Bear up my lullaby, waves of the earth

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view post Posted on 16/9/2021, 13:44
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Solo di recente vi aveva prestato attenzione e, probabilmente, solo nell'ultimo periodo si era manifestato. Naturalmente in quei frangenti il suo cervello dava forfait e qualsiasi proposito di farvi caso sarebbe stato un buco nell'acqua. Anche a posteriori, rifletterci, non ci sarebbe probabilmente arrivato. Dopo gli eventi circoscritti alla notte a Durness, e la presa di coscienza del proprio dono, Lucien aveva attraversato un periodo molto delicato e, forse in relazione a quello oppure per casualità, si era reso conto di sentirsi molto vicino alla medimaga. Quell'evento gli aveva stravolto la vita, collegandola ad una magia antica come il mondo e ad un elemento, l'Acqua, che ora ne faceva parte come mai avrebbe creduto possibile. Da allora il francese si era reso conto di essere in grado di causare inconsapevoli quanto minime modificazioni dell’ambiente che lo circondava e la sua sensibilità si era in qualche modo acuita, e Jane essendo una delle persone che frequentava più spesso non ne era stata esclusa, inconsapevolmente.
Giunse come un'ondata dalla quale non si aveva scampo, frammenti del suo essere che cercavano di ritrovare la loro giusta collocazione si dispersero all'impazzata, liquidi in ebollizione ed incapaci di smettere di eruttare si fusero a concepire un unico elemento incendiario. L'incredibile raffinatezza dell’essere umano, capace di provare una gamma di emozioni tutte insieme e nello stesso istante, incapace di scegliere il momento del loro arrivo, né la forma con cui si sarebbero manifestati. Uccise singolarmente ogni particella del suo essere, il soffio della passione lo schiaffeggiò un'ultima volta e non poté che lasciarsene vincere. Era il caos e l’ordine, la razionalità e l’irrazionalità, la comprensione e l’incomprensione, la tempesta prima della quiete, il temporale misto alla rugiada, il sole mischiato alla luna, il bianco unito al nero, il sale intriso nello zucchero, il fuoco fuso nell’acqua. Erano Lucien e Jane, e nessun altro.
Il suo corpo si accasciò contro il materasso umido, staccandosi da quello imperlato di sudore della strega, preda di un respiro che cercava disperatamente di ritrovare un equilibrio. Si sentiva leggero, eppure era notevolmente pesante ed il cigolio che emisero le molle gliene diedero conferma.
Un angolo della bocca risalì scettico mentre si rivestiva con i pochi stracci che avrebbe dovuto sostituire con un abbigliamento più consono al nuovo ruolo. Stiracchiandosi e facendo scricchiolare le vertebre, raggiunse con tutta calma la nivea cucina. Un miagolio lo informò della presenza di Persefone - ormai abituata alla sua presenza - ma doveva essere nascosta in qualche cassetto a giocare con gli utensili da cucina perché non ne scorse la fosca silhouette.
Notò invece la boccia di vetro contenente Yin e Yang, i pesci ninfea di Jane, sistemata sul ripiano ligneo poco distante dalla finestra dalla quale entrava la luce naturale. Giacevano immobili sul fondo, segno che stavano dormendo (d'altronde era giorno) ma al suo passaggio Lucien notò una lieve increspatura dell'acqua; essa parve dare una piccola scossa alla coppia di pesci, che si svegliarono e presero a rincorrersi alternando la trasformazione d'incanto da pesci a petali. Ammirarli permise a Lucien di raggiungere una maggiore serenità personale, oltre a quella già raggiunta grazie alla padrona di casa.
I libri imperavano nel piccolo appartamento e trovavano collocazione nei luoghi più impensati. Era una delle cose che maggiormente avevano colpito Lucien quando vi aveva messo piede la prima volta, inspirando a pieni polmoni il profumo della cellulosa. Ed una di quelle che si rispecchiavano anche nella sua dimora: per quanto piccola, lo spazio per la cultura non mancava mai (e qui giocava un ruolo fondamentale la magia); era una costante nella vita di Lucien ed una sorta di ossessione.
