Lei, Elementalismo II ~ Thalia Moran

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view post Posted on 11/8/2022, 18:14
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Il Fato

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Lei

Il pavimento era sempre umidiccio, bagnato a volte, tra le mura di quell’ospizio dimenticato da Dio e dalla comunità magica perbene. Sempre, tranne quando c’era Lei.
Di lei possiamo dire poche cose, perché ci teniamo che sia lei stessa a presentarsi. Ti anticipiamo solo che, al Saint Richard, Lei è una sorta di celebrità. Tutti la conoscono e chi è arrivato da poco impara presto a prestarle la dovuta attenzione. Alcuni la corteggiano e sarebbero disposti a tutto per compiacerla. Altri la invidiano per il suo aspetto, per la deferenza che le viene tributata, per le libertà concessele. Altri ancora la temono, scorgendo nella sua figura la presenza di qualcosa di sinistro. Ne risulta che una fitta rete di intrighi si annodi, stretta stretta, attorno alla sua persona. Per scoprire di cosa sia capace, però, dovrai seguire le vicende di questa notte e lasciarti guidare dalla spregiudicatezza degli eventi che si verificano con il favore delle tenebre.

HoxY2UA
Un ticchettio ritmico, proveniente dal corridoio, annunciò agli ospiti del St. Richard che l’infermiera da loro più temuta avesse timbrato il cartellino e fosse pronta iniziare il turno. Adesso, era solo questione di tempo prima che a qualcuno toccasse la malaugurata sorte di vederla sbucare oltre la soglia della stanza.
Per questo, i vecchini tremavano nelle giacche infeltrite e maleodoranti; e sbarravano gli occhietti acquosi per il terrore. Alcuni, nonostante i forti dolori alle giunture, azzardarono perfino una corsa in direzione del letto nella speranza che fingere un sonno profondo potesse essere la scappatoia salvavita dell’ultimo secondo. Non sapevano però — o forse preferivano concedersi il lusso dell’illusione — che nessun trucco li avrebbe sottratti alle grinfie della protagonista dei loro peggiori incubi.

Il picchiettio dei tacchi risuonava nel corridoio, accompagnando una figura alta e snella, vestita con una divisa di un bianco accecante, che reggeva tra le mani una bacchetta. I capelli rosso rubino erano legati in una crocchia bassa, perfettamente ordinata. Sul viso cosparso di lentiggini, gli occhi glaciali dominavano la scena, oscillando da una parte all’altra del lungo andito per verificare che tutto fosse in ordine. Benché nessuna inclinazione le dominasse le labbra, pareva emanare dai suoi lineamenti un’espressione di una crudeltà ferina — quella del predatore pronto ad attaccare.
«Signorina Moran» la salutò Cynthia, dal ciglio della porta, con un sorriso tutto gengive. Le rivolse una riverenza, le dita strette attorno ai lembi sudici del vecchio camice e i piedi nudi sulla dura pietra.
Thalia le dedicò il tempo di un’osservazione. Poi, tutto quello che accadde quando lei oltrepassò la camera fu che Cynthia sparì alla vista, la porta si chiuse con violenza e la serratura scattò in posizione. Da una stanza vicina provenne un singhiozzo di spavento.
«Mettiti a sedere sulla poltrona, subito, o se la prenderà anche con te». La voce concitata di Clark ebbe l’effetto di rallentare l’andatura dell’infermiera. «Bravo, bravo! Così, ora fai finta di dormire e io farò lo stesso. Vedrai che ce la caveremo!»

Clark non credeva alle sue stesse parole. Non soltanto l’istinto gli suggeriva il contrario, ma la vita gli aveva servito un sufficiente numero di lezioni per potersi dire convinto che cavarsela fosse un’arte per pochi. E lui non rientrava in quel ristretto nucleo. Dopo aver servito il Paese in una delle battaglie magiche contro i giganti più cruente che si fossero mai viste sul suolo britannico, aveva conosciuto l’abbandono del Ministero della Magia e, infine, quello della sua “famiglia” — sempre che così potesse chiamarsi.
Ora che si trovava al St. Richard, aveva ricevuto l’ennesima conferma che il Fato dovesse essere in collera con lui per una qualche ragione; o che si fosse dimenticato del suo fascicolo in qualche parte dell’immenso archivio a sua disposizione. Di tribolare così a quasi ottant’anni, non se lo sarebbe mai aspettato. Invece, era arrivata lei. Come se i pasti scadenti e la scarsa igiene non fossero una pena sufficiente da affrontare fino alla fine dei suoi giorni.

«Ve la caverete, Clark?» La domanda di Thalia irruppe nella camera dei due anziani con una potenza che li fece trasalire entrambi più violentemente di quanto avessero previsto. Luke, che aveva un animo fragile e una vescica ancor più timida, non resistette all’emozione e, seduto com’era, si urinò addosso. Clark serrò la mascella, dopodiché si costrinse a guardarla. «Dicevi questo, no?»
«Sissignora» rispose il vecchio con deferenza, negli occhi un baluginio d’ira e determinazione.
«E a cosa dovreste sopravvivere esattamente?» chiese la giovane con voce ed espressione innocenti.
«Alla notte ovviamente, signora. A questa età, non si sa mai cosa può succedere. Un giorno si è vivi e un giorno si è dritti come uno stoccafisso.»

Clark era un uomo con una grande prontezza di spirito. Nei suoi tempi migliori, doveva essere stato una compagnia piacevole da frequentare e un combattente di tutto rispetto. Purtroppo, la senilità aveva comunque lasciato i suoi segni e attenuato parzialmente ciò che, in passato, lo aveva reso un soldato ineccepibile. Le sue parole, invero, erano parzialmente smentite dalla situazione.
Sarebbero bastati uno sguardo a Luke o un’occhiata alla stanza per comprendere che qualcosa non andasse. Sembrava che fosse stata messa in atto una corsa all’occultamento delle prove non proprio riuscita. Un residuo di pozione arancione imbrattava il bordo del comodino, gocciolando sul pavimento. Un rigonfiamento strano poteva notarsi alle tasche di Luke, ora nascoste dai braccioli della poltrona. Lo stesso Clark, se mai avesse voltato le spalle all’infermiera, mostrava sotto la giacca di lana la sagoma della copia di un giornale.

«Non siamo mica giovani come lei» aggiunse Clark, evitando di proposito qualsiasi lusinga. Non pensava, infatti, che Thalia ne meritasse alcuna. Voleva solo creare — o quantomeno provarci — lo spunto per spostare l’attenzione dell’infermiera altrove dal messaggio che aveva captato.

Se Lei avesse trovato anche solo un pretesto per accanirsi su di loro, quella sera, sarebbe stata una notte da dimenticare.

'Cause two can keep a secret if one of them is dead


Benvenuta nella tua quest di sblocco Elementalismo II, Thalia!
Come avrai notato dal primo post, ti trovi in un'ambientazione molto particolare. Ti chiedo di assecondarmi nell'avventura, tenuto conto degli elementi che ti fornisco, per goderti al meglio ciò che ti aspetta. Ti assicuro che, alla fine, tutti i nodi verranno al pettine e possibilmente ti divertirai a osare un po' con il tuo PG.
Nell'ambientazione attuale, infatti, come da descrizione, Thalia è diversa da come l'hai creata. Innanzitutto è un'infermiera presso un ospizio, quindi ha qualche anno in più e si è già maturata a Hogwarts. Non ha intrapreso la carriera che immaginavi di farle intraprendere. E ha delle tendenze caratteriali molto specifiche, per la cui comprensione rimando al post. Pertanto, dovrai giocare questa nuova Thalia in accordo al modo in cui la sto definendo io, ovviamente fornendo tutti gli spunti di gioco che vorrai.

Ciononostante, ti chiedo di giocare con le tue attuali statistiche e di postarle.
Quanto all'inventario, oltre alla bacchetta, posta qualcosa di plausibile in considerazione del mestiere che svolge, dell'abbigliamento, del tipo di struttura in cui è e così via. Cosa potrebbe portarsi dietro un'infermiera, insomma?

Per qualsiasi cosa, scrivimi pure per MP. Sono a tua disposizione.
Ti auguro buon gioco!

