Limes Mentis, Concorso a Tema: luglio 2022

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view post Posted on 16/7/2022, 10:06
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Limes Mentis


Primi di Settembre
Londra, Villa Knight

L ' evento del 7 luglio fu argomento centrale di moltissime conversazioni in famiglia, tra mio genero Joseph e mia figlia Catherine, tra mia figlia e mia moglie, tra me e mia moglie, e persino tra me e il mio consuocero, il vecchio caro Artemis Knight. Tale era l'interesse che questa storia destava che ad ogni ritrovo familiare, inevitabilmente, si finiva a parlare di quel curioso aneddoto estivo. E tanti erano gli aspetti e le sfaccettature della vicenda che ogni qualvolta si ritornava sull'argomento, c'era sempre qualcosa di nuovo su cui dibattere.
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Mi ritrovai a discuterne persino diversi mesi dopo l'avvenimento, in occasione del compleanno di mio nipote Philippe; quel giorno ero a Londra, a Villa Knight, alla festicciola organizzata per l'ottavo compleanno di Philippe, fratello minore di Edmund e secondogenito di mia figlia e di Joseph Knight, ed ecco che puntuale, come il rintocco dell'orologio, l'evento del 7 luglio, circa a metà della serata, fece la sua comparsa nel ventaglio dei temi di conversazione.
Ci eravamo momentaneamente appartati nello studio di Joseph per un bicchiere di ottimo Whisky Incendiario, gentilmente offerto dal Ministero, quando fu lo stesso padrone di casa a rispolverare la questione: gli interrogativi sull'accaduto ci si ripresentarono così per l'ennesima volta; in quel momento nello studio c'eravamo io, vi era Joseph, il padre di Edmund, e vi era infine il professor William Wright, il precettore dei miei nipoti, uomo di vasta cultura legatissimo ad Edmund. Vi dirò più avanti le parole che quella sera pronunciai, lascerò che a raccontarvi i "fatti" siano Joseph e il professor Wright, ciascuno alla propria maniera.




Quale incredibile emozione! Ma che dico, emozione è dir poco! Quale soddisfazione, quale indescrivibile orgoglio per un padre! Non avrei potuto desiderare di più per mio figlio, per il piccolo Edmund! Non mi sembrava vero, se non avessi assistito personalmente e non avessi visto con i miei occhi l'intera scena, se qualcuno mi avesse soltanto riportato a parole l'accaduto, molto probabilmente non vi avrei dato alcun credito, anzi sicuramente non vi avrei dato credito, non l'avrei nemmeno ritenuto possibile, lo potrei giurare! Mai avrei pensato di essere testimone di un evento simile, mai avrei pensato di assistere a una dimostrazione così clamorosa di quanto le doti magiche di mio figlio, a soli 10 anni siano straordinariamente avanzate, non solo per la sua età, ma persino per un mago adulto!
Mi viene la pelle d'oca ad ammetterlo, ma nemmeno io, il miglior mago della mia classe ai tempi della scuola, da più di 12 anni una delle più preziose risorse del Ministero, Terza classe dell'Ordine di Merlino, sarei stato capace di ciò che ho visto fare da Edmund. E non lo sono tutt'ora. È stato qualcosa di strabiliante!

Corsi fuori più veloce che potei quel pomeriggio, abbandonai il mio studio e la riunione in cui ero impegnato per osservare, o forse dovrei dire per ammirare, ciò che aveva fatto. Preso da un'incontenibile gioia gli afferrai le spalle, lo scossi dolcemente per assicurarmi non fosse un sogno, lo baciai in fronte e lo abbracciai più forte che riuscii mentre Edmund, temendo lo rimproverassi, rimase immobile e rigido come una statua, accennando solo un impacciato sorriso dopo che mollai la presa. Ricordava infatti la strigliata di pochi giorni prima quando lo avevo rimproverato durissimamente, come mai ebbi fatto avanti; ero certo di averlo atterrito e spaventato con le mie parole così taglienti, e con i gesti insolitamente violenti. Gli avevo detto di smetterla, e, se avesse obbedito alle mie parole non avrebbe dovuto nemmeno osare ciò che vidi, ma d'altra parte, se così fosse stato, l'impresa di quel giorno non si sarebbe compiuta. Di fronte a quel risultato di portata straordinaria, benché sappia bene quanto sia contraddittorio, non potei nascondere la mia immensa soddisfazione, e la gioia e l'entusiasmo spazzarono lontano da me ogni altro sentimento negativo. Per quanto Edmund ne fosse incredulo, l'orgoglio mi fece dimenticare ogni monito tuonato nei giorni antecedenti, specialmente quando un'incredibile seconda scoperta si aggiunse alla prima.

