How is it possible to feel nostalgia for a world you never knew?, Concorso a Tema: Maggio 2022

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view post Posted on 31/5/2022, 19:08
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Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts

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Draven Enrik Shaw

In un pomeriggio come tanti altri, scaldato da un timido sole primaverile che, di tanto in tanto, si affacciava nel cielo plumbeo, Draven era disteso una panchina a leggere un libro di Stephen King che aveva trafugato dalla libreria di sua madre. Non l’aveva mai vista leggere quel genere prima, forse era appartenuto a suo padre. Nonostante i deliri di quell’autore babbano gli fossero sempre piaciuti, di questo libro non ne aveva mai sentito parlare prima: “La lunga marcia”. Era un’opera che il giovane King aveva pubblicato sotto pseudonimo e parlava di un gruppo di ragazzi che acconsentiva a partecipare a una lunghissima marcia senza sosta, fatta di dolore e morte, nella speranza di arrivare alla fine e vincere un grosso montepremi. La metafora lo aveva intrigato.
Costretto a stare a Londra dagli inderogabili impegni di sua nonna Lilien, aveva deciso quantomeno di meritarsi qualche ora per sé stesso, in attesa dell’agognato rientro a Hogwarts.
Quanto odiava la prepotenza con cui lo obbligava a fare qualsiasi cosa, solo perché ne aveva il diritto in quanto “se non fosse per me saresti ancora in quell’orfanotrofio”. Glielo rinfacciava a ogni occasione e, a ogni occasione, lui si trovava costretto a mandare giù il boccone amaro. Perché, in fin dei conti, aveva ragione. La rispettava per avergli concesso delle possibilità e per tutto ciò che gli aveva insegnato, ma non poteva dire di essere felice di tornare a casa.
Sua madre, Cecilia, col passare degli anni si era tramutata in uno zombie che alternava momenti di estrema euforia a totale svogliatezza e lo usava come una valvola di sfogo, su cui riversare tutto ciò che di sbagliato c’era nel suo tenore di vita; sua nonna, invece, lo sfoggiava in giro come fosse una medaglia da occasioni pubbliche, solo perché “nonostante il padre babbano” era un ragazzo intelligente, con un futuro promettente e che andava bene a scuola.
Voleva bene a entrambe, probabilmente in maniera incondizionata, ma non poteva dire di sentirsi propriamente ricambiato.
Con uno sbuffo annoiato, si appoggiò il libro sul viso e chiuse gli occhi. Tanto era già la terza volta che tornava indietro a rileggere sempre la stessa pagina. Forse era semplicemente destino che ogni volta che si trovasse a Londra passasse dei momenti di merda e non riuscisse a concedersi nemmeno un momento di tranquillità.
Restare lì fermo, sotto quel sole pallido, era una sensazione piacevole, ma non era abbastanza. Da mesi, ormai, sentiva che gli mancava qualcosa e anche a scuola non era riuscito a dare il meglio. Per quanto ci avesse pensato e ripensato, continuava a non capire quale fosse il problema…


Fai piano!

Prendi lo zaino.

Non poteva vedere l’erba accesa dai riflessi di luce, con gli occhi chiusi e coperti dalle pagine del libro, ma poteva sentire benissimo i passi, sempre più vicini, che la facevano scricchiolare.
Draven si sollevò con il busto, mettendosi a sedere sulla panchina ancora prima di togliersi il libro da davanti il viso. Un piccolo sbadiglio e aprì gli occhi per ritrovarsi davanti un pugno: lo colpì mirato sul naso, senza che potesse fare niente per evitarlo. Il colpo lo aveva colto così alla sprovvista che aveva chiuso di nuovo le palpebre per riflesso; si era portato le mani sul viso e aveva subito sentito il sapore di sangue in bocca.
Quando riaprì gli occhi, dopo qualche secondo, poté vedere due tizi correre via con il suo zaino.
Non c’era niente di importante dentro, per fortuna, il portafogli e il cellulare li teneva nelle tasche dei jeans. Le chiavi di casa non erano un problema, avrebbe fatto cambiare la serratura. Nel corso degli anni lo aveva dovuto far fare almeno una dozzina di volte; una più o una meno non cambiava granché.
Appoggiò la mano sinistra sulla panchina e solo in quel momento realizzò che, oltre allo zaino, avevano preso anche qualcos’altro…


