Auror | 28 y.o. | Irlandese
Sorseggiò la propria bibita ghiacciata con assoluta calma e con brevi sorsi, mentre si faceva sempre più interessato a quanto Lucien ebbe da spiegargli in merito alla canzone che avrebbe suonato da lì a breve. Ovviamente si accomodò meglio sulla panchina, con una gamba appoggiata sull’altro ginocchio e un gomito puntellato contro lo schienale, assumendo una posa rilassata ma, al contempo, svaccata. Gli occhi blu parvero scintillare quando Lucien sfiorò le prime corde dello strumento, proprio come le onde del mare che venivano colpite dai raggi solari, in un gioco di luci e colori che uno come il Guardiacaccia di Hogwarts avrebbe potuto facilmente riconoscere nello sguardo del fulvo; ma il suo interesse venne ancor più enfatizzato quando Aiden irrigidì il collo qualche istante dopo, rizzando le orecchie come un qualsiasi animale dall’udito ben sviluppato e sensibile, proprio come la volpe quale che era, anche se l’altro - purtroppo - ne era totalmente ignaro.
E si immerse così nella comprensione del testo, oltre al bearsi delle note che colmarono lo spazio circostante e coprì le voci concitate degli abitanti del villaggio, dimenticando - al tempo stesso - di avere una lattina ghiacciata ancora in mano e che gli stava bagnando le dita, oltre ad intorpidirle. Non avrebbe suonato con la solita scioltezza, una volta toccato il suo turno, se non si fosse premunito di asciugarsi e sgranchirsi le mani, ma sarebbe stato un problema a cui avrebbe prestato attenzione in seguito.
Quando Lucien terminò la propria canzone, le labbra di Aiden si curvarono in un sorriso soddisfatto e fece per applaudire nel complimentarsi con l’altro, finché la mano libera non impattò tremendamente contro la lattina che aveva ancora serrata sull’altra mano, facendo impennare una buona quantità di liquido scuro e appiccicoso che schizzò sui suoi vestiti senza alcuna pietà. «
Accidenti!» esclamò, allontanando la bibita incriminata e che stava rigurgitando tutta la schiuma come un vulcano. Dovette metterla da parte, in un lato libero e lontano della panchina, per poi sfoderare la bacchetta e destreggiarsi in un rapido, quanto salvifico,
Tergeo, assorbendo ogni traccia della bevanda dalle mani e dai vestiti. «
Che vita grama...» borbottò, infine, per poi pensare a rivolgere i propri complimenti a Lucien. «
Se potessi darti un voto, direi Oltre Ogni Previsione! Sì, direi proprio che l’Irlanda ti concede i pieni voti, Cranvenmoore. Spero che la Scozia sia altrettanto magnanima con me.» aggiunse, sogghignando di puro divertimento.
Afferrò la chitarra e se la posizionò sulla gamba, per poi eseguire un rapido scricchiolamento delle dita per farle riprendere dal precedente intorpidimento e scioglierle al meglio, anche perché ne avrebbe avuto davvero bisogno se voleva suonare a dovere quella canzone che, solitamente, eseguiva con il banjo. «
Canterò anch’io una canzone che narra di un viaggio...» spiegò, brevemente, non volendo anticipare nulla a Lucien come una sorta di effetto a sorpresa; tuttavia, non era certo che al Guardiacaccia fosse del tutto estranea la canzone
Rocky Road to Dublin, del resto era abbastanza famosa e veniva cantata un po’ ovunque anche nel Regno Unito, ma l’avrebbe senz’altro scoperto alla fine della propria esibizione canora. La canzone in questione parlava di un’avventura vissuta dal suo stesso compositore, il quale venne addirittura definito come il “
Poeta di Galway”, e nella quale descrive i vari problemi sorti durante il viaggio da Tuam a Liverpool.
«
In the merry month of May, From my home I started,
Left the girls of Tuam, Nearly broken hearted,
Saluted father dear, Kissed my darlin’ mother,
Drank a pint of beer, My grief and tears to smother,
Then off to reap the corn, And leave where I was born,
I cut a stout blackthorn, To banish ghost and goblin,
In a brand new pair of brogues, I rattled o’er the bogs,
And frightened all the dogs,On the rocky road to Dublin.
One, two, three, four five,
Hunt the hare and turn her
Down the rocky road
And all the ways to Dublin,
Whack-fol-lol-de-ra.»
Prese a cantare con passione e trasporto, mentre l’entusiasmo e l’amore per la musica della propria Terra Natia incisero notevolmente sull’accento dell’Auror, rendendolo alquanto marcato. Ma tra una nota pizzicata con decisione qua e là, la gola dell’uomo si tese per lo sforzo, intenzionato come non mai nell’aumentare d’intensità il proprio volume, richiamando così l’attenzione di molti nei paraggi. Ad un certo punto, improvvisamente, si alzò addirittura di scatto per poi sistemarsi meglio la chitarra contro il petto e sporgersi in avanti verso un Mago anziano che osò sfilargli davanti, come se volesse dedicare la canzone proprio a lui; inizialmente, dunque, ne strappò una reazione di puro stupore misto a scetticismo che però divenne ben presto entusiasmo, al punto tale che l’anziano prese a battere a tempo le mani.
«
In Mullingar that night, I rested limbs so weary,
Started by daylight, Next mornin’ light and airy,
Took a drop of the pure, To keep my heart from sinkin’,
That’s an Irishman’s cure, Whene’er he’s on for drinking.
To see the lasses smile, Laughing all the while,
At my curious style, ‘Twould set your heart a-bubblin’.
They ax’d if I was hired, The wages I required,
Till I was almost tired, Of the rocky road to Dublin.
In Dublin next arrived, I thought it such a pity,
To be so soon deprived, A view of that fine city.
Then I took a stroll, All among the quality,
My bundle it was stole, In a neat locality;
Something crossed my mind, Then I looked behind;
No bundle could I find, Upon my stick a wobblin’.
Enquirin’ for the rogue, They said my Connacht brogue,
Wasn’t much in vogue, On the rocky road to Dublin.»
Piegò appena le gambe e dirottò la propria attenzione verso un gruppetto di giovani Streghe, forse addirittura studentesse, che rimasero letteralmente spiazzate per quella performance nei loro confronti. E anche se le loro bocche rimasero paralizzate per il resto della canzone, Aiden rivolse uno sguardo carico di significato a Lucien:
che ne dici se dedichiamo le nostre canzoni alle persone di passaggio?Una sfida, un gioco, un gesto di puro altruismo nei confronti delle altre persone. L’Auror lasciò la scelta al Guardiacaccia: che considerasse la cosa come più gradiva, a lui poco importava, anche perché si sarebbe senz’altro divertito in maniera solitaria nel bloccare la crescita ad altri giovani Maghi e Streghe, o nel dilettare gli anziani con della musica che avrebbe potuto scuotere le fondamenta stesse dei Tre Manici di Scopa.