passati quindici anni? O li aveva solo sognati? Per un tempo indefinito si sentì con ancora addosso la divisa da Serpeverde. Non aveva dimenticato nulla di quello che era stato, la sua presenza, il suo modo di muoversi, non era cambiato nulla di lui. O così gli parve.
L'unica cosa che era cambiata era che ora erano adulti, ed ora Romeo avrebbe dovuto dimostrare di esserlo.
Quella voce flebile, gli spezzò il cuore. Era stato lui a portargli via le parole? Era stato quello che aveva fatto, a colpirlo in quel modo? In una crudeltà che non sapeva di avere si trovò a tracciare con lo sguardo, l'intero volto di Francis, cogliendo quelle lacrime. Sgranò lo sguardo mentre le pupille tracciavano la traiettoria di quelle lacrime, sentì delle proprie solcargli il volto. Come poteva essere che a distanza di anni, vi fosse ancora quella connessione? Non si sentì di meritarsi tutto ciò quello che stava accadendo, ma sarebbe stato da sciocchi non cogliere quella occasione.
Una sola lacrima solcò il viso dello scozzese, che prese un respiro pesante prima di parlare. Era un modo di fare che negli anni non era svanito, prima di dire qualcosa di importante prendeva sempre quella boccata d'aria, che aveva un suono e una gestualità tipica di un modo di comportarsi di Romeo che era solenne.
GrazieSì, lo aveva davvero fatto, anche in una situazione come quella aveva deciso di essere criptico perché quel ringraziamento non era solo per la possibilità che gli stava dando in quel momento, ma anche per tutto ciò che gli aveva donato e anche quello che stava provando in quel momento.
Ma non avrebbe continuato a nascondersi nelle sue mezze frasi, era cresciuto, ora se voleva davvero parlare di qualcosa era in grado di farlo e non si sarebbe di certo risparmiato.
Non mi scuserò perché quello che ho fatto, non è perdonabile. Non ti ho lasciato la possibilità di scegliere, ho preso la mia decisione perché per me in quel momento era la cosa migliore da fare. Ma non solo mi sono chiuso nel mio silenzio, nella mia distanza...Quello che vorrei che tu sapessi è che non ho dimenticato quello che abbiamo vissuto, non ho permesso a nessuno di vedere quanto stessi soffrendo, non ho nemmeno permesso a me stesso di sapere quanto lo stessi facendo tu...Sono stato egoistaIl tono di voce all'inizio fu aspro, contro se stesso, per quello che aveva fatto. Ma poi quel tono virò nuovamente in un modo solenne, traspariva però la difficoltà di quella decisione ma non solo il fatto che stesse cercando di parlare al meglio delle sue capacità. La stessa asprezza inziale diventò più acuta, era rancore, verso se stesso.
Per assurdo invece di perdersi nei suoi soliti movimenti nevrotici era stato perfettamente immobile, solo gli occhi si erano mossi sulla figura dell'altro. Ma non aveva osato cercarne lo sguardo.
Mi dispiace, mi dispiace non essere stato all'altezza di quello che avevamo. Di non essere stato in grado di comportarmi come ti meritavi...Non hai idea di quante lettere ti abbia scritto negli anni, quante non ho mai trovato il coraggio di mandarti. Quante volte, ovunque mi trovassi, vedevo qualcosa che mi ricordava di te...Quanto mi sono illuso che prima o poi mi avresti scovato, ovunque fossi.Quello che disse era sentito, quel tono di voce, quel modo di porsi, pochissime persone lo avevano sentito. Francis era stato tra queste, lo era anche in quel momento, non aveva paura di esporsi in quel momento Romeo, raccontandogli anche della propria frustrazione, data dall'illudersi che prima o poi avrebbe si sarebbe fatto vivo. Vi era anche della dolcezza, ma non solo vi era anche molto più di quello che sarebbe riuscito ad esprimere a parole, quello che stava facendo in quel momento Romeo era parlargli a cuore aperto.
Ma ora sono qui, so che è poco, so che probabilmente non è nemmeno abbastanza. Ma ora non ho più intenzione di fuggire, non sono più un adolescente, né un codardo. L'unica cosa che ti chiedo è il permesso di poter fare di nuovo parte della tua vita, solo questo. Ma se mi scaccerai, io lo capisco...Ma ti prego di credermi, non potevo tornare nella tua vita se non ora. Aveva stretto un pugno, che man mano che parlava rilasciò. Era chiaro nella sua postura, nel modo di porsi, quanto stesse sentendo quelle parole, quanto sperasse davvero di avere quel permesso ma allo stesso tempo avrebbe capito l'altro. Vi era tutto il coraggio di potersi scontrare con un muro, tutta l'eleganza di sapere di poter andare incontro a un fallimento. Ma non vi era solo questo, vi era molto altro, vi era soprattutto il rispetto verso Francis, non avrebbe fatto nient'altro che lo potesse colpire in alcun modo, ma soprattutto avrebbe rispettato la sua risposta.
Ma anche l'umiltà di non chiedere altro se non di poter far parte del suo universo, in caso contrario sarebbe sparito come aveva fatto per tutto quel tempo.
Sembrava che quel fiume di parole si fosse interrotto, quando un sorriso dolce affiorò sulle labbra dello scozzese. Solo ad allora osò cercare lo sguardo dell'altro.
Ho fatto quello che ti avevo detto, non hai nemmeno idea come il tuo ricordo nei momenti più bui mi abbia aiutatoDolcezza e tristezza, e tutto quello che vi era di mezzo. Se avesse incrociato il suo sguardo in quel momento lo avrebbe rivisto, Francis avrebbe rivisto lo stesso sguardo che gli aveva dedicato quindici anni prima. Del suo due di coppe.
Forse ancora più tormentato o più consapevole, perché colui che gli stava rivolgendo lo sguardo in quel momento non era più un ragazzino, ma un adulto, un uomo.
Tu...Hai mantenuto la promessa?Quella era la domanda che avrebbe voluto fargli fin dal primo momento, la cosa a cui più teneva. Saper di non aver contaminato quel modo di vivere, di essere. Una promessa che sperava fosse stata mantenuta al di là dei suoi sbagli, degli anni.
Un sospiro, ora aveva detto tutto ciò che aveva voluto dire in quegli anni, quello che le sue parole non erano stato in grado di trasmettere, vi aveva pensato il suo linguaggio non verbale, il suo sguardo.
Un'altra lacrima gli solcò il volto, mentre cercava nuovamente lo sguardo di Francis.