Saturday Night Tweets, Privata

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view post Posted on 8/11/2021, 11:52
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Kim Jisung - 김 지성
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Il fine settimana era sacro e come tale andava rispettato. Jisung aveva deciso che quel sabato sera si sarebbe dato alla pazza gioia in qualche locale londinese. Si sentiva solo e non voleva passare un'altra serata a giocare con la sua famiglia. Li amava tantissimo ma aveva bisogno anche dei suoi spazi da adulto. Quel giorno avrebbe fatto qualcosa di diverso.
Comprò un giornale babbano e lo sfogliò con attenzione. Scartò subito il cinema perchè era sicuro che si sarebbe addormentato dopo cinque minuti. No, non era quella la soluzione.
Continuò a cercare finché i suoi occhi neri non si posarono sulla locandina di un locale che faceva karaoke. Era esattamente quello di cui aveva bisogno. In Corea i locali di karaoke erano molto diffusi e popolari e i suoi cugini ce lo portavano spessissimo. Erano tutte stanze separate dove ogni gruppo poteva divertirsi in assoluta libertà lontano da occhi indiscreti. Sebbene suonasse vari strumenti e avesse preso lezioni di canto non amava esibirsi davanti a degli sconosciuti. Aveva la voce da baritono e la sua insicurezza lo portava a lasciare il palco ai tenori. Quella sera non sarebbe stato diverso, non aveva intenzione di cantare. Si sarebbe messo da una parte a godersi lo spettacolo e a cantare insieme agli altri. Nessuno lo avrebbe sentito nella confusione generale.

Consumò la cena al ristorante con calma e rispetto per sua madre che l'aveva messa in tavola. Salutò i suoi genitori e si avviò al locale. Si era vestito da perfetto babbano o almeno così credeva. Maglione stracciato e consumato, pantaloni neri e stivali. Il tocco speciale al suo outfit erano delle scritte senza senso che si era disegnato sul viso e sul collo con l'henne di sua madre.
La cosa più bella però era il suo sorriso rettangolare. Suo padre gli diceva fin da piccolo che quando rideva la sua bocca prendeva la forma di una scatoletta rettangolare come quella di nonno Minho. Quel "boxy smile" era il suo marchio di fabbrica.

Si smaterializzò nelle vicinanze del locale rischiando di finire dentro a un cassonetto. Controllò l'orologio, erano le undici. La sua serata mondana poteva avere inizio.
Dopo una decina di minuti era già all'entrata del Karaoke Palace, pronto a gettarsi nella mischia.
All'interno il locale era già pieno e non c'erano più posti a sedere. Non era un problema, sarebbe rimasto in piedi. Si sistemò appoggiato al muro nel lato destro del locale a distanza di sicurezza dalle casse. La visuale era ottima e la musica non rimbombava. Sorrise soddisfatto della scelta. Ogni tanto qualcosa filava liscia anche per lui.
In quel momento salirono sul palco due ragazze per esibirsi in una canzone che non aveva mai sentito. Sebbene ascoltasse anche la musica babbana doveva ammettere di non essere ferratissimo. Al ritornello cominciò a battere le mani fino ad applaudire con calore alla fine dell'esibizione.
Seguì un'altra performance con un ragazzo piuttosto stonato. Lo applaudì comunque, solo per il coraggio che aveva avuto nel dare spettacolo davanti a tutti.
Alla terza canzone Jisung aveva già perso ogni controllo. Si agitava ancheggiando come una ballerina del Moulin Rouge tranquillo che nessuno potesse vederlo nel buio che dominava la sala.
Tutto filava alla grande, sarebbe stata una serata indimenticabile.


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view post Posted on 8/11/2021, 16:46
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Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente. (William Shakespeare - Romeo e Giulietta)

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20211108-121357


Divertimento. La parola d’ordine per quella sera era divertimento. Con i cugini aveva letto di un nuovo locale con tanto di karaoke che aveva aperto a Londra e loro, da amanti della musica, non potevano non approfittarne. «Cosa prendete da bere?» chiese Jordan ad alta voce, cercando di sovrastare il rimbombare delle casse e gli schiamazzi che aleggiavano attorno a loro. Erano arrivati da poco e, più o meno sgomitando, avevano raggiunto il bar alla destra del locale, tra l’altro neanche troppo lontano dal palco. Le luci soffuse rendevano difficile vedere poco più in là di un palmo dal naso, ma l’atmosfera che creavano era piacevole. Inoltre, erano al riparo dal freddo autunno inglese, dentro faceva abbastanza caldo da far riprendere la sensibilità alle guance congelate. Probabilmente anche l’alcool avrebbe dato il suo contributo.
«Non sarà buona quanto la Burrobirra di Rosmerta, ma una birra normale andrà benissimo!»
«Per me lo stesso, grazie!»
Stava per aprire bocca e dire la sua, ma ovviamente non le era concesso fare richieste «Tu non ti azzardare!» l’indice ammonitore puntato contro di lei.
«Il massimo che ti ci concedo è un succo di frutta!» sentenziò
«Ah, non sapevo di non avere diritto di parola! Comunque va bene, fai tu!» alzò le mani in segno di resa. Suo cugino non ci mise molto a tornare con le ordinazioni e lei prese la sua bottiglietta, concedendosi poi un primo sorso.
«Cris ha ragione, Madama Rosmerta non si batte!» dopo averla assaggiata storse il naso.
«Mi mancano i pomeriggi ai Tre Manici di Scopa!» ora era curiosa. Al Ballo delle Case aveva bevuto la tanto decantata bevanda, rigorosamente analcolica, ed effettivamente era molto buona. Cos’aveva la birra babbana di diverso?
«Si può sapere cos’ha che non va questa?» senza troppe cerimonie tolse la bottiglia in vetro dalla mano di Cristopher e si azzardò a provarla. Lo avesse mai fatto. Appena il liquido ambrato toccò le labbra, sulla faccia le comparve un’espressione disgustata. Era amara, niente a che vedere con il retrogusto dolce della Burrobirra. «Bleah, che schifo! Ma come fate a mandarla giù!?» tese il braccio e la passò nuovamente a Cris, che se la riprese compensandola con un’occhiataccia.
«Tu sei matta, l’ho sempre sostenuto!» mentre rideva sotto i baffi scosse la testa, ormai arreso all’evidenza.
«Gli unici matti qui siete voi! Che razza di gusti avete!» provò a liberarsi del pessimo sapore che ancora le impastava la lingua con un po’ di succo, ma funzionò a malapena.
«Mi spiace intromettermi, ma vorrei ricordarvi che siamo venuti qui per tutt’altro motivo! Non per discutere sulla bontà della birra! Chi si fa avanti per primo?» Juliet fece un cenno in direzione del palco. Ormai già diverse persone, più o meno intonate, s’erano esibite. Lei, ingenuamente, pensava di essere lì per assistere.
«La nanerottola sembra già abbastanza brilla da tentare un’esibizione! Sali lì sopra e facci sognare!» la sfotté abbozzando una specie di brindisi in suo onore. C’è poco da dire, Jordan sa sempre dove colpire per provocarla.
«Per caso hai i vermicoli al posto del cervello? Primo, non sono capace! Secondo, se proprio ci tenete andate voi!» sbottò.
«E che sarà mai? Cinque minuti e già si saranno dimenticati della tua figuraccia!»
«Dici? Allora perché non mi accompagni?» lo sfidò.
«Ti piacerebbe, ma lascio a te le luci della ribalta!»
«Juliet? Almeno tu non tradirmi!» quasi la supplicò in cerca di solidarietà femminile.
«Ehm, no! Tocca ai più piccoli rompere il ghiaccio!» disse sghignazzando.
«Brutti Troll figli di Morgana, questa me la pagherete! E va bene, scommetto che troverò qualcuno che mi darà manforte!» ci doveva pur essere una persone, una sola, in mezzo alla folla che aveva abbastanza fegato per fare un duetto.
«Vuo scommettere? D’accordo, se trovi un’anima pia che canti con te pulirò la tua camera durante le prossime vacanze! Se così non fosse, nel mio nuovo appartamento ci sono ancora un sacco di scatoloni che attendono di essere svuotati! Che dici, andata?» di certo non si sarebbe tirata indietro.
«Andata! E preparati, la lascerò molto sporca e in disordine!» detto ciò, mollò a loro il succo e a passo di valchiria si fece strada, tentando di mantenere una linea retta, in cerca di un secondo cantante in erba. Doveva sbrigarsi, il palco stava per liberarsi e a quel punto, volenti o nolenti, le toccava offrirsi volontaria. Quando arrivò nei pressi delle casse si guardò in giro. Cercò qualcuno che le ispirasse fiducia. Qualcuno che avesse l’aria di poterla assecondare. Nel buio della sala, notò che appoggiato al muro c’era un ragazzo. Stava appartato a ballare, ancheggiava a ritmo con la base della canzone che riproducevano in quel momento. Per caso era da solo? Poco importava, le sembrava la vittima il candidato perfetto. Per niente intimidita gli si avvicinò e, proprio in quel momento, prima che riuscisse a rivolgergli la parola la musica cessò facendo calare un silenzio tombale. Era giunto il momento.
Senza pensare alle conseguenze gli afferrò il braccio «NOI, TOCCA A NOI!» gridò mentre saltellava sul posto per attirare l’attenzione dello staff. Dopodiché lo trascinò con sé. Il più era fatto, ma in qualche modo doveva dare una spiegazione «Ti prego reggimi il gioco, rischio di perdere una scommessa!» gli disse mentre ancora stava camminando in direzione delle scalette a lato del palco «Giuro che mi sdebiterò!» sarebbe stato al gioco? Sperava di sì con tutta sé stessa!