Al vertice della piramide di libri svettava "Notturni incantati" di Bogdan Macovei, un libro che il francese non aveva letto e che si appuntò di chiederle in prestito. Spostò con cura i tomi per potersi sedere, ipotizzando che se Jane non l'aveva seguito, fosse perché aveva preferito farsi la solita doccia.
Avvalendosi dell'incantesimo Manina fece come se fosse a casa sua guidò gli utensili da cucina con la bacchetta per prepararsi una tazza di Tè, dopo averne addocchiata una bustina del Piediburro - il tè dell'oceano richiamava l'elemento Acqua e il liquido verdeazzurro dal gusto delicato rimembrava un mare ondeggiante in miniatura.
«Florikus» Un colpo di aria fredda si sprigionò dalla bacchetta, precedentemente portata all'altezza del capo per poi calare decisa verso la tazza, per raffreddarne il contenuto fumante. Ciò incrementò il movimento al liquido facendo schizzare qualche goccia sul ripiano ligneo: vedendolo, a Lucien tornò in mente il mare in tempesta che lo aveva richiamato a sé a Durness e molteplici emozioni si smossero nel suo animo. Le piccole "onde" si rincorrevano lungo il bordo di porcellana, si infrangevano le une sulle altre e progressivamente, con lo svanire dell'effetto dell'incantesimo, si acquietavano trovando la pace. Così doveva essere successo alla distesa smeraldina che abbracciava Durness, dopo che Maxim lo aveva tratto in salvo e portato al San Mungo; così era successo a lui e Jane poco prima. Tra tutti i medimaghi che operavano nell'ospedale magico, proprio lei si era occupata di lui mostrandogli la magia più utile che potesse sperare in quel frangente. Un caso? Destino?
I passi della strega annunciarono il suo arrivo, spezzando lo sguardo che teneva incatenato Lucien al suo Tè, come in tranche e assorto nei propri pensieri. Le riservò la cosiddetta Poker Face, un'espressione neutra indotta per celare le proprie emozioni.
Solo allora trasse un lungo sorso del nettare verdeazzurro che, ancora in movimento, gli colò in parte sul mento e sul coll. Non se ne curò.
Il sentire dei petali di ninfea unito a quello della radice di algabranchia e muschio, gli solleticò le papille gustative. Ripose la tazza sul tavolo e provvide a versare il Tè rimasto nella teiera in una seconda tazza che aveva piazzato nell'eventualità che la strega lo raggiungesse.
«Ricordi quando sono stato al San Mungo?»
Dal timbro di voce non trasparivano emozioni, ma non per questo non esistevano. Lui e Jane non avevano mai parlato dei retroscena del suo trasporto in fin di vita all'ospedale magico, né durante i giorni di degenza né durante gli incontri che erano seguiti in separata sede. Non pensava che ne avrebbe mai parlato con qualcuno e dunque senza premeditazione quelle parole, che erano l'anticamera di qualcosa di molto intimo, scivolarono dalle sue labbra.
Lucien
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L’autunno aveva timidamente iniziato a muovere i suoi primi passi nella natura, avanzando delicato tra una foglia e l’altra degli alberi lungo Stanley Garden, punteggiandole qua e là di giallo citrino e albicocca che andavano a creare un contrasto vivido con l’azzurro del cielo terso. Il vento spensierato si divertiva ad agitare le fronde colorate con refoli improvvisi che spesso arrivavano fino alla finestra socchiusa della camera, smuovendo le tende di cotone. A volte si infilava sotto di esse, sfuggiva alla debole schermatura che costituivano e scivolava leggero in direzione del letto fino a solleticare la pelle pallida di Jane, senza però che la ragazza se ne accorgesse.