 
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view post Posted on 12/8/2022, 21:18
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Spalancò le porte del corridoio alla ricerca di rumori sospetti, lei che sapeva bene quanto gli ospiti del Saint Richard adorassero tenere in piedi quel loro siparietto: lei arrivava con un gran sbattere di porte, il costante e preciso ticchettio dei tacchi delle scarpe di vernice sulla ceramica dei vetusti pavimenti dell’ospizio; la sua uniforme brillava di luce innaturale, quella della perfezione che - a quel mondo - solo lei poteva eguagliare.
All’istituto la conoscevano tutti, nel bene e nel male, e quando il profumo di gelsomino si espandeva nell’aria chiunque sarebbe stato certo del suo arrivo: due gocce di profumo sui polsi e due alla base del collo. Niente di più e niente di meno. Nessun gioiello le adornava i lobi delle orecchie, non durante il servizio, e l’unico vezzo era il rossetto color rubino applicato con precisione sulle labbra.
Lasciò che le porte si chiudessero dietro di lei, assaporando il fuggi fuggi generale che loro credevano lei non avrebbe udito. Si assicurò di non avere un capello fuori posto, sistemò il colletto della candida divisa ed estrasse la bacchetta dalla tasca principale del grembiule.
Inspirò a fondo, lentamente, chiudendo gli occhi e cercando di trovare la forza di arrivare alla fine del suo turno. Per un attimo i vecchi ospiti del Saint Richard si azzardarono ad aprir bocca, ma il suono delle loro voci - senza dubbio quelle di Clark e Luke - le arrivò, per il momento, come un sussurro indistinto.
Non poté ignorare Cynthia, la stramba anziana della stanza alla sua sinistra, che come al solito fingeva d’essere una principessa. Una rappresentazione piuttosto patetica del destino umano, specialmente in quella sua veste sudicia. Ci avrebbe pensato più tardi, rifletté, sventolando la bacchetta con un gesto deciso che spinse l’anziana indietro e chiuse la porta della sua camera con uno schiocco secco. Un secondo svolazzo fece scattare la serratura e, solo allora, un sorriso le turbò i tratti austeri del viso.
Pensandoci, tutto il rigore a cui era stata sottoposta da bambina e da ragazza aveva finalmente dato i suoi frutti: certo, la professione richiedeva una dose di eccessiva pazienza - un tratto che non possedeva affatto - ma era bastato il suo primo mese di permanenza nella struttura per mettere in riga i pochi senzienti indisciplinati. Per tutti gli altri? Beh. Per loro esistevano i guanti di velluto, ma pur sempre con un certo polso.
Cynthia avrebbe aspettato, era certa che l’avrebbe trovata lì dove l’aveva appena lasciata - piagnucolante sul pavimento di fredda ceramica -, dato che a richiedere la sua attenzione erano due non più baldi giovanotti, quattro stanze più in là.
Annunciò la sua presenza con un’espressione innocente, come se non avesse udito nulla di quanto si erano detti mentre lei, vigile come una sentinella al fronte, ascoltava i loro sciocchi deliri e piani di sopravvivenza.
Quando non ne poté più di restare in disparte, la sua figura si stagliò sulla porta aperta e quando parlò li fece trasalire entrambi.
«Ve la caverete, Clark?» disse, gustando la reazione del più debole tra i due. Terrore e vergogna sul volto di lui la indussero ad esaminare il resto della sua figura seduta sull’unica poltrona, scoprendo con un disappunto bruciante - che non raggiunse il viso - quanto poco avesse retto la sua vescica.
Per l’amor di Morgana pensò stizzita. «Dicevi questo, no?» proseguì, invitandolo a rispondere.
«E a cosa dovreste sopravvivere esattamente?» lo incalzò con innocenza, come se le interessasse davvero quel che lui, Clark, aveva da dirle. Come se il suo tempo potesse essere sprecato a quella maniera. Sì, aveva combattuto nelle guerre contro i giganti, era un eroe di guerra… e quindi? Lei stessa poteva essergli paragonata, poiché ogni turno in quel posto dimenticato perfino dal Ministero era una battaglia che strenuamente si ostinava a vincere.
Passò in rassegna la stanza, sforzandosi di non prestare attenzione all’odore acre dei liquidi corporei del miserabile Luke.
Fu così che la sua vista di falco individuò i residui di una pozione, il colore arancione svettante sul mobile lucido e chiaro. Strinse le labbra, assottigliandole all’inverosimile, e quando Clark parlò lo fece sicuramente nella speranza che lei girasse i tacchi e li lasciasse in pace.
«Meno male che ci sono io ad occuparmi di voi, non è così?» cinguettò secondo copione. Se avesse potuto li avrebbe sollevati di peso e svuotato loro le tasche: era evidente che qualcosa non andasse nel povero Luke; se ne stava seduto rigidamente, nel tentativo di non essere sopraffatto dalla spiacevole sensazione di umidità nelle parti intime.
Si avvicinò a lui con fare deciso, guardandolo negli occhi col suo sguardo algido. Fece scattare la lingua sui denti, un classico cenno di dispiacere che non raggiunse gli occhi glaciali. «Ti è successo di nuovo, non è vero?» sospirò, più per frustrazione che altro, e proseguì «Ora ti sistemo io.»
Stringeva il manico della bacchetta nel palmo destro, picchiettando con la punta le dita della sinistra.
Non c’era verso che imparassero le buone maniere e il suo istinto le diceva che oltre ad essere incontinente, Luke le stesse nascondendo qualcosa. Ovviamente aveva tutto il tempo per scoprire di che cosa si trattasse.
«Hai proprio ragione, Clark.» disse ancora, degnandolo di uno sguardo in tralice.
«E’ difficile superare la notte.»
Thalia J. Moran
PS 332 | PC 249 | PM 290 • EXP 59.5
Inventario&Conoscenze

Oggetti:

Bacchetta - Legno di Salice, Crine di Mooncalf, 10 Pollici, Elastica
Ciondolo Capello di Veela - incanta l'avversario in quest per un turno
1 Fiala di Decotto al Dittamo
1 Fiala di Rinvigorente

Incantesimi:

I Classe - Completa
II Classe - Completa + Orcolevitas
III Classe - Completa + Iracundia
IV Classe - Completa + Circumflamma, Colossum, Ignimenti, Neptuno
V Classe - Completa + Plutonis
VI Classe - Completa (esclusi incanti da apprendimento e/o proibiti)
VII Classe - Legilimens
I Classe Chiara - Atlantis Cage, Rituale Perfetto

Incantesimi Alchemici:
Langue Verte

Vocazioni:

Legilimens (II Livello)
Occlumante (II Livello)
Elementalista Inesperta (I Livello) (Acqua)


Riassunto & Danni

Seguendo il filone di narrazione ho cercato di calarmi nella parte. Spero di aver reso onore e gloria a questa versione particolare di Thalia.
Inventario e Conoscenze si trovano, aggiornate ad oggi, nel menù a sinistra.
 
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view post Posted on 28/8/2022, 22:51
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Il Fato

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Lei

Munirsi di pazienza richiedeva, in primo luogo, averne una qualche dose e l’infermiera Moran aveva purtroppo avuto un grande contrattempo, il giorno che il Fato si era deciso a distribuire quella virtù. Di conseguenza, quando qualcosa non le quadrava o andava contro i suoi rigidi schemi mentali, accadeva spesso che si indispettisse e che il suo umore diventasse bruno. Erano occasioni sfortunate quelle. Erano occasioni sfortunate pressoché tutte le notti.

HoxY2UA
«S-s-scusi» balbettò Luke, colto in flagrante, mortificato come se fosse stato un uomo nel fiore dei suoi anni e, trovatosi a letto con l’amore della sua vita, si fosse riscoperto incapace di soddisfarla sessualmente per un problema erettile. «I-Io non so c-come…»
«Cistite» intervenne con prontezza Clark, rigido e in posizione, con la schiena risolutamente rivolta in direzione opposta all’infermiera. «Sospettiamo che abbia la cistite. Non riesce proprio a trattenerla e gli scappa sempre. Gliel’ho detto che nemmeno mia moglie quando era incinta andava tutte queste volte in bagno».
Il sollievo asperse i lineamenti del povero Luke. Senza l’assistenza di Clarke, non avrebbe saputo affrontare l’infermiera, che aveva peraltro sviluppato un’insolita predilezione nei di lui confronti. Se una lista mentale delle sue vittime preferite esisteva, Luke figurava sicuramente tra gli iscritti. Lo sapeva lui, lo sapeva Clark e lo sapevano gli altri ospiti del Saint Richard che se ne stavano con le orecchie tese nel tentativo di captare ogni movimento della ragazza. Era una prerogativa sapere se e quando avesse deciso di passare alla camera successiva.
«Io di solito a quest’ora dormo già, signorina» tentò Luke con voce tremula, occhieggiando brevemente il letto disfatto. Clark aveva sperato di infilarvisi senza averne il tempo, anche a costo di occupare una branda differente da quella designata come sua per ordine della direzione. «Sono qui perché non ho f-fatto in tempo ad andare in b-bagno».
«E io gli stavo dando una mano perché era in difficoltà. Sempre per via della cistite» soggiunse Clark.
Le spiegazioni si accumulavano, tentando di chiarire un quadro che potesse soddisfare le perplessità inquisitorie dell’infermiera. Eppure c’era una sottile, a tratti sospetta concitazione che faceva da sottofondo al modo in cui s’intervallavano l’un l’altro nello sfondo ancora disordinato della camera.

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view post Posted on 30/8/2022, 20:59
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Il Fato aveva deciso di mettere sulla sua strada molti ostacoli, ma il peggiore di tutti era proprio quel Clark.
Ogni volta che i suoi occhi si posavano sul veterano, questi sosteneva l’algido sguardo dell’infermiera, ma senza quell’aria arrogante che doveva aver riservato ad altri in gioventù. La sfidava, naturalmente, come se le loro brevi conversazioni fossero una gara per il miglior acume. Le dava del filo da torcere, ma non era scontata la sua reazione. Non lo era mai.
Nelle brevi pause che si concedeva tra un giro e l'altro nel reparto, aveva provato spesso a figurarselo, il “combattente dei giganti”, quando le rughe sul viso non esistevano e l’agilità del corpo era seconda solamente a quella della mente.
Benché odiasse la sua sagacia, fastidiosa come un sassolino appuntito in una scarpa, doveva ammettere che i dialoghi con lui erano sempre molto stimolanti: s’inventava sempre una storia, una giustificazione o una spiegazione per tutto. Probabilmente era stato un saccente Corvonero da ragazzo, chissà, o solo un ragazzino con un’innata fantasia.
Lo stesso non poteva dirsi di Luke, che fremeva sotto il tocco leggero delle sue dita sulla spalla: creatura indifesa, trascinata nel gorgo di una non ben chiara - non ancora, in ogni caso - crociata, ideata e portata avanti dall’ex soldato. Clark era la rovina di Luke, ma lui pensava erroneamente di esserne la salvezza. Sarebbe stato opportuno separarli. Ne avrebbe parlato col responsabile non appena il suo turno fosse terminato. Lei, a differenza di altri suoi colleghi, prendeva quel lavoro con la serietà che meritava.
«Cistite, uh?» replicò allora, stringendo sempre più l’ossuta spalla dell’uomo seduto, costringendolo a guardarla negli occhi. C’era un piacere perverso nel sapere che le sarebbe bastato usare quegli occhi, velati forse da qualche cataratta, per scoprire che cosa le stessero nascondendo; nonostante questo, voleva usare il vecchio metodo, l’inquisizione, e magari un po’ di sana e mai scontata crudezza nei modi.
Fece scattare la lingua sui denti, di nuovo, scuotendo appena il capo in cenno di disappunto.
«Devi stare più attento, Luke. Alla tua età basta un attimo per far degenerare una cosuccia da nulla come questa.» sorrise, ma senza che quell’espressione di gioiosa comprensione e sincera apprensione raggiungesse lo sguardo. «E’ a questo che serviva la pozione che hai preso poco fa?»
Si chinò fino ad accucciarsi davanti al vecchio, dando le spalle a Clark, affinché Luke potesse cercarne lo sguardo e l’aiuto tacito; questo, ovviamente, mentre lei incuteva la sua dose di terrore quotidiana, come la cattiva medicina che però fa stare meglio immediatamente.
Disciplina, ecco che cosa mancava a quei due, ma ci avrebbe pensato lei. Come sempre.
Thalia J. Moran
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Non mi sto godendo questa versione borderline di Thalia. Assolutamente no.
Ad ogni modo, Thalia cerca di apparire più caritatevole verso Luke, ma vuole anche la sua attenzione. Non usa ancora la magia, preferendo cercare una soluzione ai suoi quesiti "alla vecchia maniera".
 