Liberatolo, rientrai in casa e non vedendo mia moglie Catherine in salotto né in cucina, mi precipitai nel laboratorio dove la trovai intenta a pestare al mortaio delle erbe.
"Kate, ce l'ha fatta, Edmund ce l'ha fatta! Kate vieni al vedere, vieni, ce l'ha fatta! Ha incendiato un mucchio di foglie con quel legnetto! Ti rendi conto Kate, riesce a fare magie controllate con una bacchetta finta! Quella roba che tiene in mano è solo legno, è finta mi capisci! Ma dico, ma ti rendi conto, pensa tra qualche mese quando ne avrà una vera! Devo assolutamente parlarne con tuo padre, deve dirmi lui cos'è successo! In ogni caso si tratta di un risultato eccezionale, sia che sia riuscito a costruire una bacchetta sia che sia riuscito a fare una magia senza, devo al più presto parlare con Hewitt. Devo poi sentire anche Henry per il problema della traccia... Non vorrei mai..."
"Calmati Eddi, calmati un attimo, ti rendi conto tu piuttosto di quello che stai dicendo? Sei sicuro di aver visto bene? Quello che dici non è possibile...! No, non è proprio possibile, Eddie caro! Edmund è sveglio per la sua età certo, ma una cosa del genere la escludo. Al massimo sarà stata magia primitiva, non può volontariamente aver fatto scoppiare un incendio, capisco che vorresti tuo figlio fosse così potente ma è utopia mio caro, per me hai visto male! Vediamo di calmarci e vedere con calma..."
"Non ho visto male Kate, ti dico che l'ho visto benissimo, ho visto tutta la scena, ha puntato la bacchetta, gridava "Incendio" e le foglie hanno preso fuoco! Vieni a vedere! Ho già guardato, nessun trucco, nessuno!"
Ci avviammo insieme verso il limitare del boschetto antistante l'ingresso della nostra villa, dove avevo lasciato Edmund poco prima e, nel mentre, riassunsi a mia moglie, e a me stesso, quanto avvenne.

Era un caldo pomeriggio di luglio, il sole era ancora ben alto sull'orizzonte, come è solito fare nei mesi estivi: un enorme disco chiaro brillava su un cielo turchese, limpido e sgombro da nubi, solcato di quando in quando da qualche timida folata di vento. Edmund e Philippe, i miei due figli, erano ancora a Londra, li avremmo portati a York la settimana successiva affinché trascorressero un po' di tempo coi nonni, i genitori di Catherine, ma quest'ultima settimana l'avrebbero passata con noi dato che dopo mesi, finalmente, potevo concedermi un'intera settimana nella capitale. Faceva parecchio caldo e, nonostante la riunione al Ministero a cui partecipavo da remoto via metropolvere richiedesse una certa riservatezza, la temperatura mi imponeva di tenere le finestre dello studio spalancate per approfittare di quei dolci refoli di aria fresca. Mi giungevano quindi, insieme al vento e nonostante avessi voluto con tutto me stesso silenziarle, le continue grida di Edmund il quale stava in piedi in giardino, sul limitare del bosco, a urlare come un pazzo; assumendo una postura ben studiata, gambe leggermente divaricate, la destra di una decina di pollici davanti alla sinistra, il braccio sinistro steso lungo il fianco, il braccio destro proteso in avanti a supportare la mano destra che impugnava un pezzo di legno di fattura decisamente artigianale, Edmund mirava un mucchio di foglie e, ripetendo con l' "improvvisata bacchetta" un movimento che non riuscivo bene a vedere, continuava a urlare "Incendio! Incendio! Incendio!"

