| Edmund Artemis Knight ‹ Studente Corvonero ‹ 11 anni ‹ OutfitIl professore sembrò ascoltare con interesse il discorso pronunciato con crescente enfasi dal ragazzino; Edmund notò che in alcuni punti il professore mostrava segni di nervosismo, o forse di preoccupazione, almeno così interpretò il suo mordersi il labbro, ma sebbene avesse provato a rallentare per dare modo all'interlocutore di introdursi nel discorso, il docente non lo fece, quindi proseguì fino in fondo nella sua spiegazione e nelle sue elaborate ipotesi. Quando terminò, inspirò per prendere ossigeno dopo la lunga frase pronunciata tutta d'un fiato, e subito gli fece eco un profondo respiro dall'altro lato della cattedra, a precedere la risposta che giunse pochi istanti dopo; una risposta calma e pacata che tuttavia non mancò di provocare in Edmund una sensazione di turbamento, di irritazione e di fastidio. Il professore infatti, asserì che sarebbe stato bene partire dall'inizio e si mise a dissertare sulla definizione e sulle caratteristiche degli elisir. Edmund fu tentato di sbuffare sonoramente per manifestare il suo dissenso, di fermarlo e riportarlo al tema che doveva dominare la discussione, di fargli notare infine che il punto non era quello, non erano le caratteristiche della pozione a turbarlo, era del calderone che voleva sapere. Ma, lungi dal compiere qualsiasi atto avventato, si limitò a regolarizzare il respiro mentre gli occhi perlustravano il bordo della scrivania e la mente ascoltava con attenzione dove voleva andare a parare il professore. *Maledetta questa mania degli adulti di partire sempre dall'inizio. E tutto perché i problemi sono venuti fuori con questa maledetta pozione!* La frase del professore gli aveva infatti ricordato i genitori quando, in seguito a una qualsiasi delle innumerevoli liti tra Edmund e il fratello Philippe, iniziavano ogni ramanzina con la stessa premessa, sottolineando la necessità di partire sempre e inevitabilmente dall'inizio. Eppure, in questo caso la situazione parve inquadrarsi in modo diverso rispetto al solito; più il professore parlava, più Edmund era costretto a ricredersi: partire dall'inizio era tutt'altro che un palliativo psicologico, era una necessità logica. Non stava facendo altro che mettere in fila tutte informazioni già in suo possesso (di Edmund), e condurre le affermazioni fino alle naturali logiche deduzioni, sillogismi talmente semplici che si vergognò di non essere stato in grado di sviluppare in autonomia, ma affermazioni che non potevano che configurarsi come interessanti scoperte nella mente del Corvonero. Il fastidio iniziò a cedere il posto al disagio.
Mentre il professore parlava, Edmund ripeté a memoria dentro di sé, ricalcando le sillabe che uscivano dalle labbra del mago adulto, la definizione di elisir appresa a lezione e, man mano che quelle parole cadevano a terra come massi, dovette convenire con l'insegnante che, mancando la base alcolica, già mancavano i presupposti per poterlo definire tale; alla domanda retorica conclusiva si limitò ad annuire abbassando il capo imbarazzato. Non serviva aggiungere altro. Forse a qualcuno poteva sembrare una mera questione terminologica, un errore di nomenclatura, peccato veniale di studenti inesperti, ciononostante a Edmund si infiammarono le gote, già presagendo il seguito; tutto conduceva le deduzioni in un'unica direzione, quella in cui si erano mossi i primi sospetti del Corvonero, in seguito soppiantati dal problema della manomissione: il problema non era come la "pozione" era stata tenuta a battesimo, il problema era cosa quella "pozione" era, o meglio non-era. L'aveva negato a sé stesso per poter incolpare la madre di un atto a lui ostile ma ora gli veniva presentato il conto, quella non era altro che succo di zucca sporcato con qualche ingrediente e camuffato, questa era la direzione in cui al momento sembrava condurre la lunga strada imboccata dall'insegnante.
A rincarare la dose, il professore si mise a demolire anche l'importanza dell'uso del calderone in tutto ciò; Edmund annuì silenziosamente rimproverandosi di non averci pensato da solo.*Già bella domanda, perché mai doveva servire proprio un calderone, maledizione!* Avrebbe voluto replicare che pensava l'uso del calderone, per la sua forma, avrebbe facilitato certe reazioni, più difficili altrimenti, ma sapeva benissimo che sarebbe stato divagare su elementi secondari, il punto era ora un altro. E dire che da sciocco aveva persino insistito per farsi prestare il calderone dal biondo Serpeverde! Maledetta la sua stoltezza!
