| | Credeteci oppure no, ma che la situazione si sia ribaltata in così poco tempo non mi stupisce. Se c'è un insegnamento che la vita non ha mai smesso di propinarmi è quanto agilmente le cose possano mutare, a prescindere dal nostro volere. Un attimo prima hai una madre e quello dopo a crescerti è una vecchia un po' squinternata dal cuore d'oro. Un attimo prima sei un'orfana che non conosce altro all'infuori di un mondo di fame, freddo e assi marcescenti e quello dopo sei a Londra, figlia adottiva di un gruppo di estranei e strega esaltata per i suoi poteri magici. Un attimo prima vivi con la spensieratezza di una diciassettenne che, non avendo mai avuto niente, si stupisce per tutto e quello dopo sei la proprietaria della villa della persona che hai ucciso.
Il suono della voce di Niahndra riesce a fare breccia nella nebbia fitta che altera le mie connessioni neurali. Porta un po' di luce, un lampo di curiosità che mi sembra accendere a giorno il vicolo cupo in cui l'ho trascinata. Allora, lo stupore raggiunge le mie iridi albine e mi schiude la bocca. Il tremore che adesso mi scuote ha una sfumatura differente, intanto che ripercorro con la mente le interazioni avute con la ragazza e i dettagli di una vita che ho voluto dimenticare negli ultimi mesi riaffiorano impunemente. È così che il freddo diventa tepore senza cedergli del tutto il passo e il contrasto acuisce la mia fragilità. Non ho opposto resistenza quando Niahndra mi ha costretta contro la parete e mi ha preso i polsi. Non ne oppongo neppure adesso che la sua mano si insinua tra i miei capelli. Il tocco dei suoi polpastrelli sulla nuca e la prossimità cui costringe entrambe - senza essersi tirata indietro, senza avermi respinta di malagrazia - sono inattese. E so che potrebbe sembrare un paradosso, ma di tutto quello che avevo immaginato di fare oggi nulla di quanto sta accadendo in questo preciso momento rientra nei programmi. Tremo un po' di più, come quando l'acqua bollente prende a scorrerti sulla pelle dopo una giornata trascorsa al freddo. Tutto in noi due è contraddizione: io sono il ricordo di una persona e lei... Lei sembra scoppiare di un'energia della quale non ha consapevolezza; un'energia che mi spaventa e incanta. Ho talmente dimenticato come si stia al mondo che entrare nell'orbita di qualcuno di così reale congela i miei intenti e ne accende altri. La solitudine abissale nella quale mi sono relegata, l'incuria cui ho sottoposto il mio corpo, il mostro di nero vestito che ho lasciato crescere nel mio petto e nella mia mente: ogni cosa s'intensifica e perde consistenza insieme. Non mi accorgo, perciò, di indugiare nel contatto con la mano di lei, quasi appoggiandomi sul suo palmo. E non realizzo di aver percorso con lo sguardo i lineamenti del suo volto, imprimendo nell'azione un'intensità cupida. Niahndra è la prima razione di umanità che sia giunta a placare la mia fame dopo un lungo periodo di magra. Allora, per quale motivo non provo alcuna sazietà e ne voglio ancora, ancora, di più?
Fisso lo sguardo nei suoi occhi liquidi e scendo così a fondo che potrei leggerle l'anima, se solo conoscessi il simbolismo della sua lingua. Il mio fiato, corto per l'emozione, è la sola risposta che segua la sua domanda assertiva. Un desiderio balordo sprigiona dal punto in cui le dita di lei mi stringono forte, come se non volesse lanciarmi andare. E c'è forse altro che io abbia desiderato nella vita con altrettanto ardore? Ho la mascella contratta, adesso, e le emozioni in tilt. La conosco e non la conosco. La voglio e non la voglio. Ma cos'è che so di lei, in fondo, e cos'è che bramo davvero? La luce crepuscolare plana su di noi, tingendo la scena di arancio. Non siamo poi così distanti dalla via trafficata nella quale ci siamo scontrate, eppure il mondo non sembra esistere oltre l'area che ci circonda in questa morsa frustrata. Non conosco davvero Niahndra. Non ci siamo mai frequentate a scuola. Conservo un ricordo vago di ciò che è accaduto tra di noi - interazioni confuse, episodiche, troppo brevi per assumere un significato - e, ciononostante, non mi è mai parsa così vivida come in questo istante. In lei, sembra essersi concentrata un'esistenza intera che ho dimenticato, rifiutato di vivere dopo la scoperta della morte di Astaroth. E, ora, ce l'ho di fronte sotto le sembianze di una semisconosciuta sul cui viso leggo l'intenzione di mettermi al tappeto. Non posso dargliela vinta. Lo voglio? Strattono i polsi per provare a liberarmi, invano. Non è la sua presa ad essere inespugnabile, ma la mia forza ad essere inesistente. Non posso rimanere e accettare di essere stata trovata. A un tempo, incoerentemente, non sopporto l'idea che se ne vada; che la sua luce e quest'assaggio di calore svaniscano insieme a lei. Non ho un piano e, d'altra parte, sono mai stata in grado di averne, se non quella volta che mi sono messa in testa di cacciare il Midnight dal castello solo per scoprire che il mostro non fosse lui - ero, sono io. Un movimento sinuoso attraversa il mio corpo. È il maldestro tentativo di imitare i gesti di Niahndra. L'unico risultato che ottengo è quello di appiccicarmi a lei e non so se le rimango incollata per l'ostinazione di non dargliela vinta o per assorbire tutto il tepore che ha da darmi senza che lo sappia. Un mugugno mi scappa dalle labbra, allorché la osservo e respiro forte per la fatica o, forse, dovrei dire per la debolezza. «Niente.» Parlo con voce bassa, affannata. Un migliaio di frasi sovvengono alla mia mente, alcune spocchiose al limite del ridicolo. Non ne pronuncio alcuna. Il tremore che mi scuote aumenta di poco per l'emozione del contatto con un passato del quale sento disperatamente la mancanza. Per il calore che emana da lei e che il mio corpo sembra incapace di produrre. Per l'astinenza. È proprio quest'ultimo pensiero a innescare il processo che segue. Oltre alle droghe, l'unico modo che conosco per non sentire è il sesso. Non importa con chi, né perché, né dove. Qualsiasi cosa riesca ad alleviare anche solo per un istante la sensazione di vuoto che mi divora dall'interno ha la mia attenzione. La vocina scellerata che mi spinge verso la perdizione aggiunge una piccola riflessione: se le impedisci di chiedere, non dovrai darle risposte, mi dice. E il ragionamento è così lineare - per la me di adesso, almeno - che i miei occhi corrono alle sue labbra e la nostra vicinanza assume un altro significato. Mi sembra di tornare a respirare. Questo so farlo. Il sesso è più facile delle parole che non oso pronunciare, della connessione emotiva che non posso assecondare, del confronto nel quale so già che perderei. Per un po', riuscirei anche a tenere a bada l'astinenza.
Quando la mia bocca cala su quella di Niahndra, è calda e prepotente. Non mi concedo un'esplorazione, non la invado con ferocia. Mi limito a premerla sulla sua e a sospirare perché senta ciò che posso darle e ciò che voglio prendermi. Perché la colga il dubbio di voler rimanere o la certezza di volersene andare. L'unica cosa che desidero che sappia, penso mentre allungo le dita per sfiorarle la linea della mascella coi polpastrelli, è che il mio gioco non ha regole. Io sono Caos. |