Mi stava irritando, lo ammetto. Forse lo faceva per provocarmi, aveva visto infatti che le finestre che davano verso di lui erano ben aperte e devo anche ammettere che quei giorni che stavamo trascorrendo insieme non stavano andando come mi ero immaginato... Pertanto non era da escludere che in parte quella fosse anche una provocazione. Ma appunto, anche una provocazione; principalmente ciò che voleva fare era altro, e mi era chiarissimo, altroché se lo era: si era messo in testa che anche lui, come me e Catherine, doveva essere libero di fare incantesimi, doveva esercitarsi più che poteva per non essere da meno a nessuno quando sarebbe andato a scuola, le restrizioni per i bambini erano a suo dire assurde. Con quella testardaggine che lo contraddistingue, difetto che ha in toto ereditato da me, non riusciva ad accettare il fatto che fosse proibito ai minorenni fare magie fuori da Hogwarts, si era convinto fosse una regola inventata da noi genitori, anzi pensava me la fossi inventata io! E sua madre, che ad ogni protesta del figlio rispondeva con un "Ed caro, per me puoi fare quello che ti senti, parlane con tuo padre. Se ti ha detto di no, è no, Ed caro" di certo non aiutava! Ma guarda te se è possibile, segue alla lettera tutto quello che gli dice quel topo da biblioteca di Wright e una cosa che gli impongo, una, vi disobbedisce! A chiunque presta ascolto tranne che ai genitori, unica autorità che va contestata per definizione. Quella del non poter avere una bacchetta e non poter fare magie è un'ingiustizia inaudita a suo dire! E dunque non vi avrebbe rinunciato, per nessun motivo, nonostante le disposizioni contrarie impartitegli da me mia moglie.
"A un tale sopruso dei potenti, ritengo di dovermi opporre, non è giusto, so controllarmi, non uccido nessuno!" ripeteva ininterrottamente in quei giorni; dove avesse sentito la parola sopruso non lo seppi dire, forse l'aveva origliata da qualche mia conversazione o forse letta in uno di quei polverosi volumi che gli tira fuori Wright, sta di fatto che non c'era verso di farlo ragionare.
Qualche giorno prima però aveva decisamente esagerato! Io capisco la ribellione ai genitori, capisco gli effetti negativi sul suo umore del caldo, capisco la frustrazione di vedere la mamma usare la bacchetta anche per allacciarsi i calzari quando lui nemmeno la possiede, posso capire tutto, ma sottrarmi la bacchetta a mia insaputa per provare a fare aria a Jasper, il nostro Crup, con l'incantesimo Florikus, era stato troppo. Mi fece infuriare come poche volte prima, e usai nei suoi confronti una violenza verbale, e non solo verbale, che non mi era consueta. Vidi Edmund terrorizzato dalla mia sfuriata, ma anche se pietrificato dalla paura non dimise la sua aria arrogante e ribelle.
"Ti ho chiesto di farlo te perché Jasper ha caldo tu l'hai fatto? No, quindi lo volevo fare io! Non capisco cosa avrei fatto di male! Ha caldo e ha bisogno di un po' di aria fresca, potevi farlo tu allora! E comunque non te la prendo più, il peccio non penso faccia per me, non riesco a fare niente con la tua bacchetta."
"Edmund chiudi quella bocca o resti chiuso in camera fino a settembre! Non è questo il punto, arrogante e immaturo! Non si tratta se il peccio fa o non fa per te! È una vergogna tu prenda la bacchetta agli altri, lo capisci o no che è una cosa vergognosa! Te lo proibisco, fallo un altra volta e ti dimostro di cos'è capace questa bacchetta che disprezzi tanto! O chiudi quella bocca e tieni le mani al tuo posto, o ti sistemo io, con le buone o con le cattive! Vuoi fare magie, benissimo, quando avrai la tua bacchetta farai tutti gli incantesimi che vuoi, poi se disobbedisci e fai magie fuori da Hogwarts, ti espelleranno!
Ma con la tua bacchetta, chiaro? Non permetterti mai più di prendere la mia o quella di nessun altro!"

L'insolente però non si arrendeva.
"Non ci vado ancora ad Hogwarts, voglio proprio vedere come fanno a espellermi."
"In camera tua!" gridai al limite della pazienza.
So che non avrei dovuto, ma la rabbia era tale che non mi trattenni più, con due corde lo feci legare e portare in camera sua. Che insolente! E che ha solo 10 anni, maledizione!