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view post Posted on 16/9/2022, 14:37
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Clark ricordava ancora il giorno in cui era entrato al Saint Richard e la sua vita era praticamente finita. Non possedeva quasi nulla, eccetto la propria dignità e i ricordi di una vita. Neppure l’amarezza era riuscito ad averlo, infine. Quando i suoi figli avevano tentato di far passare per sua l’idea di andare all’ospizio pur di non ammettere che fosse diventato un peso del quale desideravano disperatamente disfarsi, li aveva accontentati. Le uniche a dispiacersi per l’allontanamento erano state le nipoti: una bambina di 7 anni incapace spiccicare parola ma con grandi occhi espressivi, che lo prendeva per mano e lo rendeva parte del suo mondo fatto di silenzi eloquenti; e un’adolescente difficile vittima di bullismo, che urlava tanto e sbatteva le porte ma si lasciava accarezzare i capelli da Clark, quando la trovava a piangere da sola nella sua camera.
Quel giorno, nel consegnare la bacchetta alle infermiere del St. Richard, Clark si era sentito denudato e impotente come sua nipote di fronte ai compagni che le rendevano la vita impossibile a scuola; e per lunghe settimane era rimasto in silenzio, incapace di comunicare con il mondo intero se non attraverso lo sguardo come la nipote che se ne stava cheta cheta nei suoi angoli di pace.
Da allora, erano passati due anni e di cose ne erano cambiate.

HoxY2UA
L’infermiera Moran era il cambiamento più grande che fosse intervenuto nella sua vita, a un tempo il peggiore e il migliore. Aveva reso invivibile il clima in una struttura dove i pazienti sopravvivevano a stento nella carenza di cura e igiene, eppure aveva riacceso in lui una fiamma che credeva spenta per sempre.
Per un attimo, mentre sollevava il braccio sopra la sua testa e stringeva tra le mani il giornale arrotolato che aveva sfilato dalla schiena, ripensò ai sorrisi delle sue nipoti e al desiderio di rivederle — al fatto che non era così che voleva vivere i suoi ultimi anni, remissivamente.
Thalia aveva appena tentato di estorcere una confessione a Luke, facendo leva sul timore che era capace di incutere nel povero paziente, quando scorse lo sguardo di lui mutare. Gli occhi di Luke abbandonarono i suoi, si levarono per focalizzarsi su qualcosa dietro le sue spalle e la sua espressione si tinse di un misto tra sgomento e terrore. D’istinto, l’infermiera fece per voltarsi, ma fu troppo tardi. L’attacco di Clark la raggiunse dritto sulla testa (-7 PS, -8 PC, -6 PM), tramortendola.
Naturalmente, il suo corpo si sbilancio in avanti, colpendo dapprima le gambe di Luke e poi accartocciandosi sul pavimento. Riusciva a sentire la concitazione circostante, gli uomini arguire sulle mosse successive, ma per quanto lo desiderasse il corpo non rispondeva agli impulsi che tentava di inviargli.

«Che cos’hai fatto, Clark? Che cosa ti è venuto in mente? Ohhh, siamo nei guai, ohhhhh!» Al mondo, non esisteva una creatura più terrorizzata di Luke in quel preciso momento. Aveva provato ad alzarsi, ma le gambe avevano ceduto immediatamente alla vista dell’infermiera Moran svenuta (o morta, come credeva lui) ai suoi piedi. «Ohhhhhhhhhhhhhh! Ohhhhhhhhhh! L’abbiamo fatta grossa stavolta. Ohhhhhhhhhhhh!»
«E smettila di fare il fantasma con tutti quei versi» abbaiò Clark, spazientito. Stava tentando di pensare, ma l’agitazione del compagno glielo impediva. Aveva agito d’istinto. Ora, doveva escogitare un piano. «Andiamocene di qua. Filiamocela!»
«Dove vuoi andare, Clark? No, no. Restiamo. Se restiamo e chiediamo scusa, capirà.»
«Ci ammazzerà, ecco cosa farà. Oppure ti porterà di nuovo nella stanza delle torture, solo che anziché farlo una volta alla settimana come al solito lo farà tutti i giorni.»

Le parole fecero breccia in Luke, che impallidì. La visita nella Stanza dell’Acqua era quella che lo spaventava di più. Tutte le volte che entrava, ne usciva meno umano di prima, come se Thalia prendesse un pezzetto di lui e lo distruggesse compiacendosi del risultato. Tutta quella crudeltà, tutto quell'odio... da dove venivano? E perché proprio verso di lui? Cosa le aveva mai fatto?
«Vieni con me, forza. Abbi fiducia! So quello che faccio.»
Ancora annichilito dal ricordo delle torture subite, Luke si limitò a raccogliere quanta più energia aveva in corpo e a concentrarla nei propri muscoli per seguire Clark, che aveva acciuffato alcuni oggetti qui e lì per la camera e li aveva nascosti gelosamente nelle tasche.
Un’occhiata losca fuori dalla soglia per essere sicuri che non ci fosse nessuno, poi via verso la libertà: i due sparirono oltre la soglia.

Thalia, intanto, recuperava le facoltà motorie. Pian piano, corpo e cervello tornavano a collaborare e l’intontimento diminuiva, smorzato dalla rabbia che le montava dentro. Sarebbe iniziata una caccia all’uomo che minacciava di finire nel peggiore dei modi — per loro, ovviamente.

'Cause two can keep a secret if one of them is dead


Edited by MasterHogwarts - 3/10/2022, 00:31
 
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Il povero e disperato Luke stava per cedere. Lo percepiva dallo sguardo acquoso e dal leggerissimo fremito della spalla, stretta nella morsa della sua mano. China ai suoi piedi si rendeva conto della fragilità data dall’anzianità e l’aborriva: mai, al loro posto, sarebbe stata rinchiusa in un luogo come quello. Non c’era motivo: Thalia Moran sapeva badare a se stessa e il denaro della sua famiglia avrebbe risolto ogni problema. Li compativa e li sbeffeggiava silenziosa, pur mantenendo intatto il cenno di sorriso sulle labbra tinte di rosso.
Era certa che Luke non avesse la minima idea dei pensieri che le attraversavano la mente - e come avrebbe potuto? -, in fondo erano solo dei gusci vuoti e, certe volte, perfino un peso per persone come lei. Sapeva, insomma, che se Clark non avesse giocato con lui alla guerra nei suoi confronti, Luke sarebbe stato il paziente ideale: quieto, remissivo… passivo.
Clark era di un’altra pasta e credeva di conoscerlo bene, ma i minuti che seguirono le provarono quanto si fosse sbagliata.

Fu il guizzo improvviso negli occhi dell’anziano seduto davanti a lei a darle una prima avvisaglia d’allarme e il sesto senso le suggerì di voltarsi svelta e di puntare la bacchetta di salice dritta al petto del suo compagno di stanza, ma Clark fu più veloce e brutale, inaspettato e…ogni tentativo di articolare un pensiero da lì in poi fu vano.
Il nero avvolse la vista per un momento e così la paura, data da un dolore pulsante alla nuca, le fece dapprima temere il peggio e solo in seguito maledire il fatto di aver osato alzarsi dal proprio letto per adempiere al suo dovere. Li udiva confrontarsi sul fatto appena accaduto, sulle conseguenze di quel gesto che Luke comprendeva meglio di quanto avesse fatto Clark. Cercò di muovere le dita della mano per accertarsi che la bacchetta fosse ancora stretta nel suo pugno e, se così non fosse stato, avrebbe tentato di trovarla nei paraggi del suo corpo. Eppure, per quanto si sforzasse, quell'insieme di carne, ossa e articolazioni non rispondeva allo stimolo nervoso e non c’era modo di sapere quando avrebbe riacquisito le sue piene facoltà.
Ciò che sapeva, ed erano le parole ferventi di Clark ad istigarla, era che ben presto quei due avrebbero saggiato la sua ira: non appena fosse riuscita ad acciuffarli avrebbe fatto veder loro quello di cui era capace.
Perché nemmeno un colpo alle spalle, da vero vigliacco, avrebbe potuto arrestare la sua corsa.
Riuscì a voltare il capo, il dolore pulsante ancor vivo, verso la porta e la vista seppur annebbiata mise a fuoco due paia di pantofole che sbatacchiavano sul pavimento e oltre l’uscio della camera da letto. Brontolò qualcosa di non ben definito, una via di mezzo tra un’imprecazione a Morgana e un insulto ben più pesante rivolto a quei due ingrati. Compì uno sforzo immane nel rotolare in quel poco spazio, sfiorando il pavimento con la punta del naso e facendovi forza con le mani per rialzarsi. Perfino in posizione prona le girava la testa, ma presto sarebbe passato tutto. L’ordine sarebbe stato ristabilito e nessuno avrebbe più provato ad ostacolare il suo ferreo regime. Li vedeva annaspare nella Stanza dell’Acqua, un’idea che ogni volta faceva affiorare sul suo viso un’espressione estatica e, al contrario, inorridiva i pazienti più turbolenti. Questa volta, però, la punizione sarebbe stata esemplare e, mentre con una mano premeva sul rigido materasso di Luke e con fatica si rimetteva in piedi ondeggiando appena, immaginava la platea spaventata di chi - dopo l’azzardo di Clark - non avrebbe più osato contraddirla.
Insicura come mai era stata fino ad allora si fece strada verso la porta, massaggiando con insperata tenerezza il punto dolente dietro al collo; una smorfia di fastidio si mescolò all’ira nei suoi occhi e quando si affacciò al corridoio non ebbe che da scegliere la direzione da intraprendere.
«CLARK!» tuonò allora, dimentica di ogni dolore e frustrazione, beandosi dell’eco del corridoio vuoto. Quanto potevano essere andati lontani quei due? Luke non era agile, Clark aveva paura nonostante l’audacia.
Si avviò nella direzione che le parve più giusta e nel farlo si preparò ad indossare la maschera di finta dolcezza che le aveva fatto guadagnare un posto al St. Richard.
«Lo sai che a nascondino vinco sempre, no?!» gridò.
Era un segugio e li avrebbe trovati, affondando i denti là dove la carne era più morbida.
Thalia J. Moran
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Bacchetta - Legno di Salice, Crine di Mooncalf, 10 Pollici, Elastica
Ciondolo Capello di Veela - incanta l'avversario in quest per un turno
1 Fiala di Decotto al Dittamo
1 Fiala di Rinvigorente

