Il Vaso di Rubin, privata.

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Peace within us starts when we learn to forgive and let go
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Negli anni passati c'erano stati momenti in cui si era sentito molto più vivo, in cui circostanze difficili lo avevano costretto a essere sempre penosamente all'erta e pronto alla fuga, a stare sul chi vive, ad anticipare ogni mossa.
Ma non quella notte: disteso a letto, guardava le stelle fredde attraverso il lucernario mentre i ricordi frammentari della precedente festa a Villa Scott prendevano forma. Come un sasso in un ruscello, il pensiero di Jane aveva increspato la superficie di quell'attimo privo di turbamenti.
L'aveva vista; l'aveva udita nel modo in cui lo aveva disprezzato così apertamente, rischiando di compromettere ogni sua debolezza segreta al cospetto di Thalia.
Le increspature diventavano sempre più sfumate man mano che si allargavano, e lui stesso ormai era caduto sul fondo e lì si era ancorato; consapevole del fatto che, il tempo sarebbe fluito inesorabile accanto a loro, sopra di loro, incuneandosi sempre di più, finché avrebbe perso i frammenti della memoria.
Un'imprecazione poderosa lo fece destare, riportando la sua attenzione alla realtà con prepotenza, quasi facendogli sbattere la testa contro lo spigolo del letto. Si alzò e strisciò lentamente fino al tavolo della cucina: prese un coltello per sbucciare. Per quanto abituato alla superficialità d'approccio nei rapporti umani, era innegabile quanto quel suo menefreghismo totale non stesse funzionando.
Ricordava perfettamente i rimproveri di Jane come se fossero stati pronunciati appena il giorno prima, e per quanto potesse considerarsi ad oggi una persona migliore, non era mai stato in grado di cancellare quella parte così attorcigliata della sua esistenza. Le varie esperienze di vita lo avevano indotto ad accantonare qualsiasi progetto futuro, spogliandolo di qualsiasi certezza, tanto da rendere vulnerabile la retta perpendicolare che Normann Scott aveva tracciato per il suo futuro di Mago.
Eppure, di strada ne aveva fatta, Lucas. Semplicemente, continuava a ripetersi, se la direzione intrapresa fuori da ogni controllo, avrebbe finalmente condotto alle fragili speranze di libertà che tanto desiderava.
Chiuse la mente e prese posto a sedere, fece un respiro profondo, espirò e, cercando di ignorare il pressante fastidio alla bocca dello stomaco, cominciò a riflettere in modo sereno.
Quello che aveva a cuore, si accorse, riguardava ben altro, qualcosa di più profondo. La figura della Read aveva da sempre rivestito un ruolo importante nella sua crescita personale, e lui, per la prima volta, in quella stanza solitaria cominciava a sentire la chiara necessità di doversi confrontare con lei.
Nella mente uno schema illustrativo cominciò a prendere forma, già pronto a rimarcare il delicato susseguirsi degli eventi passati che li vedevano coinvolti. Ricordava il modo in cui le cose erano drasticamente scivolate verso l'irreparabile, come un germe di inquietudine, che nel buio del cammino crebbe fino a contaminare la loro relazione di coppia.
Le sue riflessioni misero a fuoco una dopo l'altra le motivazioni che potevano aver provocato quello sconvolgimento generale: la partenza improvvisa della Compagna da Stoccolma e quindi l'abbandono vorticoso che, passandolo sotto la lente d'ingrandimento nelle consapevolezze personali di Lucas, aveva lasciato un'immagine della casa senza di lei, senza le sue occhiatacce e le sue alzate di spalle e i suoi occhi al cielo, senza la sua snella figura che in un lampo scompariva dietro l'angolo, senza la sua carne così pallida e impassibile accanto a lui nella stanza, per arrivare poi ad una conclusione definitiva e sconcertante: percepiva la mancanza di un chiarimento definitivo.
Tenne in mente la frase come un prete tiene in alto il calice, stupefatto da ciò che rappresentava al di là della sua realtà concreta. A questo si accompagnava la nuova conoscenza intrapresa con Thalia, con la quale stava succedendo qualcosa di particolare, e anche se non sapeva bene cosa, era ben propenso a fare delle congetture iniziali. Questo voleva dire che, nonostante tutto ciò che aveva fatto di sbagliato e tutto ciò che non era riuscito a combinare di buono, lui, il tanto detestato Lucas Scott era perfino capace di provare sentimenti benevoli.
Infastidito dalle sue stesse conclusioni, prese una mela dal cestello e ci piantò dentro il coltello. A labbra strette, pelò una striscia irregolare di buccia, guardandola srotolarsi sulla superficie ripulita del tavolo. Andava tutto storto. Non era così che dovevano andare le cose, proprio per niente.

Cercava di prendere sonno ma non ci riusciva, la carica di nervosismo era ancora palpabile. Purtroppo, tra lui e Jane si era insinuata una distanza profonda e dolorosa, il primo trincerato nella coerenza delle sue scelte, mentre la seconda, arresa al loro inesorabile compimento.
Guidato dal suo stato d'animo piuttosto alterato, Lucas cominciò ad assecondare gli assalti della rabbia fin dal primo pensiero. Quando prese il giacchetto era troppo tardi per modificare le considerazioni in atto, desiderava profondamente confrontarsi con lei, e in quella scena di vendetta e ribalta si esprimeva forse una rivelazione ben più sottile che ancora ignorava. Non c'era da preoccuparsi, tutto sommato: forse c'era una trama più grande, la stessa che coinvolgeva entrambe le figure in questione sin da quando erano semplici adepti di Priscilla.
Ricordava bene l'indirizzo abitativo della Compagna, e quando fu attirato nel vuoto, il viaggio si disse ormai in corso: non c’era più modo né tempo per tornare indietro, e la Destinazione era scattata per bene. Dopo qualche secondo apparve illeso, perfettamente integro, da tutt’altra parte grazie alla smaterializzazione magica.
Cominciò a camminare, districandosi nella stretta via, e scorgendo curioso l’ambiente circostante.
Dapprima i suoni, ben più gentili, tra il verso stridulo di una civetta nei paraggi e lo scorrere di un corso d'acqua di per sé vicino; in seguito gli odori, di gran lunga più freschi, puliti, pienamente naturali. Quando lo sguardo riuscì a mettere tutto a fuoco, Lucas capì di trovarsi in una zona di Londra molto tranquilla e isolata, ormai avvolta dal velo della notte. Il buio era come di velluto, un filo sospeso a mezz'aria, in contrasto con la luce accesa di un lampione - sicuro, funzionante, illuminava dall'alto tutto il viale alberato raggiunto. Da un lato all'altro del sentiero in cemento, si inoltrava un prato curato, con un paio di querce e di salici di tanto in tanto.
Là dove il Giornalista si era fermato, pochi metri più avanti, c'era infine l’appartamento di Jane, un luogo traboccante di serenità, nella fulgida e poco affollata Nothing Hill.
Le luci della casa erano spente, e se in un primo momento le intenzioni di lui erano così desiderose di bussare alla porta, la corretta presa visione dell'orario - relativamente tardo - lo fece ricredere, tuttavia. Stanco di arrovellarsi si lasciò andare sulle ginocchia, prendendo posizione sopra gli scalini più vicini.
Gli occhi tristi caddero nuovamente nel vuoto mentre il corpo fu scosso dal riverbero di una paura, ora, distante.
Lucas Scott | 24 anni | Giornalista
 