20211108-121408


| Camille Donovan | Hufflepuff Prefect | 14 y.o |








Bene, apriamo le danze :ihih: :<31: :<31:
 
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view post Posted on 9/11/2021, 11:54
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Kim Jisung - 김 지성
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Quel locale era pazzesco, ci sarebbe sicuramente tornato di nuovo. Se solo avesse avuto un minimo di fegato in più, avrebbe alzato la mano e sarebbe salito su quel palco. C'era un problema. Pur essendo un estroverso impenitente, era anche un insicuro patologico cosa che gli impediva di sollevare la sua gagliarda zampetta e proporsi come concorrente.
Smise di pensarci in mezzo secondo, era un problema che non si poneva. Lui era lì solo per ascoltare e applaudire gli altri.
"Sì, sì, sì!" continuava a ripetere a voce alta mentre accompagnava il suo ancheggiare da svergognato. La sua espressione era rilassata come quella di un neonato gonfio di latte. Andava tutto alla grande!

Errata corrige.

Si sentì stringere il braccio e trasalì. Cercò immediatamente ciò che l'aveva afferrato e scoprì che la mano apparteneva ad una ragazza. Colto completamente di sorpresa, aprì le labbra come un ebete. Non aveva la minima idea delle sue intenzioni. Aveva i capelli scuri ma la poca luce gli impediva di coglierne l'esatta sfumatura. Era una trentina di centimetri più bassa di lui e, a giudicare dal viso, ancora un'adolescente.
Prima che Jisung potesse chiederle una spiegazione, la ragazza urlo «NOI, TOCCA A NOI!» cercando di attirare l'attenzione dello staff sul palco.
"No, no, no!" riuscì a biascicare prima che lei iniziasse a trascinarlo come uno studente in punizione.
Parlo in coreano "왜?" senza pensare che lei non avrebbe capito niente e forse non lo avrebbe nemmeno sentito.
La cosa divertente era che, preso completamente alla sprovvista, non aveva nemmeno provato ad opporre resistenza, facendosi sequestrare senza ritegno.
La situazione però era talmente grottesca che cominciò a ridere. Prima in modo impercettibile poi spalancando la bocca in un sorriso radioso quando lei gli spiegò tutto.
Era ovvio che fosse per una scommessa, altrimenti perché avrebbe scelto proprio lui? Cercò di ricomporsi staccando il braccio dalla presa della ragazza. Quel contatto fisico non era necessario.
Jisung annuì "Va bene, ci sto"
Le regalò il suo sorriso a scatoletta che faceva sembrava gli occhi fini come due aghi. In quel momento era terrorizzato ma anche divertito, ma soprattutto era curioso. Tutte le sue insicurezze passarono in seconda linea per lasciare il posto al suo carattere estroverso.
"Che cosa pensavi di cantare?" provò a chiedere "Scegli tu, ma non canzoni femminili perché ho la voce da baritono e faccio fatica a prendere delle note troppo alte. Per favore."
Detto questo rimase in attesa. Per il momento andava bene così. In seguito gli avrebbe chiesto conto del perché avesse pescato proprio lui in un locale pieno di gente.
"Ah! Scusami" si rese conto che non si era presentato. Si esibì in un inchino profondo "Io sono Jisung".


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view post Posted on 9/11/2021, 21:15
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20211108-121357


La pazzia era compiuta. Le uova rotte e la frittata fatta. Vedetela come preferite, il punto è che un uragano di nome Camille Donovan aveva appena travolto senza preavviso quel povero ragazzo che, con ogni probabilità, sperava di non essere disturbato, almeno non da lei. La Tassorosso non poteva tirarsi indietro, oltretutto dopo averlo letteralmente trascinato come fosse un peluche, totalmente incurante se gli stesse facendo male o meno. Si era catapultata nei programmi serali del malcapitato senza ritegno, un po’ come un fiume in piena, e ora se ne stava lì, con l’ansia di un rifiuto, che tra l’altro si sarebbe pure meritata. Oltre ogni aspettativa, però, le spiegazioni funzionarono e in qualche modo l’assecondò.
Lì per lì rimase di sasso, non pensava di essere perdonata tanto facilmente. Schiuse la bocca sorpresa, non sapeva cosa dire. Un istante dopo si riprese e dimostrò, molto a modo suo, quanto gli era grata «Grazie. Grazie. Grazie. Sei appena diventato un eroe, sappilo!» ripose al sorriso che le era stato rivolto con entusiasmo. Se l’obiettivo del giovane non era quello di salvare donzelle in pericolo, per colpa sua lo era diventato. Più o meno.
Ora veniva la parte peggiore: esibirsi. Le era appena stata data carta bianca sul genere, ma così su due piedi, con tutta onestà, non ci aveva riflettuto.
«Oh, ehm, sinceramente non saprei!» si portò una mano alla nuca pensierosa. Non ascoltava molta musica babbana, le sue conoscenze erano piuttosto limitate, ma avrebbe comunque cercato qualcosa di adatto. Per lei qualsiasi brano andava bene, stonata com’è avrebbe preferito lanciarsi cantando in labiale, ma ovviamente non era fattibile. Sorvolando i dettagli tecnici, come suo solito si stava dimenticando una cosa fondamentale:
«Giusto! Perdonami tu, ancora una volta. Io sono Camille!» nel frattempo l’altro le fece un inchino. Non era certa su come comportarsi, ma nel dubbio lo imitò.
«Bene, andiamo al pat- ehm a farci una reputazione? magari in Sala c'è qualche talent scout pronto a ingaggiarci!?» ci rise istericamente su per sdrammatizzare, mentre tornava ad una postura eretta. Detto ciò, imboccò le scalette e salì sul palco. Come si sceglie una canzone? Di fronte a sé si ritrovò un display con una serie di titoli, per lo più a lei sconosciuti. Indicò il primo che le capitò sotto al naso, “2U" di un certo Justin Bieber, a Jisung
«Questa può andar bene?» attese il consenso del compagno di sventura prima di riferire la scelta al tizio che si occupava di dare l'attacco. Pronta alla più totale umiliazione, raggiunse il microfono. I riflettori la stavano accecando, oltre a metterla più in agitazione. Il momento tanto temuto era arrivato. Regolò l'altezza dell'asta e si appoggiò ad essa in cerca di un sostegno fisico. Rabbrividì al contatto delle dita con il metallo freddo. Lo stomaco si attorcigliò. Si voltò verso l'altra postazione per vedere se anche Jisung era pronto, oltre che per pregarlo silenziosamente di non giudicare la sua orribile intonazione. Se andava tutto a scatafascio la colpa sarebbe stata esclusivamente sua, ne era convinta. Fece un respiro profondo e dette un rapido cenno per far partire la base. Il monitor del gobbo si accese, lasciando in bella mostra il testo. Una ad una le parole iniziarono ad illuminarsi. Che lo spettacolo abbia inizio.

20211108-121408


| Camille Donovan | Hufflepuff Prefect | 14 y.o |








Allora, per i curiosi, la canzone in questione è questa! La versione interpretata dal nostro Jisung è questa, mentre, per sapere come canterà Camille, cercate online unghie che stridono sulla lavagna :ihih: :<31: enjoy yourselves :zalve: :<31:

Questioni tecniche, trattandosi di un duetto ho pensato di suddividere in modo professionale (?), ma doveeeeee, il testo con le parti che canteranno l'uno e l'altra (vedere spoiler)

(Jisung)
No limit in the sky
That I won't fly for ya (for ya, for ya, for ya)
No amount of tears in my eyes
That I won't cry for ya (for ya), oh no
With every breath that I take
I want you to share that air with me
There's no promise that I won't keep
I'll climb a mountain, there's none too steep


Corous (insieme)
When it comes to you
There's no crime
Let's take both of our souls
And intertwine

When it comes to you
Don't be blind
Watch me speak from my heart
When it comes to you
Comes to you
Want you to share that
(When it comes to you)


(Camille)
Cupid ain't a lie
Arrow got your name on it, oh yeah
Don't miss out on a love
And regret yourself on it, oh (oh, oh)
Open up your mind, clear your head
Ain't gotta wake up to an empty bed
Share my life, it's yours to keep
Now that I give to you all of me, oh


Corous (insieme)
When it comes to you
There's no crime
Let's take both of our souls
And intertwine