La presenza di Lucien effettivamente rendeva complesso notare i dettagli che si muovevano nell’ambiente che la circondava, costringendo ogni piccolo frammento della sua attenzione a focalizzarsi sulle sensazioni che impetuose la scuotevano nel profondo e che spesso apparivano impossibili da comprendere appieno. Nonostante fossero trascorsi mesi dal loro primo incontro non aveva smesso di avvertire l’elettricità correre leggera sulla superficie della sua pelle ogni volta che il mago la sfiorava, gesti apparentemente casuali continuavano ad accendere la scintilla della bramosia e a farle scegliere una strada che ai più poteva sembrare inadeguata, ma quanto era diventato improvvisamente piacevole fare la scelta più errata di tutte! Un brivido scese lungo la sua schiena tramutandosi in un tremito leggero, la ragione infine arresa davanti a ciò che non poteva essere analizzato ma solo accettato mentre schemi all’apparenza opposti trovavano un punto d’incontro e inspiegabilmente si armonizzavano tra di loro. Guance arrossate e occhi lucidi gli unici segni visibili della tempesta che aveva travolto entrambi, il respiro spezzato ultimo elemento di unione mentre avvertiva Lucien muoversi accanto a lei e alzarsi dal letto, per poi uscire dalla camera.

Si girò sul fianco, lasciando vagare lo sguardo tra gli spiragli delle tende mentre ascoltava i battiti del suo cuore che lentamente si regolarizzavano in accordo con il respiro: sentì una lieve nota malinconica stringerle il petto, una sensazione che da qualche settimana aveva iniziato a crescere e della quale aveva iniziato a temere di dover avere paura. Negli ultimi tempi aveva notato un cambiamento in Lucien, all’inizio solo impercettibile ma che giorno dopo giorno si era fatto sempre più vivido: lentamente abituatasi agli atteggiamenti del mago, aveva riconosciuto a volte in lui un fremito nuovo, una scintilla che vibrava fugace prima di scomparire alla vista. Gli occhi cerulei del ragazzo parevano diventati profondi come gli abissi, ancora più complessi da decifrare, soprattutto quando erano insieme. Varie ipotesi avevano preso spazio nella sua mente, e l’idea di aver fatto qualcosa di errato senza essersene accorta era appostata malefica alle sue spalle, pronta a colpire mentre cercava di ignorarla. Era certa però di non essersi immaginata nulla, anche se era consistente il timore di essersi sbilanciata troppo nei confronti di Lucien e di aver fatto cadere il primo mattone del muro che dopo la delusione degli ultimi anni si erigeva più solido che mai. Più di una sera si era ritrovata a riflettere su quello che le stava accadendo senza trovare risposta e aveva iniziato a dubitare di sé stessa, rendendola sotto certi punti di vista più fragile di quanto pensasse.
Percepì il miagolio di Persefone provenire dalla cucina – probabilmente in risposta all’ingresso di Lucien nella stanza, e i rumori successivi che descrivevano i movimenti del ragazzo: realizzò di essere rimasta ferma a letto più di quanto avesse preventivato. Allungò le braccia sopra la testa per sciogliere i muscoli indolenziti della schiena, poi con un movimento fluido si alzò dal letto, recuperando dei vestiti prima di sparire in bagno. L’acqua tiepida della doccia lavò via con delicatezza ogni residuo malinconico delle riflessioni precedenti, relegandole in un angolo della sua mente e lasciando spazio alla più conosciuta serenità che ogni incontro con Lucien sapeva regalare. Quando uscì dal bagno trovò Persefone ad attenderla fuori dalla porta, lo sguardo accusatorio probabilmente dovuto alla mancanza di cibo nella sua ciotola: a conferma di ciò la gatta emise un miagolio infastidito quando Jane si piegò sulle ginocchia per salutarla e fece addirittura un maldestro tentativo di graffiarle la mano. Trattenendo un sorriso recuperò la bacchetta per poi riparare alla sua mancanza, lasciandosi quindi che Persefone si dedicasse alla colazione e raggiungendo Lucien in cucina.