Il libro!esclamò tra sé e sé. Scattò in piedi e, dopo un momento di destabilizzazione, probabilmente per la botta in viso appena ricevuta, si mise a correre più velocemente di quanto non avesse mai fatto prima… O forse sì, gli era già capitato in quella specie di realtà alternativa/onirica con Alice, solo che lì si era ritrovato a doverlo fare per scappare, mentre qui era per raggiungere qualcuno. Nel primo caso, era sicuro che l’adrenalina data dal pericolo lo aveva, in qualche modo, smosso a superare i propri limiti, mentre nel secondo caso non aveva nessuna adrenalina in corpo, anzi, il sapore di sangue in gola gli procurava conati di vomito a ogni falcata.
Ma non aveva intenzione di cedere. Avrebbe seguito quei due fino in capo al mondo e, probabilmente, lo avevano capito anche loro, perché non appena Draven riuscì a ridurre un po’ la distanza, i due ladruncoli iniziarono a voltarsi costantemente per verificare quanto vantaggio ancora avessero. Quello che teneva in mano lo zaino prese a setacciare nelle varie tasche in cerca di qualche piccolo tesoro; l’altro, poco dopo, si voltò verso Draven per lanciargli contro il libro, come a volerlo rallentare. Quello era l’unico piccolo tesoro per il quale aveva corso così tanto. Missione compiuta. Si affrettò a raccoglierlo, rallentando l’andamento fino a fermarsi.
Non gli importava della gente che lo fissava. Non gli importava nemmeno che il libro fosse rimasto un po’ offeso, con alcune pagine spiegazzate e rovinate, per via della breve avventura che aveva appena vissuto. Aveva solo una gran voglia di respirare, a quel punto, ma sembrava come immettere spilli nei polmoni a ogni tentativo…
Draven si chinò su sé stesso, appoggiandosi con le mani sulle ginocchia, come se in quella posizione il dolore all’addome potesse essere un po’ più contenuto.
A differenza sua, quei due non sembravano minimamente stanchi. Per quante volte gli era già capitato di derubare gente per strada, avevano finito col diventare corridori provetti?


Qui non c’è niente. sentì urlare di rabbia.

Cazzo! Dammi il portafogli! Dammi i soldi!

Qualcuno doveva aver chiamato la polizia, perché sentì delle sirene in lontananza ma, nonostante ciò, le voci furenti dei due le avevano sovrastate per un attimo, sufficiente a fargli capire che non poteva trattenersi oltre.
Anche se aveva solo venti sterline e qualche penny con sé, era una questione di principio! Doveva rimettersi a correre. Subito.
Strinse il libro in una mano e, con non poca fatica, riprese a correre nella direzione da cui era venuto. Concentrato solo nell’impresa, aveva totalmente perso il senso dell’orientamento. Quindi, andò a istinto e continuò a correre senza una meta precisa, con il solo intento di lasciarsi quei due alle spalle.
Non c’era modo di distanziarli più di tanto, erano decisamente più atletici di lui che, invece, stava iniziando a cedere. Così, quando, girando l’angolo di una strada sconosciuta, con la coda degli occhi vide la porta di un pub aprirsi, ci si diresse spedito. Senza troppe cerimonie, ma solo guardandosi alle spalle per assicurarsi che non fosse ancora seguito, ci si fiondò all’interno. Il portone si chiuse di rinculo alle sue spalle, con un tonfo sordo che gli rimbombò nella testa; per qualche secondo quel suono sembrò fare eco ai battiti del proprio cuore, talmente accelerati da fargli fischiare le orecchie.
Ebbe un attimo di totale spaesamento e, semplicemente, si accasciò a terra, lì, in un angolino dell’ingresso. Incurante di dove si trovasse o di chi ci fosse.


