| III° - 16 ANNI PREFETTO SERPEVERDE « BREATH IN THE SUNSHINE » |
La città in cui aveva intenzione di trascinarlo era davvero Londra. Al suono delle sue parole, si ritrovò a riaprire gli occhi per guardarla di nuovo male, ma fu un grave errore: la passaporta si attivò in quell’esatto istante, non facendo altro che aumentargli il senso di nausea. Ebbe la prontezza di sbattere le palpebre più o meno a un paio di secondi dall’inizio del trasferimento, ma quando si ritrovò di nuovo con i piedi a terra non riuscì a mantenere l’equilibrio. Cadde a sedere sullo sporco pavimento londinese. La testa che gli girava e la nausea che finì per attorcigliargli lo stomaco.
Non ci credo… - bisbigliò tra sé e sé, lo sguardo vacuo, mentre cercava di riprendere l’equilibrio provando a mettersi in piedi. Incredulo di essere davvero andato oltre quei limiti che aveva chiesto di mantenere.
Se l’unico dei problemi di Alice era la modalità di spostamento preferita dai maghi, per Draven continuava a essere l’ipotesi che, di lì a poche ore, sarebbe stato espulso dalla sua unica gioia nella vita.
Era evidente che il desiderio di smettere di pensare non era stato minimamente preso in considerazione dal fato.
Si appoggiò a un muro alle proprie spalle per darsi stabilità e, quando nel proprio campo visivo vide apparire la mano di Alice, la ignorò per alzare lo sguardo sul suo viso. Di nuovo, come sempre, accigliato e nervoso.
Se mi cacciano da Hogwarts per questo, dovrai mantenermi per il resto della tua vita. – minacciò, senza alcuna vena ironica, sebbene potesse sembrare che stesse scherzando… diceva sul serio. Non sarebbe mai tornato alla vita da babbano. Non sarebbe finito come sua madre. Lui era destinato a grandi cose. Sarebbe stato perdonato per aver fatto una cosa così stupida?
Ormai era tardi per tornare indietro. O meglio, poteva sempre tornare indietro, ma comunque aveva infranto le regole arrivando fino a lì. Poteva solo sperare che Alice sapesse davvero cosa stava facendo…
Le si affiancò e lanciò una rapida occhiata sulla sua mappa. Seppur consapevole di essere totalmente inutile, perché non sapeva leggere le mappe e andava in tilt solo a guardarle, era impossibile non capire che su quella che lei aveva definito “mappa” c’erano solo una serie di bozze di disegno di punti di riferimento che, al massimo, nelle migliori delle possibilità, solo lei avrebbe saputo interpretare.
È una città di mille e settecento chilometri quadrati. Non posso sapere dove siamo, soprattutto se… quella! È l’unica informazione che ho. – le rispose, acidamente, indicando quel suo ridicolo foglio con un gesto stizzito. Si passò le mani sul viso… Forse per rassegnazione o per perdita di pazienza, ma non aveva più il senso di panico e apprensione che aveva sentito prima di raggiungere la passaporta. O, almeno, non lo ebbe finché Alice non lo guidò in mezzo a una calca di gente.
Fino a quel momento, poteva asserire con assoluta certezza che fosse il compleanno peggiore della sua vita. Infrangere le regole e perdersi per Londra… Non c’era niente di divertente.
Mi disgustano le cose troppo dolci. – le rispose, secco, mentre cercava di non perderla di vista e, al contempo, dribblare ogni singolo essere umano che sembrava intenzionato a spintonarli come palline in un flipper.
L’orologio digitale che teneva al polso destro segnava che non erano nemmeno le nove del mattino quando, fuori dal fiume umano, il suo sguardo si posò su un negozio all’altro lato del marciapiede. La sequenza di pessime idee e pessime scelte sembrava voler continuare, ma la malsana idea che ebbe in quel momento era, forse, l’unica cosa che avrebbe potuto esaudire il suo desiderio di smettere di pensare così tanto e preoccuparsi per ogni singola cosa.
Aspettami qua. Devo fare una cosa, prima. – le disse poi, volgendo per un attimo lo sguardo su di lei, prima di riportarlo davanti a sé. Non c’era nessuno in quel negozio, a quell’ora; perfetto per attuare il suo piano. Tristemente, gli era ricapitato di farlo come favore ai ragazzi del suo quartiere...
Aveva la mascella accentuata, lo sguardo serio, era alto e piazzato: passava facilmente per un vent’enne. Si infilò la t-shirt nei jeans scuri, in uno stile che – a suo personale giudizio – lo faceva sembrare più grande e si tirò indietro i capelli, passandoci le dita in mezzo fino a viziarli in un’acconciatura meno sbarazzina. Prese dal portafogli una banconota da venti sterline e, senza dare ulteriori dettagli ad Alice, attraversò la strada per andare a infilarsi nel negozio che aveva adocchiato come la preda perfetta.
Era un piccolo alimentari.
Ne uscì dopo pochi minuti con due bottiglie di Jack Daniel’s Honey.
CORRI! – le urlò, da fuori il negozio, prima di iniziare a correre nella direzione che Alice aveva indicato prima, guardando la mappa. Sperò di non perderla di vista ma, dato che il negoziante uscì dal suo locale nel tentativo di inseguirlo, non aveva altra scelta che scappare.