Incantesimi:

I Classe - Completa
II Classe - Completa + Orcolevitas
III Classe - Completa + Iracundia
IV Classe - Completa + Circumflamma, Colossum, Ignimenti, Neptuno
V Classe - Completa + Plutonis
VI Classe - Completa (esclusi incanti da apprendimento e/o proibiti)
VII Classe - Legilimens
I Classe Chiara - Atlantis Cage, Rituale Perfetto

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Legilimens (II Livello)
Occlumante (II Livello)
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Riassunto & Danni
Trauma alla nuca, senza escoriazioni.

Thalia subisce il colpo e fatica a rimettersi in piedi. Quando ci riesce è decisa a fare di Luke e Clark un esempio da non ripetere e si avvia nella direzione che hanno intrapreso presumibilmente i due.
Li istiga a farsi vivi con una provocazione, ma sa che non possono essere andati lontani.
Abbiamo aperto il vaso di Pandora?
 
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view post Posted on 3/10/2022, 00:25
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Il Fato

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Lei

Ci sono persone che trovano nel dolore un ostacolo insormontabile. Rischiano di esserne bloccate, schiacciate, annientate. È fisiologico. L’essere umano è fatto per rifuggire le sensazioni dolorose e per ricercare il piacere. Eppure, esistono persone che nel dolore trovano la forza e che di esso hanno fatto combustibile per il proprio vivere. Quindi, lo affrontano e poi lo usano per piegare gli altri. Lo spargono come si fa con le sementi buone per l’anno della raccolta, lasciandole cadere sul terreno zappato in modo che attecchiscano e germoglino. L’infermiera Moran è una di queste creature.

HoxY2UA
I polpastrelli di Thalia sfiorarono a tentoni il fianco della bacchetta di salice, seguendo il ritmo della pulsazione che le ricordava di quale crimine si fosse macchiato Clark ai suoi danni. Le riusciva complicato pensare, rimanere lucida, scrivere un piano che avesse senso e rimanervi aggrappata — difficile, certo, ma non impossibile. La determinazione che le scorreva nelle vene tornava a giocare in suo favore proprio sul limitare dell’incoscienza, quando ogni filo tenuto insieme a stento sembrava sul punto di perdersi nell’etere delle confusione.
Raggiunse la porta poco alla volta, stringendo i denti con rabbia, serrando la mascella, massaggiandosi la nuca. Riusciva a visualizzare la sua stanza preferita e quello che avrebbe potuto fare ai due pazienti — separatamente o, magari, eccezionalmente insieme per un godimento doppio —, dunque picchi di serotonina le restituivano un barlume di sollievo e l’anticipazione del piacere.
Uscita dalla camera con tutta l’intenzione di prenderli, scoprì presto di avere ragione. Per Thalia fu automatico imboccare a ritroso la via dalla quale era venuta: se i due intendevano fuggire in base a un piano escogitato da tempo, non aveva senso rifugiarsi nella parte opposta del corridoio — che era cieca.
La prima traccia la scoprì grazie a un capogiro e fu sul punto di ringraziare Clark per averglielo causato. La tensione doveva continuare a giocare brutti scherzi all’organismo del povero Luke, che proprio non riusciva a tenere nulla dentro quella sua fragile vescica. Thalia, così, costretta a cercare il supporto di una parete per sopravvivere alle vertigini, intravide nell’angolo buio lasciato dal cono d’ombra di una torcia uno spruzzo di urina. A piccoli passi, si avvicinò per realizzare che c’era dell’altro: Luke non si era liberato soltanto la vescica, ma anche l’intestino. Ne erano testimonianza i pantaloni lasciati lì a far le ragnatele e il puzzo che adesso le raggiungeva le narici.
Si allontanò, disgustata dal decadimento corporeo degli anziani, accelerando il passo ora che aveva la conferma di essere sulla pista giusta. Il tanfo intenso, del resto, le suggeriva anche la prossimità dell’accaduto. Non potevano essersi allontanati tanto, considerato il tempo che richiedeva svestire un vecchio a mobilità ridotta.
Sulle labbra un sorriso trionfante, l’infermiera procedette.
Thalia si fermò al centro del corridoio in prossimità di una svolta; di fronte, l’ingresso buio della sala comune dove gli ospiti del Saint Richard guardavano la televisione, giocavano a burraco, accudivano i peluche. Aveva i capelli sulla nuca ritti e la mano stretta attorno alla bacchetta. Percepiva una sensazione di pericolo serpeggiare attorno a lei e metterla in guardia su ciò che sarebbe potuto accadere.
«La uccidiamo» esordì d’un tratto la voce di Clark, echeggiando forte nel corridoio.
«Se non ci lascia in pace e non ci aiuta a uscire, la uccidiamo» proseguì, serio. Per un attimo, si udì un cigolio di sottofondo come di ruote malamente oliate. «Siamo nella sala comune».
Tutto nelle parole di Clark era aleatorio, soggetto a interpretazione. La stava minacciando di morte? Se sì, era davvero una mossa saggia invitarla in sala comune? Davvero credeva di avere una chance di sopraffare Thalia?
Il buio oltre la porta non lasciava intravedere nulla.

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view post Posted on 3/10/2022, 20:22
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Aveva smesso di sognare di diventare un Auror da quando la magia si era rivelata un caleidoscopio di sfumature, così come si era presentata la verità del mondo reale, fatto di sacrificio, perdita e commiserazione. Non c’era spazio per l’eroismo di facciata né per le fulgide speranze degli utopisti convinti: la cruda realtà della vita era quella che, perfino in quel momento e nel loro piccolo, stavano mettendo in scena lei e Clark. Luke era l’effetto collaterale, la vittima non designata che finiva per perire nel fuoco incrociato di idee e convinzioni fallaci. Da un lato lei, la giustizia in persona, dall’altro lui - Clark - il paladino convinto di poter sovvertire uno schema antico e imperituro. Fu lo smarrimento iniziale a darle l’impressione di dover procedere verso la fine del corridoio, in verità un vicolo cieco, e fu scuotendo il capo per l’ennesima volta che ebbe a ricredersi sulle proprie reali condizioni. Quel dannato vecchio l’aveva colpita con veemenza e quando l’avesse acciuffato era certa di potergli infliggere la stessa, se non maggiore, pena. Come osavano sfidarla?
Barcollò reggendosi al muro, lasciando che fosse la voce ad instillare in loro la paura che fosse riuscita a tornare in sé in così breve tempo; odiava disattendere le aspettative, lo aveva sempre percepito come un mancare di rispetto a chi aveva impiegato tanto tempo e ardimento a crescerla ed educarla. Era un atteggiamento così radicato nella sua indole da impedirle di proseguire per un momento, il tempo necessario a ritrovare l’equilibrio perduto e a saggiare la presa sulla bacchetta. Fu nei pochi istanti successivi che la vista indentificò i liquidi corporei sul pavimento, spiacevoli e maleodoranti, una vergogna per il St. Richard. Ci avrebbe pensato più tardi, quando la punizione a quei due mascalzoni fosse stata impartita e l’ordine riportato in auge. C’era tempo per sistemare tutto, pensava, mentre superava quel punto per trovarsi di fronte allo scempio dell’onore: i pantaloni zuppi di ben altro e una visione capace di far rivoltare lo stomaco a chiunque.
Non dubitava che la paura di Luke ne avrebbe rivelato la posizione e sorrise perfidamente, pregustando lo sguardo di terrore nei suoi occhietti acquosi. Clark non aveva risposto, non ancora, al suo monito e ciò le fece dubitare che lui l’avesse davvero udita. Eppure, stava giocando al gatto e al topo con un veterano di guerra, doveva aspettarsi questo e molto di più. Chissà che cosa gli stava dicendo il cervello: giocare alla guerra era la più stupida delle idiozie!
Li avrebbe trovati, facendogli saggiare il potere vero e proprio, fingendo di farlo per il loro bene; al contrario, sarebbe stato motivo di soddisfazione per lei, il momento perfetto per sfogare la frustrazione di quel lavoro a tratti tedioso.
Conosceva quel labirinto di corridoi come le proprie tasche e sapeva bene che, dopotutto, nessuno dei due sarebbe arrivato oltre l’area comune. Se li vedeva nel bel mezzo del pomeriggio a parlottare in un angolo con il loro fare cospiratorio. Se pensavano di farla franca si erano sbagliati di grosso.
Il buio non lasciava intravedere nulla e per certi versi quella posizione giocava a suo favore: i due fuggiaschi non avevano una bacchetta e non si erano preoccupati di rubare la sua dopo averla colpita duramente. Appoggiò la schiena alla parete, respirando lentamente per regolarizzare il battito impetuoso del cuore. Era l’eccitazione a governare le sue gambe, dapprima tremanti, e a farle assaporare prim’ancora del dovuto la gioia della vittoria. Un prurito fastidioso al palmo delle mani la colse, poi, mentre Clark ricominciava a vaneggiare. Ucciderla? Lei? Che idioti.
Stava quasi per irrompere di prepotenza nella stanza buia quando il cigolio coprì in parte le parole dell’anziano ed ecco che il dubbio si insinuava subdolo tra i pensieri. Possibile che avessero preso qualcun altro sottobraccio per facilitare la propria fuga?
Non pensò due volte al da farsi: per quanto la vendetta fosse un piatto prelibato, il suo ruolo richiedeva rigore e un procedimento ben preciso. I protocolli, dopotutto, servivano ad affrontare situazioni come queste. La mente stava ritornando lucida piano piano, l’ombra del colpo subìto un mero ricordo pronto a svanire e sostituito dall’urgenza che le serpeggiava in corpo. Doveva muoversi, ma per farlo doveva prima vedere.
Conosceva lo spazio, lo visualizzava nella mente via via sempre più sgombra da capogiri e dolore, e ricostruiva la fisionomia di quel luogo con una facilità disarmante: le sedie, i tavoli e i peluche usati dalle vecchie streghe come ninnoli carissimi ai loro decrepiti cuori avvizziti; l’ampio spazio centrale, dove di tanto in tanto si suonava un po’ di musica - mai durante il suo turno - e i più agili tra gli ospiti ballavano lenti scanzonati. Sì, poteva vedere tutto, ma sarebbe stato meglio adattare la vista allo stato attuale delle cose. Invertire la luce all’ombra e vedere ciò che altrimenti sarebbe rimasto celato nell’oscurità.
Mosse il legno di salice, facendolo risalire lesta dalla posizione parallela al pavimento, mentre le palpebre si serravano per permettere il successo dell’incanto; la formula, pronunciata dalla voce della mente come carta tagliente e decisa.
*Visibula Noctambulus.*
Riaperti gli occhi avrebbe scoperto se davvero fosse ancora così brava negli incanti atti ad alterare le percezioni umane; poi, incurante del fastidio che la luce nel corridoio le avrebbe causato poiché aveva scelto di tenere basso lo sguardo, mormorò qualcosa che avrebbe fatto rabbrividire il coraggioso Clark.