Hey! Che credi di fare? Non sono ammessi ragazzini qui dentro. Esci.la voce perentoria di un uomo gli giunse come da molto lontano. Sollevò la testa per poter incrociare lo sguardo di quella persona e, ancora prima di poterla mettere pienamente a fuoco, la vide sussultare sul posto e poi chinarsi verso di lui.

Ma che ti è successo?esclamò l’uomo, improvvisamente preoccupato, afferrando Draven per le spalle con una delicatezza che discostava dal suo aspetto. Era un uomo molto corpulento e aveva le mani callose; i capelli castani, un po’ brizzolati, erano lunghi e legati in una coda bassa, ma una treccina gli cadeva libera sul viso. Doveva avere cinquanta o sessant’anni, giù di lì. Gli occhi scuri e profondi lo stavano scrutando, forse per capire se fosse in grado di rialzarsi… Non lo era.

Vado…via…tra…un minuto… - gli rispose Draven, con voce roca, ricambiando lo sguardo. Respirare era terribilmente doloroso. Non aveva mai pensato che correre a perdifiato potesse fare così male, ma a stare fermo immobile i polmoni stavano iniziando a bruciare meno, con graduale lentezza...
L’uomo pressò con più fermezza le mani intorno alle sue spalle e si rimise in piedi. Draven ebbe l’impressione che bofonchiò qualcosa, ma aveva ancora le orecchie ovattate e si limitò a guardarlo, in silenzio, mentre lo fece alzare di rimando. Una lieve smorfia apparve sul proprio viso nel sentire bruciore dietro le gambe non appena le drizzò, all’altezza delle ginocchia; forse si era strappato qualche muscolo.


Sei ferito da qualche altra parte?
Draven gli rivolse uno sguardo interrogativo, come a volergli chiedere silenziosamente dove altro credeva che fosse ferito, ma si limitò a scuotere la testa per dire di no. Era stanco e confuso, aveva solo bisogno di riprendersi.
L’uomo si portò un braccio di Draven intorno alle proprie spalle e ne supportò gran parte del peso durante la traversata del locale. Con un rapido sguardo intorno, Draven poté constatare che, almeno, il pub era vuoto.
Quindi, quando aveva visto le porte aprirsi, era stato quell’uomo a entrare? Probabilmente era il proprietario e non era ancora orario di apertura.


Siediti qui.gli disse l’uomo, facendolo accomodare sul divanetto di quello che aveva l’aria di essere un ufficio.

Non pensare di farmi brutti scherzi, ragazzino: qui è tutto sotto chiave, non puoi rubare niente. Vado a prenderti dell’acqua e qualcosa per medicarti.

Non sono… un ladro… - riuscì solo a dire, d’impulso, per una questione d’orgoglio. Insomma, se si trovava in quella situazione era per colpa di un ladro, anzi due, non perché ne fosse uno lui stesso!
L’uomo, dal canto suo, si limitò a squadrarlo da capo a piedi. Annuì tra sé e sé e si allontanò dalla stanza.
Chissà come appariva… Sicuramente sudato e sporco per aver corso tra campi e strade di città.
Chiuse gli occhi per un istante e, con un sospirò che sembrò la cosa più soddisfacente del mondo, ora che il respiro aveva iniziato a regolarizzarsi un po’, si portò una mano a sfregarsi il viso. Il dolore lancinante che provò semplicemente sfiorando il naso gli ricordò del pugno che lo aveva rallentato prima di quella “lunga marcia”. Faceva un male cane anche all’altezza delle guance, come se tutta l’area fosse sensibilmente offesa.


Ti fa tanto male?
Draven alzò lo sguardo davanti a sé e vide l’uomo porgergli il bicchiere d’acqua. Sulla scrivania alle sue spalle era apparsa anche una scatola, presumibilmente un kit medico d’emergenza.

Grazie.
Draven strinse il bicchiere in una mano e provò a prendere un sorso d’acqua, almeno per togliersi dalla bocca un po’ di quel sapore di rame provocato dal sangue, ma si rese subito conto di faticare a coordinare il respiro.
Lo appoggiò a terra di fianco a sé.