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Una tazza di caffè fece irruzione nel suo campo visivo, posata tra il libro polveroso che stava consultando e la pergamena dove si rincorrevano tra loro parole sconnesse e numerosi punti di domanda. Alzò lo sguardo, sorpresa, cercando di identificare l’origine di quel gesto così gentile.
« Non è troppo tardi per… » Grace, la sua collega di turno quella notte, si sporse per afferrare la pergamena e leggere meglio gli appunti disordinati che aveva scritto nelle ultime ore, « ”Scrofungulus e Spruzzolosi, cure comuni per malattie diverse?” Jane, non ti facevo così masochista! »
L’unica reazione a quelle parole fu un sospiro stanco accompagnato da un sorriso tirato: l’ex corvonero allungò la mano destra per afferrare la tazza tiepida, mentre con la sinistra recuperava il foglio stropicciato dalle mani della collega, facendolo poi scivolare sul ripiano del tavolo. Era pronta a rispondere dopo un sorso di caffè, fondamentale per riuscire a pronunciare parole sensate dopo quattro ore ininterrotte passate tra pustole, virus e rimedi antichi, ma Grace non sembrava intenzionata a darle il tempo di spiegarsi. « Seriamente, è così che trascorri il tuo tempo dopo un turno di lavoro? Ti pensavo già a casa da ore! »
Jane alzò una mano per fermare il fiume di parole che la stava travolgendo, « Se Paul Dwight ti avesse dato tre settimane scarse per questa ricerca, sono certa che ti saresti direttamente trasferita al San Mungo. » guardò negli occhi la ragazza, notando un lieve risentimento per la sua risposta, « E io ti avrei portato caffè ad ettolitri, » addolcì il tono di voce, pentendosi di essere stata così brusca, « e i migliori muffin di Florian. Tra l’altro, grazie per il caffè, davvero. » Grace fece spallucce, come se in fondo si trattasse di un gesto normale, e in effetti tra di loro appariva proprio così: colleghe fin dai primi giorni di lavoro al San Mungo, negli ultimi mesi avevano iniziato a conoscersi meglio e tra un turno condiviso e una serata in compagnia si stavano costruendo lentamente le basi di una solida amicizia. « Avrai anche ragione, ma direi che per oggi puoi anche fermarti. » guardò l’orologio che portava al polso, poi con un gesto secco chiuse il pesante libro che fino a qualche istante prima Jane stava esaminando, « Sono quasi le due, di sotto ho già tre esplosioni di calderoni e un incidente tra scope, non ho il tempo anche di venire a controllare che tu non sia svenuta sul tavolo per la stanchezza! Forza, su, fila a casa! »
A Jane non restò che arrendersi davanti alle incitazioni della collega, con un sospiro raccolse i fogli di pergamena con i suoi appunti e li infilò insieme al libro nella borsa di tela. « Cerca di impazzire troppo, sai che con la luna piena i pozionisti si divertono sempre a sperimentare! » abbracciò Grace, sorridendo, « Ci vediamo domani sera! »

Si smaterializzò poco distante da casa, in un vicolo scarsamente frequentato a quell’ora della notte: la stanchezza cominciava a farsi sentire e nella sua mente si stava già delineando il momento in cui avrebbe posato la testa sul cuscino dopo una tazza di infuso tiepido per conciliare il sonno, ma non voleva togliersi il capriccio di pochi passi all’aria aperta dopo un’intera giornata al chiuso, tra i pazienti prima e china sui libri poi. Un leggero venticello estivo le accarezzò le guance mentre camminava con calma in direzione del suo appartamento, guardandosi intorno: le case colorate di Notting Hill apparivano opache alla luce fioca dei lampioni, la strada semideserta mentre gli ultimi avventurieri della notte tra una risata e una canzone stonata tornavano a casa dopo una serata di festa. Quando svoltò l’angolo la tranquillità di Stanley Garden la avvolse in un abbraccio delicato, accompagnata dal profumo dolce dei fiori estivi che decoravano rigogliosi i giardini privati. Per essere quartiere abitato prevalentemente da maghi e streghe, sapeva adattarsi perfettamente anche ai suoi inquilini babbani, ed era piacevole per lei vivere in un posto dove la magia riusciva ad armonizzarsi all’ambiente circostante senza destare sospetti, anche se era certa che nella siepe della signora Smith si nascondessero dei cespugli farfallini. Sorrise notando le foglie magiche che si muovevano sotto quelle comuni, e stava seguendo con lo sguardo una coppia di esse che stava volando via quando arrivò in prossimità della scalinata davanti al suo portone di casa, notando solo all’ultimo la figura seduta su uno degli scalini.

Arrestò a metà il passo, fermandosi di colpo, il sorriso sul suo viso si spense mentre alla luce del lampione si delineavano i tratti così conosciuti del mago seduto davanti all’ingresso di casa sua. « Lucas? »
Il nome del Mangiamorte scivolò dalle sue labbra prima ancora che riuscisse a rendersi conto della sua effettiva presenza di fronte a sé e il respiro si fermò per un istante. Lo guardo sorpreso si irrigidì mentre osservava il mago, in attesa della risposta alla domanda che non aveva preso voce, ma implicita nel tono con cui aveva pronunciato il suo nome: cosa ci faceva Lucas Scott davanti al suo appartamento alle due di notte?
Erano passate alcune settimane da quando l’aveva incrociato alla festa di Villa Scott, ed era certa che per entrambi non fosse un ricordo piacevole: parole velenose, pericolose e forse stupide erano state scambiate con velata cattiveria, alimentata dall’alcol che quella sera si era trasformato nella fiamma che aveva nutrito ulteriormente il risentimento che provavano l’uno nei confronti dell’altra. Lo sguardo della ragazza scattò in direzione delle finestre del suo appartamento, che era certa essere vuoto nonostante negli ultimi tempi Lucien le avesse fatto spesso visita. Si ritrovò a ringraziare Paul Dwight e la ricerca che le aveva assegnato perché per essa Jane aveva ridotto incontri ed uscite e non era certa di cosa sarebbe potuto accadere se Lucas avesse incontrato nuovamente il guardiacaccia, soprattutto dopo le parole poco gentili con cui aveva rivelato alla festa il loro passato. Un passato pesante, pieno di segreti e che forse nessuno dei due aveva imparato ad accettare come dimostravano i loro ultimi incontri. La Burrobirra rovesciata in testa a Lucas alla Testa di Porco e le allusioni a Villa Scott erano solo una piccola porzione del filo aggrovigliato che nel tempo aveva legato tra di loro i due ragazzi, e la matassa era apparsa sempre più difficile da sbrogliare. Era complicato definire cosa fosse successo tra Lucas e Jane nel corso degli anni, ma sapevano entrambi che in fondo semplice non era mai stato un aggettivo che si prestava a descriverli.
Ritornò a guardare il mago, in attesa di una spiegazione, le braccia lasciate lungo i fianchi, i pugni stretti per la tensione che lentamente aveva iniziato a crescere e a stringerle lo stomaco.
Jane Read | 19 anni | Medimago
 