Anche al termine di questa frase Edmund annuì silenzioso, col capo ancora chino e lo sguardo basso. Lo rialzò subito dopo però, quando gli giunsero parole totalmente inaspettate che gli fecero cambiare di nuovo il proprio punto di vista sulla vicenda. Ora che per un attimo si era dimenticato del "problema" del suo calderone, con lucidità aveva immediatamente colto il fatto che quell'elisir sibilante era poco più che un imbroglio; il verbo impiegato dal docente immediatamente dopo fu la pietra tombale.«Non si lasci abbindolare e soprattutto non assuma mai pozioni di cui non conosce la reale composizione. Potrebbe essere l’ultima cosa che fa. E’ pericoloso. L’Aconito uccide nel giusto dosaggio e se non contrastato adeguatamente.»Gli occhi si spalancarono, increduli, mentre un'ondata di idee confuse si affollava nella mente. Era confuso, impaurito, imbarazzato e preoccupato. Forse si era messo involontariamente in un guaio piuttosto serio, d'altronde cosa ne sapeva il professore che lui aveva provato inizialmente a preparare la pozione esattamente per dimostrare che era semplice succo si zucca, e che non aveva mai avuto intenzione di assumerla per i suoi effetti. D'altra parte era vero, quanti compagni avevano rischiato danni gravi bevendo quella sostanza misteriosa... Contravvenendo a ogni buon senso, gli studenti avevano assunto un intruglio assente nei libri ufficiali esponendosi a qualunque rischio; il fatto che lo avessero assunto in molti non diminuiva la potenziale pericolosità del preparato, dimostrava solo che fino a quel momento non sembrava dare effetti gravi, fino a quel momento. Effettivamente a Edmund non sarebbe mai capitato nulla, prudente com'è avrebbe atteso qualche assaggiatore rischiasse per lui, ma appunto, quante cavie avevano rischiato inconsapevoli? Era vero, verissimo, sapeva sin da piccolo che non avrebbe mai dovuto bere nessuno degli intrugli presenti nel laboratorio della madre, e mai si era sognato di farlo, e, tristemente, era bastato un vecchio foglio spacciato per ricetta preziosa ad ingannarlo. Solo adesso capì dove il professore voleva andare a parare col suo discorso e gran parte del nervosismo che il suo mordicchiarsi il labbro gli aveva trasmesso: tutta la vicenda avrebbe potuto essere molto, molto pericolosa. Le orecchie divennero paonazze come la mantella vescovile, la voce era solida ma dal passo incespicante.«Ha ragione professore, mi scusi, mi sono fatto ingannare come uno stupido, avrei dovuto capirle da solo tutte le cose che ha detto. Ci avevo pensato all'inizio ma poi, insomma, vedevo che quella cambiava colore e la mia no, mi sono convinto che fosse una vera pozione e che il problema fosse il mio calderone. E poi ho visto la ricetta, la pensavo una ricetta vera... Mi scusi tanto di aver frainteso tutto quanto. »Si sforzò di reggere lo sguardo dell'insegnante benché provasse un forte imbarazzo.«Non volevo assolutamente fare una pozione non autorizzata, mi rendo conto di quanto avrebbe potuto essere pericolosa, ma tanti che conosco la bevevano, pensavo fosse del tutto innocua. Non ripeterò questo errore»Aveva troppe domande in testa, a partire da quella sul perché, se in accordo alle parole del professor White il passaggio al calderone era stato completamente inutile, in uno il liquido aveva cambiato colore e nell'altro no. Tuttavia, c'era un'altra domanda che ora gli premeva maggiormente. «Ma quindi, quello è solo succo si zucca, oppure può essere anche pericoloso? Può dare conseguenze, magari in futuro? C'è un modo per saperlo?»Deglutì e fu costretto ad ammettere quella verità che, purtroppo per Edmund, sembrava scagionare la madre, ma che si configurava come l'unica possibile. «Ho visto che molti lo bevevano e facevano magie uguali se non peggio a prima, avevo pensato, all'inizio che questo elisir sibilante fosse una pozione finta, ma credevo che fosse solo succo di zucca non che potesse essere più pericolosa.»Era inutile a questo punto della storia tenere le carte coperte, anche solo alcune, tanto valeva liberarsi anche di quell'ultimo peso che gli gravava sulla coscienza:«Io ne ho bevuto poche gocce per assaggiarne il sapore, meno di un cucchiaino... Sa di succo di zucca molto molto diluito, però ha un gusto un po'... di ferro.»‹ PS: 100 ‹ PC: 50 ‹ PM: 50 ‹ EXP: 1
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