La Vispa Teresa, Privata

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view post Posted on 7/11/2021, 16:22
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Kim Jisung - 김 지성
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Non era tornato a Londra da molto tempo. Disfare le valigie era stato doloroso sotto molti aspetti ma aveva fatto un patto con se stesso e ora doveva rispettarlo. Dopo sette anni trascorsi in Corea del Sud ormai la portava nel cuore. Era parte integrante del suo essere molto di più di quando era partito. C'erano però delle cose che erano rimaste in sospeso dall'altra parte del mondo che il suo animo gli imponeva di mettere nelle caselle giuste. C'era sempre Hogwarts che gli scoppiava nella testa ma non aveva più l'età per tornare a nascondersi dietro le rassicuranti mura della Sala Comune. L'accesso in quei luoghi gli era precluso. Esisteva sono un modo per tornarci e Jisung sapeva quale fosse.
Era un codardo patentato che non aveva il coraggio di presentarsi dal Preside a chiedere la cattedra che tanto agognava. Restavano i sogni, stupendi e incancellabili, che tornavano ogni notte a ricordargli quanto fosse vile da parte sua non provare. L'avrebbero mai preso come insegnante? Lui era inglese ma non lo era. Era questa la frase che gli tornava sempre alle mente. Un gioco di parole nel quale continuava a perdersi cercando scuse per non prendere la decisione giusta.
Aveva detto ai suoi genitori che sarebbe diventato Medimago perchè sapeva quanto loro ci tenessero, un figlio medico era quello che avevano sempre sognato. Davanti a una tazza di the aveva detto a sua madre che lo voleva ma quelle parole non erano del tutto vere. Amava le persone ed era fermamente convinto che fare loro del bene lo avrebbe reso migliore. Se una persona lo ringraziava e gli sorrideva lui si sentiva bene. Era felice, non poteva negarlo, anche non lo era fino in fondo. Nonostante questo aveva convinto se stesso che era quella la scelta giusta.

Al momento esisteva solo un modo per vedere ancora la scuola che tanto amava. Il villaggio di Hogsmeade aveva sempre offerto un punto di osservazione favoloso e Jisung sapeva perfettamente dove posizionarsi per osservare alla perfezione la Torre di Corvonero.
Trovarla nel proprio campo visivo fu ancora più doloroso che lasciare sua nonna a Daegu sicuro che non l'avrebbe più rivista. Una lacrima scese sul suo viso saltando giù dagli zigomi alti. La nostalgia di quei luoghi era davvero infinita. Era l'unico posto dell'Inghilterra dove non si era sentito diverso dagli altri. Chiuse gli occhi obliqui imponendosi di non pensarci. Non era quello il motivo per cui si era smaterializzato al villaggio vestito da contadinello.
Aveva bisogno di rispolverare la sua conoscenza della Pozioni Curative se voleva presentarsi a San Mungo senza essere preso a pedate. Era certo che in fondo al villaggio avrebbe trovato ciò che stava cercando. Nascoste sotto ai cespugli nella boscaglia che tornava verso il lago c'erano sempre state delle piante di dittamo. Se Madre Natura continuava a seguire sempre gli stessi schemi le avrebbe trovate lì.
Sistemò bene il cappello di paglia nero in modo che non volasse via e si incamminò. Prima di inoltrarsi nella vegetazione indossò i guanti quindi cominciò a fare lo Snaso tra i cespugli.
"Dittamo, sei qui vero?" parlare da solo era una delle specialità, lo aiutava a concentrarsi meglio. Non c'era da stupirsi se la gente lo guardava come un alieno.
Cominciò a saltellare da una pianta all'altra come una cavalletta, accucciandosi ogni volta che era convinto di vedere qualcosa di interessante. Del dittamo nessuna traccia ma riuscì a trovare una stupenda pianta di aconito alla quale rubò un paio di rami.
Salta di qua, salta di là, salta di su, salta di giù. Si addentrò sempre di più nella boscaglia finchè le vide in lontananza.
"Lo dicevo io che c'erano!"
Inizio a corre preso dalla frenesia senza accorgersi che un gigantesco pioppo era appostato proprio lì, pronto a fargli lo sgambetto. La caviglia agganciò una solida radice e Jisung finì faccia a terra tra le foglie secche e la terra.
Non era terra.
Scoprì che la notte precedente c'era stato un temporale e il fango era pronto ad abbracciarlo teneramente nascosto sotto il malefico fogliame.
Squilli di tromba! Il Re degli Imbranati è tornato a casa.