«Uccidere, Clark? Che cosa penserebbe la tua dolce nipotina?»

Sorrise tra sé, immaginando di aver colto nel segno: la famiglia era un tesoro inestimabile, ma nessuno sapeva bene quanto lei quanto fosse anche - e soprattutto - una debolezza.
Thalia J. Moran
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Trauma alla nuca, senza escoriazioni.

Thalia segue i fuggiaschi, convinta di riuscire a stanarli nonostante la sua forma non sia ottimale. Esegue un Visibula Noctambulus per poter vedere all’interno della stanza buia e si apposta all’ingresso, senza stagliarsi sulla soglia, affinché le sue provocazioni facciano reagire Clark e lei abbia modo di creare un diversivo efficace.
 
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view post Posted on 12/11/2022, 19:14
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E luce fu! Non chiara come il giorno, ma abbastanza da combattere il buio fitto dei corridoi del Saint Richard e da fornire all’infermiera Moran un’idea di cosa stesse accadendo all’interno della sala comune. Lo spazio, invero, era esattamente come lo ricordava: i suoi colleghi e gli inservienti avevano svolto un ruolo eccellente, così ogni ninnolo era stato riordinato per dare all’ambiente un aspetto pulito e accogliente — nei limiti di una casa di riposo per anziani dove i maltrattamenti e le carenze igienico-sanitarie erano all’ordine del giorno, ovviamente.

HoxY2UA
La colse di sorpresa una visione in particolare. Ad aspettarla, nel salottino vuoto sul quale dava l'ingresso, non trovò né la figura di Clark né quella del tremebondo Luke — entrambi probabilmente ancora avvolti dalle tenebre —, bensì Primrose Moran, sua prozia. Aveva il volto emaciato, ma gli occhi color fiordaliso ancora gentili e vivi sulla pelle sporca di uno strato di quella che sembrava fuliggine.
Eccola, dunque! Era questa la fine che aveva fatto dopo Bath. Nessuno era più riuscito a prendersi cura di lei — oppure nessuno aveva voluto — ed era stata inviata come un pacco del quale ci si voglia disfare al St. Richard, sotto le amorevoli cure di infermieri pagati per poltrire, martoriare e divertirsi con gli indifesi. L’infermiera la vide deglutire, quasi che fosse a disagio di fronte alla figura della nipote. Veniva da pensare che la conoscesse, se per mera fama o se per averne saggiato la crudeltà non era ancora dato saperlo.
«Ciao, Thalia» disse, la voce ora timida, diversa dalla sicurezza della storica che era stata. A guardarla, sembrava di avere di fronte un fiore al quale fossero rimasti pochi petali e che bisognava preservare, a meno che non si fosse voluto correre il rischio di vederlo appassire molto velocemente. «Come stai?»
Altre domande, forse, sarebbe stato opportuno porre all’infermiera Moran. Ad esempio, come voleva utilizzare la prozia per arrivare ai due fuggiaschi? Fin dove era disposta a spingersi? E… lei c’entrava qualcosa con il fatto che Primrose Moran fosse stata rinchiusa al Saint Richard? O, al contrario, era la prozia la ragione per cui lei aveva scelto la struttura?
Gli interrogativi si rincorrevano, come il tempo del resto. Lo stesso necessario per recuperare Clark e Luke prima che di loro si perdesse traccia o prima che qualcuno si rendesse conto della breccia nella sicurezza dell’impenetrabile Thalia Moran.

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view post Posted on 9/12/2022, 15:59
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Non aveva pensato a lei per molto, molto tempo.
L’ultima volta che il suo sguardo aveva abbracciato la figura di Primrose Scarlett Moran la donna le aveva suscitato fortissimi sensi di colpa che per settimane, diventati anni, avevano contribuito a giustiziare quel poco candore infantile che le era rimasto; quest’ultimo, dopo il loro incontro a Bath, si era trasformato - mutandola del tutto e forse irrimediabilmente - nella donna che era in quel momento. Decisa e perentoria lo era sempre stata, ma mai aveva trasceso nel lato oscuro che Primrose aveva contribuito a sostentare.
Ancora oggi, se ci pensava, riteneva che la prozia avesse dalla sua meriti che non sapeva di aver ricevuto né che avesse in qualche modo il sospetto di essere la ragione per cui Clark e Luke fuggivano dal suo controllo in quel momento.
Quel pomeriggio a Bath aveva cambiato molte cose e, del resto, non avrebbe potuto essere diversamente.
La mise a fuoco con fatica, non riconoscendone immediatamente i tratti e faticando a collocare la donna nella sua memoria. Il suo aspetto era meno salubre di quanto non fosse stato all’epoca, le guance incavate ed emaciate adesso, l’aspetto trasandato che qualsiasi mago o strega del St. Richard poteva vantare; entro quelle mura era una priorità non scritta quella di annullare fisicamente ed emotivamente un individuo, al solo scopo di trarre beneficio dai propri turni infiniti, con meno disavventure e più godimento del possibile. Altre sue colleghe del medesimo settore, in fin dei conti, tornavano sfinite alle proprie dimore ogni sera, stanche ancor prima di cominciare il turno il giorno successivo.
Questo a lei non succedeva ed era merito di Primrose Moran: aveva sbloccato nella sua psiche qualcosa che credeva non avrebbe mai saputo altrimenti sfruttare, qualcosa che per rigida imposizione materna e familiare non poteva essere contemplata. Eppure, ciò che più l’aveva spaventata di Cordelia Moran era alla fine divenuto il suo stile di vita. La prozia che ora le stava seduta innanzi era la ragione per cui entrambe le streghe Moran - Thalia e Cordelia - si erano scoperte affini pur non essendosi mai incontrate.
La vista dell’ex storica in quella struttura, insomma, la rinvigoriva e sbigottiva insieme, poiché da quel giorno - alla fine del quale aveva iniziato un periodo denso di riflessioni futili e lotte interiori - non aveva più saputo nulla di lei. Se fosse viva o morta dopo la sua intrusione fraudolenta, se avesse saputo di quanto accaduto a Frances o l’esito dell’incontro con la servitù. Ogni ricordo era scalfito nella sua mente, ma poteva dire lo stesso della donna che ora la guardava con una sorta di terrore mal celato?
Udirne la voce, tremolante certo, ma ben comprensibile fu un vero shock per lei.
Non poté esimersi dallo schiudere le labbra in un cenno di sorpresa che sarebbe sparito subito, non appena la consapevolezza del suo ruolo non l’avesse riportata ad avere il controllo della situazione.
«Mai stata meglio.» ribatté gelida «E vorrei sapere come sei finita qui, ma ho di meglio da fare.»
Maleducata e irriverente, ben lontana dall’educazione ricevuta, Thalia mosse un primo passo verso di lei stringendo saldamente la bacchetta di salice nel palmo della mano destra. Non avrebbe risparmiato a quella donna - lei più di altre - il supplizio di sostenere le sue angherie; in fondo, poteva quasi dire che fosse stata proprio Primrose a plasmarla in quel modo. Prima di lei era stato tutto diverso.
Si avvicinò a passo deciso, incurante di quanto sarebbe potuto accaderle nel tragitto: Clark e Luke non avevano una bacchetta e non esisteva nessuno in grado di fornirgliene una; per di più, erano due fuggiaschi che sapevano di non poter vincere un duello contro di lei.
«Già che sei qui potresti renderti utile e dirmi dove sono andati.» disse, fermandosi ad un metro e mezzo dall’anziana con una mano al fianco e la bacchetta puntata ai piedi della donna. Non aveva intenzione di usarla - non ancora, almeno - e sperava in cuor suo di non doverlo fare. Non aveva rimorsi per quanto accaduto in passato: Primrose aveva contribuito a renderla migliore, creando una versione di lei capace di affrontare ogni ostacolo e situazione, semplicemente cancellando la sua emotività e il suo rispetto verso l’altro, chiunque esso fosse. Aveva cancellato la sua ingenuità con un colpo di spugna e le aveva fatto capire quanto del suo potenziale fosse rimasto sopito ed inespresso per anni sotto l’egida di un vecchio, suo nonno, che desiderava solamente far prosperare il nome e il lascito dei Moran senza curarsi delle vere ambizioni di ciascuno.
«So che sai di chi parlo, perciò non farmi perdere tempo.» continuò «Lo sai che non bado alle mezze misure, vero Prim?»
Era sadismo puro, adesso, quello nella sua voce.
Nulla a che vedere con i toni gentili e accomodanti dell’adolescente che era stata.
Thalia J. Moran
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Sebbene in un primo momento Thalia si senta “bloccata” dalla vista di Primrose, decide di continuare a perseguire il suo obiettivo primario, lasciando a Primrose il ruolo di spia e provando a forzarle la mano.
 
