Riverbero, Privata.

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view post Posted on 22/4/2023, 22:30
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Ocean eyes.

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I tried to loosen off your hold but you stayed and nothing made you fall.

Attimi di silenzio.
Rimango ferma a guardarlo ricambiare il mio sorriso in attesa che dica qualcosa. Non ho la minima idea di come le mie parole possano averlo colpito, cosa ora, Draven, pensi di me.
Mi rendo conto di non aver avuto alcun controllo, di essere stata capace di condividere un peso senza pensare alle possibili conseguenze. Respiro piano, il petto si dilata e preme sulle gambe piegate. Ho paura che lui possa andare via, che mi lasci lì, immobile sul divano.
Il senso di colpa riempie la mente e fa tremare il corpo ma non posso sfuggire alla leggerezza che, allo stesso modo, si insinua nel petto e dilata i polmoni. Forse è così che ci si sente quanto chiedi aiuto, quando mostri la parte più vulnerabile di te e nutri la speranza di non venire ferita ancora una volta.
Respiro.
La certezza vibra nello stomaco e fa tendere i muscoli. Ciò che provo batte forte nello sterno e si alimenta fino ad esplodere in un nugolo di emozioni che non voglio smettere di percepire. Le dita premono sulla pelle, il mento contro le gambe. Ancora silenzio, poi parla.
«Penso che quello stronzo di tuo padre mi sarebbe piaciuto.» Non smette di sorridere, le fossette addolciscono il suo viso.
Appoggio per un istante la guancia sul ginocchio e rido rivolgendogli l’attenzione. «Credo che lui ti avrebbe ucciso, però».
Draven si avvicina e mi cinge la vita. Il calore torna ad avvolgere ogni strato di pelle e mi lascio cullare dal suo abbraccio. Le sue labbra si schiudono sulle mie guance, il rosa tenue delle gote si accende in pochi istanti. Infine, poggia la fronte sulla mia.
«Mi dispiace per tutto.»
«Lo so.» Rispondo dando accenno ad un piccolo sorriso; un sussurro prima che possa proseguire.
Chiudo gli occhi e la testa si abbandona contro la sua. La calma che avvolge quel momento è preziosa. Persino le fiamme appaiono statiche in questo invisibile fotogramma che ricorderò per sempre.
Il cuore batte lento e ogni palpito ha un suono soave, etereo.
«Grazie.»
Scandisco bene quelle poche sillabe.
Vorrei che fossimo a Lambeth, nella mia vera casa, che i miei genitori fossero ancora qui. Tento di rimettere insieme i pezzi della mia vita, aggrappandomi a quel desiderio utopico che mi attira. Ma sono morti, devo accettarlo.
Non posso.
Mi accorgo quanto sia bello, ancora una volta, rifugiarmi tra le immagini che raffigurano un passato mai vissuto. Mi piacerebbe poter raccontare a Draven qualcosa di diverso, una vita differente. Sarebbe tutto più facile per me e per noi.
Così, lo sguardo si perde nel riflesso della luna che rischiara il vetro delle finestre. La candida sera vince il disgelo ancora lontano e mi porta la voce di giorni passati. Eloise e Carl ritornano dopo una serata fuori e le risate inondano l’intera dimora. Vivono la loro età come se nulla potesse in alcun modo portargli via ogni cosa.
È così che deve essere stato, in una sera che non mi appartiene. Un altro mito cui il cuore può attingere, immagino.
«Te li mostrerò un giorno, così mi dirai a chi assomiglio di più.» Gli rubo un bacio, poi, con la punta delle dita accarezzo la sua fronte.
«Ho alcune cose nella mia vecchia casa, è rimasto tutto… Lì.»
Sospiro e negli occhi le acque sono tornate a tremare. È difficile continuare a confessare quanto abbia perduto e quanto poco ricordi dei dettagli di un tempo remoto, frammentati come vetri rotti sul pavimento della mia mente. Il tono cambia, una punta d’amaro fa gracchiare le ultime lettere di quella frase. Tento di scacciare il velo di tristezza che minaccia di coprirmi e trattenermi tra i lembi del suo tessuto.
Le palpebre si abbassano per alcuni istanti; un respiro, due.
«Ti va il gelato?» chiedo infine. Portando l’attenzione altrove. Non voglio appesantire quel momento, non più di quanto non lo sia già stato.



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view post Posted on 24/4/2023, 13:17
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Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts

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I tried to loosen off your hold but you stayed and nothing made you fall.