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view post Posted on 14/11/2021, 13:46
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Jolene White


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Potrei essere rinchiuso in un guscio di noce e tuttavia ritenermi re di uno spazio infinito, se non fosse che faccio brutti sogni.
Così diceva l'Amleto di Shakespeare, e Jolene non aveva previsto che quella citazione potesse rappresentarla tanto letteralmente. Eppure eccola lì, quel mattino – colorito pallido e mezzelune scure sotto agli occhi, a ripensare ai propri incubi e ripetersi di dimenticarli, solo per poi veder riaffiorare un nuovo particolare che le rendeva lo sguardo un po' più tetro, un po' più rigida la linea della mandibola. Inalava in lunghi respiri avidi l'aria fresca della boscaglia, con il suo profumo di terra bagnata che riusciva a scacciare solo in parte il fantasma della cenere e delle macerie che l'avevano soffocata in sogno. Per chissà quale motivo, gli odori ritornavano sempre per primi: tra tutti i sensi, l'olfatto sembrava il più facile da ingannare. Aveva letto da qualche parte della straordinaria capacità degli odori di rievocare vecchi ricordi. Allora le era sembrato incantevole: aveva ripensato a come l'accenno più leggero del profumo del detersivo che sua madre usava tanti anni prima – quel profumo pungente e insieme dolce – trasportava con sé una scia di ricordi che credeva perduti, ricordi di lenzuola ruvide e fresche sulla pelle, di piccoli fazzoletti ricamati con le sue iniziali, J.W. in puntini lilla precisamente allineati. Si era meravigliata delle curiose vie della mente, che le riportavano accanto quelle scene insignificanti e dolci attraverso le distanze malleabili del tempo.
Ora, invece, avrebbe tanto voluto che le lancette dell'orologio si muovessero in un'unica direzione, sempre in avanti, come passi che la allontanassero da ciò che non avrebbe mai dovuto vivere. Ma non veniva ascoltata, e l'attentato di Hogsmeade le toglieva ancora il sonno qualche volta, svegliandola nel cuore della notte – o, peggio ancora, la portava a dormire un lungo sonno agitato, da cui si alzava, al mattino, più stanca di quando si era coricata.
Scalciò un sassolino con la punta della scarpa, e quello corse davanti a lei a farle strada per il sentiero ricoperto di foglie gialle e rosse e arancioni. Non era la prima volta che ricorreva ad una lunga passeggiata solitaria per calmare i propri nervi: le melodie dei boschi e dei campi la aiutavano a ristabilire il silenzio nella propria testa. Non era molto lontana da Hogwarts, aveva a disposizione solo poche ore prima di riprendere il turno in infermeria. Si stringeva nel cappotto pesante, affondando il mento nel colletto e mormorando tra sé e sé il ritmo del canto degli uccelli. Nephelae, la sua fata, la seguiva in una traiettoria disordinata, l'occhio vispo costantemente catturato ora da una foglia dalla colorazione vivace, ora da una goccia residua di pioggia sul punto di cadere dalla punta di un ramo basso. Jolene non si preoccupava, sapeva che non si sarebbe allontanata molto da lei. Nel tempo avevano costruito un legame di fiducia reciproco, conoscevano i loro caratteri e le loro abitudini, e sapevano di poter contare su quella familiarità come su una garanzia. Jolene doveva ammettere in effetti che, nonostante quello che si diceva del brutto carattere delle fate, era piuttosto facile convivere con Nephelae. Il suo unico vero vizio era di essere una gazza ladra mancata, ma quando non impazziva alla vista di qualcosa di luccicante la fata era una buona compagna.