Non credo sia rotto, ma hai preso una gran bella botta. Vedi?intervenne a dire l’uomo, indicandosi poi il proprio naso.

Se lo rompi ti succede questo.
Aveva la gobba leggermente storta, ma la si poteva notare solo guardandolo dal profilo sinistro. Guardandolo dritto in faccia non ci si faceva nemmeno caso, anche perché quella forma stava bene nei tratti duri del suo viso.

Insomma, vuoi dirmi che ti è successo? Devo chiamare la polizia? I tuoi genitori? Quanti anni hai?

No, no. Niente polizia. Per favore. Mia madre… Non posso. Vado subito via. - ribatté di getto, un po’ spaventato delle ripercussioni che avrebbe potuto avere sulla propria custodia essere coinvolto in un casino del genere, ma anche al pensiero che esserne coinvolto durante una deroga scolastica potesse avere delle conseguenze a Hogwarts.

Ok, va bene, ragazzino. Non c’è fretta. Dimmi almeno come ti chiami? L’uomo gli aveva dato le spalle per iniziare a preparare una serie di batuffoli di cotone con quello che, a giudicare dall’odore, doveva essere del disinfettante.

Draven.

Draven? Bel nome. È cazzuto.
L’uomo sorrise divertito, mentre sistemava una sedia davanti al divanetto su cui aveva fatto accomodare Draven. Si mise seduto di fronte a lui.

Farà un po’ male. Resisti.disse poi, iniziando a tamponargli il viso con uno di quei batuffoli maledetti. Era sicuro di non avere graffi, quel tipo gli aveva dato solo un pugno, ma gli faceva male dappertutto come se un gatto isterico lo avesse preso ad artigliate.

Mio fratello si chiama Drake. Anche Drake è un nome cazzuto, a differenza di Michael, che è il mio nome. Ma puoi chiamarmi Mikey.prese a dire, continuando a pulirgli il viso.

Da bambini eravamo un po’, come dire… Iperattivi. O meglio, io lo ero. Lui cercava sempre scuse per non giocare. Ogni volta che si faceva male metteva su un faccino dolorante come il tuo. Forse per colpa sua, mi fanno tenerezza le persone con nomi tosti e faccette così, come la tua.
Notando lo sguardo innervosito che Draven non riuscì proprio a contenere, l’uomo, “Mikey”, doveva aver pensato di averlo offeso in qualche modo, perché si affrettò a sorridere, scuotendo la testa.

Non che tu non sia un tipo tosto, o giusto, o figo, o qualsiasi cosa dicano i ragazzini d’oggi, ma all’epoca era un po’ diverso. Ci si faceva male con niente e nessuno ci curava le ferite. Facevamo giochi che, oggi, probabilmente, manderebbero in galera i genitori se li consentissero.

Tipo?

Tipo, sai i ciottoli che si trovano nelle strade di campagna o in prossimità dei parchi? Noi li raccoglievamo e, un po’ come si gioca con le palle di neve, ce li tiravamo addosso. Facevamo delle squadre e perdeva chi li finiva per prima o chi abbandonava per prima il campo di battaglia. Tornavamo a casa pieni di graffi e lividi. Drake non lo sopportava.
E come dargli torto, a Drake?
A sentire quel racconto, l’istinto di Draven lo portò a storcere il naso in una smorfia, perché che razza di gioco era farsi male a vicenda? E gli adulti continuavano a sostenere che “ai loro tempi” era tutto più bello? Ma non appena ci provò, sentì una fitta tra gli occhi talmente lancinante da farlo piegare in due dal dolore, con le mani a coprirsi il viso.
Dopo un attimo di stupore, l’uomo si mise a ridere. Aveva una risata roca, in qualche modo rassicurante, ma non era proprio il massimo sentir ridere qualcuno del tuo dolore.


Vedi? Nomi cazzuti, zero resistenza al dolore. Se hai fatto a botte, spero che ne sia valsa la pena… - commentò poi l’uomo, alzandosi in piedi. Quando Draven riportò lo sguardo su di lui, lo vide appoggiato di schiena alla scrivania, braccia incrociate al petto.
Aveva un che di persuasivo; glielo aveva chiesto in ogni modo cosa gli fosse successo e, visto che Draven aveva continuato a ignorare le sue domande dirette, alla fine aveva provato con un approccio più indiretto.