Mentre varcava la soglia dell’open space la sua attenzione venne presto catturata dai pesci ninfea, il cui acquario era spostato qualche giorno prima: incredibilmente attivi per essere mattino, si lasciò incantare dai loro movimenti coordinati per qualche istante prima di avvicinarsi a Lucien, seduto accanto ad una pila di libri. Sfiorò con una mano la sua spalla come gesto di saluto, prendendo posto di fianco a lui dopo aver spostato i tomi che occupavano parte della superficie lignea e soprattutto la maggior parte delle sedie. Ormai i libri stavano prendendo il sopravvento sul suo appartamento e comprendeva come potesse apparire esagerato a chi non la conosceva veramente, eppure il guardiacaccia non aveva mai espresso pareri contrari a questo aspetto della casa, anzi, avevano iniziato uno scambio di volumi che si era mostrato proficuo in entrambe le direzioni. Il profumo intenso del muschio sapientemente mescolato all’algabranchia e alla ninfea le solleticò il naso, e riconoscendo il tè dell’oceano di Madama Piediburro lo sguardo di Jane si illuminò, mentre un sorriso le distese le labbra alla vista della teiera che fumava posata sul tavolo. Avvertì un nodo stringersi nel petto quando notò che Lucien aveva recuperato dalla credenza una tazza anche per lei, e una sensazione strana scese lungo la sua schiena alla vista del mago che con gesti precisi le riempiva la ceramica. L’ultima onda verdeazzurra non aveva nemmeno finito di incresparsi sulla superficie liquida che la tazza si sollevò dal ripiano, levitando fino alla mano di Jane. Le si fermò il respiro per un secondo, la sorpresa passò come un’ombra fugace sul suo volto: non le era mai successo di farlo in presenza di Lucien. Fin dai suoi primi accenni di magia la strega aveva avuto la particolare tendenza di far prendere vita a tazze, teiere e cucchiaini, e negli anni aveva imparato a controllare l’impulso la maggior parte del tempo: crescendo era diventato un gesto inconsapevole che vedeva la luce solo in compagnia della sua famiglia, solitamente solo con zia Mary e a volte, raramente, con sua cugina Isabel. Ma davanti ad altre persone, mai. Lo sguardo scattò a controllare la reazione di Lucien, ma fu solo in quel momento che si accorse dell’espressione neutra che rendeva il volto del mago impassibile: in quei mesi aveva imparato a riconoscere i momenti in cui il ragazzo preferiva celare i propri pensieri e aveva sempre rispettato la sua riservatezza. Le parole che pronunciò però la lasciarono di stucco, tanto che la tazza scivolò dalle sue mani, finendo a terra. Il rumore di ceramica infranta echeggiò nella cucina mentre con un secondo di ritardo Jane scendeva dalla sedia e si affrettava a recuperare i cocci. « Intendi quando hai provato a trasfigurarti in un blocco di ghiaccio? » Il tono di voce era fermo e tranquillo, quasi a cercare di ignorare la sua reazione, una leggera ironia a sporcare la prima parte del discorso a tentare inutilmente di celare la preoccupazione che assaliva Jane ogni volta che ripensava a quell’episodio. Non conosceva la causa che aveva fatto arrivare Lucien in ospedale in condizioni di franca ipotermia, e ricordava bene la tempesta di emozioni che l’aveva colpita davanti al corpo pallido e scosso dai brividi del guardiacaccia. Solo una lunga degenza e le cure dello staff del San Mungo avevano evitato che la condizione di Lucien diventasse permanente. Era capitato a volte nelle settimane successive che osservando con attenzione il mago l’ombra del suo volto livido steso sul lettino facesse capolino nella sua mente, e ignorare la stretta che avvertiva al petto non era ancora diventato facile. Non ne avevano mai parlato, forse inconsapevolmente concordi che si trattasse di qualcosa di doloroso e al tempo stesso oltre al confine che avevano di tacito accordo tracciato tra di loro.