When it comes to you
Don't be blind
Watch me speak from my heart
When it comes to you
Comes to you
Want you to share that
(Share) When it comes to you
Want you to share that

When it comes to you (to you)
There's no crime
Let's take both of our souls
And intertwine
When it comes to you
Don't be blind
Watch me speak from my heart
When it comes to you
Comes to you (you, you, you, you, you, you, you, you)


La messa è finita, andate in pace (?) :amen:
 
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view post Posted on 11/11/2021, 11:39
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Salì con lei le scalette che portavano al palco senza aggiungere altro. Ormai era in ballo e avrebbe ballato, con tutto quello che comportava. Lesse da sopra alla spalla di Camille il nome della canzone e annuì.
"Sì, la conosco, va benissimo"
Studiare musica e canto per tanti anni lo aveva fatto accostare anche alla musica babbana. Apprezzava moltissimi cantanti e svariati generi musicali e, in privato, si era anche divertito a emularli. Quel Bieber non era tra le sue prime scelte ma quella canzone aveva fatto breccia su di lui fin dal primo ascolto. Ne apprezzava la delicatezza della melodia e il romanticismo del testo. Aveva immaginato mille e mille volte di cantarla per una ragazza nel tentativo di esternarle i suoi sentimenti. Erano solo sogni ad occhi aperti perchè sapeva benissimo che le ragazze della Gran Bretagna non erano attratte da lui sebbene lui fosse molto attratto da loro. Il fatto che avessero tutte la doppia palpebra lo mandava in visibilio. Era una cosa che le ragazze coreane sognavano anche di notte e che cercavano di emulare con mille diavolerie.
Jisung aveva gli "occhi storti", come lui stesso dichiarava con rassegnazione, e dipendeva proprio dalle palpebre. Una era puramente orientale e l'altra semi occidentale, ovvero diventava doppia in alcune occasioni a seconda di come lui muoveva l'occhio. Una cosa assurda.

Raggiunsero i microfoni e Jisung non potè non notare il disagio di Camille, nonostante lei facesse di tutto per mascherarlo. Lui invece si sentiva benissimo, perfettamente a proprio agio come se quella fosse la cosa più normale del mondo. Non sarebbe mai salito sul palco di sua spontanea volontà, ma ora che si trovava lì si sentiva immerso in qualcosa di piacevole oltre ogni aspettativa.
Appena lei si girò dalla sua parte cercò in qualche modo di rassicurarla, anche se era negato. Un insicuro come lui era proprio la persona meno adatta per tirare su il morale agli altri. Decise comunque di provarci, a modo suo.
"Inizio io" parlò con un tono che avrebbe permesso solo a lei di udirlo. Conoscere bene quella canzone lo avrebbe sicuramente aiutato, non aveva nemmeno bisogno di leggere le parole. Questo gli diede la possibilità di concentrarsi completamente su Camille. Prese il microfono tra le mani e lo sganciò dall'asta. Jisung si voltò verso la ragazza, avvicinandosi di un paio di passi a lei. L'unico contatto che voleva era quello visivo ed ora poteva avere un accesso migliore ai suoi occhi.
Sollevò la sua manona e si puntò l'indice sul viso "Guarda me e non la gente"
Non sapeva se il fatto di guardare solo lui potesse esserle di qualche aiuto ma valeva la pena tentare. Probabilmente la cosa che la innervosiva era avere tutti quegli occhi puntati addosso, come una mosca gigante.
La musica iniziò e non appena le parole si illuminarono, Jisung iniziò a cantare.
"No limit in the sky
That I won't fly for ya"

Sentiva la sua voce cioccolatosa arrivare dalle casse e si sentì sorprendentemente bene. Sorrise a Camille, c'era una piccola parte di lui che voleva farle capire esattamente quello.
"No amount of tears in my eyes
That I won't cry for ya oh no
With every breath that I take
I want you to share that air with me
There's no promise that I won't keep
I'll climb a mountain, there's none too steep"

Continuò a cantare, dolcemente, sognando quel grande amore che non aveva mai avuto e che, probabilmente, non sarebbe mai arrivato.


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view post Posted on 11/11/2021, 18:37
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Come fanno i professionisti a sopportare di essere fissati? Come si supera il disagio di essere osservati dagli altri mentre stai andando dritto, dritto verso lo sfacelo della propria dignità? Quella sera, masochisticamente, aveva deciso di puntare, come il miglior setter irlandese sulla piazza, alla più grande grama figura della sua vita. Ma perché aveva accettato? Non poteva restarsene isolata per i fatti suoi, nascosta nell’angolo più lontano della sala? La prospettiva di svuotare polverosi scatoloni non sembrava più tanto male. Una cosa era certa, se fosse sopravvissuta a quell’umiliazione i suoi cugini non sarebbero sopravvissuti alla sua vendetta. Parola di Tassorosso. L’avrebbe servita loro con la dovuta calma, molto fredda, anzi gelata, come una palla di neve che colpisce in viso a tradimento. Un azione lenta e molto dolorosa, messa in atto quando meno se lo aspettavano. Nel sonno possibilmente. Stava già meditando di mettere nei loro letti qualche caccabomba o peggio. L’ipotesi del peggio era quella che l’attirava maggiormente. Magri infilare nelle federe dei cuscini una generosa manciata di adorabili vermi finti, gingilli abbastanza inquietanti e rumorosi da terrorizzare. O, perché no, sostituire le loro profumate saponette con quelle dalla disgustosa puzza di uova marcie.
Voleva fuggire a gambe levate, ma non poteva. *Bene Donovan, così impari a farti gli affaracci tuoi la prossima volta! Come sempre, d’altronde!* doveva trovare il coraggio di aprire bocca, in barba al suono che ne sarebbe fuoriuscito.
Per sua fortuna, Jisung prese in mano la situazione e si offrì d’iniziare lui. Mimò un “grazie” sincero a fior di labbra. I muscoli ormai tesi e contratti cominciarono a rilassarsi lievemente, ma il problema principale rimaneva: il pubblico. Quel dannatissimo ammasso di gente giudicante di fronte a lei. Non credeva che il classico suggerimento “immaginateli in mutande” potesse funzionare. Non l’avrebbe fatta ridere, non in quel momento, anche perché nella sua testa l’oggetto dell’ilarità generale era lei. Si paragonava ad un fenomeno da baraccone del circo, uno di quei soggetti bizzarri che intrattenevano solo stando fermi e in mostra su uno sgabello. Tanto meno poteva fingere che non esistessero. A costo di farsi male avrebbe potuto estrarre la bacchetta e scomparire a colpi di Evanesco. *Avanti Donovan, sei proprio una vigliacca!* sì, lo era.
Quando l’altro le fece cenno di non concentrarsi di loro, ma di voltarsi e concertarsi solo sulla sua presenza decise di provare. Di certo era molto più rassicurante. Il fatto che non la stesse prendendo in giro per il suo più totale disagio era un punto a suo favore. Intanto il testo stava iniziando a scorrere e lei era muta come un pesce fuor d’acqua, paralizzata, in piena e totale paranoia, mentre immaginava il resto dei presenti sghignazzare. Si fece forza e anche lei a quel punto staccò il microfono dal sostegno e si voltò *Non guardarli. Non guardarli. Sono brutti e cattivi, non guardarli. Se non li guardi non ti faranno male, un po’ come il basilisco!*. Jisung, a differenza sua, sembrava a suo agio sul palco. Se non altro aveva trovato qualcuno di talento, ma non poteva far fare a lui tutto il lavoro sporco, doveva metterci del suo. D’altra parte, la malsana idea era stata sua. Il brano aveva raggiunto il punto cruciale, ovvero il ritornello. Buttò una rapida occhiata al gobbo. La bocca completamente asciutta per l’ansia. Arida come il deserto. Umettò il labbro superiore con la poca saliva rimasta, fece un respiro profondo e unì come meglio poté la sua voce a quella di Jisung.

«When it comes to you, there's no crime» miagolò come un gattino spaurito. *Forza, va anti!* si disse. Deglutì a fatica e proseguì.

« When it comes to you
There's no crime
Let's take both of our souls
» le uscì una strana voce nasale. Fece un’impercettibile smorfia di disappunto. Le suonava malissimo, l’assimilò immediatamente ad una porta cigolante con i cardini mal oleati. Non sapeva a memoria la canzone, ma voleva evitare con tutta sé stessa di voltarsi di nuovo e guardare il pubblico, o anche solo intravederlo. Quindi tentò di star dietro al compagno di duetto.

«And intertwine
When it comes to you
Don't be blind
Watch me speak from my heart
When it comes to you
Comes to you
Want you to share that
When it comes to you
» piano, piano prese confidenza. Certo, dovette mettere in piedi una certa opera di autoconvinzione *Non guardare, non guardare. Non c’è nessuno, siete solo voi due. Siete dentro una scatola e nessuno può né vedervi né sentirvi. Coraggio!*

«Cupid ain't a lie
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And regret yourself on it, oh (oh, oh)
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Ain't gotta wake up to an empty bed
Share my life, it's yours to keep
Now that I give to you all of me, oh
» sicuramente era troppo giovane per capire fino in fondo cosa significassero quelle parole, il sentimento che c’era dietro, però la melodia era veramente dolce e delicata. Si lasciò trasportare da essa ignorando il resto. Chiuse gli occhi e cercò di portare a termine quell’esibizione nel migliore dei modi.