Aveva appena pensato così, e stava giocherellando distrattamente con il bracciale che aveva al polso, che il cinturino cedette e il monile cadde per terra. Jolene si chinò per raccoglierlo con un unico istante di ritardo dovuto alla sorpresa, ma fu comunque troppo tardi: Nephelae, che già stava tenendo d'occhio la sferetta di cristallo incastonata nel braccialetto, vi si fiondò subito sopra. L'oggetto fece appena in tempo a sfiorare il tappeto di foglie morte, che Nephelae l'aveva già afferrato nelle sue minuscole manine e, un po' a fatica per via del peso, era schizzata via con il bottino. Non quel braccialetto, non oggi! Se Jolene sapeva riconoscere un cattivo presagio, quello lo era sicuramente.
«Nephelae! Torna qui!» Così imparo a farle i complimenti, anche solo nella mia testa.
Jolene si fiondò a rincorrerla, abbandonando il sentiero per inoltrarsi tra la vegetazione. Rischiò di scivolare sulle foglie bagnate, allora fece più attenzione a come metteva i piedi, ma questo la rallentò e perse di vista la fata. Piccola, terribile cleptomane che non sei altro. Eccola lì! Rimase sorpresa a vederla volare incontro ad un mago – era vero che la boscaglia non era molto lontana dal villaggio, ma di solito non si incontravano molte persone da quelle parti. Ma Jolene non fece in tempo a pensarci, perché immediatamente vide il povero sconosciuto cadere faccia a terra come un sacco di patate. Nephelae, che l'uomo probabilmente non aveva nemmeno visto, a quel punto si fermò a riposare le ali proprio in cima al suo cappello. Dopo il danno la beffa.
«Ehi, stai bene? Aspetta, fermo solo un attimo...» Quella era la sua occasione: si sarebbe ripresa il braccialetto e avrebbe subito aiutato il poveretto a rialzarsi.
Con queste intenzioni in mente, dunque, si slanciò in avanti, la mano protesa e pronta ad afferrare il cinturino del suo bracciale. Solo che si mosse troppo in fretta, senza fare attenzione – una mossa alquanto stupida, visto il capitombolo a cui aveva appena assistito. Eppure, la fretta a volte gioca brutti scherzi, e Jolene strabuzzò gli occhi quando si accorse che il piede le scivolava senza possibilità di rimedio sul pantano per terra. Il disastro fu inevitabile: con un bel cozzare di zucche – la sua contro quella dello sconosciuto –, Jolene andò a fare compagnia al mago nel bagno di fango. Nephelae, manco a dirlo, spiccò il volo appena in tempo per evitare lo scontro, allontanandosi presto tra gli alberi.
«Merlino, Morgana, Cosetta e tutti i fondatori...» Dovette mordersi la lingua per non tirare giù tutte le figurine delle Cioccorane. «S-scusami. Io...» Riuscì a mettersi a sedere, ma era troppo frastornata dalla botta per alzarsi in piedi. Con una smorfia si massaggiò la fronte, là dove un bel segno rosso cominciava già a farsi vedere. Riuscì a dire solo, stupidamente: «C'era una fata con un braccialetto, ma è scappata».
Che Jisung avesse trovato la sua degna compagna di figure barbine?
 