Estrasse la bacchetta, turbata da quella reazione così palese, e con un gesto automatico stava già puntando l’elce sui cocci che teneva nell’altra mano, notando di sfuggita il sangue che scorreva lentamente da un taglio mentre mormorava la formula necessaria. « Repàro. »

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Edited by Jane Read - 29/9/2021, 21:20
 
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La discrezione mostrata da Jane per quella faccenda era stata apprezzata da Lucien, deciso a tenere quel segreto per sè. Almeno fino a quel giorno. Non aveva ben chiaro il motivo per cui aveva scelto di confidarglielo, anche se trovava più facile attribuire l'inclinazione alla sensazione di pace che gli nutriva lo spirito; una disposizione d'animo piuttosto rara per lui e che perciò poteva avere un certo impatto sulle proprie scelte. O non c'entrare affatto.
Divenuto particolarmente sensibile agli eventi meteorologici e all’ambiente che lo circondava, doveva ammettere che sia il clima mite che illuminava la capitale magica che la quiete che regnava nell'appartamento lo favorivano. In aggiunta alla serenità che la medimaga gli aveva regalato. Ad ogni modo, il francese non sembrava l'unico a voler condividere un segreto e quella sorta di telecinesi della quale si avvalse Jane, smosse non poco stupore in lui.
Dischiuse le labbra, mantenendo inalterata l'espressione finché la tazza non trovò sostegno nella mano affusolata della strega.
Ne fu incuriosito, impossibile negarlo, ma quella rivelazione si era frapposta nella sua decisione di compiere un gesto imprevisto e, come sempre accadeva, quando partiva per la tangente era pressoché impossibile fermarlo.
La sottile ironia di cui Jane si avvalse per confermargli la propria memoria, stemperò per un attimo le difficoltà che il mago stava riscontrando per trovare le parole adatte. Ve ne erano, dopotutto? Egli confidava in una risposta affermativa e la sua mente lo indusse a sforzarsi per trovarle.
La cassa toracica si tese e la parte superiore del suo corpo fu soggetta a lenti movimenti in risposta ad un respiro profondo che faticava a staccarsi da lui, così come le parole. Un lungo silenzio aleggiò nell'abitacolo, rotto solo dal lieve sciabordio del liquido fumante; aveva ripreso a lambire le pareti di ceramica, agitandosi inquieto.
Fu in quell'attimo sospeso nel tempo che cadde la tazza di Jane tempestando il pavimento di piccoli pezzi di ceramica. Scosso dal torpore generato dalle proprie emozioni e pensieri, fu con uno scatto che Lucien si accovacciò e trasse la dodici pollici, puntandola sui cocci e, rendendosene conto tardi, enunciando simultaneamente alla strega la formula dell'incantesimo. «Repàro»
Fu come se i flussi di magia delle due bacchette confluissero in un unico punto, mischiandosi com'era accaduto alle anime dei proprietari poco prima, e i cocci venissero dolcemente risucchiati e ricompattati, ricreando l'oggetto sotto ai loro occhi.
La tazza tornò al suo stato originario, la porcellana bagnata per il passaggio del Tè rimasto sul pavimento. Lucien sistemò anche quello dopo essersi riscosso dalla sensazione scomoda che il fatto appena verificatosi gli aveva smosso. Si avvicinò quindi al punto dove il taglio aveva lacerato la pelle candida di Jane, e tracciando un semicerchio in senso orario provvide a curarla per mezzo di un Medeor Vulneratio.
«Ora siamo pari.» sussurrò, conscio di star cercando di stemperare una situazione complicata giacché quel gesto non poteva eguagliare il suo avergli salvato la vita.
«Mi trovavo a Durness, un villaggio di babbani dove ho trascorso una fetta della mia infanzia.» Era forse la prima volta che le confidava qualcosa di sè che non fosse intuibile dai medesimi trascorsi a Hogwarts. Il battito cardiaco di Lucien riacquisì un ritmo sostenuto, vagamente similare a quello che aveva dato inizio ai loro consueti trastullamenti. «Mi sono trovato nella condizione di scegliere di nuotare fino al largo, in balia del mare in tempesta.» Un brivido gli percorse la spina dorsale, i peli si rizzarono lungo le lunghe braccia. Il ricordo, così vivido nella mente, lo frustò un'unica impetuosa volta come avevano fatto le onde quella notte. Deglutì e il suo sguardo colò a picco sul Tè. «Io... non mi sono mai sentito così vicino alla morte come quel giorno.» ammise corrucciando la fronte che s'increspò in sottili diramazioni. «Eppure, credo sia stato anche uno dei giorni più importanti della mia vita e che un'accezione positiva permei quell'episodio, pur con tutti i rischi che ha implicato. Perché l'Acqua si è rivelata a me, Jane, nella sua sconfinata imponenza. È qualcosa che non trovo le parole per descrivere, un legame che trascende il tempo e che sento mi offrirà sempre più risposte ed una maggiore consapevolezza di me, di Lei, di noi. Credo... di dovermi lasciar trasportare dalla corrente, di nuovo, perché le risposte sono lì e devo solo trovare il modo di raggiungerle.» A qualsiasi prezzo.