Per un paio di giorni ci parve tranquillo, mi illusi avesse rinunciato a quella sua testarda impuntatura, Catherine diceva che per lei non aveva rinunciato affatto, ma a me pareva così almeno. Ed ecco che, passati due giorni dalla litigata, lo vediamo rientrare in casa tutto contento, un sorriso mai visto prima; gli chiedo cos'ha e lui zitto, silenzio totale. Poi lo sento parlare con Wright, per Merlino, quanto è testardo quel bambino.
"Professore, credo di aver trovato, ho visto che c'è una colonia di asticelli su quel ciliegio vicino al deposito degli attrezzi! Penso proprio proverò a farmene una di ciliegio, il nonno dice che è un legno sottovalutato, secondo lui è potentissimo! Voglio provare a fare una bacchetta di ciliegio!"

Sciagurato quell'uomo che anziché dissuaderlo, lo incoraggiò a cimentarsi nell'impresa. Chiamai il professore e mi confermò i miei sospetti. Ne parlai con Catherine, e sentii anche mio suocero che di mestiere faceva bacchette; io avrei voluto parlare con Edmund e ricordargli che quanto voleva fare era vietato ma i due mi convinsero a non dire nulla e lasciarlo fare. La madre perché secondo lei ogni mia parola avrebbe peggiorato la situazione, gettando benzina sul fuoco (metaforicamente si intende), il suocero perché a suo dire era impossibile Edmund riuscisse a realizzare una bacchetta e dunque non avrebbe mai potuto lanciare incantesimi.
"Lascialo fare Joseph, è un bambino, levigherà un po' il legno e gli attaccherà qualcosa per fare finta abbia un nucleo, ma non sarà altro che un pezzo di legno, sta tranquillo. Lascialo fare, sarà contento della sua bacchetta giocattolo, e va bene così, lo fa spesso anche a casa mia."
E così feci, e per giorni non dissi nulla lasciando le mie orecchie sopportassero tentativi di ogni tipo di incantesimo. Quello per fare aria al cane, quello per dar da bere alle piante, quello per fare piovere e persino quello per duplicare un libro. Mi ero tranquillizzato dopo le parole di mio suocero e lo lasciai fare, ma per tutti i folletti, quel 7 luglio le cose andarono in modo ben diverso!

Come dicevo, ero collegato via metropolvere a una riunione interdipartimentale, del nostro Ufficio Cooperazione Magica Internazionale con l'Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia, e sottofondo continuo era quel continuo gridare "incendio, incendio" di mio figlio. Iniziò a parlare uno della squadra antimago, uno dei meno sintetici diciamo così, e, pronto a subirmi mezz'ora di relazione su fatti del tutto secondari, per un momento voltai gli occhi in direzione della finestra cercando di rimanere attento.
Vidi così Edmund che gesticolava e urlava e gesticolava, e.... Ehi, ma che succede? mi dico... Mi stacco dal camino per vedere meglio, mi avvicino alla finestra, ma santo cielo, per tutte le serpi di Salazar, ma che diamine... Ma cos'è quella cosa? Ma non può essere! Ma quello è fuoco! Fuoco! Non è possibile, quello è fuoco! Le foglie hanno preso fuoco! Vedo Edmund, che nel frattempo aveva abbandonato la posa precedente e si era avvicinato al mucchio di foglie che stavano in quel momento ardendo di fronte a lui. Probabilmente era incredulo come lo ero io, e osservava chino il frutto delle sue azioni, non potevo crederci che ci fosse riuscito davvero! Mi scusai con i presenti ma non resistetti un secondo di più, abbandonai lo studio, e uscii. Appena mi vide si ritrasse, decisamente intimorito, ma certamente molto soddisfatto. Lo guardai negli occhi, penso si aspettasse un rimprovero ma in quel momento ero talmente orgoglioso di mio figlio che tutto avrei fatto fuorché rimproverarlo.
"Non ci posso credere Edmund, sei stato tu?"
Edmund rimase in silenzio quindi lo scossi e lo abbracciai, è proprio vero, i traguardi dei figli rendono orgogliosi anche i padri. Pensai che fosse riuscito nell'intento, che avesse realizzato una bacchetta magica. Gli chiesi il permesso di vederla, la rigirai tra le mani, non potendo credere ai miei occhi e provai a lanciare un Aguamenti in direzione delle foglie, per provarla anch'io, una volta finito lì avrei sicuramente dirottato la mia rabbia verso mio suocero e le sue infondate rassicurazioni. Puntai il fuoco e con tutta la concentrazione che riuscii a raccogliere pronunciai la formula dell'incantesimo.