20211108-121408


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Bene, immaginatevela come un mix tra Uma Turman in Kill Bill che cerca vendetta, una Noemi stonata come una campana e la bambina de "La Guerra dei Mondi", con il suo "Questo è il mio spazio e nessuno può invaderlo" :ihih: :<31:
 
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view post Posted on 12/11/2021, 17:17
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Camille era tesissima, si capiva da come gli aveva sorriso. Jisung però non fece nulla per farglielo notare, anzi lui voleva che si divertisse solo a cantare con lui. Ma forse era proprio quello il punto. Lui era divertente? Se lo fosse stato non avrebbe avuto la necessità di parlare con Priscilla Corvonero per tenere in allenamento le corde vocali e non farle atrofizzare. La cosa non gli era mai dispiaciuta. Il fantasma della loro Casa era stata una donna di classe e di ottima educazione e aveva mantenuto queste sue doti anche dopo la morte. Non glielo aveva mai chiesto, come fosse morta, gli era sembrata una mancanza di rispetto. Non l'avrebbe mai offesa in quel modo, soprattutto dopo le attenzioni che lei gli concedeva. Lei era l'unica che lo aveva sempre ascoltato e capito. Era l'unica a cui Jisung era riuscito a confessare tutte le ombre del suo cuore e lei non lo aveva mai giudicato. Provava un affetto profondo per lei, era la sua amica e confidente. Sebbene la sua potesse sembrare un'attrazione amorosa, di fatto non lo era mai stata. Per lui Priscilla Corvonero era sempre stata una saggia sorella maggiore alla quale voleva un bene immenso.
Ora però la sua attenzione era tutta sulla ragazza che lo aveva strattonato su quel palco e lo aveva costretto a cantare. Una scommessa aveva detto, ma che genere di scommessa? Era davvero curioso, non poteva negarlo. Che valore aveva il suo aiuto a Camille, quanto valeva davvero la sua presenza? Sapeva di dover aspettare ancora un po' per avere delle risposte a tutte le sue domande quindi si concentrò solo sul canto.
Appena lei iniziò a cantare con lui il ritornello comprese il motivo di tutta quell'agitazione. Non fece alcuna espressione strana nell'udire la sua voce. Si limitò ad annuire mentre le labbra si tiravano in un sorriso leggero tra una battuta e l'altra. In fondo ammirava il suo coraggio e la sua determinazione, sicuramente ne aveva più di lui che non sarebbe mai salito sul palco di sua spontanea volontà.
Si spostò leggermente di lato in modo da nasconderla il più possibile al pubblico in platea e avvicinò di più il microfono alla bocca. Le fece cenno con la mano di far calare leggermente la voce in modo da poterla coprire con la sua. Era una canzone maschile e, se lei avesse seguito le sue indicazioni scendendo almeno di un'ottava, Jisung avrebbe potuto impastare meglio le voci.
Una parte di lui voleva proteggerla proprio come Priscilla aveva sempre fatto con lui. A volte non servono tante parole per comunicare la propria vicinanza perché i gesti hanno sempre un sapore migliore.
Quando le parole smisero di scorrere, Jisung riagganciò il microfono e si inchinò leggermente verso il pubblico senza sapere ancora quale sarebbe stato il loro giudizio. Erano stati in silenzio ad ascoltarli e quel rispetto meritava rispetto.
Si voltò verso Camille e le dedicò un inchinò più profondo e la applaudì battendo i palmi uniti l'uno contro l'altro. Era un omaggio al sangue freddo che la ragazza aveva dimostrato e non contava nulla come avesse cantato, almeno non per lui.
"Sei stata bravissima. E' stato un piacere cantare con te" le sorrise perché ormai era tutto finito.


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ce l'abbiamo fatta :tifo:
 
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In una scatola. Si era chiusa in una scatola buia, l’unica fonte di luce il riflettore. Un sole che illuminava e scaldava i loro volti. Il pubblico aveva smesso di esistere. Non sentiva più le risate nella sua testa. Si stava concentrando completamente sulla melodia, le note danzavano attorno a loro sulle onde di un pentagramma immaginario. Si concentrò sulle parole del brano. C’erano solo quest’ultime davanti a lei, scritte a chiare lettere fluorescenti, come un’insegna al neon, sul retro delle palpebre calate come pesanti serrande. Si lasciò trasportare come in un sogno, provando ad immedesimarsi in ciò che stava cantando. Non fu facile, ma sicuramente la sensazione che le trasmetteva era la stessa di un abbraccio. La stessa dolcezza, la stessa tenerezza e lo stesso amore che trasmette il semplice gesto di un abbraccio.

Let's take both of our souls and intertwine


Percepì quell’affermazione come un “sono qui con te, non ti abbandono”. Diventare un tutt’uno con la persona più cara al mondo, colui o colei che ti sta vicino in ogni occasione, qualunque cosa accada. Finse di avere di fianco la persona a cui teneva di più, la vide avvicinarsi lentamente e avvolgerla con fare protettivo tra le sue braccia, l’unico posto sicuro a cui pensava quando si sentiva spaesata.
Con quest’immagine ben impressa nella mente, in un breve impeto di sicurezza riaprì gli occhi. Di fronte a sé vide Jisung, stava coprendo la sua esile figura dalla visuale del pubblico. Gli sorrise grata, almeno chiunque si trovasse in platea si sarebbe ricordato a stento del suo volto, anche se con ogni probabilità neanche l’avevano osservata con attenzione. Era lei stessa che si riempiva di paranoie inutili, senza senso. Nel frattempo, provò ad addolcire un po’ la tonalità della sua voce. Continuava a non piacerle il suono che le arrivava alle orecchie, ma ormai ci si stava abituando suo malgrado.

« When it comes to you…
Comes to youuu…
» lentamente la base diminuiva di volume. Diminuì fino a sfumare nel più assordante silenzio. Il mondo parallelo che si era creata si sgretolò di colpo come un fragile castello di sabbia. Era finita. Ce l’avevano fatta?

Cominciò a sudare freddo. Non voleva scoprire la reazione delle persone che la circondavano. Di solito dimostrava più coraggio, ma in quel momento le toccava ammettere di farsela sotto. Come le tre scimmiette rimase muta, cieca e sorda. Si isolò giusto il tempo di trovare la forza di riporre il microfono. Le mani gelate e umidicce per il nervoso lo fecero scivolare delicatamente nel sostegno.
Espirò sonoramente tutta l'aria trattenuta nei polmoni prima di guardarsi attorno. Un brivido le percorse la spina dorsale. Nessun buuu, nessuno fu così senza cuore da giudicare ed essere offensivo. Alcuni applaudirono, altri tacquero preferendo sicuramente la compagnia di qualche superalcolico tracannato nella complicità dell’oscurità.

Ricambiò l’inchino del suo eroe per una sera. Senza di lui probabilmente sarebbe scappata a gambe levate, possibilmente più velocemente di una gazzella rincorsa da un leone famelico. «Troppo buono! Mi sa che tra i due il vero talento sei tu!» con un cenno del capo indicò i presenti in sala «Gli applausi sono per te, mica per me!» disse con sicurezza prima di fingersi indignata e aggiungere «Guarda se dovevo pescare l’unica superstar presente nel locale! E io che pensavo di dover essere la sola a brillare di luce propria qui sopra!» le labbra s’incurvarono e si lasciò andare in una risata cristallina.
«Grazie ancora, non lo dirò mai abbastanza!» un milione di grazie non sarebbe bastato, ma forse c’era qualcosa che lei poteva fare per ricambiare «Ora, però, credo di dovermi sdebitare e soprattutto darti una spiegazione! Ma prima cediamo il posto ad altre ugole coraggiose!» imboccò nuovamente le scalette tornado a rifugiarsi nel tanto agognato anonimato.
Si voltò per assicurarsi di essere stata seguita e, quando Jisung le fu vicino, completamente dimentica di dove si trovasse esclamò «Credo che per rimuovere il trauma non basterà un Confundus castato a dovere, tantomeno una Pozione Dimenticante! Quanto ne vorrei una bocc-» quando si rese conto del danno ormai era troppo tardi. Il sorriso si spense. Gli occhi si dilatarono come quelli di un cerbiatto abbagliato dai fari *Donovan, maledetta lingua lunga! Razza di pettegola, cosa diavolo hai fatto…* si rimproverò mentalmente mentre si preparava all’ira funesta del Ministero.