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view post Posted on 11/12/2022, 20:34
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Il Fato

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Uno stillicidio incessante giungeva dal soffitto, sì che veniva da pensare ci fosse un problema alle tubature del piano superiore. Eppure, prima che l’infermiera Moran entrasse nella sala comune, quel fenomeno non si era osservato, come non c’era stata traccia dell’umidità che ora quasi toglieva il fiato nella stanza. D’altra parte, era uno scenario perfetto dove lasciare che si consumassero le minacce di Thalia ai danni della povera Primrose. Se un tempo si era pensato che l’ex-Tassorosso potesse somigliare all’acclamata prozia storica della magia, con il tempo si era notato che l’accostamento fosse più opportuno con la smarrita Cordelia.
Ah, le sorprese che solo il Fato sa regalare!

HoxY2UA
«Non posso dirtelo» rispose la vecchina con insospettabile coraggio, guardando la nipote con espressione sconsolata e un sorriso accennato sul viso. «Se te lo dicessi, faresti loro del male e non posso rendermi responsabile di una cosa simile» le spiegò con fare ragionevole, gesticolando appena con le mani tremolanti. «Preferisco che tu ne faccia a me — e si toccò il petto — piuttosto che assumermi la responsabilità di far catturare e torturare Clark e Luke. Lo so cosa pensi a riguardo, ma… Sono brave persone».
Il tentativo era debole, ma la debolezza nasceva dalla consapevolezza che nulla avrebbe funzionato. Primrose non sapeva se nel cuore di Thalia esistesse ancora una scintilla di pietà verso di lei, ma era certa che non avrebbe riservato nessuna forma di compassione nei confronti dei due fuggiaschi.
Intanto, l’acqua continuava a cadere giù dal soffitto e, invece che accumularsi in piccole pozze sul pavimento di pietra o lasciarsi assorbire dal tessuto dei tappeti, simulava particolari percorsi geometrici nell’aria che riconducevano tutti alla figura della Moran. Non la toccava, ma le orbitava intorno, rimanendo come in attesa di un comando.
Qualche goccia prese a cadere con violenza sul viso della vecchina, ripetutamente, costringendola a coprirsi il viso con gli occhi. In un certo senso, sembrava che l’elemento la stesse punendo per l’insubordinazione come fanno gli scagnozzi quando un prigioniero non risponda correttamente agli ordini del padrone.
Nonostante la visibilità aumentata, oltre le tenebre Thalia non scorse le figure di Luke e Clark, non almeno immediatamente esposte alla sua vista. Questo significava che esistevano due alternative: o erano nascosti più a fondo nella sala comune, o erano occultati dietro uno dei mobili che riusciva a scorgere da lì (la grande poltrona reclinabile, il divano che odorava di piscio, il mobile dei giochi). La terza possibilità era che avessero trovato un modo per abbandonare quel luogo che non passasse dalla porta d’ingresso — un modo, dunque, che le era sconosciuto e che doveva apprendere.
Primrose, intanto, cominciò a tremare per il freddo dovuto alla sensazione di bagnato che, dai capelli, le era scivolato fin nelle ossa.

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view post Posted on 29/12/2022, 17:27
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La natura umana possedeva moltissime sfaccettature, alcune delle quali particolarmente fastidiose. Nel corso della sua vita, di certo non lunga come quella dell’anziana strega, Thalia aveva imparato a sezionare - metaforicamente, per il momento - tutte quelle piccole variazioni di carattere, i comportamenti e le reazioni più immediate, soltanto per capire meglio chi avesse di fronte e come porsi in sua presenza. Questa abilità raffinata nel tempo le aveva permesso di ottenere il massimo da tutto quanto le fosse accaduto in quel primo quarto di vita, ma doveva ammettere quanto ci fosse ancora da imparare sugli uomini e sui modi con i quali questi ultimi cercavano, quasi sempre, di complicare la propria esistenza e quella altrui.
Prendendo Primrose Moran, ad esempio, Thalia non faticava a credere che fosse finita proprio al St. Richard: una vita passata in solitaria, a crescere un bambino non suo, con il naso lungo e dritto tipico dei Moran infilato tra le pagine di un libro; le dita artritiche della donna le raccontavano quanto si fossero sprecate a voltare pagine e pagine alla ricerca di informazioni, di quanto avessero tenuto stretta una piuma intinta nell’inchiostro, affinché le numerose domande sulla magia trovassero finalmente risposta. E questa capacità di dare risposte dove l’aveva condotta?
In un ospizio per maghi, nominalmente il migliore della Gran Bretagna, dove nessuno sarebbe andato a farle visita. Chi avrebbe dovuto, poi? Nessuno dei Moran si era interessato a lei. Non come aveva fatto Thalia, in fondo.
Ciò che la disturbava davvero, però, era l’ostinazione di Primrose a non volerle dare le risposte di cui aveva bisogno: anni prima aveva faticato non poco per raggiungere i suoi obiettivi e la vecchia l’aveva perfino costretta a trascendere i suoi amati principi di rispetto e lealtà! Non aveva ottenuto nulla - non subito almeno -, ma alla fine una risposta l’aveva avuta. Adesso, in quella saletta stantia e carica di umidità, Primrose si ostinava a tacerle informazioni fondamentali. Era un evidente vizio e una gran forma di maleducazione, questo era poco ma sicuro.
Sorrise, falsa e ipocrita come solo lei sapeva essere, scaricando la tensione nel flettere le dita della mano sinistra. Le muoveva con lentezza, come se stesse richiamando l’attenzione di un bambino o di un gatto curioso, e cominciava a sentire il mutamento nell’aria che aveva ricercato con una discreta concentrazione. Così il vapore aveva assunto via via la forma solida di minuscole gocce, simile ad acqua vaporizzata da uno spruzzino, e via via la mutazione aveva cominciato a diventare ancor più evidente, man mano che la volontà aumentava.
Non aveva smesso di muovere le dita, ma aveva iniziato a mimare piccoli cerchi nell’aria che presto si sarebbero tradotti in qualcosa di spaventoso, perfino per la coraggiosa degente.
«Vedi, zia Prim, ci sono certe convinzioni che devono essere estirpate alla radice.» mormora, lasciando che lo sguardo algido penetri quello della vecchina inferma «E crescendo ho imparato metodi piuttosto interessanti per fare piazza pulita delle brutte abitudini.»
Sull’ultima parola pone un’enfasi maggiore e nel farlo le dita, finalmente, arrestano la loro danza. Primrose avrà il tempo di notare quando l’umidità sia tornata al suo stato iniziale: acqua pura, in rivoletti più o meno sottili, sospesi nell’aria tutt’intorno a loro. Il braccio sinistro, sollevato parzialmente, sembra tenere in posizione le figure geometriche d’acqua.
Inspira, tenendo lo sguardo fisso in quello dell’anziana, e percepisce il tintinnio del suo Elemento venire a lei come una dolce invocazione.

Sono tua.
Usami.
Fallo.

Le piacerebbe poter dire di aver riscoperto il suo legame con l’Elemento per scopi nobili, ma sa benissimo di non poter mentire a se stessa. E’ consapevole, fin nel midollo, di doversi attenere al rispetto verso se stessa - l’unico che valga davvero. Nel richiamare l’Acqua ha sentito il bisogno di approfondire il contatto con il suo Io più nascosto, la punta più acuminata di un iceberg celata alla vista di chiunque. Avrebbe dovuto lasciar perdere quella scaramuccia, dedicandosi alla ricerca dei fuggiaschi, ma dato che c’era… perché non incutere un po’ di sano terrore e suscitare eterna commiserazione per le proprie colpe? Del resto, in passato, era diventata lei stessa un gran maestro nell’attribuirsi simili rimpianti. Valeva la pena, insomma, di rischiare un po’ di quel diritto acquisito con l’esperienza al St. Richard per dare una lezione a chi non avesse ancora capito fino in fondo chi lei fosse. Non era più l’adolescente costretta ad agire contro la propria morale: desiderava punire chi lo meritava ed avrebbe usato ogni mezzo possibile.
Se nel farlo, poi, avesse anche tratto un beneficio pratico e del tutto personale… chi avrebbe mai potuto biasimarla? Del resto, l’invenzione della Stanza dell’Acqua non era stata del tutto farina del sacco del direttore, no?