Non ho fatto a botte. Me ne stavo per i fatti miei e due tizi mi hanno aggredito per derubarmi. Li ho rincorsi per riprendermi il libro che… - iniziò a dire Draven, fermandosi poi di colpo. Dov’era finito il libro? Se l’era perso per strada? Era sicuro di averlo ripreso. Tutto quel casino era successo per niente?
Si alzò in piedi di scatto, con l’intento di andare a ripercorrere i propri passi, ma ebbe un giramento di testa che lo costrinse a rimettersi seduto in un attimo. Purtroppo, gli era capitato spesso di ritrovarsi immischiato in delle risse e di aver fatto a botte, ma mai nessuno gli aveva tirato un pugno in piena faccia facendolo sentire così male. Nonostante, ormai, avesse recuperato il normale funzionamento respiratorio senza sentire bruciore all’addome, non poteva dire di sentirsi ancora bene.
Sperò che dopo una lunga dormita sarebbe passato tutto. Magari nonna Lilien avrebbe potuto aiutarlo con un incantesimo, ma in quel caso avrebbe dovuto spiegarle cosa gli fosse successo e si sarebbe scatenata la catastrofe; poteva già immaginare il suo sguardo quando le avesse detto di essere stato – quasi – derubato, avrebbe sicuramente ripreso con i suoi discorsi su quanto Londra fosse una pessima influenza e avrebbe ripreso a discutere con Cecilia la possibilità di portarlo di nuovo via da lei. A quel punto, sua madre si sarebbe messa a piangere e avrebbe scatenato un’altra catastrofe perché, nonostante i problemi che, secondo lei, Draven le causava era l’unica cosa che le era rimasta. Trattato come una bambola di porcellana che veniva spostata di scaffale in scaffale in base all’evenienza. E se avesse detto loro di aver rischiato una sincope per aver corso kilometri solo per poter riprendere un libro… Uno stupido, inutile libro…


Intendi questo? Lo avevi lasciato all’ingresso.
L’uomo irruppe nel filo dei suoi pensieri, prendendo il libro dalla scrivania su cui aveva poggiato il kit medico. Se lo rigirò un po’ tra le mani, poi si avvicinò a Draven per farglielo riavere.

È un libro molto ambiguo. Avresti potuto scegliere di meglio.
Draven non credeva di dover conservare quel libro perché fosse bello. Poteva non avere valore per quell’uomo e chiunque altro, ma per lui rappresentava un aggancio alle proprie origini, in qualche modo; era pressoché sicuro che un libro del genere non appartenesse né a sua madre, né a sua nonna, quindi aveva sperato di conoscere qualcosa di suo padre attraverso i suoi gusti? Non sapeva nemmeno dire con certezza se fosse stato questo a spingerlo a riprendersi quell’oggetto o se semplicemente era il suo attaccamento a tutto ciò che era ‘carta stampata’ che lo aveva spinto a volerlo proteggere. O, ancora, il semplice fatto che in qualsiasi tipo di libro trovasse il conforto che nessuno mai era riuscito a dargli.

Lo ha letto?!

Perché quella faccia sorpresa, ragazzino? Pensi che non sia il tipo che legge solo perché gestisco un pub a Earls Court?

N-no…?
Sebbene il tono sorpreso di Draven fosse dovuto al fatto che, avendo fatto ricerche su quel libro, sapeva che non fosse un’opera particolarmente nota, quando Mikey glielo fece notare, effettivamente, si rese conto di quanto gli facesse strano immaginare uno come lui, con quelle grosse mani callose, a leggere un libricino del genere.

