Piacevolmente stupito, mi rigiro la lettera fra le mani.
La comparsata alla grigliata ad Hogsmeade è durata quanto uno Fwooper su un campo da Quidditch e mi rammarico di non esser riuscito a chiacchierare come volevo con coloro che una volta facevano parte della mia quotidianità. Ma Pineswine è una spina nel fianco e a quanto pare devo stargli proprio sulle palle.
Le labbra si piegano in un sorriso divertito, mentre strappo un pezzo di pergamena e scrivo velocemente. Dovrei aggiornare delle mappe che mi guardano accusatorie al di sopra del cumulo di libri che ho ritirato dalla biblioteca (chi diavolo lo conosce il Tibet?), ma le ignoro di prepotenza e mi metto a scrivere.
Daddy!
Il tuo Gufo giunge con altrettanto piacere.
Sono curioso di sapere cosa ti frulla nella testa. L’ultima volta che qualcosa frullava, abbiamo quasi rischiato l’espulsione e, ti dirò, è fra le cose che ricordo con più divertimento.
Ci vediamo lì.
Un saluto,
H.
PS: Crossfit. È una disciplina Babbana. Dovresti provarla, ti piacerebbe.
Southwick Street è forse agli antipodi rispetto a Diagon Alley. Lontanissima da qualsiasi approdo magico, è l’ideale per chi vuole confondersi tra la folla o, semplicemente, imparare qualcosa dai Babbani. Solitamente animata soprattutto da giovani scapestrati, è spesso luogo di baldoria e meta preferita per i cazzeggi del weekend. Ed inoltre, è piena zeppa di turisti molti dei quali, tedeschi con calzini di spugna spessi quanto il mio mignolo e sandali francescani, alloggiano in uno dei tanti alberghi nei dintorni. Non ci sono mai stato prima, ma mentre scivolo tra la miriade di persone alla ricerca del pub indicatomi, sono felice di non essermi Materializzato in questa strada. La cacofonia di clacson e sirene si fonde con le voci eccitate dei passanti e, sono sicuro che, pur non correndo il rischio che qualcuno notasse il suono secco della Materializzazione, avrei avuto sicuramente la fortuna di piombare in braccio a qualche vecchia signora –probabilmente uccidendola– che si inerpica verso la fermata di Paddington; addio Statuto di Segretezza. Scocco un’occhiata alla moto che ho parcheggiato miracolosamente vicino un maggiolino color pastello che mi ha indicato la via: continuo a non essere pratico dei parcheggi Babbani. Non mi piace lasciarla lì, preferisco di gran lunga rimpicciolirla con la Magia, ma anche questo, nel mezzo di questa bolgia, è piuttosto complesso da realizzare.
Mi chiedo perché mai Daddy abbia scelto un luogo del genere per incontrarci. Faccio spallucce e mi incammino, guardandomi distrattamente attorno. Non fatico a riconoscere l’entrata del pub: un gruppo di tifosi del Manchester si sta dando alla pazza gioia per la vittoria della squadra favorita. Schiamazzano, fanno tintinnare le pinte di birra spargendo schiuma ovunque e cantano abbracciati e decisamente alticci oscillando davanti l’entrata del locale.
Da quando vivo a Londra, ho imparato moltissime cose sui Babbani. Li trovo curiosi, li osservo come si fa con un popolo alieno. Disprezzo ancora molti di loro e la paura viscerale che hanno per ciò che non conoscono, ma devo ammettere che spesso e volentieri i loro sistemi di vita sono assai ingegnosi. Oddio, niente a che vedere con la Magia, troppa fatica. Talvolta, però, certe cose sono apprezzabili come, per l’appunto, le moto. Ah, mio caro vecchio amico Vincent, che gran regalo mi hai fatto. Pace all’anima tua. Tamburello le dita sul casco che tengo nell’incavo del braccio sinistro mentre penso a quanto siano cambiate le cose da quando io e Daddy andavamo a scuola. Cosa farà ora? È cambiato tanto quanto sono cambiato io oppure è rimasto sempre lo stesso? Me lo chiedo con genuina curiosità. Di sicuro la sua espansività non è cambiata minimamente e ancora rido per il discorso della “branda”. Ci ho messo una vita a capire se era un insulto o meno.
Quando riesco finalmente ad entrare schivando una manata volante, il casino visto all’entrata non è nulla in confronto all’interno : gremito di gente, con quei grandissimi schermi rumorosi alla parete a fare da sfondo, i tifosi stanno dando il meglio per insegnare a tutti quanti decibel si possono raggiungere in un secondo. Dovrebbe infastidirmi, invece mi fa ridere. Non siamo poi così diversi, noi Maghi. Se ripenso alla vittoria dei Bats di un mese fa e a quanto eravamo euforici io e Ned, davvero non posso biasimare nessuno.
Mi siedo ad un tavolino piuttosto consunto e rabbrividisco: ecco, questo mi è ancora difficile da sopportare e resisto a malapena alla tentazione di prendere la bacchetta e schiaffare sopra la superficie di legno appiccicosa almeno una decina di Gratta e Netta. Decido che il casco lo lascerò vicino a me, sulla panca. Poi mi ricordo che forse è anche peggio, ma amen, è andata.
Consapevole di essere molto in anticipo, quando la cameriera si avvicina, decido di ordinare qualcosa da bere, anche se, diamine, ho una fame incredibile: se non fosse lurido, mangerei anche il tavolo.
« Allora tesò? Che te porto? »Il pesantissimo accento scozzese della tarchiata signora simile ad un cinghiale mi ricorda la Cunningham e per poco non le sbotto a ridere in faccia. Rimedio in calcio d’angolo trasformando la risata in un sorriso
spero credibile.
« Una mezza pinta di una Stout va bene, per ora. »Scribacchia, la ringrazio, lei se ne va. Poi con voce da toro la sento gridare al barista, sovrastando il frastuono:
« STEEEEVEEEEN NA BIRA AL TAVOLO CINQUEEEEEeee! »Scoppio a ridere. Devo ricordarmi di dire a Daddy che ha scelto proprio bene.