| Draven Enrik Shaw Studente, III° anno 15 anni Garzone da Magie Sinister Tutti dicono che le vacanze estive passano troppo in fretta, eppure, quelle di Draven erano sembrate durare un’eternità. Non aveva avuto voglia fin dal principio di fare nulla, una volta tornato a casa, ed era partito con l’intenzione di restarsene chiuso in camera a leggere finché non fosse arrivato il momento di tornare a scuola, ma era stato troppo ottimista e ogni giorno era stato più pesante del precedente. Date le circostanze che lo avevano coinvolto negli ultimi tempi, tra cui la sparizione di Narcissa, era stato letteralmente costretto da sua madre e sua nonna a uscire, per vivere e fare cose, anche se non aveva voglia di farle, e vedere persone, anche se non voleva vederle… Tutto perché “si hanno quindici anni solo una volta nella vita”. Ma tutti gli anni si vivono solo una volta. Non ci vedeva niente di speciale in quei quindici anni, anzi, facevano parecchio schifo, a parer suo. Oltretutto, li aveva festeggiati cercando di sfuggire alle grinfie delle amiche inquietanti di sua nonna che non avevano fatto altro che chiedergli della sua fidanzata e dei gossip di Hogwarts, perché si facevano cosacce nei corridoi anche ai loro tempi. Era. Stato. Un. Vero. Incubo. Per cui, quando era finalmente arrivata l’ultima settimana di vacanze, si era sentito di doverla accogliere con un rinato spirito positivo. Sua madre e sua nonna gli avevano proposto di andare a fare shopping e aveva accettato. Usciti dalla metro, si erano diretti spediti verso King’s Cross per andare a prendere la nonna, ma i pensieri di Draven erano tutti rivolti a quell’unica cosa che lo metteva di buon umore: Hogwarts. Chissà quali lezioni avrebbe frequentato, chissà quali nozioni avrebbe imparato. Era entusiasta di scoprirlo. Anche se, l’assenza di Narcissa e l’idea di ritrovarsi a girovagare per la scuola senza più avere al seguito quella piccola palla al piede, un po’ lo intristirono. Più di quanto volesse ammettere.Magari ti farai dei nuovi amici quest’anno, eh? Il tempismo col quale sua madre era solita irrompere nei propri pensieri faceva davvero paura. Si ricordò di quando era venuto per la prima volta seriamente a contatto con la magia e aveva scoperto dell’esistenza dei legilimens; aveva abbandonato presto l’idea che sua madre potesse essere una legilimens, visto che le era stato proibito di usare la magia, però quando se ne usciva con quei tempismi agghiaccianti il pensiero tornava sempre a cercare di convalidare quell’ipotesi. Come faceva a sapere cosa gli passava per la testa ogni volta che si chiudeva nei propri ragionamenti?Però, tesoro, prova ad addolcire un po’ quel tuo sguardo perché così sembri antipatico. – aggiunse subito dopo la donna, quando Draven si voltò a guardarla, incrociando i suoi occhi. Era cresciuto, in quelle settimane. Era diventato più alto di lei di almeno cinque o sei centimetri, ma il modo in cui la vide sostenere il proprio sguardo, con l’intenzione di rimproverarlo se solo avesse osato ribattere a quella sua osservazione – che con assoluta certezza, conoscendosi fin troppo bene, non poteva dire che non fosse giusta – lo fecero sentire improvvisamente di nuovo piccolo. Un bambino in balia delle proprio emozioni incontrollabili.Che palle… - bofonchiò tra sé e sé, roteando gli occhi al cielo e nascondendo le mani nelle tasche dei jeans.Hai detto qualcosa, tesoro? – lo istigò sua madre, ma Draven aveva già voltato lo sguardo dall’altro lato, verso la vetrina di un negozio. Si era distratto immediatamente nel notare il riflesso di una possibile ancora di salvezza proprio all’altro lato