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view post Posted on 16/11/2021, 13:35
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Accadde tutto in un secondo. Un attimo prima era proteso verso la pianta di Dittamo e quello dopo avvolto dalle sabbie mobili. Si era trovato in situazioni peggiori? Sicuramente, anche se al momento non riusciva a rammentarlo.
"아이씨" biascicò in coreano mentre si rese conto che il suo orizzonte iniziava a cambiare. Cercò di mantenere l'equilibrio roteando le braccia come una marionetta ma fu tutto inutile. Allungò le mani verso il terreno nel tentativo di attutire un minimo il colpo. I palmi leggermente sbucciati erano un prezzo piccolissimo da pagare. Si sarebbe rialzato e avrebbe recuperato il Dittamo. Tornato poi a casa avrebbe provveduto a rimettersi in sesto.

Splaaaaash

Era palese che le foglie secche non avrebbero mai fatto quel rumore. Chiuse istintivamente gli occhi e la bocca e quella fu una fortuna perché finì nel fango fino al collo. Una sorta di punizione infernale per il suo desiderio incontrollato. Con la caduta la maglia che portava si sollevò scoprendogli la pancia. Il fango gelido gli stava entrando nelle viscere e nella biancheria intima. Non sapeva scegliere quale cosa fosse la peggiore. Altri cinque minuti e avrebbe fatto compagnia ai colossi del castello di Hogwarts.
Trascorse qualche secondo in cui provò sensazioni diverse e contrastanti. Alla vista della pianta tanto agognata pensò di essere stato baciato dalla fortuna che, come al solito, si era presa un giorno di ferie per lasciare il posto a sua sorella: la sfiga. Non riusciva a spiegarsi come mai si accanisse così tanto nei suoi confronti. Ormai si conoscevano talmente bene che poteva dire che fossero amici. O forse era proprio questo? Lei, la sfiga, l'unica cosa prettamente femminile che non gli era mai mancata, ci teneva a dimostrargli assiduamente la sua vicinanza. Apprezzava molto le sue attenzioni ma ne avrebbe fatto volentieri a meno.
Era del tutto frastornato e incredulo quando sentì una voce di donna provenire da poco lontano. La spiegazione era molto semplice. Era possibile che la sfiga avesse preso delle fattezze umane per venirlo ad affogare oppure che non fosse più solo nel boschetto delle meraviglie. Quale delle due buste preferiva il concorrente Jisung? Difficile da dire ma probabilmente una morte onorevole sarebbe stata meglio della solita figura di castagna.
«Ehi, stai bene? Aspetta, fermo solo un attimo...»
E dove pensava che potesse andare in quella situazione? Era congelato e impantanato fino al cervello. Un pensiero orribile si impadronì di lui. La bacchetta! Non poteva averla persa o rotta di nuovo. Non poteva pensare alla faccia di Olivander se si fosse ripresentato da lui dopo averla già usata come scendiletto. Allungò la mano nella melma per cercarla, era terrorizzato. L'aveva messa nella tasca dei pantaloni e sperò che la sua bacchetta di sicomoro fosse ancora lì. Perse dieci chili durante l'esplorazione, come se ne avesse bisogno, ma il suo fido legno era ancora lì incolume.
Era sollevato e provò a sollevarsi anche fisicamente. Cercò un punto nel terreno che fosse abbastanza solido da poterci appoggiare le mani. Gli sarebbe bastata una piccola spinta.

Stooooooooonck!

Pensò che una pietra avesse preso vita e gli fosse arrivata addosso. Un dolore acuto lo colpì alla tempia facendo apparire piccole stelline luminose nel suo campo visivo.
«Merlino, Morgana, Cosetta e tutti i fondatori...»
E anche Nick Quasi-senza-testa dato che iniziava a temere che la sua non fosse più attaccata alle spalle come prevedeva l'anatomia. Era perfino peggio di quando un suo compagno di corso lo aveva schiantato contro il muro. Boccheggiava come un pesce rosso e la voce aggiunse «S-scusami. Io...».
Era sempre più confuso. Perché si stava scusando? Ci pensò un attimo e arrivò alla conclusione giusta. Non era stata una pietra a colpirlo ma la testa della voce sconosciuta. Come aveva fatto a non capirlo prima?
Domanda inutile, risposta piuttosto ovvia.
Jisung tentò di girarsi nel tentativo di darle un volto.

Ploooop

Un enorme gocciolone di fango molliccio gli cadde dal mento proprio mentre metteva a fuoco gli occhi verdi della ragazza, i suoi lineamenti delicati e perfetti e a seguire i suoi capelli ramati. Non aveva fatto solo una figura di castagna ma una solenne e impareggiabile figura di castagna.
Si ricordò con orrore che aveva ancora in testa il cappello di sua nonna quindi cercò di liberarsene con la sua solita destrezza. Dimenticò però che le sue mani erano polpette di fango e, quando colpì la falda, il cioccolato gentilmente offerto da Madre Natura volò sulla testa della malcapitata di turno.
Deglutì, solo saliva per fortuna, e divenne viola come una prugna andata a male.
"Io...io..." provaci ancora Sam, conosci sicuramente qualche altra lettera dell'alfabeto se ti applichi.
"Scusami, non volevo" e finalmente una frase di senso compiuto fece la sua comparsa.
Trova qualcosa di intelligente da dire! Lo so che è difficile ma provaci!
"Magari il fango fa bene ai capelli..."
Ma era serio? Possibile che fosse così idiota e incapace? Aveva anche il coraggio di meravigliarsi se le donne lo schifavano peggio di un'edera velenosa.
Era certo che ora la ragazza avrebbe urlato e questa era solo la migliore delle ipotesi possibili. Quello che temeva era di essere afferrato per la nuca e brutalmente affogato nel fango. Senza cattiveria, giusto per vedere se facesse bene anche alla pelle.