Ondate di emozioni stavano risalendo in lui e cercò di acquietarle accostandosi al proprio elemento, sorseggiando altro Tè. La sensazione squisita del liquido caldo che gli scivolava lungo la gola agevolò la sua causa e ne beneficiò per qualche istante.
Lucien
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Edited by Atonement. - 29/9/2021, 21:54
 
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Ancora scossa per quanto accaduto inizialmente non aveva fatto caso ai movimenti del mago, tanto che li registrò solamente mentre le loro voci si sovrapponevano pronunciando il medesimo incantesimo: fu solo un istante, un frammento di pochi secondi, eppure il tempo sembrò dilatarsi mentre le punte delle bacchette si sfioravano impercettibilmente. I pezzi scomposti di ceramica si avvicinarono lentamente tra di loro, seguendo un motivo sconosciuto alla strega e al mago che avevano castato l’incanto ma che in realtà sembrava quasi una trasposizione dell’intreccio particolare che li legava. Quando ormai le spaccature erano diventate solo un vago ricordo sul bianco candido della ceramica Jane afferrò la tazza tra le mani, un cenno di sorpresa sul volto dopo essersi resa conto di quanto era appena successo. Ancora disorientata, lasciò che Lucien sistemasse il tè rovesciato a terra mentre fissava con sguardo lievemente assente l’oggetto. Fu solo quando il mago parlò nuovamente che notò che il taglio sulla mano si era rimarginato e un sorriso leggero le sfuggì dalle labbra mentre scrutava gli occhi cerulei che aveva imparato a conoscere bene nei mesi precedenti. Le parole di Lucien la aiutarono a lasciarsi alle spalle il turbamento per la sua reazione nonostante fosse conscia che potesse essere apparsa esagerata, ma il ragazzo sembrava pronto ad andare oltre. Riprese posto sulla sedia, versandosi con attenzione le ultime gocce di tè rimaste sul fondo della teiera.
Lo sciabordio delle onde faceva tremare impercettibilmente la tazza che stringeva in mano, un movimento ritmico e dolce come una ninnananna sussurrata all’orecchio: alzò anche l’altra mano a reggere la ceramica bianca, bevendo un sorso di tè mentre attendeva paziente che Lucien riprendesse a parlare. Il gusto aspro dell’algabranchia le pizzicò la lingua prima di venire mitigato da quello più dolce dei petali di ninfea, un contrasto delicato che sembrava armonizzarsi con l’autunno che avrebbe visto danzare tra le foglie e il cielo se avesse alzato il volto e guardato fuori dalla finestra sopra l’acquaio. La sua attenzione però era delineata su Lucien, che ancora non aveva rotto il silenzio impalpabile che era sceso nuovamente tra di loro: notò la lieve tensione che aveva fatto presa sul corpo del mago, nonostante lo sguardo tornato inalterato e impassibile come qualche istante prima. Il lavoro al San Mungo, ormai diventato da più di un anno parte della sua quotidianità, aveva sì ampliato le sue conoscenze in pozioni, erbologia e incantesimi, ma al tempo stesso avvertiva che l’aveva resa più attenta a particolari che mesi addietro forse non avrebbe notato. Aveva anche allenato la sua pazienza, rendendo il rispetto per i tempi dei pazienti centrale nelle sue azioni, e questo si rifletteva anche nell’atteggiamento che aveva assunto in quel frangente: le sembrava di percepire una leggera difficoltà in Lucien ed era forse la prima volta che vedeva il guardiacaccia in quella condizione, il desiderio di aiutarlo lesto a pizzicarle la cute ma si sforzò di attendere, cercando di controllarsi. Posò la tazza sul tavolo con un movimento lento e curato facendo attenzione a non rovesciarne il contenuto, le onde al suo interno però non apparvero concordi con le sue intenzioni, pronte a dimostrare l’ombra di inquietudine che il silenzio di Lucien stava generando nel suo animo, facendo cadere qualche goccia di tè sul ripiano. Provò a disperderle con un movimento della mano ma si fermò a metà del gesto, interrotta dalla voce del mago, lo sguardo ancorato alla superficie lignea.