«Credi davvero che ti proteggerebbero, zia?» glielo chiede, mentre le gocce d’acqua cadono dal soffitto tra le profonde rughe del suo viso pallido «Saranno pure brave persone, ma se lo fossero… dove sono adesso? Dove sono i veterani delle guerre ai giganti e i paladini della libertà?»
Scandaglia lo spazio circostante con lo sguardo, abbracciando l’angolo dei giochi, il tavolo e le poche sedie attorno riunite, la poltroncina ed il divano perennemente maleodoranti.
Arriccia il naso di riflesso, prima di tornare a considerare la vecchia strega. Di quei due non c’è traccia e Primrose le sta soltanto facendo perdere tempo.
«Luke? Clark? Vale la pena di sacrificare la vita di un innocente solo per aver salva la propria pelle?» lo chiede all’aria, ma lo fa alzando il tono della propria voce, lasciando che quella rimbombi nelle sale e nei corridoi silenziosi. Di sicuro quei due saranno già lontani, ma qualcosa le dice che ben presto quella storia avrà il suo sacrosanto epilogo.
Comincia ad agitare di nuovo le dita, spostando il braccio sinistro affinché l’acqua - richiamata dal suo potere innato - la segua ed esegua i suoi comandi. Se Clark e Luke hanno dimenticato la propria vocazione, lo stesso non può dirsi di lei.

Si lascia percorrere dalla sensazione che origina dal centro del suo corpo, che risale il torso fasciato dall’uniforme da infermiera e le infiamma il cuore di un calore generato dalla magia che le scorre nelle vene. Il tintinnìo d’acqua - che soltanto lei può udire - aumenta, mentre quel calore procede lungo le spalle, le braccia e arriva sino alla punta delle dita. E’ indescrivibile quello che sta provando, una forma di completezza che altrimenti non potrebbe provare, e si bea della sensazione di essere un tutt’uno con il suo Elemento, mentre - si augura - quello comincia a rispondere alla sua volontà.
Voleva dedicare quel trattamento ai due fuggitivi, ma se Primrose ci tiene tanto… una lavata di capo, come si deve, farà bene anche a lei.
Thalia J. Moran
PS 325/332 | PC 241/249 | PM 284/290 • EXP 59.5
Inventario&Conoscenze

Oggetti:

Bacchetta - Legno di Salice, Crine di Mooncalf, 10 Pollici, Elastica
Ciondolo Capello di Veela - incanta l'avversario in quest per un turno
1 Fiala di Decotto al Dittamo
1 Fiala di Rinvigorente

Incantesimi:

I Classe - Completa
II Classe - Completa + Orcolevitas
III Classe - Completa + Iracundia
IV Classe - Completa + Circumflamma, Colossum, Ignimenti, Neptuno
V Classe - Completa + Plutonis
VI Classe - Completa (esclusi incanti da apprendimento e/o proibiti)
VII Classe - Legilimens
I Classe Chiara - Atlantis Cage, Rituale Perfetto

Incantesimi Alchemici:
Langue Verte

Vocazioni:

Legilimens (II Livello)
Occlumante (II Livello)
Elementalista Inesperta (I Livello) (Acqua)


Riassunto & Danni
Trauma alla nuca, senza escoriazioni.
Thalia è stanca dei giochi di parole di Primrose e decide che è il momento di passare alle maniere forti. Non intende cedere alle sue scuse, non vuole perdere tempo, e coglie l’input dell’ambiente per richiamare a sé il suo Elemento. Sfruttando la connessione profonda tra lei e l’Acqua, Thalia comincia ad invocarla - letteralmente - prima di provare un’ultima volta, a dissuadere la vecchia strega dal proprio intento.
Quando non ci riesce, si rivolge a Clark e Luke, sperando di farli rinsavire. Intanto, cerca di rinsaldare la sua connessione con l’Acqua affinché risponda al meglio alle sue richieste.
 
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view post Posted on 7/1/2023, 16:14
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Il Fato

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Lei

L’acqua, di tutti gli elementi, ha la caratteristica peculiare di poter mutare forma —visibilmente. Può farsi ghiaccio, vapore e rimanere indecisa tra uno stato e l’altro della materia nell’attesa di comprendere in cosa voglia tramutarsi. Cambia, si evolve, matura e si arricchisce. Di rado, si scorda di sé e si limita ad esistere senza avere altro scopo nella vita che lambire un pezzetto di suolo.
Thalia Moran è nata con più acqua che sangue nelle vene finché, a forza di ostacoli e cali di temperatura, ciascuna di quelle stille non si è fatta ghiaccio e la bontà che credeva di avere non si è gelata, rimanendo prigioniera sotto uno spesso strato di gratuita crudeltà. Cosa ne volevano sapere gli altri di lei e della sua vita? Cosa mai ne avrebbero capito, anche se ne avessero appreso qualcosa? Non erano che meri spettatori di un teatrino messo su per intrattenerli ma del quale non avrebbero mai compreso il messaggio.

HoxY2UA
Dietro il suo richiamo, l’acqua che aleggiava nell’aria e che scorreva nelle tubature rispose. Un suono metallico annunciò piegamenti e disgregazione, il ruscellare in avvicinamento il sopraggiungere dell’elemento. Era impossibile resistere al desiderio di ricongiungimento, al bisogno ancestrale di diventare un tutt’uno con il corpo dal quale si era rimasti separati.
Alcune gocce raggiunsero la pelle di Thalia e la sfiorarono con insistenza sul viso. Scorrevano sull’epidermide, come in una carezza seducente di quelle a lungo desiderate e finalmente sopraggiunte. L’acqua le comunicava abbandono e prontezza: avrebbe risposto a ogni suo comando non appena lo avesse lanciato. Nessuna esitazione, nessun ripensamento. Eppure…
Era una responsabilità enorme da portare sulle spalle, nella pelle, fin dentro il midollo. Avere il potere di controllare un elemento così dirompente richiedeva una forte tempra, non soltanto per le conseguenze che le azioni avrebbero avuto sugli altri ma anche per le riverberazioni che Thalia stessa avrebbe potuto soffrire. L’acqua dava e l’acqua prendeva. La linea tra il risucchiare e l’essere risucchiati era sottile.
Il silenzio era stata la sola risposta che avesse ricevuto in cambio ai suoi tentativi di generare una reazione nella prozia; lo stesso silenzio che le era tornato indietro quando aveva provato ad invocare Luke e Clark. L’acqua, intanto, seguitava a mostrarle impazienza: ora che l’aveva chiamata, quanto sarebbe trascorso prima di passare all’azione?
«Non era così che volevo andassero le cose» disse d’un tratto Primrose, infrangendo la bolla di mutismo nella quale si era trincerata.
Un vortice improvviso si levò attorno a Thalia, stringendola in un turbine le cui pareti erano rivestite dello stesso elemento che a Lei affine. Schizzi di schiuma, quasi che il gorgo provenisse dal ventre cupo dell’oceano, le schiaffeggiarono il volto, mentre il vento creato dal moto interno al mulinello le rovinava la crocchia e scompigliava i capelli.
Prigioniera: ecco cos’era. Da carceriera, era divenuta vittima della persona che aveva cercato di vessare e del solo elemento della cui fedeltà non aveva mai dubitato.
Un braccio d’acqua si staccò dalla cima del vortice, minaccioso e pronto a dar battaglia.
Cosa le rimaneva? Com'era possibile che..?

'Cause two can keep a secret if one of them is dead
 
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view post Posted on 14/1/2023, 15:59
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You can take the darkness out of the man, but you can't force him to step into the light.

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Nel suo rapporto con l’Acqua c’era sempre stata una forma di comprensione intima, un legame indissolubile fatto di piccoli gesti e attenzioni che non dovevano essere esplicitati a parole. Non c’era verbo che potesse rendere la forza di quel collegamento ancestrale, non esisteva aggettivo che potesse descriverne la bellezza: sentirsi completa senza aver cambiato una sola caratteristica del suo corpo o aver mutato un’abitudine ormai stantia. No. Era già in lei quella consapevolezza, da quando a otto anni aveva rischiato di annegare per una pura e semplice fatalità. Un lago ghiacciato, l’inverno agli sgoccioli e dei pattini a fendere la superficie congelata.
O così aveva creduto lei.
Nel piombare tra le gelide braccia dell’acqua sottostante aveva imparato che non si poteva mai davvero essere pronti all’imprevisto, pena la sovversione della sua natura in quanto tale; non poteva sapere, cominciando a scivolare veloce tra le sue spire, che quello sarebbe stato il primo vero contatto con le sue origini, con chi lei fosse davvero. Oltre il nome che portava, oltre l’aspetto che la contraddistingueva da qualsiasi altro membro della sua famiglia. Oltre i meriti oggettivi e i vizi naturali. C’era molto di più in lei e forse presto o tardi avrebbe scoperto che quel legame fosse la parte più genuina del suo essere donna e strega.
Sentirlo riecheggiare nelle orecchie - quel suono che da qualche tempo non riusciva più ad udire - era un modo per accogliere la propria individualità, la sua vera natura, in un modo che almeno per qualche secondo l’avrebbe riportata a casa. L’acqua rispondeva al suo richiamo fedelmente, avvolgendola e lasciandosi accarezzare dalle dita protese a mezz’aria. Era un gioco che aveva imparato da ragazzina, quando tra le colline del suo paese natìo aveva scoperto per la prima volta il proprio potenziale nascosto.

Fu una doccia fredda, dunque, quando nel richiamarlo ancora una volta, volendolo plasmare a immagine e somiglianza di una bolla pronta ad esplodere in viso all’innocente - o quasi - Primrose, Thalia si rese conto che quella non era più sua. Non era lei a manovrare l’Acqua, non del tutto.
Avrebbe voluto avere il tempo di sorprendersi, di potersi chiedere che cosa stesse accadendo, ma la verità era che qualcuno si era intromesso in quel rapporto esclusivo e lei non sopportava i tradimenti, di qualunque natura e forma.
Sollevò lo sguardo sull’anziana strega, la fulminò con lo sguardo prima che la barriera d’acqua vorticante non si facesse più fitta - impedendole di vedere qualsiasi altra cosa. Un muro inattraversabile, la percezione di schiacciamento e il trauma di non poterla controllare per riportare la situazione ad uno stadio di quiete e controllo.
Era lei l’esperta della manipolazione e avrebbe dovuto trovare il modo di uscire da quella situazione. Se poi avesse avuto la forza e il tempo di farla pagare a Primrose, beh… non si sarebbe lasciata sfuggire un’occasione ghiotta come quella.