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ZAN ZAN :aiuto:
P.S: prossimo passo --> iscriverli a X-Factor Inghilterra :ue: :<31:
 
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Si portò le mani al petto scuotendo la testa. Lui non aveva fatto una cosa degna di nota. L'aveva semplicemente accompagnata sul palco e le aveva fatto da spalla per cantare una canzone babbana. L'aiuto, quello vero, aveva un peso ben diverso dalla sua performance canora.
"Non stanno applaudendo me, ma noi" sottolineo con la massima calma. Quando si fanno le cose insieme era sempre merito di tutti e non di una persona sola. Credere di essere una sorta di Atlante che sorregge il mondo non era il corretto modo d'agire.
"E non sono una superstar, non lo sono mai stato, credimi. Ho solo studiato musica da quando ero piccolo" e non sarebbe potuto essere più onesto di così. Ma stava davvero parlando di lui? Jisung era sempre stato l'antieroe. Pensandoci bene non era nemmeno quello. Lui era solo Jisung il maldestro che non riesce a fare niente senza combinare un danno. Ma come avrebbe potuto spiegare a quella ragazza appena conosciuta che lui non faceva altro che fare disastri? Che forse sarebbe stato meglio stargli lontano se non voleva finire in qualche guaio?
Sorrise insieme a lei, un sorriso caldo e accogliente. In quelli sì che era bravissimo.
"Hai brillato Camille, certo che lo hai fatto"
Se l'era cavata alla grande, cosa che non sarebbe stato in grado di fare lui alla stessa età. L'ammirava davvero tantissimo, avrebbe fatto tantissima strada nella vita.
La seguì giù dal palco soprattutto perché la sua curiosità stava di nuovo prendendo il sopravvento. Voleva dargli la tanto attesa spiegazione che aspettava da quando erano saliti sul palco.
«Credo che per rimuovere il trauma non basterà un Confundus castato a dovere, tantomeno una Pozione Dimenticante! Quanto ne vorrei una bocc-»
Fu lì che Jisung rimase di sasso e aprì leggermente le labbra per la sorpresa. Si sarebbe aspettato tutto tranne che quella ragazzetta tutto pepe fosse una giovane strega. Erano in un locale babbano e lui poteva tranquillamente essere uno di loro. Gli vennero i brividi lungo la schiena perché questa era sempre stata una delle paure che lo aveva perseguitato da studente, essere scoperto, essere cacciato dal Ministero della Magia e venduto dai babbani come un fenomeno da baraccone. La fortuna di Camille era che Jisung era un Mago e non ci sarebbe stata alcuna Strillettera a turbare di suoi sogni.
Lei lo sapeva bene quello che aveva appena detto perché il sorriso si spense all'istante sul suo viso. I suoi occhi si dilatarono in preda al terrore.
Jisung riprese la sua espressione migliore ( e quale sarebbe? ) e rimase per qualche istante ad osservarla in silenzio con gli occhi fissi in quelli di Camille. Passarono un paio di minuti che forse a lei sarebbero sembrati un'eternità poi il ragazzo piegò leggermente le ginocchia per arrivare alla sua altezza. Avvicinò la bocca all'orecchio della giovane strega e le disse con tono tranquillissimo "Sei sicura che sarebbe la scelta migliore? Io opterei per qualcosa di più veloce e efficace, tipo un Oblivion".
Si sollevò di nuovo prima di farle l'occhietto e scoppiare a ridere. Le indicò uno dei tavoli in fondo alla sala che qualcuno aveva liberato durante la loro esibizione. Ma era stata colpa loro?
"Vieni, sediamoci che ti offro qualcosa da bere. Avrai la gola secca dopo l'esibizione, no?" le fece strada con la mano "Mettiamoci comodi che mi devi una spiegazione, anzi due"


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Non ha resistito a farle un piccolo scherzetto :fru:
 
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Doveva rimediare? Ovviamente sì, ma come? Ma soprattutto, era ancora in tempo per farlo? Magari l’avrebbe semplicemente presa per pazza? Follia più follia meno non ci avrebbe neanche fatto caso. Giusto? La cosa che la turbò ancora di più fu l’espressione sulla faccia di Jisung. Per qualche istante fu genuinamente sorpreso. *L’ho fatta grossa. L’ho combinata davvero grossa!* poi, come se non bastasse, si mise lì imbambolato a fissarla. E più il tempo passava più il panico aumentava. Non sapeva come reagire.
«F-fa finta che n-non abbia d-detto n-niente…» balbettò. Certo, facile uscirsene indenni così. Intanto ricambiava l’altro ancora con lo stesso sguardo terrorizzato che le era comparso poco prima. Perché continuava a rimanere impassibile? Perché non le diceva niente? Aveva capito? Oppure il puzzle era incompleto? Se ne sarebbe andato perché pensava fosse una matta senza possibilità di recupero? Se l’ultima opzione era quella corretta forse l’avrebbe scampata. Nessun babbano si sarebbe messo a raccontare in giro di una stramba ragazzina incontrata in un locale. Beh, magari sì, ma il massimo che poteva fare era riderci su con qualche amico. Il fatto che non chiedesse nulla riguardo la sua più che esplicita affermazione la stava mandando in crisi. Si era appena dichiarata per quella che era realmente ad un babbano e questo semplicemente la squadrava. La squadrava senza proferire parola. O davvero non c’era arrivato, oppure sotto c’era di più.
«T-ti prego d-dimmi qualcosa…i-io n-non-» lo supplicò. Andò persino a ricercare la più assurda delle spiegazioni per quello sguardo puntato addosso. «N-non guardarmi c-come se avessi qualcosa di strano sul viso. Cioè sì, io sono strana, ma non credo di-» pigolò. Istintivamente si portò una mano al volto per scacciare qualsiasi cosa vi fosse di anomalo. *Che diamine stai facendo Donovan, datti un contegno!*.
Il totale disagio continuò per un totale di due minuti. Due minuti eterni. Due minuti in cui sembrava essere andata all'inferno e poi tornata in superficie.
Uscì da quel loop di ansie e paranoie solo quando anche Jisung si palesò per quello che era davvero, ossia un Mago. Se prima era terrorizzata adesso era scioccata. Lo osservava come una creatura mitologica, completamente incredula. Scosse la testa per togliersi l'espressione da ebete che le era spuntata appena appresa la verità. Stavolta l'aveva passata liscia, ma d'ora in avanti doveva ricordarsi di essere cauta.
«S-sì, c-credo sia meglio sederci e parlarne con calma!» lo seguì al tavolo che le aveva indicato e si mise comoda. Le gambe smisero di tramare come budini e lei tornò ad essere sé stessa. Si rigirò un paio di volte tra le mani la carta su cui erano elencate varie bevande e cocktails esotici, ma tra tutti quei nomi particolari o impronunciabili non sapeva cosa scegliere.
«Ehm, qualsiasi cosa di analcolico andrà bene!» bibita a parte era giunto il momento di fare le dovute confessioni e chiarire un paio di cosucce.
«Quindi, oltre ad aver scelto l'unico talento canoro ho avuto l'accortezza, o meglio l'assurda coincidenza di pescare a sorte uno dei pochi, se non addirittura l'unico non babbano presente qui dentro!?» pronunciò le ultime parole con un tono tale da farsi sentire solo dal suo interlocutore. Incrociò le braccia, poggiandosi poi allo schienale della sedia. Da lì lo scrutò ancora da capo a piedi, sinceramente stupita dalla piega che aveva preso la serata.
«Chi l'avrebbe mai detto…» disse pensierosa. Quante probabilità potevano esserci d'incontrare un altro Mago o un'altra Strega in un luogo frequentato prettamente da babbani? Gli angoli della bocca si piegarono in un sorriso sghembo. Tutto ciò iniziava a divertirla.
«Ma bando alle ciance, da dove vuoi che cominci? Dal fatto che sono, beh, hai capito insomma…» a quel punto non credeva ci fossero altri dubbi da dissipare sull'argomento, ma non lo dava per scontato.
«Oppure dal perché ti ho trascinato in quel modo sul palco?» la storia era piuttosto breve, ma sui risvolti vendicativi che aveva in mente di mettere in atto poteva scrivere tranquillamente un libro.
«Ti anticipo che la colpa è di quei tre fastidiosi Doxy appostati al bancone del bar, ovvero i miei cugini!» ammiccò senza pudore in direzione di due ragazzi e una ragazza sulla ventina, completamente ignari dei suoi piani malvagi, che stavano confabulando tra di loro. «Adesso sai con chi rifartela! Sappi che se hai cattive intenzioni contro di loro sono pronta a spalleggiarti! scoppiò a ridere immaginando la scena.
Ma anche lei aveva delle curiosità da soddisfare «Ma, dimmi un po'…hai studiato musica, giusto? Cosa suoni?» lei era totalmente incapace, la prima volta che osò toccare il prezioso pianoforte di Juliet per poco non lo ruppe.

