Sono Ho un’arma a doppio taglio in mano.
Ne sono quantomeno consapevole.
Nel mondo di Adeline Walker, nel mio mondo, tutti possono avvicinarsi -
non troppo però mh - tutti possono diventare amici, tutti sono degni di fiducia, ascolto, cura, affetto da parte mia.
Tutti sono speciali, unici, a tutti regalerei pezzi di cuore se richiesti
e non.
Il punto però è proprio questo.
..In un mondo dove
tutti sono supereroi.. di fatto, nessuno lo è davvero più.
“Ne sono quantomeno consapevole” il che mi porta a rispondere che in realtà, la sfida non è tanto piacermi, attirare la mia attenzione, ottenere da me spazio di ascolto e di cura – piuttosto, è riuscire a spiccare a modo proprio in quella marea eterna di infinite sfumature che riconosco e apprezzo e accolgo del mondo, rifulgere in mezzo a quelle infinite “altre unicità” proprio lì affianco - mare sempre in un perpetuo movimento e vita.
Quindi come?
Come non annegare in un oceano di tali proporzioni e vastità - come non divenire onda tra le onde?
Metaforicamente e non, penso e rispondo “con una fune” – o in altre parole, attraverso quel legame, quella relazione che piano piano, con infinita pazienza, tempo e costanza, anche alti e bassi – ci mancherebbe - si può andare a creare – ecco, questo è il salvagente, questa è la vera soluzione.
Una fune con due punti di inizio, costruita con l’impegno di entrambi intrecciando tante piccole cordicine, tutte uniche e speciali,
nostre – esperienze, pensieri, azioni ed emozioni condivise -
ecco questo fa in modo che non solo riconosca l’unicità di quella specifica persona (un qualcosa che in fondo riconosco a tutti i singoli indiscriminatamente) –
ma fa in modo che riconosca quell’unicità data dal
noi – l’unicità di quella fune, di quella relazione che
sta nel mezzo e in quanto tale, in quanto
spazio tra in quanto
terzo nella dualità influenza e viene influenzata da entrambi - ed è splendida e magnifica esattamente così com’è - e fa in modo anche che questa risplenda come un faro, e sia per me e per l’altro davvero un qualcosa di unico, speciale, forte, al quale aggrapparsi per ritrovarsi – entrambi, ai capi della fune.
Tutti sono speciali –
Non tutti sono speciali per noi –
Noi non siamo speciali per tutti.
Nel corso della mia vita ho avuto più esperienza di corde costruite solo a partire da me, parziali, altre deboli, alcune tagliate di netto, altre ancora consumate dall’interno da eventi che seppur condivisi e portanti, alla fine le hanno corrose da dentro.
Capita.
Il mio oceano è costellato di funi abbandonate a sé stesse, legate a figure ormai sbiadite – o scomparse.
Una mia forza però, che mi riconosco con un certo orgoglio, è che ho ancora la voglia, la pazienza ed il desiderio di rimettermi a intrecciare cordicelle per creare nuove funi.
Chissà se Alice, dal suo capo della fune, sta facendo lo stesso – o se ha già gettato tra le fauci del mare ogni cosa.
-Sei una stupida.--Può essere.-Mi limito a stringermi un po' tra le spalle, non demordo.
Ho quattro rasoi che filtrano nella mia vita le persone di cui alla fine mi circondo.
Perché sì – a dispetto di quanto si possa pensare, “speciali ed unici tutti” – accogliente e baia sicura per tanti – ma di "zia Ada" nelle mie cerchie più intime e ristrette ne basta
una e già così avanza, grazie tante.
I primi tre a onor del vero, li impugnano gli altri - e fanno
così male quando me li passano sulla pelle..
Il primo rasoio,
è la rabbia.
Le persone arrabbiate dicono una marea di cose, una marea di cattiverie, feriscono, fanno male, lacerano.
Io così, in questo caso, accetto, accolgo – fa male, ma non importa, tengo duro.
La rabbia fa dire e fare cose orribili, io lo so bene.
Non mollo la presa alla prima.
Il secondo rasoio,
è il dolore.
Tolta l’emozione “tappo” che è solitamente la rabbia, spesso e volentieri è il dolore che fa muovere così
male le persone.
Le persone ferite, addolorate, [dicono una marea di cattiverie, feriscono, fanno male, lacerano.]
Graffiano e mordono perché anche io senta il loro dolore, perché anche io soffra con loro e – forse – perché così si sentono meno sole in tutta questa sofferenza.
[Io così, in questo caso, accetto, accolgo – fa male, ma non importa, tengo duro.]
Il dolore [fa dire e fare cose orribili, io lo so bene.]
Non mollo la presa, non mi arrendo, neanche alla seconda.