Si sentì vagamente disorientata poiché era una sensazione nuova ascoltare Lucien parlare del suo passato, accennare a fatti che trascendevano la quotidianità che era sempre stata il confine invisibile fissato tra di loro: era accaduto nelle settimane precedenti che in compagnia i due avessero commentato un particolare articolo del Profeta, oppure discusso davanti ad un bicchiere di vino se Miguel Delaguerre avrebbe pubblicato a breve un altro libro sulle creature magiche. A volte gli anni trascorsi sotto lo sguardo attento di Priscilla Corvonero facevano capolino tra i loro ricordi, creando un punto di contatto etereo che riportava alla luce le similarità tra i due che a primo impatto si assomigliavano tanto quanto il bianco con il nero, la pioggia con il sole. Il passato invece, quello più profondo e privato, era un ospite sgradito, un luogo inaccessibile e mantenuto nascosto come la più grande delle vergogne, un limite che non poteva e non voleva essere oltrepassato: alcune delle linee d’inchiostro che decoravano la pelle del mago avevano conservato la loro traccia nel mistero così come la cicatrice sull’avambraccio di Jane, tanto visibile quanto mimetizzata alle domande indiscrete. Avvertì il battito del cuore accelerare mentre ascoltava con attenzione il racconto del ragazzo proseguire, la parola morte cadere maldestra tra di loro e farle alzare lo sguardo di scatto, osservando con più attenzione il volto del mago mentre questi continuava a parlare. A primo impatto comprendere il legame che stava descrivendo le apparve complesso e a tratti nebuloso, distratta forse anche dal respiro che ebbe un momento di incertezza quando Lucien rivelò le sue intenzioni di voler continuare ad approfondire il rapporto con l’elemento. La sua mente faticava a comprendere come potesse avvertire il desiderio di rischiare di nuovo la vita dopo le condizioni in cui era arrivato al San Mungo, ma sapeva che non stava a lei esprimere le sue preoccupazioni, che non aveva alcun diritto di giudicare le sue scelte: riflettendo maggiormente avrebbe forse intuito che la stessa curiosità che a volte l’aveva portata a fare scelte azzardate animava Lucien e alimentava la sete di conoscenza del mago, plasmando le sue azioni e tracciando la strada che sembrava così deciso ad intraprendere.