della strada. Si voltò di nuovo, stavolta a guardare il marciapiede opposto.Emma.Chi è Emma? Non si era reso conto di aver pronunciato il suo nome ad alta voce e sua madre lo aveva prontamente affiancato per seguire la direzione del proprio sguardo e impicciarsi dei fatti suoi. Lo shock era stato immediato e inaspettato. Non aveva mai incontrato nessuno di Hogwarts in giro per Londra. Era la sua occasione per scappare. Istintivamente, avanzò di un passo per poter attraversare la strada, ma Cecilia lo afferrò subito un braccio per fermarlo.Dove credi di andare? Tua nonna sta venendo qui per te.Doveva ragionare. Pensare a qualcosa che l’avrebbe costretta a lasciarlo andare senza repliche. Qualcosa che ai suoi occhi potesse apparire più importante del mancare di rispetto a sua nonna… Qualcosa che entrambe consideravano fondamentale per uno della sua età. E all’improvviso, il suo brillante cervello decise di collaborare. Dato che, però, non era minimamente in grado di dire bugie, avrebbe dovuto recitare bene la sua parte e sperare che filasse tutto liscio. Al solo pensiero di fare per davvero ciò che il suo cervello gli aveva appena suggerito, si immaginò riverso a terra dopo una ginocchiata nei testicoli memorabile…Torno dopo, ok? Per favore. – si limitò a dirle, svincolandosi da lei per attraversare di corsa la strada.Draven Enrik! Non compenserò le tue responsabilità! Le mutande te le compri da solo! – la sentì urlare, con la totale intenzione di minacciarlo nell’unico modo che sapeva funzionasse con lui: l’imbarazzo. Come se ciò che stava per fare non fosse abbastanza degno di vergogna eterna di per sé. Ma ormai doveva andare avanti col piano… Sua madre lo stava seguendo con lo sguardo e, conoscendola, non si sarebbe fatta problemi a trascinarlo via senza badare al contesto. Aveva avuto quindici anni per imparare a farlo sentire triste o in imbarazzo in ogni modo possibile, quindi…Emma! – esclamò, quando finalmente fu abbastanza vicino alla ragazza. Si erano parlati spesso a scuola e, nonostante fosse fin troppo estroversa per i propri gusti, aveva imparato a tollerarla fin quasi ad apprezzare la sua compagnia, ma non si poteva di certo dire che avessero confidenza… E, man mano che avanzava verso di lei, l’esito di una ginocchiata nei testicoli si faceva sempre più plausibile… Senza preavviso, le circondò le spalle con un braccio e l’avvicinò a sé. Forse troppo forte, ma doveva evitare che la ragazza d’istinto potesse scappare.Ti prego, stai al gioco, ti prego, ripagherò il favore in qualsiasi modo. – le disse sotto voce, bisbigliandole in un orecchio. Sentì il viso avvampare e, pienamente conscio di non riuscire a guardarla negli occhi tale era l’imbarazzo, tenne lo sguardo rivolto a terra.Assecondami fino a dietro l’angolo… Per favore. – aggiunse poi, spronandola a camminare di fianco a lui, praticamente abbracciati. Ormai era fatta: era troppo tardi per maledire sua madre e sua nonna per averlo costretto a un atto del genere ed era troppo tardi per tenere conto del fatto che, probabilmente, la ragazza aveva di meglio da fare o che non era lì da sola. Era solo una la cosa che, all’unisono, avrebbe reso felici sia sua madre che sua nonna, anche se fosse andata a discapito di qualsiasi altra: che Draven avesse una vita sociale. Che Draven avesse una fidanzata o un fidanzato. Che si aprisse a qualcuno. E se quella finta le avesse tenute buone per un po’, giusto il tempo di superare quegli ultimi giorni d’inferno a casa, l’avrebbe rifatta altre mille volte senza pentirsene. PS: 127 PC: 71 PM: 84 EXP: 7 Miss Effe
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