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Esiste un genere di conoscenza che non è basato sulle parole. Un’intera fisica che emerge dalla vicinanza, talvolta dall’intimità e in certi casi anche dalla condivisione ripetuta di un lavoro e di un gioco. Un corpo può giungere a conoscere un altro corpo, ad anticiparne i bisogni e gli atti, senza alcun rimorso al pensiero cosciente.
In Lucas ciò non avvenne fin da subito, tuttavia, attraverso un accrescimento graduale: fu come risucchiato da questa nuova forma di intesa e libertà da se stesso, mentre il suo corpo si ritrovava improvvisamente in sintonia con quella nuova armonia interiore. Aveva, questa intesa, la soverchiante certezza di un'eterna rivelazione.
Da un giorno all’altro i passati insegnamenti erano diventati come quei tanti galeoni, insignificanti e senza peso, che si scambiano con acquisti pregevoli nelle botteghe di Diagon Alley. Adesso sapeva, senza che fosse un pensiero razionale, che cosa significava essere vivo è perché valesse assolutamente la pena combattere per i giusti compromessi.
Cominciava a fare l’abitudine a tutto questo. Per settimane non ci aveva quasi fatto caso, adesso, però, quelle percezioni sembravano riaffacciarsi alla sua coscienza interiore.
C’era un cambiamento in atto, per il Giornalista. Non ne aveva parlato con nessuno, ma nell’ultimo periodo si stava rafforzando in Lucas una consapevolezza maggiore, un istinto quasi del tutto primordiale, lo stesso che lo spingeva quella sera verso un dialogo immediato con la Compagna. Aveva acquisito una dimestichezza più concreta, una sicurezza forse in se stesso, e in un caso o nell’altro gli incontri che aveva avuto modo di fare fino a quel momento avevano pienamente compiuto una discreta differenza.
Scusarsi con Jane non sarebbe stato difficile, fintanto che l’altra avesse scelto di ascoltarla: avrebbe dovuto dimostrare la sua parte migliore, senza reticenza, fino a parlare anche delle nuove prospettive che stava sperimentando in prima persona. Si ritrovò a meditare in quel senso: ad eccezione dell’ultimo incontro registrato a Villa Scott, dove si pentiva di aver pronunciato quelle esternazioni poco gratificanti, non c’era ragione alcuna di temere l’eventualità di un confronto civile. Era qualcosa che stava condizionando la mente del Giornalista più di quanto potesse credere; la paura di cadere vittima di una solitudine senza confini lo spaventava a morte.
Riprendendosi, nell’ascoltare il proprio nome vibrare nell’aria, non aveva prospettato la minima idea di trovarsi faccia a faccia con la Medimago in questione; per un attimo si sentì più vicino a quest’ultima di quanto non fosse mai stato, e ne fu felice. Rivedere il suo volto familiare lo portò alle accurate riflessioni iniziali che aveva avuto tra sé, sciogliendo ogni intreccio curioso, gli occhi si tinsero di malinconia e parvero assumere una tonalità cristallina più scura del solito. Si affrettò ad alzarsi dallo scalino e a raggiungere di qualche passo l’altra figura.
«Jane, ci tenevo a dirti una cosa che non so ancora bene come dirti, quindi cercherò di seguire un flusso di pensieri che spero possa trovare un senso compiuto.»
i rimorsi nostalgici scintillavano ad ogni battito di ciglia, e in lui infondevano un senso di pesantezza, quasi di tensione. Pensava alle scene che aveva visto germogliare nel loro rapporto adolescenziale, lì dove ogni stereotipo aveva spesso attecchito. Visioni opposte, e sentieri tracciati in modo equivoco all’interno della Casata Corvonero. Tra i banchi di scuola, la verità si scopriva priva di reticenza; nel suo prossimo sproloquio, duro o crudele che fosse, lui avrebbe parlato con estrema sincerità quella volta. Nessun passo indietro, nessun ripensamento improvviso. Credeva di essere pronto, e l’equilibrio che resisteva gli concedeva conferma al riguardo. Ma era presto, lo era davvero, e nelle parole successive cercò di guadagnare tempo utile per alleviare il forte tremore sulla pelle.
«Ma prima, perché non entriamo e metti su un tè?»
disse con un cenno di presunto divertimento, distrattamente, semplice e naturale al punto giusto.
Era una richiesta, quella, che avrebbe significato vantaggio comune. Purtroppo, per trattare alcuni argomenti bisognava celarsi dietro mura possenti e sicure. Scoccò un'ultima occhiata innocente in direzione di Jane.
Lucas Scott | 24 anni | Giornalista
 
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view post Posted on 5/10/2021, 16:41
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Ogni reazione, ogni sensazione che avrebbe dovuto provare, era sospesa nel vuoto: trovarsi Lucas Scott fuori casa nel bel mezzo della notte non era un fatto che avrebbe mai pensato di preventivare in vita sua, non visti i recenti trascorsi tra di loro, e il suo corpo sembrava incapace di scegliere come reagire, confuso dai contrasti che avvertiva prendere vita uno dopo l’altro e scontrarsi tra di loro. Da un lato percepiva la tensione che infida era salita rapida lungo la sua schiena, irrigidendole le spalle, stringendole il petto in una morsa che sapeva che a breve l’avrebbe lasciata senza fiato. Cosa voleva da lei il giornalista? Perché era lì? Non poteva ignorare la memoria che malefica le ricordava le rivelazioni della Testa di Porco di quasi un anno prima, le bugie che erano state svelate una dopo l’altra come nei peggiori giochi di prestigio, le minacce subite… Il Lucas che conosceva ai tempi della scuola, prima di intraprendere il sentiero oscuro che con tanto orgoglio aveva scelto, sembrava ormai destinato a rimanere un vago ricordo. Quante possibilità c’erano che non fosse lì per provare nuovamente a cancellarle la memoria?