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Le ha fatto perdere dieci anni di vita, ma gli si vuole bene lo stesso :<31:
 
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Doveva ammetterlo, si stava divertendo e anche tanto. Quella serata gli stava regalando una marea di sorprese che non aveva messo in preventivo. Fino a quel momento aveva cantato solo in forma privata oppure conservando il suo prezioso anonimato in un coro. Ora era salito su un palco esibendosi da solista davanti a un pubblico di babbani. Incredibile ma vero!
Per completare il menu era stato preso all'amo dall'unica strega presente nel locale. Sicuramente era così. Quanti altri membri del mondo magico erano presenti lì quella sera? A quel punto era meglio non indagare.

Si accomodarono al tavolo e finalmente Jisung si sentì davvero rilassato. Ora tutti i pericoli dietro l'angolo, o sul palco, erano stati archiviati e lui poteva godersi finalmente la serata. La sua partner di esibizioni si rivelò essere non solo una strega ma anche una persona molto piacevole. Era fortunato a poter godere della sua compagnia.
Jisung era abituato a cercare di prendere sempre il meglio delle persone, di cercare di capirle, di andare in fondo alla loro essenza senza lasciare mai nulla di intentato. Lo faceva perché era la sua indole di ragazzo semplice ma allo stesso tempo perché sperava che anche il prossimo facesse lo stesso con lui. Chiedeva poco in fondo, solo un po' di comprensione. Nel corso degli anni non aveva mai cambiato idea sull'argomento, nonostante non avesse mai trovato nessuno che avesse provato a comprenderlo. Tutti avevano cercato più o meno di evitarlo, molto spesso senza troppi complimenti. Ma cosa poteva aspettarsi? A scuola era sempre stato un ragazzino magro e impacciato. Un piccolo ragnetto che le ragazze guardavano un po' schifate come se fosse un vermicolo.
Gli anni passati in Corea del Sud gli avevano regalato un cambiamento fisico non indifferente, ma probabilmente non era abbastanza. Ne era più che sicuro dato che le ragazze continuavano a passargli attraverso manco fosse un fantasma. Rispetto ai tempi della scuola era già un miglioramento. Meglio essere ignorato che schifato. La cosa non gli faceva comunque piacere, doveva essere onesto. Avrebbe tanto voluto anche lui una ragazza che stesse lì a fissarlo e a fargli gli occhi dolci. Fantasiose utopie, in verità. Parole e farneticazioni dell'ultimo dei romantici.

Jisung fece cenno alla cameriera di avvicinarsi.
"Per favore, per la mia amica un cocktail analcolico. Non so se hai qualche preferenza, Camille" chiese voltandosi verso di lei "Per me invece un Daiquiri. La ringrazio"
A quel punto poteva concentrarsi completamente sulla giovane strega. Era curiosissimo e sorrise compiaciuto dopo le sue confessioni. Certi parenti possono essere davvero pericolosi. In quel caso avevano portato la ragazza a fare una confessione inopportuna in un momento di agitazione.
"Come punizione possiamo lasciarli in piedi al bancone del bar senza invitarli al nostro tavolo. Saranno anche curiosi di sapere cosa ci stiamo dicendo, ragion per cui mi sembra il minimo lasciarli nella curiosità. Credo sia abbastanza, non sono poi così cattivo."
Decise che era giusto soddisfare anche la curiosità della ragazza dato che lei non aveva tardato a fare lo stesso con lui.
"Studio canto, pianoforte e violino da quando sono piccolo. Sono sicuramente gli strumenti che suono meglio. Ho studiato per un periodo chitarra e sassofono ma poi ho smesso di farlo in modo serio. Ogni tanto li suono a tempo perso e per diletto. Nell'ultimo periodo sto prendendo lezioni di tromba ma non saprei dirti con quali risultati."
Attese il ritorno della cameriera con le consumazioni e pagò il conto prima che Camille potesse proferire parola.
A quel punto si concentrò sull'altra parte del discorso, quella che al momento gli premeva di più.
"Sono un ex Corvonero" affermò senza alcun timore. Era palese che lei facesse parte del suo mondo. Certi termini non si possono inventare. I nomi degli Incantesimi e delle Pozioni erano patrimonio solo dei maghi e delle streghe. "Ho preso il mio M.A.G.O. parecchi anni fa, ora ho 25 anni. Tu?"
La curiosità! Quella piccola pulce dispettosa che salta sempre nell'orecchio.
Bevve un sorso avido del suo Daiquiri pensando alle parole giuste. Non era nessuno lui per fare quel discorso ma la sua coscienza e soprattutto paura lo spinsero a farlo.
"Camille, cerca di essere più prudente nelle tue esternazioni. Non sempre sarai fortunata come stasera. Ci sono due tipi di babbani al mondo. Il primo tipo raggruppa quelli stupidi che penserebbero subito che sei brilla o fuori di testa, e quelli sono innocui. Nel secondo invece ci sono quelli curiosi, quelli che vanno alla ricerca di fenomeni strani. Ecco, quelli sono da evitare come la peste. Un babbano così non si accontenterebbe di una spiegazione data da te ma vorrebbe andare a fondo, soprattutto cogliendo il panico nei tuoi occhi e nella tua voce. Tu sorridi sempre e ostenta sicurezza, è solo l'apparenza che conta in questi casi" E detto dal Re dei fifoni e degli imbranati era tutto dire. In queste cose però Jisung aveva sviluppato una faccia tosta non indifferente. Negare, negare sempre in modo impassabile anche se stai svenendo per la paura. In altre situazioni, in quasi tutte, andava subito nel panico, ma davanti ai babbani aveva imparato a sfoggiare delle eccellenti attitudini teatrali.
Riempì d'aria i polmoni per poi buttarla fuori di colpo. La sua non voleva essere una predica e sperò che lei non la vedesse in quel senso. Jisung voleva solo proteggerla proprio come aveva fatto su quel palco. Ora che sapeva chi era, lo avrebbe fatto anche di più.


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Il Dottor Imbranato impartisce lezioni di vita :ihih:
 
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«Ma sì, lasciamoli cuocere nel loro brodo! Che rosichino pure!» a quel punto si voltò di nuovo verso l’angolo bar. Appena incrociò lo sguardo indagatore di Jordan formò un cuoricino con le mani, ma anziché rivolgerli un gesto colmo di zucchero, come ci si aspetterebbe da due persone con il loro legame, mise su una faccia da Joker e gli dedicò una bella linguaccia…con affetto, ovviamente. Sì, stava gongolando fin più del necessario. Scosse la testa e, ridendo sotto i baffi, portò l’attenzione sulla ragazza che li raggiunse al tavolo per occuparsi delle loro ordinazioni. Tornò con esse in poco tempo, gentilmente la ringraziò con un cenno del capo ed un sorriso caloroso. Si avvicinò il bicchiere e, mentre rigirava la cannuccia come fosse un cucchiaino da tè, tornò a concentrarsi sulla conversazione.
«Ah però, non immaginavo fossi un polistrumentista!» era sinceramente impressionata e affascinata. Lei non era capace di suonare una semplice armonica, figuriamoci uno strumento impegnativo e delicato come il violino. Già immaginava la fine che avrebbero fatto le povere, fragili e sottili corde.
«Tra le fila di Godric conosco un ragazzo che lavora nel negozio di musica più fornito della Londra Magica. Ammetto di essere affascinata da ogni singolo strumento ogni volta che vi metto piede, ma nessuno provi a farmi suonare qualcosa! Sarebbe un grosso, ma che dico grosso, enorme, gigantesco, megagalattico errore! Un po’ come farmi cantare» accompagnò l’ultima parola, uscita dalla sua bocca col tono di chi schifa un verme, facendo il segno delle virgolette con le dita. Il suo non poteva certo definirsi cantare. Storse il naso, riluttante all’idea di ripetere l’esperienza, seppur alla fine condividerla con Jisung l'ha resa in un certo senso piacevole. La sola ed unica spettatrice d’ora in avanti sarebbe stata la cara, vecchia e fidata tenda della doccia, impassibile alle peggiori stecche. Un giorno probabilmente avrebbe chiesto scusa persino a quel povero oggetto inanimato «Infatti, entro soltanto con lo scopo di fare scorta di dischi! Preferisco di gran lunga ascoltare…» e fare due chiacchere con Oliver, che condivide la sua stessa passione, ma soprattutto le dava sempre preziosi consigli facendole scoprire vere e proprie chicche.
Dette un avido sorso alla bevanda ancora intozza che aveva di fronte. Si lasciò scivolare il liquido lungo la gola, assaporandone la frescura oltre al suo aroma dolce e fruttato prima di rivelare anche lei qualche dettaglio in più.
«Io invece, beh, ecco, sono decisamente una novellina…» si portò una mano alla nuca imbarazzata. Ne aveva ancora di strada da fare. Tanta, forse per alcuni troppa. Tornò a guardare negli occhi Jisung. «Ho quattordici anni e frequento il primo anno. Sono stata smistata tra le fila di Tosca Tassorosso!» un lampo di soddisfazione le sferzò il volto. Andava fiera della sua Casa, vi aveva trovato persone speciali, una seconda famiglia. Non poteva desiderare di meglio. La stessa famiglia, inoltre, che le aveva offerto l’opportunità di ricoprire la carica di Prefetto, ma omise volutamente quel dettaglio. Era orgogliosa di quella carica, come poteva non esserlo, ma non amava parlarne, non era in cerca di complimenti o altro, non sulla mera fiducia almeno. Era convinta di doverseli guadagnare con i fatti e con il dovuto tempo. Non aveva accumulato abbastanza esperienza per meritarseli. Oltretutto, ogni riferimento alle responsabilità che le erano state affidate la facevano arrossire violentemente e chiudere a riccio. Nonostante gli oneri e gli onori di cui era stata investita non aveva imparato una cosa fondamentale, ovvero mordersi la lingua al momento giusto, se non addirittura tacere, ossia la soluzione più efficace.
«Hai ragione, purtroppo è più forte di me. Dovrei contenermi, lo so, ma è più facile a dirsi che a farsi! Sono una sorta di caso perso al momento!» piegò le labbra in sorriso mesto. Ne era consapevole e ci provava costantemente, ma con scarsi risultati. Forse avere giornalmente come esempio Thalia, la sua Caposcuola, con il suo carattere temperato, con il suo modo di rivolgersi in maniera più moderata agli altri studenti poteva piano, paino aiutarla nel suo intento. Doveva lavorarci parecchio su, ma ci sarebbe riuscita. Ne era fermamente convinta!
«Quando sono piena di entusiasmo rischio di commettere qualcosa di cui sicuramente mi pento il secondo dopo! E sai la cosa buffa? Una volta finiti li studi vorrei lavorare per il Ministero e, in effetti, non credo sarebbero felici di sapere che rischio di mettere a repentaglio lo statuto di segretezza…o peggio» disse in tono piatto, non c'era traccia del suo solito sarcasmo, della sua ironia genuina. Bevve ancora un po’ per allontanare i pensieri che le frullavano per la mente come uno sciame inquieto di Celestini, forse era troppo presto per rimuginare su certi argomenti, anche piuttosto spinosi volendo. Ma comunque, se il suo piano era quello di diventare un Auror doveva evitare di farsi sfuggire, anche solo per una stupida distrazione, qualsiasi informazione, riservata o meno. Ciò avrebbe comportato pericoli seri per gli altri e per sé stessa, ma aveva ancora sette lunghi anni davanti a se per prenderne pienamente coscienza e ammorbidire il suo modo di comportarsi. Troppo fiduciosa? Speriamo che la fiducia in lei sia ben riposta allora!