Il cuore ha ripreso a battermi a un ritmo devastante. Nel tempo che intercorre tra la mia battuta e la sua risposta, lo sento salirmi in gola e ovattarmi le orecchie. Sono piuttosto sicuro che suo padre, pur non avendo avuto modo di conoscerlo, mi avrebbe ucciso a vista. Io non piaccio alle persone e non faccio niente per piacergli. Non ho mai dovuto relazionarmi con dei genitori per qualsivoglia motivo e non credo che sarei all’altezza delle aspettative, soprattutto nel caso di una figlia come Megan. Non so come si fanno queste cose, non so come si curano certi rapporti, perché non l’ho mai fatto e non ho mai avuto il desiderio di farlo. La pressione che sento all’altezza del petto mi è estranea; è come se, per la prima volta in vita mia, stessi rimpiangendo di non aver prestato la dovuta attenzione alle interazioni sociali, a tutti i discorsi sull’empatia che ti insegnano da bambino. Vorrei avere le giuste parole da dire, vorrei sapere cosa fare. E non lo so.
L’abbraccio, perché è l’unica cosa che so fare. Credo possa sentire i battiti del mio cuore da questa esigua distanza; le mani fredde per una mancanza di flusso sanguigno decente, con i palmi pressati dietro la sua schiena, oltre il bordo della felpa. Posso imparare. Mi dico che tutto questo è una novità e che capirò, nel tempo, cosa dire e cosa fare per alleviare i dolori del suo passato, così come ho imparato a conoscere i lati del suo carattere che ha reso più evidenti in mia presenza. Eppure, non mi basta. La sensazione che provo è simile a quando dimentico il motivo per cui mi alzo dalla sedia, pur sapendo di averlo fatto per andare da qualche parte o fare qualcosa che proprio non mi viene in mente. Un senso di vuoto consapevole, frustrante. Vorrei tutto e subito. Vorrei essere perfetto per lei. Mi convinco di esserlo al punto da sentire l’ego sferzarmi di ritrovata sicurezza e, poi, alla minima incognita inciampo senza riuscire a tenermi dritto.
Mi dispiace per tutto ciò che ha passato, so che con me può sentirsi di nuovo felice, ma dal momento in cui ha iniziato a raccontarmi della sua famiglia ho dimenticato perché mi sono alzato dalla sedia. Non so dove andare a parare e credo se ne sia accorta.
Ingoio il boccone amaro. Dopotutto, ho capito all’istante, nel preciso momento in cui le parole mi sono sfuggite di bocca, che non avrei saputo gestire un argomento così delicato. E mi dispiace, sono sincero quando glielo dico. Mi dispiace per lei e mi dispiace di non essere in grado di dirle qualcosa di più concreto, mi dispiace di non avere i mezzi per aiutarla a ricostruire i pezzi mancanti della sua storia per darle il conforto che merita.
Mi tiro leggermente indietro solo per poterla guardare negli occhi. Non voglio vederli offuscati dal velo di tristezza che mi ha attirato a lei. Tutto questo, tra di noi, è iniziato sul sentiero amaro che ci ha fatto unire, nel dolore e nel rimpianto, ma le ho fatto una promessa e intendo mantenerla; finché starà con me, farò di tutto per renderle la vita migliore. È tutto, per me. Non voglio vederla così. La amo troppo.

Quando vuoi. Sarò con te. – le rispondo, sollevando appena gli angoli delle labbra in un sorriso dolce, comprensivo. Un tempo futuro non ben identificato, ma la certezza di poter contare sulla mia presenza.
Le annuisco, anche se non sono uno che va pazzo per il gelato. I sapori dolci mi disturbano e sono più tentato di finire la parte di pizza che lei ha fatto avanzare, ma mi è passata la fame.
Mi alzo dal divano sciogliendo l’abbraccio e prendo i cartoni della pizza e i tovaglioli per rassettare il casino che abbiamo combinato in salotto. Non ho la minima idea di quando tornerà sua nonna, ma inizio ad avere l’ansia di essere beccato in fragranza di reato, mentre metto a soqquadro la sua casa con vari oggetti o mentre scopo sua nipote sul divano. Le fiamme nel camino, i cuscini comodi e la neve che si intravede oltre le ampie finestre rendono giustizia a ciò che si considera “l’atmosfera giusta”, ma temo di aver sprecato l’opportunità portandola in camera sua. Se non si fosse fatta prendere dall’ansia e non mi avesse portato via la giacca, dove tenevo i preservativi, non credo che l’avrei fatta alzare da quel divano per nulla al mondo. E adesso è tardi. Sono passate quasi tre ore da quando sono arrivato e la vecchia stronza potrebbe essere in procinto di tornare. Non credo che si preoccuperebbe di avvisare Megan e, piuttosto, si presenterebbe qui con la protervia di una padrona di casa, con una casa di questo genere.

Possiamo mangiarlo in camera tua? – le chiedo, gettando i cartoni di pizza nel cestino che mi faccio indicare da lei. Sono paranoico, ma se non fosse che non so ancora quando andrò via o come, per quel che vale, mi offrirei di gettare il sacco per evitare che la megera ci curiosi dentro. Se si accorgesse che Megan ha invitato qualcuno mentre lei non c’era, finirebbe nei guai?
Riporto lo sguardo su di lei e le rubo di mano i cucchiaini e la scatola di gelato. Con la mano libera la faccio roteare sul posto e la spingo verso l’uscita, in direzione delle scale per il piano superiore.

Credi che potrei restare qui con te, stanotte? – esordisco all’improvviso, quando siamo già oltre l’uscio della sua stanza. Mi richiudo la porta alle spalle e, per qualche motivo, sento l’esigenza di abbassare lo sguardo. Non sarebbe una tragedia se mi dicesse di no; capisco le implicazioni, non sarebbe il massimo se sua nonna si accorgesse della mia presenza nel suo letto, immagino, visto che la paranoia mi ha fatto agitare su eventuali implicazioni per una semplice pizza, figuriamoci questo. Al contempo, però, vorrei che dicesse di sì. Prima o poi dovrò andarmene comunque, soprattutto perché alle 11 ci attende l'Hogwarts Express e non ho ancora rimesso a posto il baule, ma vorrei che mi lasciasse dormire con lei. Vorrei che il tempo si fermasse a questi istanti.



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