Lo osservò con attenzione mentre si alzava e si avvicinava a lei, non riuscendo a trattenersi dal fare un passo indietro, quasi di riflesso, mentre un nuovo timore faceva capolino nel suo animo. Erano arrivati davvero a quel punto? La considerazione che aveva di lui la stava davvero portando ad allontanarsi, quasi come se ne temesse la vicinanza? Non si riconobbe in quella reazione e un lieve panico si fece strada nel suo petto mentre iniziava a ripetere nella sua mente che forse stava esagerando a comportarsi così. Si costrinse ad osservarlo con più attenzione, a concentrarsi sulla figura del mago, sul suo sguardo che un tempo conosceva bene e che ancora credeva di poter leggere. Intravide un’ombra nuova nelle sfumature azzurre, diversa, un leggero tremolio che si mosse non appena il mago prese parola. La sorpresa sciolse momentaneamente la tensione sul volto della medimaga mentre ascoltava la voce del ragazzo, le parole che si rincorrevano una dopo l’altra senza pause, ma le spalle rimasero contratte, i pugni ancora stretti nonostante poco prima l’idea di prendere la bacchetta e puntarla contro di lui si fosse fatta strada nei vari pensieri. Il silenzio scese tra di loro, evanescente, e le fu impossibile trovare un modo per spezzarlo mentre cercava di riunire i puntini di ciò che aveva appena udito. Lucas Scott sembrava sempre capace di sorprenderla, quella era ormai una certezza.

Avvertì il battito del cuore accelerare mentre la proposta di una tazza di tè giunse alle sue orecchie e la curiosità che timida iniziava ad affacciarsi all’idea di scoprire quello che voleva dirle passò momentaneamente in secondo piano. Non riuscì a controllare un tremito leggero che le scosse il corpo, impercettibile all’esterno: erano passati anni dalla loro ultima conversazione civile, innumerevoli mesi dall’ultima volta che avevano condiviso un momento di tranquillità, eppure Lucas non aveva dimenticato i suoi punti deboli. Non riuscì a scacciare il sussurro nocivo della sua coscienza che le ricordava quanto il Mangiamorte avesse sfruttato nel tempo le sue debolezze per trarne un vantaggio, e questo la fece indugiare forse più del previsto. Fu solo la luce improvvisamente accesa in un appartamento al piano terra del palazzo che la riscosse dai suoi tentennamenti, quasi come se si fosse improvvisamente ricordata di essere sul marciapiede davanti casa alle due di notte con il consistente rischio di attirare l’attenzione dei vicini, soprattutto quelli babbani. Ringraziò Morgana per non aver estratto la bacchetta – anche se con il senno di poi, forse avrebbe dovuto farlo – e finalmente si mosse, oltrepassando Lucas senza dire una parola e salendo gli scalini dell’ingresso. Lo scatto della serratura risuonò nell’aria di fine estate, e mentre apriva il portone con movimenti misurati si voltò in direzione del mago. « Non so se ti meriti tutta questa fiducia, sai? » Non aveva atteso che il ragazzo le rispondesse, e si era incamminata lungo le scale di legno scuro non appena aveva finito di parlare. Avvertì i passi del giornalista alle sue spalle mentre saliva gli scalini, e lo attese fuori dalla porta del suo appartamento. Quando la raggiunse lo guardò negli occhi per un istante, una scintilla momentanea di supplica ad illuminarli prima di voltarsi e girare il chiavistello.
Sarebbe stato in grado di deluderla per l’ennesima volta?

L’appartamento era avvolto nella penombra, e un miagolio ben conosciuto accolse i due quando oltrepassarono la porta: con un lieve sorriso Jane prese in braccio Persefone, accarezzandola e mormorando parole di saluto mentre con un gesto della bacchetta accendeva la luce sopra il tavolo della cucina, illuminando parzialmente l’open space e lasciando il resto della casa avvolto nel buio, quasi come se potesse costituire una protezione aggiuntiva. Posò a terra la gatta, che si avvicinò in breve tempo a Lucas per annusarlo, soffiando irritata. « Non ama particolarmente gli estranei, quindi attento ai suoi artigli. » Avvertì con tono vagamente divertito il Mangiamorte mentre si dirigeva in cucina, la teiera che si muoveva e prendeva posto sul fornello con un gesto della sua bacchetta e le tazze che si posavano sul ripiano in legno. Posò la borsa di tela con un tonfo sordo su una delle sedie, notando solo in quel momento che sullo schienale vi era posata una felpa che era decisamente troppo grande per essere sua: non la spostò, chiedendosi quando Lucien se la fosse dimenticata e se si fosse accorto di averla lasciata lì, un pensiero fugace per poi tornare a dedicare la sua attenzione all’acqua che bolliva. Avvertiva lo sguardo di Lucas mentre prendeva due filtri di cotone da uno degli armadietti, e gli fece cenno di sedersi su una delle sedie libere mentre la teiera versava l’acqua calda nelle due tazze di ceramica blu scuro posate sul tavolo e le bustine di Madama Piediburro levitavano fino ad immergersi in esse. Due piccole foreste in miniatura presero vita tra le spirali di vapore che si sollevavano dall’acqua bollente, mentre il profumo intenso del tè nero si disperdeva nella cucina: Jane avvertì lo zenzero pizzicarle il naso, mitigato solo parzialmente dai frutti di bosco e dal miele che, insieme alle foglie di mandragora, erano state sapientemente miscelate a creare la tisana.
Prese posto di fronte al Lucas, le mani strette intorno alla ceramica calda: alzò lo sguardo, incrociando quello del mago, la curiosità che faceva a lotta con i timori per conoscere la verità alla base di quell’incontro. « Quindi, cosa volevi dirmi di così importante da non poter aspettare domani mattina? »
Jane Read | 19 anni | Medimago

→ tè della foresta: richiama l'elemento terra, la tazza è incantata per mostrare un bosco in miniatura. È un tè nero dal gusto intenso, quasi cremoso; ricavato con zenzero, miele, frutti di bosco e foglie di mandragora.

Non avvelenato, ma solo per questa volta
 
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view post Posted on 8/10/2021, 10:15
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Un po' come fare un salto nel passato, le percezioni cariche di tensione, l’incontro in visibilio dei corpi, perfino lo sguardo sembrava bloccarsi.
Non riuscì a capire, non da subito, quale sarebbe stato l’evolversi di quella situazione surreale.
Guadagnò così fermezza nella postura, lo sguardo sereno e privo di ripensamenti; una questione di precario equilibrio, lo era sempre stato tra loro, ma in una visione di gran lunga differente questa volta.
Aveva parlato in fretta e in modo sincero, seppur con qualche titubanza, quando una luce proveniente da un appartamento lì vicino fece capolino all’improvviso, rispolverando la staticità innata e tanto eterna di quella riflessione intima. Il nervosismo di Lei parve allentarsi d’improvviso, mentre il tacito prosieguo che Lucas aveva programmato nelle migliori previsioni esplose attraverso un turbinio di sensazioni contrastanti; un barlume di apatica freddezza, la presenza d’orgoglio ferito che quella storia continuava a trascinare con sé, e infine un colpo secco a spezzare l’apparente tranquillità del momento.
Non del tutto convinta, la ragazza accettò con qualche perplessità la richiesta di lasciarlo entrare: un po' come era accaduto nel recente passato adolescenziale di Hogwarts, una fugace ed improvvisa riconoscenza che da sempre governava lo spirito del loro rapporto ne aveva colto l’opportunità di procedere.
Poche parole e pochi dettagli gentili invitarono la figura dell’Accolito a varcare la soglia in punta di piedi.