Imitò i gesti del ragazzo, abbassando nuovamente lo sguardo e bevendo un altro sorso di tè e cercando di calmare la tachicardia che avvertiva prepotente nel petto, l’agitazione scorrere infida lungo la sua schiena: un legame così intenso, la voglia di continuare lungo quella strada, tutto questo dove avrebbe portato il mago? E su di lei, che effetto avrebbe avuto in futuro quella consapevolezza? Si sentì fragile, le guance pallide assunsero una sfumatura rosa, quasi come se temesse che il ragazzo potesse aver letto le sue incertezze e scoperto i pensieri che aveva preferito mantenere per sé. Si sforzò di parlare, di dare voce a quello che pensava senza però rivelare tutto. « In questo ultimo periodo avevo notato in te qualcosa di diverso, di profondo. Decifrarti non è mai semplice, ma questa volta mi è sembrato quasi impossibile! Temevo quasi di aver fatto qualcosa di sbagliato. » trattenne una risata leggera che sembrava pronta ad esprimere il conforto che provava nel sapere che lei, in tutta quella storia, non aveva alcun ruolo. Fu solo un attimo però, un respiro profondo pronto a riportare nella conversazione i toni più adatti, il rispetto che la rivelazione fatta da Lucien meritava e che Jane sentiva di dover esprimere. Sapeva che con le sue parole stava per camminare nuovamente su quel confine netto che li separava, ma la complessità del momento condiviso le aveva generate ancora prima che se ne rendesse conto. Spostò una mano sul braccio di Lucien, stringendo delicatamente, « Non so se mai riuscirò a comprendere questo legame con l’Acqua, e non credo che mi sarà mai concesso, » era un filo originale, privato e inaccessibile agli estranei, « ma mi rendo conto di quanto sia unico e ti ringrazio per avermene parlato. » Era difficoltoso per lei esprimere la gratitudine per aver potuto conoscere un frammento del Lucien che solitamente rimaneva nascosto, e ciò era facilmente intuibile anche dal suo volto dove il rosa pallido sulle guance aveva assunto una sfumatura più scura. Bevve un altro sorso di tè per cercare di celare l’imbarazzo di essersi forse esposta troppo, e fu così che notò lo sguardo incuriosito del mago sulla tazza che reggeva in mano, la domanda che non aveva preso voce ma che aleggiava chiaramente tra di loro. Il segreto che le aveva rivelato Lucien poteva spingerla a mostrargli uno spiraglio della Jane che conoscevano in pochi?

« Nessuna abilità particolare, nessun gioco di prestigio, » aveva iniziato a parlare ancora prima di rispondere alla domanda che vagava per la sua mente, il timore di rivelarsi relegato in fondo al suo animo, il tono di voce rilassato e tranquillo « come avrai notato, anche se ti sembrerà che il vino elfico sia tra le mie bevande preferite in realtà in questa casa troverai scorte di tè paragonabili quasi alla quantità di libri. » sorrise, quasi scusandosi, « Non mi capita spesso di far levitare la tazza tra le mie mani e non è una cosa che riesco a controllare. Di solito succede quando sono sovrappensiero o particolarmente impaziente, quasi di riflesso. Penso sia un incantesimo non verbale che prende vita senza che me ne renda conto. Da quanto ne so, era una caratteristica anche di mia madre. » Fece una breve pausa, la sensazione di esporsi troppo che iniziava a crescere e a rovinare la calma con cui aveva iniziato a parlare. « Sei praticamente la prima persona che lo vede al di fuori della mia famiglia, penso. » Il tono di voce si spense improvvisamente non appena finì di pronunciare le ultime parole. Eccolo, il confine che veniva oltrepassato, il limite che veniva cancellato e momentaneamente dimenticato. Il silenzio prese nuovamente posto nella cucina luminosa, quasi come se ci fosse una sedia riservata a lui intorno al tavolo, una tazza di tè ad attenderlo. Attese qualche attimo, la paura di aver parlato troppo pronta a presentarle il conto e a incrinare la serenità con cui avevano iniziato la giornata. Quasi come se avesse avvertito che la padrona si trovava in difficoltà Persefone con un miagolio salì sul tavolo tra i due, sedendosi esattamente davanti a Lucien e iniziando a fare le fusa cercando di attirare l’attenzione del mago. Davanti a quella scena Jane non riuscì a trattenere una risata, « Sei proprio una ruffiana! Un giorno Lucien mi spiegherai come hai fatto a conquistare la fiducia di questa gattaccia diffidente! » Allungò la mano per grattare la testa dell’animale, per poi alzarsi. La bolla di tensione che aveva iniziato ad avvertire era stata scoppiata dalla comparsa del gatto, e il tempo che negli ultimi minuti sembrava essersi fermato per dare spazio alle loro rivelazioni riprese a scorrere nella sua quotidianità. « Un’altra tazza di tè? »
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Edited by Jane Read - 29/9/2021, 22:44
 
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