Stringeva la bacchetta nel palmo destro e la sollevò al soffitto, pronta a scagliare un incantesimo, accompagnando il gesto col mento sollevato. Fu allora che si rese conto che la schiuma e l’acqua, quel vortice impetuoso come la sua rabbia, la stavano pian piano stritolando, creando le condizioni perfette per uno scontro irrimediabile; la mano d’acqua restava sospesa sopra di lei, ma quanto sarebbe rimasta lì ad aspettare? Doveva agire, e in fretta.
Non c’era magia che potesse contrastare la forza che di lì a breve si sarebbe scagliata su di lei: doveva richiamare, invece, alla mente e al corpo, quella sensazione di completezza, la capacità di dominio indiscusso su di lei, il legame che avrebbe continuato ad unire le due metà della stessa mela. Come se niente fosse mai accaduto.
Impose con forza la propria volontà alla bacchetta di salice, la strinse fino a che le nocche non furono bianche per la tensione e la determinazione, finché lo sguardo non si fece più limpido ed ebbe scacciato la paura. Le emozioni per un Elementalista erano tutto: doveva lasciarle fluire e saperle selezionare se voleva davvero avere una possibilità.
L’incredulità era ormai un ricordo lontano, la paura un sentimento ancor forte e presente, ma relegato in un angolo del cuore; doveva sfruttare ciò che sapeva e questa - naturalmente - era la cosa più importante.
Erano due facce della stessa medaglia, forze contrapposte e complementari insieme, un tutt’uno creato a regola d’arte per funzionare correttamente solamente se il rispetto e la fiducia fossero state complete. Doveva credere - e ci sarebbe riuscita - che quella mano si sarebbe infranta su di lei per lavare via ogni suo timore ed ogni peccato. Non esisteva giudizio senza una giuria e non esisteva una sentenza se prima non fossero state presentate le prove: la sua testimonianza di fede - un concetto davvero strano in quel periodo - sarebbe stata innegabile, mentre raccoglieva con forza la volontà di contrastare attraverso una forte convinzione quanto sarebbe accaduto nello spazio di pochi attimi.
Si sarebbe lasciata scivolare addosso quella potenza prorompente, adattandosi al suo corso ed eseguendo il suo volere.
Non sarebbe morta: era sopravvissuta a otto anni e lo avrebbe fatto ancora.
Poco prima che la situazione potesse cambiare, Thalia si costrinse a mantenere la concentrazione alta, lo sguardo fisso alla mano d’acqua che voleva imprimere su di lei la stessa punizione che per mesi aveva dedicato ai pazienti indisciplinati del St. Richard. Doveva convincere se stessa, prima di tutto, che ci sarebbe riuscita.
Sarebbe sopravvissuta, perché il desiderio di guidare quella mano altrove, dove davvero c’era il bisogno era così forte da farle dolere ogni muscolo e il più piccolo tra i nervi tesi del suo corpo. La memoria proiettava nella sua mente immagini ad altissima velocità di ogni singolo momento in cui lei e quell’Elemento capriccioso e mutevole avevano trovato un accordo per coesistere: pochi attimi, la vita a scorrere a velocità doppia - forse perfino tripla - davanti ai suoi occhi velati; il benessere dato da quel rapporto nato prim’ancora che lei potesse esserne consapevole, un unione vincente che mai sarebbe potuta arrivare a tanto. No, sarebbe stata lei a governare l’elemento.
Sollevò la mano libera dalla bacchetta verso l’alto, pregò che l’Acqua l’ascoltasse mentre silenziosamente ogni battito del suo cuore voleva giustificare quello che lei le avrebbe fatto; in fondo, era come mutilare se stessi pur non avendone scelta. Recidere un ramoscello, per quanto doloroso per la pianta, significava poter creare una nuova vita, innestandola altrove. E così avrebbe fatto anche lei.
La bacchetta si mosse verso l’alto, richiamando a sé la volontà di rendere quella mano leggera, disgrendone ogni singola particella, lasciando che la divisione delle sue parti non compromettesse l’intero; l’avrebbe spogliata di ogni violenza, di ogni malessere o vendetta. Conosceva quel particolare desiderio e non voleva nutrirlo ancora.
Dovevano tornare sui loro passi per capire che cosa fosse andato storto, dovevano scoprire insieme la strada giusta per tornare all’armonia. Perciò da acqua, muro compatto senza via di scampo, Thalia voleva che si tramutasse in vapore. nebbia fitta, che nascondesse quella relazione complicata agli occhi di Primrose e permettesse a lei di avere uno spazio che fosse soltando loro per risolvere quello stupido conflitto. C’era stato un errore, ma si poteva rimediare.
La punta della bacchetta di salice vibrò ancora verso l’alto, mentre la voce squillante intimava il suo comando.
«Nebula.» e così le gocce compatte sarebbero dovute divenire pulviscoli leggeri, pronti per essere spediti in un angolo di quella stanza maledetta e senza uscite. Le avrebbe chiuse lei stessa se vi fossero state: quell’incontro era privato e così sarebbe dovuto restare. Una riappacificazione a porte chiuse, per così dire.
Guidò il secondo movimento della bacchetta, verso destra, con l’altra mano: imprimere tutta la propria forza in quell’atto le stava costando ogni briciolo di convinzione e forza fisica. Eppure, non avrebbe smesso di lottare per ciò che era suo di diritto, per nascita e che il Destino aveva voluto che lei conoscesse.
Avrebbe dovuto imparare di nuovo a dominare su quella parte minacciosa di se stessa e ci sarebbe dovuta riuscire: non importava il come o il quando. Lei e il suo Elemento sarebbero tornati ad essere un tutt’uno.
Thalia J. Moran
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Thalia lascia che le emozioni fluiscano in lei, nonostante la sorpresa per quanto sta avvenendo sia tanta. Decide di contrastare il suo Elemento per darsi lo spazio, possibilmente nel turno successivo, di “dialogare” con lui.
 
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view post Posted on 20/2/2023, 20:45
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Il Fato

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Lei

I legami sono fragili e sta forse nella fragilità la ratio della loro intensità. Come nelle relazioni umane, si può dire che l’Elementalismo muove dallo stesso presupposto. La sola differenza è che richiede di indagarsi più a fondo. Di conoscersi oltre i limiti che si pensa di conoscere già. Di capirsi e abbandonare ogni maschera per accettare chi si è veramente. È questa l’unica maniera per abbracciare l’elemento che scorre nelle vene dal momento della nascita, quello che si è destinati a padroneggiare a pena di vedersi padroneggiati.

HoxY2UA
L’infermiera Moran aveva deciso di lasciare la strada che, per una vita, le era stata imposta di seguire per concedersi la libertà di provare la rabbia e la frustrazione che albergavano dentro di lei. Se il seme del male strisciava nella sua famiglia già da tempo, non aveva senso rinnegarlo ancora. Se esisteva anche solo una possibilità che i crimini di cui si era macchiata l’avvicinassero a Cordelia, perché fingersi l’eroina della situazione e voltare le spalle alla propria natura?
Tanto era bastato a renderla la spietata infermiera del St. Richard e a portarla al funesto confronto che, adesso, vedeva le posizioni di dominatrice e succube ribaltate.
Sorpresa dalla situazione —dal tradimento dell’acqua— e dall’abilità che condivideva con Primrose, non credette di aver perso il controllo né concesse allo sconforto di impadronirsi di lei. Non era plausibile, nel suo modo di vedere nel cose, che il suo elemento smettesse di risponderle; che seguisse i comandi di un’altra e non i suoi.
Richiamando a sé le basi su cui quel legame si era fondato, partendo dagli albori di un mancato annegamento e ricordando la sensazione di perdersi nell’acqua, l’infermiera Moran levò la bacchetta al cielo.
Aveva bisogno di credere che le particelle liquide che componevano la sua anima fossero ancora lì, pronte a rispondere al suo richiamo; pronte a tramutarsi in altro. E, in effetti, qualcosa accadde. Sotto il giogo della sua magia, una parte del vortice che Primrose aveva evocato per intrappolarla si disperse in una nebbia fitta abbastanza da rendere impossibile per le due vedersi.
Per notevole che fosse il potenziale della giovane, tuttavia, esso doveva fare i conti con il contrasto opposto dall’avversaria: la parte inferiore del vortice era rimasta intatta e adesso le serrava le gambe (- 2PC), inchiodandola al pavimento. Il piccolo braccio d’acqua che aveva minacciato si colpirla, inoltre, stava ora stretto al polso della mano che stringeva la bacchetta —tanto forte da provocarle un formicolio alla punta delle dita (- 4PS, -5PC).
Primrose non scherzava. Non era disposta a cedere in quello scontro ad armi pari, che le vedeva pronte a darsi battaglia su un terreno ancora inesplorato eppure familiare.
Un cigolio sospetto diede all’infermiera l’impressione che la prozia potesse essersi spostata; che avesse deciso di cambiare posizione. Tuttavia, data la foschia, rimaneva impossibile verificare se fosse vero o se fosse un trucco ed eventualmente quale direzione avesse intrapreso.
L’acqua, intanto, giocava al dominio —un potere, il suo, che smentiva ogni etichetta di apparente innocuità.

'Cause two can keep a secret if one of them is dead

Primrose
Punti Salute: 230/230
Punti Corpo: 146/146
Punti Mana: 320/320

Thalia
Punti Salute: 321/332
Punti Corpo: 234/249
Punti Mana: 284/290
 
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19 replies since 11/8/2022, 18:14   516 views
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