Quando entrò, lì nell’appartamento avvolto nella penombra, si costrinse a perlustrare con apparente curiosità le immagini che aveva intorno.
Si ritrovò letteralmente sorpreso, ed ebbe appena il tempo di compiere pochi passi prima di udire un dolce miagolio avvicinarsi. Non si sbagliava, ora la vedeva: la gatta in questione si trovava affusolata tra le braccia di Jane, la mano sinistra aperta a palmo che sfiorava il pelo irto dell’animale con qualche carezza amorevole; mentre un trattamento meno caloroso venne riservato alla presenza estranea di Lucas, che accettò divertito il soffio irritato del felino, forse non pienamente convinto di lasciarlo camminare all’interno delle mura domestiche.
«Va bene, nessun tentavo di accarezzarla. Messaggio ricevuto.»
continuò a sporgersi in avanti con lo sguardo più di quanto non avesse posto in conto, le iridi cristalline che cercavano di catturare ogni minimo dettaglio relativo all’arredamento interno. La casa era graziosa e ben custodita, di per sé appariva esattamente come l’animo nobile ed elegante della sua padrona.
Eppure, ben presto, le stesse convinzioni del Giornalista cedettero allo studio approssimativo di quel posto; la visione granitica, era concentrata sulla felpa dalle dimensioni troppo grandi poggiata sopra una delle sedie, e inconsciamente, il collegamento con la figura di Lucien scattò irreversibile. Serrò le dita a pugno, e chiuse gli occhi in un battito di ciglia: un fugace, quanto improvviso gesto di scaricare la tensione emotiva verso l’esterno. Era un messaggio estremamente profondo, e l’empatia che governava il suo cuore ne aveva colto il significato. Da lì a breve, preferì distogliere qualsiasi pensiero tedioso, e concentrare le attenzioni sulle due tazze di ceramica blu scuro accompagnate dalla teiera poste al centro del tavolo: la fragranza dei frutti di bosco e del miele intorpidivano dolcemente l’aria dell’intero salotto. Il movimento di un’alzata di spalle, rapido, e un chiaro mezzo sorriso da parte di Lucas prima di accomodarsi. Spinse con cura il becco del piccolo recipiente in direzione della chicchera, il liquido era ancora caldo e il vapore profumato s’insinuò nello spazio. Le parole della compagna avevano ripreso a scorrere e lui pareva ascoltarla attentamente. Le palpebre si alzarono rapide, poi il mento e la teiera tornarono ad appoggiarsi sul tavolo.
«Ti chiedo scusa per questa mia improvvisa apparizione, davvero, mi rendo conto che ancora una volta non ti ho dato modo di scegliere, mi sono presentato alla tua porta senza chiedere permesso, ma era un rischio che dovevo correre per chiederti perdono.»
non c'era più tempo da perdere, le vicissitudini si susseguivano come moniti vero lo sproloquio più desiderato. Sentiva di non poter più limitarsi alle proprie supposizioni, il momento del confronto finale cercava un concreto punto di avvicinamento. Riprese subito, senza concederle il beneficio di metabolizzare quanto aveva appena udito.
«Ho sperato con tutto me stesso che scegliessi di rimanere questa sera e sono contento tu l’abbia fatto. Se siamo qui ora e abbiamo la possibilità di parlare è perché, fra noi due, tu hai sempre avuto più coraggio.»
una zolletta di zucchero addolcì il liquido ambrato. Nel frattempo, Lucas non aveva più staccato gli occhi da Jane mentre parlava; in volto un’espressione serena. L'aria satura si tinse del gusto caldo del té, lo stesso che sfiorava sapientemente le narici del Giornalista. Ne percepiva così un vero legame, e nella paura di procedere vi carpiva un sentimento prezioso, molto più profondo. Non ebbe bisogno di concentrarsi troppo per completare il suo incastro perfettamente riuscito di parole ben soppesate.
«Ammetto di aver sbagliato tutto, e facendolo, spero di dimostrarti il mio di coraggio... sono tanti gli anni da cancellare, lo so, ma non ti sto chiedendo di farlo o quantomeno non adesso.»
Lucas sapeva bene come raggiungere i propri obiettivi, aveva sempre preferito il silenzio alle tante parole, ma non in quella occasione. Nella calma più assoluta, voleva servire il piatto finale sul tavolo e gioire di un ipotetico risultato positivo.
«Vorrei solo capire se un giorno, in qualche modo, potrai trovare la forza di perdonarmi per tutto il male che ti ho arrecato.»
disse in fine, portando alle labbra la tazzina. Cominciò a bere.
Lucas Scott | 24 anni | Giornalista
 
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view post Posted on 20/10/2021, 22:33
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Aveva notato di sfuggita lo sguardo incuriosito del giornalista mentre si inoltravano nell’appartamento, diretti in cucina, e ci erano voluti pochi istanti perché il passato tornasse a farle visita con un abbraccio gelido: come poteva scacciare la paranoia che le ricordava divertita che qualsiasi informazione il Mangiamorte fosse riuscito a recuperare avrebbe potuto essere usata contro di lei? Si sforzò di zittire i pensieri più cupi, cercando di concentrarsi sulla tazza di tè fumante poco distante da lei, sui profumi dolci e rassicuranti che si spargevano nella cucina vagamente illuminata. Era normale, provò a convincersi. Lei stessa non avrebbe avuto forse la tentazione di sbirciare incuriosita la casa del giornalista, se non vi avesse mai messo piede? Aveva dimenticato nel tempo i tratti in comune tra i loro caratteri, gli animi cresciuti sotto l’influenza di Priscilla Corvonero, la sete di potere di Lucas che in fondo altro non era che un modo diverso di chiamare la costante curiosità di Jane. Era stata forse anche questa vaga somiglianza ad avvicinarli, prima che scelte importanti ma soprattutto opposte creassero la prima crepa nel loro rapporto. Era un ricordo impossibile da dimenticare, aveva separato nettamente il tempo e spezzato ogni sua convinzione: nella sua mente era arduo non confrontare il Lucas del prima e quello del dopo. Aveva provato i primi tempi a cercare delle similitudini tra di loro, illusa si era convinta di poter rivedere la scintilla di ironia che a volte illuminava lo sguardo del ragazzo, ma si era scontrata con una realtà perfida. Se ripensava a quegli anni, le veniva quasi da sorridere per quanto era stata ingenua e innamorata, a tal punto da non essere mai riuscita a dire la verità a nessuno, a tal punto da custodire ancora, dopo anni, quel segreto così pesante. Se i sentimenti più forti ormai erano sbiaditi, diluiti dagli anni ma soprattutto spenti dalle continue delusioni, perché non aveva ancora parlato con chi di dovere? Bevve un sorso di bevanda calda, cercando di calmare le acque agitate che smuovevano il suo animo mentre all’esterno trapelava solo la tensione che aveva iniziato a crescere da quando aveva visto il mago fuori da casa sua, le spalle ancora contratte mentre lo sguardo rimaneva fisso su di lui, in attesa di una risposta.

