E di pugni nello stomaco te ne meriteresti parecchi, più di tutti da Camillo.
Perché sei tu che te ne sei andato, che quando Loreen ha detto che aveva bisogno di spazio e di allontanarsi da tuo padre, non hai avuto cuore di correre fino in quel vostro "parchetto" per dirgli che non saresti più tornato.
Poi certo, sarebbero state le madri a fare i loro chiacchiericci di sottofondo, ma tu non avresti dovuto e basta.
E lo sai perché con lui poi ti sei scritto per un po', senza mai chiedergli davvero scusa, solo inserendo teatrini carini tra un "Ma lo sai che qui camminano solo con la gamba sinistra? Pazzesco!" ed un "Il chupacabra esiste, te lo dico io!".
Per, poi, sempre meno. E se ci si perde in due, beh siete stati due stronzi. Ma a vedervi adesso non potrei dirvi niente.
Ché lui ti è mancato. Te ne accorgi ancora di più ora che è reale, che le se sue ossa si sono allungate anche se non quanto le tue.
Le tue hanno proprio esagerato.
Ma sorridi. Lo ammetti e sorridi. Sorridi in una mezza luna candida che si allarga appena lo vedi venire avanti. Senti quello stupidissimo piercing tra gengive e labbra che tira come un matto. E' assurdo, si chiama "smiley" ma non ti permettere di sorridere se non vuoi morire di dolori.
Ora però può anche staccarsi, non ti importa un cazzo, perché Cam viene avanti e sei qui, stupido. Sei solo un ragazzo, che chiede ad un ragazzo di-
E sai già cosà farà prima che lo faccia, sai che non devi aspettarti un colpo all'altezza dello stomaco: hai solo le cavallette nello sterno.
Ti basta mezzo secondo, il primo contatto e già le tue braccia lo stringono a te, e ridi mentre vi abbracciate così, come se questo non ti inumidisse un pochino gli occhi che - ringraziamo - lui adesso non può vedere.
Le sue braccia intorno alla vita, sono casa, Alexander. Sei in Olanda e sei a Londra al tempo stesso, esisti in due realtà: e tutte e due hanno Camillo.
Ci manca poco che gli lasci un bacio idiota trai capelli.
Come se fosse lo stupido tesoro prezioso, quell’amico con cui giochi così tanto che non hai bisogno di chiedergli come si chiama a fine pomeriggio, perché tanto il giorno dopo lo rivedrai ed il suo nome continuerà a non avere importanza.
E' così che non hai saputo niente di lui per il primo anno, da piccini, perché poi è stata tua madre a dirti chi fosse.
Le braccia lunghe girano dietro la sua schiena e la testa si infossa lungo il collo. Ringhietti quando ti solleva e ti ricorda che le cose non possono cambiare mai, e che non c'è da temere che questo tempo abbia leso un rapporto.
Semmai l'ha rafforzato.
Sei così felice che ci ridacchi in quella piccola alcova privata, neanche foste da soli nel tuo van.
E non in una stazione di Brixton, con chissà quanta gente svoglia intorno a cui state bloccando la strada.
A te non è mai importato di avere gli occhi degli altri addosso, “che guardino” ti sei sempre detto, “che vedano” quanto ti importa delle tue persone.
Ma, come tutte le cose belle, anche se l'abbraccio lo sciogli, non ti sai staccare da Camillo, gli resti vicino, resti a guardartelo ancora un po' mentre ti parla, come a renderti conto della bestia selvatica che Londra ha cresciuto dopo chw l'Olanda l'ha risputato fuori.
Wow, eh?
Ed è l'olandese la lingua che ti si scioglie in gola, forse i piercing ti rendono anche più accurato nel muovere gli accenti. La ruggine l'avete addosso entrambi.
E negli occhi lo guardi, ancora con quella risata che scema in un ghigno selvatico.
Sarà forse per la marea di domande, ma è così che ti senti amato, egoisticamente e scioccamente atteso.
«Mi? Un lavoro? Neanche l'ombra»
Glielo dici come se fosse palese che ti te non è che si fidino in tanti. E' vero che sei distratto, ma sei ancora così tanto buono... e poi magari sei portato per lavoretti particolari, no?
Però ecco, devi dirgli da quanto sei qui. Questo come minimo. Non hai fatto la merda così tanto, almeno.
«Do settimane, giorno in pì, giorno in manco...»
Ti crucci nel pensarci, storci le labbra, che tanto la risposta alla sua vera domanda, la dà il tuo stomaco brontolando.
«Diria che, si beh, magari dove che te piaxe de pi, me va ben tuto, go massa fame»
Ma finisce che ridi, un po' della tua stupidità, un po' perché non riesci a non sentirti come quel bambino biondissimo che aspettava l'ora "x" ogni volta per correre al parco senza guardare in faccia nessuno.
Quante ginocchia sbucciate perché nella fretta non guardavi dove andavi.
Una spallata dopo l'altra, ti fai avanti anche tu.
«Xe beo vedarte» tanto, si. Lo accenni, con una punta di fierezza, anche se tu hai scazzato tutto, dall'ora al punto e per poco anche il giorno, non fosse che volevi vederlo così tanto saresti finito altrove.
Ah si, poi va beh, magari il coltellino svizzero che tiri fuori non fa che aggravare le cose, ma ora potresti battere la testa contro un palo camminando e non ti cambierebbe un cazzo.
Ci stai attento comunque.
«Questo nol va ben, ah?» neanche per la carta, Lex. Quello nemmeno come apriscatole.
alexander hydra - 23.
taurus sun - aquarius rising