Non dovresti giudicare le persone a prima vista. Se io lo avessi fatto, ora non saresti qui.
Considerando che lo aveva scambiato per un ladruncolo, in realtà, lo aveva giudicato eccome, ma visto che lo aveva aiutato e ancora lo stava facendo, Draven decise di non farglielo notare e lasciar cadere la cosa; in fin dei conti, non gli importava granché di cosa pensasse o avesse pensato uno sconosciuto, per quanto gentile. Dietro quel viso dai lineamenti calcati, la barba spessa e il corpo di un mezz’orco sembrava nascondersi una vita passata…bene? Non seppe spiegarsi, come o perché, ebbe quell’impressione, ma se avesse creduto nell’esistenza delle anime, avrebbe decisamente detto che quell’uomo avesse un’anima bella.

Scusi.
L’uomo scosse una mano, come a dire di lasciar perdere, e distese le labbra in un sorriso che, in qualche modo, gli illuminò gli occhi. Era sincero, era divertito e non offeso.

Ho praticamente vissuto in una libreria per ventisette anni. I miei genitori ne gestivano una e da bambini ci obbligavano a leggere un sacco di libri, ce ne passavano di ogni tipo alla ricerca disperata di un genere che ci appassionasse. Ecco, metti questo sul naso, tienilo anche se brucia. È per evitare che ti si gonfi la faccia come un pallone.iniziò a raccontare l’uomo, interrompendosi per passare a Draven un impacco di ghiaccio. Il ragazzo eseguì l’ordine, cautamente e senza ribattere, tenendo silenziosamente lo sguardo fisso su di lui.

Con mio fratello ci era voluto poco. Aveva una certa propensione da topo da biblioteca. Io preferivo, ecco, i giochi a sassate di cui ti parlavo prima. Era decisamente più sfogativo. Poi, crescendo, avevo scoperto il wrestling e alle scuole superiori ero entrato nella squadra di rugby, quindi io facevo quello e mio fratello leggeva anche per me, ma più passavano gli anni, più i nostri genitori insistevano affinché conoscessimo tutto del mondo che ci circondava. Pensavano che, vivendo in un quartiere poco frequentato, con pochi stimoli e poche possibilità di vedere ciò che ci fosse oltre Nevern Square, avessimo bisogno di più… Punti di vista? Diciamo così. Non importava che fossero di fantasia, di storia o di politica, purché ci tenesse la mente aperta, ci insegnasse ad essere curiosi.
Draven era stato come rapito dal racconto di Mikey, al punto che tenne il ghiaccio sul viso senza nemmeno prestarvi attenzione. Il dolore era come passato in secondo piano. Era rimasto imbambolato ad ascoltarlo. Provò un moto di tristezza per il Mikey più giovane che, per chissà quanto tempo, aveva rinnegato la lettura, solo perché dal suo punto di vista era un’imposizione dei suoi genitori... Avrebbe pagato qualsiasi cosa per percepire la sensazione di un obbligo così piacevole e amorevole, perché se quell’uomo era stato spronato a leggere per ampliare le proprie conoscenze su ciò che c’era fuori, Draven sulle innumerevoli pagine che aveva sfogliato nel corso della sua giovane vita ci si era rinchiuso, per evitare tutto del mondo esterno.

Comunque, quel libro. Dato che ero uno sportivo, per così dire, mio fratello pensò bene di provare a farmelo leggere, sempre con lo stesso intento dei miei di volermi far appassionare a qualche genere. Sai, all’epoca Stephen King non era nessuno e, soprattutto, quello non era stato firmato da lui, non era una scrittura conosciuta come lo è adesso. Immagina un ragazzino più o meno della tua età, alto già un metro e ottantacinque per centoventi chili o giù di lì che, per passione, faceva a botte su un tappeto o in mischia su di un prato che si ritrova a leggere di coetanei che si allenano tutti i giorni della loro vita solo per poter arrivare a partecipare a una competizione che, con molta probabilità, quella vita gliela toglierà. Santo cielo, che discussione ne scaturì con mio fratello non puoi averne idea! Con lui che continuava a dire che era una storia amara, ma con una metafora talmente forte da farti realizzare che per la soddisfazione personale meritava di superare qualsiasi merda ti capita nella vita, mentre io insistevo a dirgli che era una merda e basta! Era come vedere il mondo attraverso gli occhi di un cinico che pensa che, indipendentemente da ciò che fai e dalle scelte che prendi, o da con quale spirito le affronti, alla fine muori comunque, quindi non ne vale la pena. E… Porca miseria. Rivedere quella copertina mi ha fatto ricordare che, dopo tutti questi anni, non abbiamo ancora capito chi di noi due avesse ragione. Mikey si mise a ridere, scuotendo la testa tra sé e sé e, per un istante, Draven riuscì ad immaginarlo. Riuscì a vedere lui, più giovane, insieme a un fratello che non gli era stato descritto se non nel carattere, in una stanza illuminata, di una casa piccola ma confortevole, con genitori divertiti di assistere al dibattito tra i loro figli. Genitori fieri di essere riusciti a crescerli intelligenti, curiosi e avidi di dire la loro opinione senza alcun timore per le conseguenze.
Era bellissimo.