La voce del mago interruppe il silenzio che aveva vestito per qualche istante l’attesa, le parole fluirono una dietro l’altra quasi come se non volesse essere interrotto e probabilmente era davvero quello il suo intento. Ma Lucas poteva stare tranquillo e continuare a parlare, perché la voce di Jane sembrava essere scomparsa. Se la tensione non le avesse fatto stringere i denti, probabilmente sarebbe finita ad osservare il Mangiamorte con le labbra socchiuse tanta era l’incredulità con cui il suo cervello stava registrando quelle parole. Era davvero perdono il termine che aveva appena pronunciato? Il resto del discorso raggiunse le sue orecchie con qualche secondo di ritardo mentre la ragazza cercava disperatamente di focalizzare la sua mente su quello che le stava dicendo il mago e non sul silenzio assordante delle sensazioni che stava provando. Definire inaspettato quel discorso era forse superfluo, e un leggero tremore prese vita sulle mani di Jane, che serrò di riflesso la stretta intorno alla ceramica blu della tazza. Respira. Respira, piano. Il suo corpo non sapeva bene come reagire, e se non fosse stato per la stanchezza della giornata che già segnava il suo volto con una linea violacea sotto gli occhi era certa che una risatina isterica sarebbe uscita dalle sue labbra. Era così assurdo. Lucas Scott che le chiedeva perdono, era davvero così?
Sotto strati pesanti anni, sapientemente nascosta agli occhi degli altri ma soprattutto al suo stesso sguardo, la ferita che a fatica si era rimarginata dopo l’incontro con il Mangiamorte l’anno prima iniziò a darle fastidio, a ricordarle dolente tutto quello che il mago le aveva fatto e per cui si stava scusando. L’aveva delusa, cercata e poi disprezzata. Cercata ancora, rapita per cancellarle la memoria, senza riuscire completamente nel suo intento, per poi comportarsi come se non fosse accaduto nulla. L’aveva plagiata e convinta a seguirlo in Svezia creando piste false mentre ricercava disperatamente la verità. Poi, era scomparso. Bugiarda. Era stata lei ad aver lasciato Stoccolma, che aveva preso una decisione per entrambi spezzando la quotidianità soffocante in cui erano caduti. L’aveva definita coraggiosa qualche istante prima, ma forse fuggire dalla città natale del ragazzo era stato forse l’unico barlume di coraggio che aveva avuto in tutta la sua vita. In realtà, si era sempre comportata da codarda e se lo era ripetuta per anni davanti alle foto dei genitori, convinta di essere una delusione, quasi un insulto alla loro memoria. Se giustificava la sé stessa più giovane per non aver il fegato di denunciare il Mangiamorte, ora come poteva motivare quella mancanza?
Il calore che avvertiva sotto i polpastrelli divenne troppo intenso e dovette allentare la presa sulla tazza, riemergendo lentamente dall’impasse in cui era caduta a causa di quello che aveva appena udito, consapevole delle parole che il mago stava attendendo, seduto davanti a lei. Alzò lo sguardo, senza parlare ancora, osservandolo con attenzione, cercando la più piccola delle crepe che avrebbe potuto distruggere quella calma fasulla che il mago si ostinava ad indossare ma che sapeva, anzi, era certa, avesse un punto debole. Avvertì il fastidio fare la sua comparsa e prendere il posto della tensione, e le apparve difficile concentrarsi e non darvi sfogo.

« Perché? » la voce della medimaga era ferma, quieta nonostante il nervosismo che continuava a provare, « Perché proprio ora? » Era più forte di lei: non riusciva a credere nell’autenticità delle parole del ragazzo. Era stata delusa troppe volte per potersi fidare realmente. « Cosa è cambiato rispetto all’anno scorso? » Dalle minacce, dagli insulti velati e le parole velenose dell’ultimo incontro, ad una richiesta di perdono. Lucas Scott era veramente convinto che sarebbe bastato quel discorsetto infiocchettato di gentilezza e accuse verso sé stesso per risolvere anni di offese? « Hai forse deciso improvvisamente di intraprendere la strada della redenzione? Oppure, » fece una breve pausa, un respiro più intenso mentre cercava di finire di parlare con la medesima calma con cui aveva iniziato, « ...c’è dell’altro? »
Jane Read | 19 anni | Medimago
 