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view post Posted on 5/12/2021, 17:24
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Jolene White


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Certi giorni sembravano imbastiti appositamente perché risultassero terribili. Vi era una cura quasi maniacale nel modo in cui le lancette dell'orologio si spostavano da una disgrazia all'altra, come un calendario dell'avvento che nessuno avrebbe mai aperto di sua spontanea volontà. Le quattro di notte nascondono gli incubi che ti fanno svegliare in un bagno di sudore, poi allo scoccare delle sei scoppia il putiferio in infermeria, cosa c'era nell'arrosto della cena da far stare male così tanti studenti? E poi, naturalmente, la mattinata non poteva dirsi finita senza un piccolo salto nel fango, così incantevole. Ti piace l'odore della terra bagnata? Aspetta di provare l'ebbrezza di affondarci la faccia!
Jolene era stanca, di malumore e con un mal di testa che le faceva martellare le tempie, esattamente in quest'ordine. Non era poi così strano che avesse combinato un macello, in quelle condizioni.
Così, se ne stava seduta nel fango, sforzandosi di non fare caso alla sgradevole sensazione di umido di cui il sottobosco stava impregnando i suoi vestiti. Avrebbe dovuto mettersi a gridare contro il mondo, o tutt'al più a piangere – insomma, c'era da aspettarsi che reagisse in qualche modo al culmine di quel giorno disgraziato.
Quello che si poteva leggere sul suo viso, tuttavia, era una mancanza, come una sospensione del normale defluire delle sue emozioni. Il motivo era presto detto: il mago con cui aveva fatto cin cin di capoccia assorbiva completamente la sua attenzione. Non erano i suoi lineamenti ad incuriosirla, per quanto avesse immediatamente riconosciuto la straordinaria delicatezza degli stessi – la loro armonia traspariva anche attraverso l'espressione un po' persa. No, fu piuttosto l'enorme gocciolone di fango che cadde dal suo mento a risultarle stranamente significativo. Udì distintamente il rumore che fece a terra – rumore di umido, di viscido, faceva leggermente ribrezzo. In tutta l'assurdità della situazione, chissà come quel dettaglio le parve di un'importanza enorme, come se dentro di sé racchiudesse il segreto dell'intera giornata, perfino della notte insonne che aveva passato. Le sfuggì una smorfia delle labbra, che si accartocciarono per un istante ad esprimere tutto il suo disappunto nei confronti del gocciolone di fango che erano state quelle ultime ore. Sentiva che avrebbe potuto coronare quella caduta con una battuta altrettanto priva di senso, qualcosa come “ti è caduto questo”, mentre indicava a terra il fango che andava amalgamandosi al resto del terriccio.
Invece, un gesto repentino del mago andò a spostare altro sporco, che questa volta finì dritto dritto sulla chioma della White. I suoi muscoli si irrigidirono, negli occhi si lesse per un attimo la sorpresa di sentire quel contatto freddo anche in cima alla capoccia. L'uomo prese a balbettare qualcosa, delle scuse, ma a quel punto il viso di Jolene stava già mutando, definendosi in increspature marcate, distendendo la linea delle labbra, assottigliando gli occhi. Jolene rise. Rise di cuore, senza trattenere lo scuotersi delle spalle e del petto, che improvvisamente sentiva alleggerito. Alla battuta del ragazzo – «Magari il fango fa bene ai capelli...» – sghignazzò più forte. Già prima di metterlo di nuovo a fuoco attraverso gli occhi inumiditi dall'ilarità, Jolene sapeva che, chiunque fosse quel tizio, le aveva appena restituito il buon umore.
«Erano bagni salutari di fango quelli che cercavi di fare prima?» chiese attraverso un ghigno divertito. Scosse la testa, poi cominciò a pulirsi i capelli alla meno peggio.
Lanciò all'altro uno sguardo di sottecchi, vergognandosi un po' della propria battuta, che forse era risultata scortese. Provò ad addolcire il tiro: «Se può fare qualcosa anche per le mie occhiaie, sono pronta a rotolarmici dentro». Sorridergli fu sorprendentemente semplice.
Decidere di pulirsi con le mani già sporche non era stata un'idea brillante. Si ritrovò ad impiastricciarsi tutta la frangetta e parte del viso, quando sentì il freddo umido sulla pelle allontanò le mani con una smorfia di disgusto. In compenso pensò bene di cercare di pulirsi anche il fango sul cappotto, con l'unico risultato di lasciarvi nuove impronte con le dita sporche. Ovviamente, cosa mi aspettavo? Il colpo alla testa deve essere stato proprio forte.
«Oh, per Merlino, alziamoci di qui prima che mi ritrovi a mangiarlo!»
 