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Edited by Camille Donovan - 18/11/2021, 19:10
 
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Era davvero affascinato di aver trovato in quell'immensa fetta di mondo babbano un piccola strega come Camille. Quella serata, iniziata in modo tranquillo e senza aspettative, stava prendendo una piega che mai Jisung avrebbe immaginato.
"Davvero?"
La sua curiosità crebbe a livello esponenziale appena la conversazione si spostò sulla musica e su un negozio di cui non aveva mai sentito parlare. Forse era stata una sua mancanza durante il periodo scolastico oppure aveva aperto durante la sua permanenza in Corea del Sud.
Fece un piccolo sorriso di soddisfazione mentre i suoi occhietti a mandorla diventavano piccoli piccoli. Batté leggermente i palmi l'uno contro l'altro.
"Se non sbaglio sei in debito con me, giusto?"
Non attese risposta da parte di Camille.
"Bene, mi accompagnerai in quel negozio e mi presenterai questo ragazzo Grifondoro di cui mi hai parlato. E giuro che non ti chiederò mai di suonare."
La guardò con curiosità mentre era ancora in attesa della risposta che sperava sarebbe stata positiva.
"Affare fatto?"

Un velo di malinconia si impadronì del suo sguardo quando la ragazza gli confessò la sua età e la sua Casa di appartenenza. Lei non immaginava quanto sarebbe voluto tornare a quei giorni allegri e tristi che aveva trascorso nel castello di Hogwarts. Camminare lungo i corridoi mentre le fiamme dei bracieri ondeggiavano come mosse da un leggero vento, seguire le lezioni con interesse e curiosità passando poi le serate curvo sulla pergamena per completare quei compiti a cui teneva tantissimo. Poi c'era lei, Helena Corvonero e Jisung ne sentiva la mancanza in un modo che non riusciva a spiegare con le solite parole banali. Si era sempre arrabbiato tantissimo quando sentiva altri alunni parlare di lei come fantasma. Era quello che era però per lui era come una sorella. Nessuna era riuscita a capirlo e accettarlo come Helena. Non aveva mai raccontato a nessuno delle ore trascorse a confidarsi con lei perché l'aveva sempre ritenuta speciale.

La Casa di Tosca aveva rappresentato un momento molto difficile nella sua vita di maschio adolescente e drammaticamente imbranato. Quella storia non aveva però problemi a raccontarla.
"Ah, le Tassorosso! Quando frequentavo il terzo anno ho preso una cotta per un'adepta di Tosca e le ho scritto un gufo per dichiararmi. Lei non mi ha mai risposto, nemmeno per dirmi di no."
Era sempre stato dell'idea che fossero le Serpeverde quelle irraggiungibili e da temere, ovviamente si era sbagliato. Da quel giorno si era sempre sentito un pesce fuor d'acqua nell'Universo femminile e ogni volta che era interessato ad una ragazza preferiva semplicemente farsela passare senza troppi drammi. Era ovvio che quella ragazza di Tassorosso non rappresentasse le donne del pianeta ma la sua insicurezza preferiva dare a se stesso la colpa di quell'insuccesso e non alla maleducazione di lei.
"Sei molto giovane Camille, non preoccuparti. Imparerai a gestire al meglio le tue esternazioni. Semplicemente quando sei tra loro ricorda a te stessa che non sono come te. Questo ti permetterà di muoverti al meglio in ogni situazione."
Lui aveva dovuto farlo fin da piccolo e non aveva particolari problemi. Era un mago figlio di maghi che lavoravano tra i babbani. Era cresciuto dovendo tenere costantemente sotto controllo i suoi istinti magici e forse non si rendeva conto delle difficoltà che poteva avere una ragazza come Camille, cresciuta probabilmente in un mondo solo magico.
"Il Ministero della Magia è sempre un'ottima scelta. Se ti senti tagliata per quel tipo di lavoro."
Ammirava molto i maghi del ministero soprattutto gli Auror. Lui mai e poi mai sarebbe potuto essere uno di loro. Era troppo codardo per trovarsi davanti ad un Mago Oscuro e non farsela nei pantaloni.
"Io ho fatto domanda di ammissione a San Mungo come medico. Sto aspettando di essere convocato per un colloquio."
La verità era che ci sperava considerando che non era sicuro nemmeno di quello. Ma di cosa era sicuro nella sua vita il dolce Kim Jisung?


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Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente. (William Shakespeare - Romeo e Giulietta)

