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| CASEY BELLCAPOSCUOLA GRIFONDORO
Novembre era il più triste dei mesi a parer suo. Non accadeva mai nulla, non c'erano mai festività a spaccarne la monotonia e pioveva. Pioveva, pioveva, pioveva come se non ci fosse un domani. La fortuna voleva che ormai il mese fosse quasi terminato. Tutto stava scivolando lentamente verso dicembre, che per contro era il mese più festeggiato dell'anno in quasi tutto il mondo. La pioggia si trasformava in neve, che Casey odiava allo stesso modo, e tutto si colorava di tinte calde e fredde in un dolce e profumato contrasto natalizio. Qualcuno, benché fosse ancora prestino, aveva acceso le prime lucine. Alcune strade erano già state allestite per le feste e le vetrine dei negozi scoppiavano di articoli delle nuove collezioni per invogliare i passanti a fare i primi regali da mettere sotto l'albero. Tutto ciò avveniva ovunque nel mondo e per inciso soprattutto nel mondo magico. Tranne a Nocturn Alley, ovviamente.
Era passata da casa quel pomeriggio, poco prima di andare a lavoro, per vedere in che stato fossero le sue piantine e se gli ingredienti per pozioni che vi aveva lasciato fossero da buttare. Si era intascata qualcosa da portare con sé ad Hogwarts e poi era volata via da Sinister. Il pomeriggio passò tutto sommato liscio come l'olio. Buttò fuori un tizio che aveva tentato di rifilarle dei "potentissimi kiwi in grado di comandare i cuori delle persone" ad una cifra altissima, aveva lucidato i teschi in esposizione e rischiato di andare in coma per una puntura da Rosa Dentata. Tutto nella norma, tutto come al solito. Finì il proprio turno dopo quasi quattro ore. Ormai il buio si era diffuso per tutte le viuzze luride del quartiere oscuro e dei minacciosi nuvoloni neri avevano fatto presagire pioggia per tutto il tardo pomeriggio. Al momento della chiusura le prime gocce di pioggia cominciarono a bagnare l'asfalto e i vetri e Casey si sentì un genio per aver portato l'ombrello. Era pronta ad andarsene e a raggiungere la passaporta che l'avrebbe riportata a scuola quando Sinister la chiamò dalle scale che portavano al suo ufficio. «Bell. Mentre che te ne vai manda via quella cosa che si è rannicchiata davanti all'uscio. L'ho vista dalla mia finestra. Mi da noia e mi spaventa i clienti. Forse è un cagnaccio o un mendicante.» Poi scomparì di nuovo nel buio. *Buona serata anche a lei* pensò lei voltando le spalle alle scale. Prima di aprire la porta guardò oltre la vetrina sporca e unta del negozio, fra la merce esposta e le scritte sul vetro. Ci mise un po' a capire di cosa, o meglio di chi, si trattava. La luce del lampione non trovava l'ausilio di quella della luna coperta dai nuvoloni. Era solamente un... ragazzo. Lo osservò per un po', incerta su cosa fare. A Nocturn Alley se ne incontrava di gente bizzarra, anzi, era la regola. Giusto due giorni prima fu fermata da una tizia sdentata che le chiese dei soldi per pagarsi una passaporta perché la sua scopa si era rotta nel tragitto. Era proprio lì, la scopa, col manico spaccato a metà, mentre la strega fermava i viandanti. Doveva essere l'ora del tramonto, un momento orribile per un incidente simile. Eppure Casey non le diede molta corda. «Uhm... non può smaterializzarsi?» Le chiese. La donna rimase in silenzio per qualche istante, fissandola come un pesce lesso. *Evidentemente non ci aveva riflettuto prima di tentare di truffarmi.* Le disse che le era scaduto il patentino e Casey la salutò senza molte storie. Si sentiva in colpa per non averle dato una mano e la pensò spesso, chiedendosi che fine avesse fatto. Se fosse finita male proprio perché non l'aveva voluta aiutare. Magari quella della passaporta era una scusa per chiedere dei soldi e non far la parte di chiedere l'elemosina, soldi che le sarebbero serviti davvero per vivere. Eppure lì a Nocturn le possibilità di essere truffati erano tantissime. Se avesse preso in mano e aperto il portafoglio, ragionò, magari la tipa avrebbe visto quanti galeoni vi teneva dentro e avrebbe tentato di derubarla da sola o con qualcun altro. Oppure sarebbe andata a comprarsi della droga, altro che cibo. Insomma, quando si trovava in situazioni simili Casey si lasciava macellare dalla paranoia e si chiudeva a riccio con un tassativo "no". Ma ora provava senso di colpa. Quel tizio forse si stava semplicemente riparando temporaneamente dalla pioggia, colto alla sprovvista, o si stava riposando dopo una lunga camminata. Avrebbe dovuto cacciarlo? A lei succedeva, succedeva spesso in quel di Nocturn, e prima, quando viveva al Saint Vincent. Non era bello. Sospirò e, decisa a risolvere la cosa il prima possibile, senza dolori e quant'altro, si ritrovò sull'uscio del negozio. Aprì l'ombrello e coprì se stessa e il tizio, seppur sforzandosi di mantenere un tono distaccato e di sostante il più possibile lontana da lui sotto la cupola dell'ombrello. Inoltre nella tasca della giacca c'era la bacchetta. «Posso aiutarti?»
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