Nulla.

Dalla bacchetta tuttavia non uscì alcunché.

Più di quello che vidi mi sconvolse questa seconda scoperta; quel pezzo di legno nelle mie mani non funzionava.
Ma in quelle di Edmund sì. Gli ridiedi la bacchetta e corsi in casa a cercare Catherine.
Joseph Edgar Knight


Gli accadimenti del settimo giorno del settimo mese dell'anno decimo della vita di Edmund, potrebbero sembrare frutto di magia, ma trovo che una spiegazione più razionale possa ugualmente trovare legittimità e plausibilità. Benché la favella del nobile signor Knight abbia disegnato uno scenario piuttosto verosimile, mi rattrista smorzare gli entusiasmi avanzando con umiltà la mia personale ipotesi da cui, come logica conseguenza, discenderebbe che la verosimiglianza di cui sopra sia più dovuta all'indiscutibile abilità retorica del relatore che all'attenta osservazione di quanto accadde e alla scrupolosa analisi dei fatti.
Ciò che ha compiuto il signorino Edmund è certamente rimarchevole, meritevole e attestazione di una mente recettiva e brillante, essendo riuscito a ingannare, tra gli altri, un mago esperto e valente quale il padre è, tuttavia, piuttosto che un episodio di magia primitiva o una catalizzazione di potere magico su un'immatura lavorazione del legno di ciliegio, ritengo che l'opera del signorino Knight sia invece palese ostentazione della sua piena comprensione del concetto, da me modestamente illustratogli, della combustione; ostentazione operata con un'attuazione dei suddetti insegnamenti impartitigli davvero avanzata e notevole per un allievo che da poco ha oltrepassato i due lustri di vita.
La mia umile mente non è in grado di stabilire se il signorino Edmund l'abbia fatto per mettere alla prova le capacità deduttive del padre, o se il suo agire fosse una raffinata recitazione dell'incantesimo pirico. Questo andrebbe chiesto all'interessato. Ritengo però queste due, le possibilità più plausibili affini al vero.

Taluno potrà affermare di aver sentito il pargolo dichiarare di voler realizzare una bacchetta magica col legno dell'albero Prunus Avium radicato nei possedimenti di Villa Knight. Ebbene, io stesso ne sono al corrente, informato dallo stesso allievo sperimentatore. Nulla però nelle dichiarazioni da me recepite del signorino Edmund permette di dedurre fosse riuscito a realizzare il desiderato prodotto, né che il medesimo si ritenesse in grado di scagliare con effetto un incantesimo pirico. Il sillogismo pecca nell'antecedente, dunque, sebbene sia fatto a me noto Edmund stesse cercando di fabbricare una bacchetta, l'unica cosa che posso affermare con certezza è che quel giorno ha prodotto del fuoco, ribadendo che non è possibile, dagli elementi sin qui raccolti, dedurre alcunché sul funzionamento della bacchetta.
Posso invece dedurre come un tale risultato si sia prodotto, ma non da speculazione magica, quanto da esperienza scientifica.