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In tutto ciò, dopo aver combinato una serie di guai che fortunatamente si rivelarono riparabili, aveva trovato anche il modo molto allettante per sdebitarsi. Qualcosa da cui avrebbero tratto beneficio entrambi volendo: accompagnare Jisung da Oliver.
Poteva farlo senza problemi, sicuramente si sarebbero divertiti come bimbi la mattina di Natale. E poi ad Oliver avrebbe fatto piacere consigliare qualche strumento, in negozio ve ne sono esposti di meravigliosi, oltre che di pregiata fattura, costruiti con tipologie di legno ricercate.
«Affare fatto!» entusiasta, accettò di buon grado, sollevando poi il bicchiere a mezz’aria in una sorta di brindisi per suggellare l'accordo.
«Sarà come entrare nel paese dei balocchi! E poi Oliver saprà consigliarti per il meglio!» dette un lungo sorso alla bibita prima di poggiarla nuovamente sul tavolo. Per poco non si strozzò con il liquido che stava finendo di ingoiare quando l’altro le raccontò di cosa gli era capitato quando frequentava il Terzo Anno.
«Oh, ehm…» tossicchiò, ancora indecisa su quali parole potessero essere più adatte. Cosa ne sapeva lei dell’amore? Lo proverà mai? Di certo non poteva dispensare chissà quale saggio consiglio, ma un minimo di conforto sì. Forse.
«T-ti assicuro che non tutte le Tassorosso s-sono così!» la cosa assurda è che la maggior parte delle persone associava i Tassorosso a degli zerbini servili, dolci, docili, abneganti, facili da avvicinare. La realtà era un’altra ovviamente, nessuno dei concasati che conosceva s’inseriva in nessuna di quelle caselle, non erano modellati con lo stampo. Ognuno dei Tassi era diverso. Persone meravigliose in ogni loro sfumatura, dalle più chiare alle più scure. «Beh, credo sia ovvio. Certo, è anche vero che non tutti i Tassorosso sono zuccherini come erroneamente si può pensare…» ognuno ha luce e ombra dentro sé, lo stereotipo in quella scuola purtroppo spesso fa cadere in errori madornali. «Gli str-ehm, i maleducati e le vipere sono un po’ ovunque!» che non vedesse di buon occhio la sua Casa per colpa di quella ragazza spocchiosa? «Spero tu non ti sia fatto una brutta idea sui figli di Tosca?» chiese cautamente, guardandolo con aria sospettosa di sottecchi. «Abbiamo anche dei pregi sai? Sono pronta a dimostrartelo!» indossò una falsa faccia pensierosa, come se stesse vagliando una lunga lista per portare avanti la sua arringa a favore dei Tassorosso «Tipo l’accesso senza limiti alle cucine! Hai idea del profumo di cannella che aleggia nella nostra Sala Comune al mattino? Inoltre, grazie a questo privilegio, siamo ottimi spacciatori di dolci!» disse scherzosamente, mettendosi poi a ridere di gusto. Un tentativo, forse vano o forse no, di sdrammatizzare l’evidente malinconia che quel cupo ricordo aveva risvegliato in Jisung. Si augurava che quello fosse un capitolo chiuso, una ferita rimarginata e cicatrizzata. Col tempo avrebbe sicuramente trovato di meglio. A trattarlo così ci aveva rimesso solo lei, non si meritava un giovane così gentile e premuroso al suo fianco.
Il fulcro tornò per un breve istante sul suo futuro. Si sentiva tagliata? La verità è che non lo sapeva nemmeno lei, era troppo presto per dirlo con certezza.
«Per quanto lo desideri, onestamente non so se mi sento tagliata! Tano meno se effettivamente lo sono, ma lo capirò prima o poi!» la convinzione riposta in quelle parole trasparì senza veli nella sua voce. Tempo al tempo. Intanto doveva cercare di proseguire meglio che poteva negli studi, mantenere una buona media, probabilmente la pratica costante, tra incantesimi e pozioni, l’avrebbe aiutata a comprendere se entrare nel corpo degli Auror faceva per lei. Il coraggio non le mancava, almeno credeva, però era sufficiente? Il coraggio, il sangue freddo, senza il saper padroneggiare al massimo l’arte magica è completamente inutile. Sarebbe come concedersi in pasto a un branco di lupi famelici. Per il momento conservava parte di quel coraggio per affrontare le lezioni di Volo, con cui aveva un rapporto di amore e odio. Un problema per volta, prima i più piccoli poi quelli i più grandi e gravosi.
L’altro a quanto pare aveva già trovato la sua strada. «Oh, in bocca all’Ippogrifo allora!» non aveva mai valutato l’ipotesi della medicina magica, ma sicuramente non faceva per lei. Rischiare la propria vita era una cosa, cercare di salvarne un’atra a tutti i costi e con ogni mezzo beh, ecco, era decisamente più complicato. Non avrebbe sopportato una responsabilità del genere. Rabbrividiva al pensiero. Gli errori non erano contemplabili in quel caso.
«Hai sempre voluto fare il Medimago, oppure avevi altri progetti? » ed ecco che la sua appendice nasale finì per l’ennesima volta ad impicciarsi degli affari altrui. Ma era curiosa, magari aveva cambiato piani all’ultimo secondo. Chissà se lei avrebbe trovato ostacoli sul suo percorso, un qualcosa che la conducesse altrove. Per adesso era ferma nelle sue convinzioni, difficilmente l’avrebbero smossa, la sua cocciutaggini raggiunge livelli estremi. Ma la vita gioca brutti scherzi, poteva accaderle di tutto. Ovviamente desiderava che il suo cammino filasse liscio come l’olio.

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view post Posted on 28/11/2021, 16:16
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Kim Jisung - 김 지성
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Assaporare il suo cocktail e ascoltare i racconti di Camille era un binomio perfetto. C'era spontaneità nelle sue parole e Jisung si sentiva perfettamente a suo agio. Era la cosa che amava di più nel prossimo, il presentarsi agli altri senza alcuna maschera. Era quello che lui si imponeva sempre sperando di essere accettato per quello che era.
"Non vedo l'ora di conoscerlo. Da come ne parli sembra una persona speciale."
Aveva bisogno di condividere con qualcuno la sua grande passione per la musica. L'accarezzare gli strumenti e farli vibrare lasciando che la loro melodia ti avvolga. Un bravo musicista è colui che riesce a dar voce alle sirene senza che queste escano dall'acqua. Jisung amava suonare ed era mille volte meglio che volare sul dorso di un Unicorno. Ogni nota prendeva per mano l'anima e la guidava fuori dal corpo in una realtà che pochi sapevano apprezzare. Lui amava quel volo nel mondo dell'inconsistenza materiale dove la musica lo amava e lui amava lei.
"Non posso che essere d'accordo, Camille. Il mio ricordo spiacevole è legato solo a lei e non a tutte le Tassorosso. Ho avuto modo di conoscere quelle che frequentavano il mio anno e nessuna è stata scortese. Un paio forse erano un po' fredde ma mai scortesi, questo non posso dirlo."
Il problema era solo il primo amore, quella freccia che ti bullizza il cuore e ti marchia per sempre. Paige lo aveva fatto innamorare senza un senso preciso. I suoi capelli rossi erano qualcosa che l'ex Corvonero non poteva dimenticare: lunghi, ondulati, setosi. Le ondeggiavano sulle spalle ad ogni passo come se fossero accarezzati dal vento. Occhi meravigliosamente grigi che però non lo avevano mai degnato di uno sguardo e labbra che ricordavano il petalo di una piccola rosa. Ma com'era lei davvero? Non poteva dire di conoscerla anche se ogni notte immaginava di fare il suo ingresso con lei sotto braccio al ballo di Natale. Sogni, utopie di un ragazzino che aveva sempre fatto tappezzeria. Lei si era fatta accompagnare da uno dei Cacciatori di Serpeverde, un tale Marvin detto armadio a due ante. Lui si che era un pezzo forte da esibire. Ripensandoci, Paige era stata gentile a non far presente al suo corpulento accompagnatore la letterina profumata che Jisung aveva avuto l'ardire di inviarle. Lui sicuramente lo avrebbe afferrato per le caviglie e usato come scopa di saggina in Guferia.
"Mi sono solo innamorato della persona sbagliata ma credo che sia capitato a parecchie persone, non solo a me."
E da quel giorno non si era innamorato mai più, faceva troppo male per ripetere l'esperienza. Sapeva bene che, però, non era qualcosa che a cui poteva sfuggire o controllare. Rintanato nel suo angolo sperava solo di non soffrire. Non era un delitto desiderare di amare e essere amato in ugual misura.
«Abbiamo anche dei pregi sai? Sono pronta a dimostrartelo!»
Sorrise, amava scoprire il buono nelle persone e dava a tutti una possibilità.
"Non vedo l'ora."
Il ricordo dei dolci di Hogwarts gli fece venire una gran fame e accese in lui dei ricordi lontani che credeva sopiti.
"Sono sceso nelle cucine moltissime volte e lì ho conosciuto un elfo di nome Bampie. Era affabile e gentile e alcune volte mi ha preparato del cibo coreano per farmi sentire a casa. I miei genitori hanno un ristorante qui a Londra e gli aveva detto che mi mancava molto la cucina di mia madre."
Iniziò a salivare al pensiero dei muffin al lampone, erano sempre stati i suoi preferiti, insieme ai dolcetti alla fragola.

Camille lo tempestava di domande e la cosa non gli dispiaceva affatto. Era un curioso anche lui e poi non era abituato a tutte quelle attenzioni nei suoi confronti. Era una novità assoluta e lui si stava facendo coccolare dalle parole di quella dolce Tassina.
"Ho pensato tanto a Hogwarts in questi anni e alla possibilità di tornarci come docente. E' una cosa che ho sognato tante volte ma non sempre i sogni corrispondono alle tue vere attitudini. Mi piacerebbe stare tra i ragazzi e condividere con loro le mie passioni ma c'è qualcosa che mi frena."
Era un insicuro che non riusciva a vincere la sua paura di non essere all'altezza della situazione. Per fare questo tipo di discorso avrebbe dovuto avere la certezza di trovare disponibilità all'ascolto come lui ce l'aveva alla condivisione. Non aveva questa garanzia.
"Io amo fare del bene alle persone perché mi rende felice. Se riesco a far stare meglio qualcuno che soffre allora mi sento davvero bene. E' come aver bevuto una pozione di gioia assoluta. A San Mungo ci sono dei medici molto preparati e non so se sul campo potrò essere alla loro altezza. Io chiedo solo l'occasione di poterlo dimostrare, di lasciare a qualcuno un po' di me."
Era normale che una studentessa così giovane avesse ancora mille dubbi sulla sua vita da adulta. Probabilmente anche la persona più determinata del mondo si era presa il suo tempo per soffermarsi a meditare sulle incertezze che annebbiavano il suo futuro.
"Hai ancora molto tempo per capire quello che vuoi dalla vita , Camille. E' tutto normale. Io ho venticinque anni eppure sono pieno di dubbi. Tu non farti scoraggiare e un giorno lo saprai. Io conto esattamente su questo."


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