Tu hai fratelli?gli chiese poi e Draven, immerso nelle proprie fantasie, scosse la testa per dire di no.

Ah, che pacchia dev’essere il silenzio. I fratelli sono una spina nel fianco, sai? Ma Drake è sempre stato divertente. Ricordo ogni discussione avuta con lui e, da un certo punto in poi, ogni nostra lite verteva sui libri. Non ricordo granché di quegli anni, forse perché non ho grandi ricordi da voler conservare, non ho avuto una vita avventurosa… Sono rimasto in casa dai miei fin quasi ai trent’anni, me ne sono andato quando ho sposato mia moglie e ho iniziato a lavorare nel suo pub di famiglia.riprese a raccontare, indicandogli la stanza, come a fargli capire che il pub di cui aveva appena parlato era quello in cui si trovavano.

Ma le liti, se vogliamo chiamarle, ‘culturali’ con mio fratello le ricordo tutte. Pensa che, alla fine, sono diventato un assiduo lettore, non perché avessi trovato il mio genere, come i miei genitori avevano sempre voluto, o perché fossi effettivamente curioso di conoscere mondi e opinioni diverse… Nah. Leggo per il solo gusto di rompere i coglioni a mio fratello. A un certo punto, non ricordo precisamente quando, abbiamo stretto un patto di leggere gli stessi libri, quindi ci mettevamo d’accordo dandoci un tempo per finirli e poi discuterne insieme. Ma non lo facciamo da un po’… A dirlo ad alta voce, sai, mi manca.
L’espressione sul viso di Draven, in risposta a quel racconto, fu indecifrabile; gli occhi, già lucidi per il pugno preso, sembravano sul punto di piangere, ma le labbra si erano distese nel sorriso più ampio e sincero che gli fosse mai capitato di fare nel corso della sua giovane vita. Il petto gli faceva male come se gli fosse stato improvvisamente tolto il cuore, lasciando in quel vuoto il calore di un affetto sconosciuto.

Va meglio? commentò l’uomo, ricambiando lo sguardo di Draven. Si scostò poi dalla scrivania e gli fece cenno con una mano di spostare il ghiaccio dal viso. Gli si avvicinò per guardarlo più da vicino e, dopo un’attenta osservazione, lo afferrò saldamente per le spalle e lo spronò a rimettersi in piedi.

Il potere delle parole, eh? Ti ho distratto a tal punto da farti dimenticare il dolore.
Draven annuì, abbassando lo sguardo sul libro che teneva stretto tra le dita.
Mikey uscì dall’ufficio con il kit medico in mano. Non doveva essere passato troppo tempo da quando era entrato nel suo locale, ma gliene aveva fatto perdere abbastanza.
Riusciva a stare in piedi, il respiro era regolare e non aveva giramenti di testa. Il ghiaccio gli aveva fatto perdere sensibilità su gran parte del viso, quindi del dolore per il pugno era rimasta solo una debole eco.
Guardò un’altra volta quel libro. Se lo rigirò tra le mani e lo posò, poi, sulla scrivania di Mikey prima di andare via.

Slytherin III° year 15 y.o. Half-blood❝How Is It Possible To Feel NOSTALGIA For A World You Never Knew?❞ code © psìche



Edited by Draven. - 14/5/2023, 13:54
 
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