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view post Posted on 17/1/2022, 13:36
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Fin da quando aveva conosciuto Jane, aveva approfondito aspetti e tematiche sentimentali in modo altalenante: un rapporto simbiotico il loro, anche se pericoloso, e un epilogo che aveva infine trascinato entrambi alla deriva.
Molti aspetti della vita di Lucas erano cambiati, da quando aveva intrapreso la carriera presso la redazione del Profeta, aveva colto ogni opportunità di crescita: le ore di sonno erano affievolite, le sue passioni oscure avevano dovuto trovare un equilibrio più accurato, perfino il corpo ne aveva risentito.
Non avrebbe cambiato nulla del suo presente. Con una chiarezza di cui era grato, sapeva di voler essere tutto quello che da sempre aveva desiderato; e sapeva parimenti di voler essere altro, tanto altro ancora rispetto all’immagine ambigua e distaccata del passato. Voleva migliorare, si ripeteva. Fin da quando aveva sperimentato il piacevole sapore nella libertà di pensiero, voleva di più. Fin da quando aveva intervistato una Caposcuola in particolare come giornalista e curatore dell’articolo stesso, voleva di più. Fin da quando aveva compreso il nuovo ruolo che voleva davvero ricoprire nel mondo magico, voleva di più. Non gli bastava, non gli bastava mai la ricerca di questo cambiamento così continuo. Era come un’ombra che lo inseguiva con ferocia, e soltanto nel tempo aveva compreso come poterla disattendere.
La storia vissuta con Jane aveva portato ogni parte di lui all’estremo, spingendolo sempre più in basso. Ogni traguardo per lui, avrebbe ottenuto la giusta consapevolezza di merito, soltanto davanti ad un’eventuale perdono da parte di quest’ultima. Questo aveva finalmente compreso. Consacrare nel sacrificio ogni interesse personale, qualsiasi privilegio a favore di ben altro, un bene per certi versi superiore. Afferrò il manico senza pensarci due volte, contemplando lo scetticismo della ragazza, e bevve un lungo sorso, abbassando poi la tazzina sopra il piattino. Gli occhi si mostrarono ad un tratto più tranquilli.
«Perché quando eravamo a Stoccolma e ti dicevo che eri stata tu a spiegarmi quanto si può essere felici, non mentivo affatto.»
quando le parole uscirono di bocca la stretta allo stomaco tornò più forte di prima; gli sembrava impossibile di essere riuscito ad esternare quello che davvero sentiva, di affrontare quella chiacchierata che entrambi avevano rimandato per troppo tempo.
Si era confrontato con molte avversità dopo la fuga di Jane, alcune fin troppo brutte per essere raccontate a voce alta in una situazione del genere.
«L’ho sempre saputo, ma l’ho accettato con ritardo.»
il commento parve sfuggente, sulla sua bocca. Per un attimo, soltanto un attimo, non ebbe chiarezza circa il suo prossimo gesto avventato: la mano destra colta da un tremito, si allungò per andare a stringere quella della ragazza, la gola divenne asciutta, il cuore in tumulto ancora una volta.
Gorgogliò come una creatura ferita, la paura di essere respinto cresceva fortemente, sapeva di aver oltrepassato quel tacito confine che entrambi avevano stabilito per proteggersi. Qualsiasi meccanismo difensivo fosse in atto in precedenza sembrava scomparso nel nulla. Restava quell’appartamento caldo, una serata tranquilla, e il dovere di sistemare ogni cosa.
«Sono stato per troppo tempo vittima di un conflitto interiore che detestavo ma non riuscivo a risolvere.. da una parte sapevo che se non avessi fatto nulla la nostra storia sarebbe definitivamente naufragata, dall’altra rinunciare alle scelte che avevo compiuto accettando però di dover rendere conto a qualcuno..»
la stretta della mano si rafforzò e un lungo sospiro si frappose tra di loro. La guardo in tralice spostando di poco il mento. Credeva fermamente di desiderare per loro un destino differente, una cornice alternativa rispetto a quella già prefigurata in partenza. Il netto imbarazzo nel sembrare due superstiti a contrasto in quella stanza così intima e carica di emozioni.
Lucas Scott | 24 anni | Giornalista

Come sono andate realmente le cose :fru:

 
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view post Posted on 6/2/2022, 17:04
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Stoccolma.
L’ospite indesiderato che attende fuori dalla porta il momento peggiore per presentarsi con il più falso dei sorrisi. Porta un regalo, perché conosce il galateo nei minimi dettagli e sa bene che rendere omaggio alla padrona di casa è un gesto sempre apprezzato. Lo offre con gentilezza, quasi inconsapevole di quello che si scatenerà di lì a breve, uno scintillio crudele nello sguardo che rivela per un istante impalpabile il suo vero obiettivo. Non puoi che accettare il dono che ti sta porgendo, rifiutare sarebbe maleducazione, ma sei consapevole nel fondo del tuo animo che quello che andrai a scartare non ti piacerà. Le mani tremano impercettibilmente mentre sciogli il nodo che stringe tra di loro i due capi del nastro di raso, a fatica riesci a controllarti mentre cerchi di aprire il pacco senza rovinare la carta che lo avvolge. Ti costringi pronunciare parole di ringraziamento cariche di falso calore mentre guardi il tuo ospite che sorride soddisfatto. Perché, infine, è riuscito a entrare di nuovo nella tua casa. Hai provato ad evitarlo con tutte le tue forze, hai sviato più di una volta il discorso, sei sfuggita alle trame del destino ogni volta che veniva menzionato. Ma sei stata sconfitta. Il passato è entrato nel tuo appartamento e non sembra intenzionato ad andarsene finché non avrai ammirato ogni sua sfaccettatura.

Stoccolma.
Se chiudesse gli occhi saprebbe ricostruire in pochi istanti le linee marcate della casa di famiglia di Lucas, sarebbe in grado di elencare uno ad uno i libri della biblioteca che ha consultato compulsivamente alla ricerca di una risposta. Le poltrone di pelle lucida, il tavolo di legno scuro sommerso di tomi e pergamene. L’aria salmastra che entra dalla finestra socchiusa, il vento che smuove le vele delle navi ormeggiate al porto e le accarezza senza il minimo accenno di delicatezza le guance arrossate. Lucas e il suo finto supporto, le bugie che aveva pronunciato con una facilità così disarmante da non destare il minimo sospetto. Se non avesse sofferto così tanto, le sarebbe sembrato forse più facile prendersi in giro. Ma non ci riusciva.
Aveva abbassato lo sguardo di scatto non appena il mago aveva menzionato la capitale svedese, gli occhi fissi sul vapore che saliva dalla tazza di ceramica mentre i ricordi di un passato innominabile le stringevano le spalle, costringendola a ricordarsi della loro presenza. Lucas era consapevole di quello a cui stavano andando incontro, o aveva pronunciato quelle parole con leggerezza?
Avvertì una stretta, inaspettata, e mosse lo sguardo in direzione della mano sinistra. Quante volte le loro mani si erano strette, negli anni passati? Quanti legami avevano creato per poi sciogliersi, quanti riavvicinamenti si erano susseguiti a separazioni scattanti? La ferita nel suo petto aveva ricominciato a bruciare, ma i margini avevano retto alla scossa, rimanendo chiusi. E fu allora che finalmente comprese: il dolore era ancora presente ma cominciava ad attenuarsi. Una parte di lei continuava a non fidarsi delle parole del giornalista ma un frammento del suo animo le suggeriva timidamente che forse potevano provare a lasciarsi il passato alle spalle. La consapevolezza le fermò il respiro per un paio di secondi, il timore di cadere nell’ennesima trappola sempre presente, ma si sforzò di non ascoltarlo. « Quattro anni. » Alzò infine lo sguardo, andando a fissare negli occhi il mangiamorte per essere certa che stesse ascoltando con attenzione le sue parole. « Quattro anni per capire che alla fine avevo ragione. » In un’altra situazione un leggero sorriso avrebbe piegato le sue labbra, ma quando pochi istanti prima i suoi occhi si erano soffermati sulla stretta delle mani la cicatrice vera – quella che marchiava la sua pelle a causa di Lucas – si era rivelata alla luce soffusa della stanza. Un monito perlaceo di quello che il mago un tempo era stato in grado di farle. Un avvertimento per sempre inciso sulla sua pelle.