Il terzo rasoio,
è l’accettazione.
Le persone che sono vicine alla loro verità, spesso soffrono, vogliono negare, fuggire in lidi menzonieri ma più placidi e dolci con loro.
Le persone vicine alla loro verità spesso sono spaventate e [dicono una marea di cose, una marea di cattiverie, feriscono, fanno male, lacerano.]
[Io così, in questo caso, accetto, accolgo – fa male, ma non importa, tengo duro.]
La verità, la paura di questa, [fa dire e fare cose orribili, io lo so bene.]
Non mollo la presa, non mi arrendo, neanche alla terza.
Poi, quando di me solitamente non rimangono che tagli sulla pelle e brandelli di cuore,
il quarto rasoio,
che impugno, che sono io.
Se non è più rabbia, se non è più dolore, se non è più verità e paura che muove l’altro mentre mi ferisce..
Sono io che allora taglio quella fune - e scompaio nel più completo dei silenzi.
Alice è arrabbiata.
E’ furiosa.
Io le sono davanti, con il piatto caldo allungato verso di lei – quando mi pugnala con una tale freddezza – che per un attimo perdo il senso di realtà, vacillo per un dolore tale da non comprendere se sia lama rovente o ghiaccio affilato quello incastrato nel costato, a lacerare il tenero muscolo cardiaco.
Il primo rasoio è andato – anche se sono una persona paziente e soprattutto realistica, da questa Rosso Oro inizio ad aspettarmi persino di peggio.
[Io così, in questo caso, accetto, accolgo – fa male, ma non importa, tengo duro.]
Lei afferra il piatto e si mette a sedere, mentre a me – lo ammetto – serve qualche istante per tornare a respirare [
“Non ha senso che tu sia sopravvissuta fino ad ora senza avere il cuore spezzato ogni lunedì.”] – e ricacciare indietro le lacrime.
Mi volto e sono la stessa Adeline di qualche attimo fa, pacata, lido sicuro e porto accogliente – sono dannatamente brava in certe cose.
[
“Non ha senso che tu sia sopravvissuta fino ad ora..”]
La bottiglia di vino è finita, il tavolo è imbandito di pietanze ma manca da bere.
Mi preoccupo – più che della sete della Grifondoro – del quantitativo di alcool ingerito.
Non credo la farò tornare da sola in dormitorio – a casa – o chissà dove vorrebbe lei, siamo nel pieno di una città babbana che potrebbe anche conoscere poco, lei ha bevuto, è sera e – sino a prova contraria – rimane una minorenne alla mercè del primo schifo d’uomo che potrebbe passare.
Così, quieta, mi muovo verso la cucina come se le fiamme ardenti di Alice che minacciano di incendiare me – la mia casa – la mia intera vita, chissà – fossero quotidiana normalità.
Porto in tavola due brocche d’acqua limpida, la osservo, le avvicino qualche piatto – i panini caldi ripieni, la pasta, i tortini – facendo silenziosi calcoli su cosa possa essere meglio per il suo stomaco anche nell’eventualità in cui mi chieda ulteriore alcool.
[
“Non ha senso che tu sia sopravvissuta fino ad ora..”]
Mi avvicino di più e scelgo di riempirle direttamente il piatto, con pasta, tortini di verdura caldi, una fetta di torta salata e dello sfornato di zucca e fonduta, vicino al piatto i panini semplici e ripieni di formaggio.
Recupero il suo bicchiere e glielo riempio d’acqua – che si lamenti pure, a questo punto sono nel mood giusto.
[
“Non ha senso che tu sia sopravvissuta fino ad ora..”]
Non ho più proferito un solo verbo, me ne rendo conto solo adesso mentre prendo posto anche io a tavola: lo sguardo bicromo torna a sondare quello della Rosso Oro.
-Se vuoi dell’altro vino posso recuperartelo – anche se mi piacerebbe che bevessi dell’acqua per un po'.-Me ne verso un po' anche io, ad ogni singola parola pronunciata, ad ogni singolo respiro mi sembra di essere trafitta da schegge incandescenti [
“Non ha senso che tu sia sopravvissuta fino ad ora.”] – e bevo.
Ho il cuore spezzato al momento, e a spezzarmelo è stata lei.
Non è ancora lunedì però.
Vale lo stesso perchè la mia esistenza abbia un senso?
-In ogni caso, ti fermi a dormire qui stanotte. E mh - mangio un boccone di pane, cerco di ponderare i toni e la quiete
-Questo lunedì..inizio il mio nuovo lavoro, sai. Sono la nuova docente di Pozioni ad Hogwarts.-[Così, quieta, come se le fiamme ardenti di Alice che minacciano di incendiare me – la mia casa – la mia intera vita, chissà – fossero semplicemente giuste così.]