Draven, 16 anni, outfitPlenty of humans were monstrous and plenty monsters knew how to play at being human.
Dagenham era un quartiere nella periferia est di Londra.
A detta di Google.
Perché lui di quella zona non sapeva assolutamente nulla.
Non appena era uscito da Magie Sinister, aveva riposto il biglietto nella tasca interna della giacca di pelle, già addetta ad ospitare bacchetta, sigarette e cellulare. Per quanto la tecnologia babbana fosse totalmente inutile nei confini del mondo magico, aveva imparato a sue spese – e data la sua totale mancanza di senso dell’orientamento – che per andare in giro per Londra a fare le consegne per Sinister era, invece, di estremo aiuto; per cui, aveva imparato a portarselo dietro a ogni turno. Per evenienza.
Date le dimensioni del pacchetto, invece, quello avrebbe dovuto tenerselo in mano per tutto il tempo. Lo teneva tra le dita come si tiene un fazzoletto sporco; dato il peso irrisorio, la forma irregolare e lo strano modo in cui era stato incartato, nonché il fatto che il destinatario fosse Casey e il mittente un qualche misterioso mago in grado di terrorizzare Sinister, non voleva mettersi a rischio.
I maghi avevano una loro versione di un pacco bomba?
Magari, era tutto uno stratagemma di Casey per farlo esplodere e liberarsi di lui in un battito di ciglia…
Tra pensieri più o meno sensati, aveva attraversato Diagon Alley praticamente di corsa e aveva rallentato il passo, fino a fermarsi, solo quando aveva raggiunto la metropolitana di Charing Cross, a qualche metro di distanza dall’ingresso celato per il Paiolo Magico. Abbastanza distante dalla schermatura contro i babbani da essere sicuro che il cellulare potesse funzionare, aveva cercato l’indirizzo su internet. Quindici chilometri di distanza da lì. Quarantacinque minuti di treno. Aveva sbuffato sonoramente, imprecando a denti stretti e mascella tesa, attirando lo sguardo di alcuni passanti su di sé, di cui non si era minimamente curato. Odiava a morte i mezzi pubblici e ogni volta che li prendeva aveva sempre l’ansia che una qualche guardia babbana avesse la brillante idea di perquisirlo a campione. I maghi ignoravano tutte quelle dinamiche. E Sinister doveva pensare che Draven fosse già in grado di materializzarsi, perché non si era mai posto quel problema. Gli aveva fornito illegalmente una passaporta solo un paio di volte, mentre per tutte le altre innumerevoli consegne aveva sempre dovuto attrezzarsi da solo e in modi che il negoziante non poteva nemmeno immaginare esistessero, fuori dalla sua fantastica bolla magica.
Aveva sbuffato almeno altre quattro o cinque volte nel tragitto in treno fino a Dagenham, con l’unica consolazione che, perlomeno, non aveva dovuto fare dei cambi. Ignorando altri sguardi astiosi intorno a lui, per via del fatto che aveva occupato i due posti al suo fianco con il pacchetto e la giacca, rispondendo male a chiunque gli chiedesse se quei posti fossero liberi, alla fine era riuscito a raggiungere la sua meta. Quantomeno, il quartiere.
La ricerca della via fu tutto un altro paio di maniche. Nonostante la tecnologia babbana, fu costretto a chiedere indicazioni ai passanti più volte di quante avesse mai voluto. L’aria, minacciosa di pioggia, era resa ancor più densa dall’atteggiamento schivo e prudente degli abitanti di quella zona. Non che cambiasse qualcosa, ma non doveva essere un posto tranquillo. Chissà perché Casey si trovava lì…
Alla fine dei conti, per poter arrivare a destinazione, ci mise più di un’ora.
La musica tecno che si faceva via via più altisonante, man mano che si avvicina al civico indicato sul biglietto, fu già di per sé un triste indicatore del tipo di luogo che stava per raggiungere.
Una festa. Che già a una prima occhiata, da oltre il cancello del giardino, gli sembrò di capire non avesse nemmeno vagamente un solo invitato sobrio. O un solo piccolo, minuscolo spazio attraverso il quale farsi strada per entrare in quell’Inferno.
Strinse la mascella con un tale nervosismo da sentire dolore ai denti e un sospiro, simile a uno degli innumerevoli sbuffi fatti fino a lì, lo portò ad alzare la testa. Lo sguardo si incrociò con quello di una ragazza dai capelli rossi. Aveva più lentiggini in viso di quante ne avesse Megan. Per qualche motivo, lo fissò e Draven si ritrovò a fare lo stesso, finché non la vide essere spintonata da una ragazza, costringendola ad affiancarsi a un ragazzo dai lunghi capelli biondi che la guardò con un ghigno.
Non era affar suo.
Si accostò al cancello e si protrasse verso di esso il più possibile. Era basso abbastanza da permettergli di oltrepassarlo con la testa, ma non da scavalcarlo, considerando la quantità di gente che c’era stipata contro.
Hey, bello! Ti conosco? No? Oooooh, sì! Ma certo. Tu sei… quello che… Sì! Sei tu!
La voce proveniva da un ragazzo moro, di media altezza e costituzione, che cercava di muoversi a tempo di quella musica oscena e che, in qualche modo, era riuscito a notarlo nonostante l’impressionante fattanza e gli occhi semi-chiusi. E che, ovviamente, non conosceva, né aveva mai visto prima.
C’è una certa Casey Bell, qui?
CASEY BELL? CASEY BELL! – cominciò a urlare il tipo, a squarciagola. Quella massa umana di deficienza totale di cui faceva parte prese a urlare di rimando il nome di Casey, come un’eco ridondante che riuscì a sovrastare la musica. Uno tsunami che trascinava il suo nome come detriti da un’onda mastodontica. Aveva scatenato un incubo.