Ascoltò con attenzione il discorso del mago, sforzandosi di non interromperlo, cercando di trattenere il fastidio che infido ricominciava a crescerle nel petto mentre Lucas sembrava quasi cercare di giustificare le scelte fatte. Come se fosse anche lui una vittima del passato. Ma non c’era un solo colpevole, non c’era solo un perseguitato. Entrambi, a modo loro, avevano ferito ed erano stati feriti. « Non poteva andare diversamente. » Strinse a sua volta la mano al ragazzo, prendendo infine parola. « Non credo che saremmo riusciti ad andare avanti ancora per molto. Eravamo ingenui. E abbiamo sbagliato, entrambi. » Avvertì una scossa lungo la schiena mentre per la prima volta ammetteva ad alta voce anche la sua parte di colpe. « Per quanto sia rimasta in me la convinzione che potessi fare una scelta migliore, non ho saputo vedere all’epoca il bivio a cui eri arrivato. E invece di provare a comprendere, ho preferito scappare. » Pur di non compiere una scelta Jane era fuggita da Stoccolma senza lasciare nemmeno un biglietto, era scomparsa dalla vita di Lucas senza lasciare la più piccola traccia della sua presenza in quella casa fredda e buia. « Sai che un funzionario del Ministero ha provato ad interrogarmi, quando sono arrivata in Inghilterra? Qualcuno deve averci sentito discutere prima di lasciare Hogwarts per le vacanze estive. Mi stavano aspettando a King’s Cross, appena fuori dal vicolo dove mi aveva lasciato la Passaporta di ritorno. » Avevano a malapena dato il tempo a zia Mary di abbracciarla e di iniziare a rimproverarla prima di iniziare a farle domande. « E io sono stata zitta. Sono bastate poche lacrime per convincerli a lasciarmi andare. Non ho dovuto nemmeno dire mezza bugia, quella volta. » Eccola, l’altra parola proibita. Ormai erano giunti al nocciolo della questione, e Lucas doveva accettare le conseguenze dell’aver invitato il passato a partecipare alla loro conversazione. « Sono anni che sto zitta, Lucas. Anni che la verità è incisa sul mio braccio, e sono sempre stata zitta. Ci hai mai pensato, veramente? »
Jane Read | 19 anni | Medimago
 
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view post Posted on 15/2/2022, 12:43
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Desiderò per un attimo socchiudere gli occhi, indugiare nelle parole della compagna, catturare il punto cardine di una sofferenza che ferocemente scivolava al presente; cosi com’era stato in principio, così come sempre sarebbe stato, la figura di Jane riusciva a destabilizzarlo fortemente. Sentiva un timore fin sottopelle, come smania cocente di frenesia assoluta; da qualche parte, tanto nel tempo trascorso quanto nelle esperienze che avevano affrontato, continuava a sostare un tassello tuttora mancante.
Non si trattava esattamente di risentimento, non del tutto: entrambi continuavano a palesare una sorta d’insofferenza cronica, eppure, quello che provavano era ben altro, un qualcosa di estremamente complicato da poter gestire. Che vi fosse un contrasto primordiale, forse più puro di quanto presupposto fino ad allora, gli appariva come uno scenario del tutto plausibile, e in quel modo la mente si perdeva nella completa indecisione per un dolore pienamente condiviso. Il sospetto di averle mentito troppo a lungo, di aver plasmato la verità al proprio volere fino ad imprimere un’impronta personale, tutto quello era alla base di una sofferenza più che radicata, a tal punto da rivelarsi come una costante imperdonabile. Tra le schiere di sortilegi, bugie e tradimenti che aveva appreso nel corso degli anni, tanto per via scolastica quanto per altri versi meno nobili, di certo l'esperienza con la medimago occupava ancora un posto di rilievo nel suo cuore. Tuttavia c’era tanto da farsi perdonare, molto più di una piccola menzogna, di un racconto leggermente fuorviato o di una mente che aveva raggirato senza remora alcuna. Non poté fare a meno di reprimere la sensazione di vuoto alla bocca dello stomaco, man mano che i presupposti inasprivano ogni ricordo circa l’abbandono della compagna, un tuffo al passato che attecchiva verso i confini assuefatti di Stoccolma. Finalmente, c’era sincerità nell’aria, un punto di un’identità ben più estesa, come un richiamo in grado di agire dal passato al presente, e per lui fino al futuro. «Sono contento di averti insegnato così bene la delicata arte della dissimulazione.» ghignò, mentre le iridi cristalline si persero in quelle distanti della ragazza. Era inutile trattenere l’istinto di una tensione che si faceva largo nelle viscere, il lento aumento dei battiti ad ogni frammento riportato con attenzione a galla, di cui poteva solo ricordarne il vago sentore.
«Ma, d’altronde, anche un cinquenne con l’intelligenza di uno scoiattolo riuscirebbe ad eludere un funzionario del Ministero!»
sul volto si dipinse un’espressione accigliata, che non fermò un mezzo sorriso di circostanza. Spostò la presa della dita dalla mano dell’altra, soppesando l’idea di non eccedere pienamente in un moto di fiducia, sebbene il commento finale di quest'ultima, si incastrasse come promessa maggiore a lasciarsi andare completamente. «Si, ci ho pensato spesso, e sono davvero dispiaciuto per tutto il dolore che ho cagionato, ma le cose ora sono molto diverse da com’erano un tempo, e per quanto sia difficile da accettare, cercavo solo di migliorare la tua vita...»
mellifluo, estendeva in quel modo l’estrema motivazione priva di timore; una trama luminosa avvolgeva nelle sue intenzioni il lento procedere del discorso, sfumando così in feroce supplizio che vorace andava offuscando le certezze più assolute di Lei. «A volte, per ottenere quello che realmente vogliamo, bisogna eccedere con delle scelte anche poco convenzionali. Molto spesso, l’oscurità è l’ingrediente necessario che riesce a trasformare i propri punti deboli e le proprie vulnerabilità in occasioni capaci di contrastare le nostre fragilità più emotive.» intorno a loro, il tempo sembrava ricamare intarsi di un collegamento che accoglieva molteplici sfumature differenti, eppure, sarebbe stato compito di Lucas scoprire se una parte intima di Jane Read potesse ancora pendere dalla sua parte. «Altrimenti, puoi benissimo passare il resto della tua vita accovacciata sulla tua roccia altissima e sicura chiamata San Mungo, guardando gli altri tuffarsi e godere di quei salti spaventosi e bellissimi, mentre il massimo a cui potrai aspirare sarà ricevere in testa la cagata di un gabbiano. Perchè no! Sono scelte.» una battuta all’apparenza perfino scherzosa, colto com’era dalla preoccupazione nell’eventuale reazione da parte dell’altra.
Sorpreso, più di quanto potesse ammettere, sentiva la speranza come vissuta fin nel profondo a sua volta. Sapeva d’istinto di potersi fidare della compagna, senza mettere un freno ai propri pensieri, rendendo testimonianza dell’oscurità che avrebbe voluto trasmettere nella vittima designata. D'altronde, perché non provarci una seconda volta?
Lucas Scott | 24 anni | Giornalista

 
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