Da almeno una settimana eccezionalmente la pioggia non bagna il suolo londinese, pertanto il tasso di umidità presente nelle foglie raccolte al limitare del bosco era sufficientemente basso da consentire di appicare il fuoco con una discreta facilità. Lasciatemi altresì ricordare che il signorino Edmund ha fissato sull'estremità della lavorazione di legno di ciliegio un cristallo di quarzo come nucleo del suo ipotetico catalizzatore; questo cristallo, grazie alla struttura reticolare interna, ha funto da lente, concentrando i raggi del sole sulle caduche immobili al suolo. L'altezza del Sole sull'orizzonte combinata con la correttamente calcolata posizione dell'astante è risultata ottimale per massimizzare la concentrazione di energia solare in un unico punto. Questo è ciò che si opera quando si vuole produrre una combustione sfruttando l'energia del nostro astro diurno; si persevera nel concentrare i raggi nel punto designato, il corpo su cui vengono convogliati i raggi inizia a scaldarsi, fino a quando inizia a sprigionarsi del fumo. Quando il fumo inizia a levarsi dalle foglie, il fuoco va ausiliato con un'immissione aggiuntiva di ossigeno, e questo, molto probabilmente, avvenne fortuitamente grazie a quelle dolci folate che sopraggiungono dal bosco. Il fuoco così si accese.
Ecco quindi come il mio eccellente discepolo, approfittando della situazione meteorologica più adatta, e posizionatosi in una zona geograficamente ottimale per il compiersi dell'esperimento, ha innescato la combustione con l'ossigeno dell'aria, condendola con una convincente drammatizzazione scenica, come attestano le dichiarazioni lusinghiere del signor Knight. Codesta, miei dotti lettori, è la mia lettura dei fatti accaduti.

Non è magia, lor signori, è un sapiente uso delle conoscenze chimiche che ho fornito al virgulto della casata dei Knight e che egli, con talento e fantasia, ha messo in pratica.

prof. William Wright

Queste le due visioni radicalmente opposte del risoluto Joseph e del colto professor Wright. Le loro versioni rappresentavano certamente le due tonalità di colore più estreme nella tavolozza delle possibili interpretazioni dell'accaduto, tra di esse ve ne trovavano infatti collocazione innumerevoli altre che gradatamente sfumavano dalla prima alla seconda.
Furono più o meno quelli che avete sentito gli argomenti addotti dall'uno e dall'altro interlocutore nelle diverse occasioni di confronto, e anche quella sera, in mia presenza. Io rimasi in silenzio tutto il tempo e lasciai fossero i due a disputare sul tema; quel mio silenzio forse fu letto da Joseph come segno di imparzialità pertanto mi erse ad arbitro di quell'ennesima disputa, approfittando della mia profonda conoscenza dell'Arte delle Bacchette.

«Questo è il tuo ambito Barthemius, a te la parola.
Professore, non me ne voglia eh, so benissimo quanto ama queste elucubrazioni ma vede, lei è un uomo che vive di teoria, la pratica è ben diversa. Ho provato centinaia di volte a fare quello che lei mi ha detto, e persino con una lente più potente di quel quarzo che ha trovato Edmund, e nemmeno il fumo sono riuscito a produrre, nemmeno il fumo! E dicasi ugualmente per Catherine che con gli esperimenti ci sa fare... Quindi ritengo che la sua teoria, per quanto logicamente impeccabile intendiamoci, sia impraticabile, non me ne voglia naturalmente. Ma non mi si racconti che è riuscito a dar fuoco alle foglie con questo suo arzigogolato stratagemma.
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Tu cosa dici Barthemius, non crederai mica alle acrobazie scientifiche del professore, vero? Che cosa ne pensi, non credi che Edmund sia riuscito invece a impiegare il suo potere magico anche senza una vera bacchetta? Non pensi che quello che ha fatto sia frutto delle sue incredibili doti magiche convogliate tramite quel fragile legnetto?»


Mi presi qualche istante per riflettere e guardai Joseph negli occhi da sopra i miei occhiali a mezzaluna.

«Chi può dirlo, mio caro, chi può dirlo...
Vedi Joseph, tu sei un diplomatico, un uomo di legge. Per te esiste il bianco e il nero, ti affidi al cavillo, e se non è bianco, è nero e se non è nero, è bianco. Tuttavia ritengo che la realtà sia molto più complessa. Forse hai ragione tu, forse ha ragione il professore, forse avete ragione entrambi, forse nessuno dei due. Non credo sia possibile stabilire dove finisce la scienza del professore e dove inizia la magia, non credo nemmeno esista un confine netto tra l'operato di una bacchetta e l'operato di un mago, e non credo infine esista un confine neppure tra ciò che magico e ciò che non lo è.

Il limite alle magie che possiamo compiere, caro Joseph, talvolta è solo nella nostra mente.»

Barthemius Hewitt

 
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