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view post Posted on 13/12/2021, 16:38
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Nel momento che era pronto a farsi ardere vivo, la ragazza scoppiò a ridere. Il bello non era tanto il fatto che stesse ridendo ma che lo stesse facendo insieme a lui. Era un'evento davvero inaspettato per uno come Jisung, sempre abituato a essere preso in giro per principio. La situazione non era delle migliori ma lei era riuscita a trovare il lato positivo in quel momento di assurda ironia. Avrebbe già apprezzato un simile comportamento in un uomo ma in una donna era molto di più, era da adorare.
Continuava a fissarla come un cretino imbalsamato, una specie di salame andato a male. Guardava il fango che le colava vicino alle orecchie ed era tentato di aiutarla a pulirsi. Per la miseria! No! Non poteva muovere quelle mani impantanate altrimenti questa volta sarebbe stato un idiota recidivo. Non sapeva chi fosse quella ragazza ma era sicuramente una strega, i commenti a voce alta lasciavano pochi dubbi. Non l'aveva mai incontrata ma avrebbe voluto farlo molto tempo prima.
«Erano bagni salutari di fango quelli che cercavi di fare prima?»
Il ghiaccio era rotto e probabilmente si era sciolto in mezzo al fango nel quale continuavano a galleggiare imperterriti ridendo.
Jisung fece un sorriso gigantesco. Lei era riuscita a compiere un miracolo e a farlo sentire completamente rilassato. Ma non era solo quello, era la prima volta in vita sua che non si sentiva uno stupido.
"In realtà volevo prendere lui e sono scivolato."
Indicò il dittamo con la mano impantanata.
"L'ho raccolto tante volte quando ero a Hogwarts e ora sono venuto a cercarlo per fare un po' di decotto."
Perché non aveva mai incontrato una ragazza così quando frequentava la scuola? Probabilmente sarebbe diventata subito la sua migliore amica. Era davvero triste da dire, ma oltre che non avere una ragazza non aveva mai avuto nemmeno un'amica vera. Helena era stata per lui una spalla a cui appoggiarsi, una sorella maggiore, ma con lei non poteva scendere ai Tre Manici di Scopa a prendere una Burrobirra per raccontare gli ultimi pettegolezzi sugli studenti.
"Non hai bisogno di migliorare le tue occhiaie, vanno benissimo così."
Pronunciò quella frase con tutta la naturalezza che aveva nell'essere un imbranato cronico. Solo dopo si soffermò ad analizzarla meglio e si rese conto di quanto fosse potenzialmente offensiva. Divenne tutto rosso fino alla punta delle orecchie, e il viso era l'unica parte del corpo ancora scoperta. Come aggiungere vergogna alla vergogna e renderla un caso disperato.
"Intendo di dire che i tuoi occhi vanno bene così perché sono bellissimi e senza occhiaie."
Pronunciò quelle parole tutte di corsa e senza prendere mai fiato. Alla fine sembrava il reduce balbettante di una maratona.
Sorelle Stravagarie! Che fatica mettere in piedi uno straccio di conversazione con una donna.
Si soffermò a guardarla, era davvero molto bella e, dato l'orario, non poteva essere una studentessa. Non ricordava di averla vista a scuola, chissà quanti anni aveva.
"Ti va di fare un patto di fango? Mai e poi mai racconteremo questa brutta figura ad anima viva."
Allungò la mano gocciolante poltiglia e la porse alla ragazza dai capelli ramati sperando che lei la stringesse, sugellando il loro accordo segreto.
Si alzò in piedi come lei aveva suggerito, non con una certa difficoltà. Rischiò infatti di scivolare una seconda volta e finire nella pozza con il fondoschiena ma riuscì a mantenere miracolosamente l'equilibrio. Raggiunta la posizione eretta fece l'ultima cosa che avrebbe voluto fare in quel momento, ovvero mettere le mani in tasca. Purtroppo era necessario. Impugnò la bacchetta, l'agitò e un attimo dopo sia lui che lei erano come nuovi. Il fango sembrava solo un brutto ricordo e magari, in futuro, avrebbero riso insieme pensando a quel momento.
"Io mi chiamo Jisung e sono un ex Corvonero."
Sono anche un cretino imbranato, ma di questo te ne sarai già accorta da sola.


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