HR: Hostile Recruitment, Privata | A. Hydra

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view post Posted on 7/9/2023, 21:39
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Hostile Recruitment
Niahndra Alistine
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L'estate londinese è calda, non troppo soleggiata. L'umidità continua a farla da padrona, ed è quella che ti frega —o almeno così dicono.
Niahndra è d'accordo, ma probabilmente dipende dalla patina di sudore che le copre la pelle mentre cammina verso casa. Si passa una mano tra i capelli all'altezza della nuca e sbuffa perché basterebbe che fossero appena appena più lunghi per poterli legare.
«Hai un repsi genitum da paura, comunque». Sam sta camminando di fianco a lei, massaggiandosi i polsi con un ghigno divertito. «Mai visto un controllo simile».
Si capisce che il suo commento è sincero perché nella voce brilla una nota di orgoglio e ammirazione. È di umore chiacchierino da quando hanno lasciato la Congrega dei Saggi Duellanti.
Per tutta risposta, Niahndra fa un verso poco convinto. «Serve a poco se non riesco a batterti».
L'altro scoppia in una risata divertita, incapace di ignorare l'occasione per pavoneggiarsi un poco. Non gli interessa dare un bacino sulla bua, anche perché sa che sarebbe la mossa sbagliata. Piuttosto, allarga le spalle e pompa il petto prima di scoccarle un'espressione tronfia. «Che dire, non puoi competere con la mia superiorità atletica».
«Sì, certo, come quando sei quasi cascato nel trucco più vecchio del mondo? Col lapsus?»
«L'invidia non ti dona, tappo».
«Okay, rivincita. Domani. Stessa ora».
Sam alza gli occhi al cielo mentre svoltano l'angolo della via di casa. «Lavoro. Non hai altri impegni, tu?»
Niahndra si stringe nelle spalle e inarca un sopracciglio. «È estate, non ho nulla da fare. Forse vado da Hameeda in mattinat—».
«Niah, io ti voglio bene. Però ti devi fare degli stracazzo di amici».
Niahndra allarga le braccia, rallentando il passo fino a fermarsi. «Ho appena detto che vado da Hameeda».
Sam la supera di un paio di metri, poi si rende conto di averla persa e torna sui suoi passi. Sospira, prima di aprire di nuovo bocca. «Intendevo degli amici che non abbiano cent'anni per gamba!»
Azzeccando un tempo comico assurdo, l'ottantenne in questione coglie proprio quel momento —tra tutti— per oltrepassare il cancello del suo giardino e andare loro incontro. Con l'unico occhio che le rimane rivolge un side eye divertito in direzione di Sam, che nel frattempo ha chiuso la bocca così velocemente da farsi quasi saltare un pezzo di lingua. Si strozza in un saluto.
Niahndra non fa niente per trattenere la risata in gola. «Ciao, Hameeda».
«Sam, Niahndra». Replica la donna con garbo, prima di focalizzarsi sulla ragazza. «Ci vediamo domani». A quel punto li sorpassa.
Accanto a Niah, Sam si sgonfia. «Magari non ha sentito», commenta a bassa voce e colmo di speranza.
«Ah, e...Sam?»
La vecchia è ormai di spalle a loro, per cui l'interpellato è costretto a voltarsi per guardarla. Lo fa a capo chino e senza tanta fiducia. «Sì?»
«Sono ottantatré questo sabato, se vuoi portare un regalo».



«La finisci? Non è divertente».
«Perché non hai visto la tua faccia appena è comparsa! Impagabile».
Niahndra ha ancora il fiato corto per le risate quando s'infila sotto al braccio di Sam per sorpassarlo sull'uscio di casa. Si abbassa in un movimento unico a raccogliere la posta che è finita in terra.
«Non ti ho mai visto arrossire così tanto».
Smista rapida le lettere, scarta quelle che non le interessano. Sta aspettando il nuovo numero de "I Delitti irrisolvibili dell'Auror Mistere", ma è una missiva differente ad attirare la sua attenzione.
Lo sconcerto deve essere leggibile sulla sua faccia perché Sam la incalza con un'alzata di sopracciglio interrogativa. Per tutta risposta, si vede passare il foglio.

«Hanno esaudito il tuo desiderio. A quanto pare ho un lavoro che non cercavo».
Sam solleva gli occhi dal biglietto. «Che storia è?»
Niahndra fa spallucce. «È Breendbergh».
Come se spiegasse. Forse un po' lo fa.


«Davvero? A Brixton, di tutti i posti?»
Fedele alla propria parola, Camillo è passato a prenderla l'indomani per scortarla fino ad un quartiere che ha fatto da sfondo a una qualche loro disavventura di troppo.
«È passato un secolo, devi lasciar correre a una certa. Vedilo come un nuovo inizio». Di cosa, però, non è dato sapere.
L'amico non si sbottona neanche a pagarlo oro; ha la bocca più serrata di quella volta che Niah gliel'ha riempita di sapone e lui ha ingoiato pur di non dargliela vinta. Fa una fatica bestiale a conciliare l'immagine di quel ragazzotto scemo, con la figura da imprenditore che adesso le sta accanto. Un esempio perfetto del Sogno AmericanoTM
«Cioè, ma è proprio tuo?»
È una domanda idiota. Niahndra se ne rende conto mentre legge l'insegna che recita "L'Atelier delle Modernerie (di Camillo)" (stranamente chic, tra l'altro). Eppure, fatica a raccapezzarsi del fatto che il locale che ha davanti agli occhi appartenga proprio al ragazzo.
Si volta di nuovo a guardarlo, confusa. Lui la precede.
«Devo sbrigare una cosa al volo, tu entra e familiarizza intanto ché tra poco apriamo ai clienti».
«In che senso— Non ho neanche accettato ancora!».
È inutile, perché Camillo è già sparito sa dio dove a fare sa dio cosa.
«Non ci posso credere», sbotta rabbiosa. «Non ci posso proprio credere».
Parla da sola e scuote la testa mentre allunga suo malgrado la mano in direzione del portone d'ingresso. Come sia possibile che dopo tutti quegli anni lei riesca ancora a rimanere incastrata nelle idee folli dell'amico, proprio non riesce a spiegarselo.
«Ben ti sta, Niah. Così impari a farti crescere una spina dorsale».
Il tempo di un sospiro, uno di quelli gravosi e a pieni polmoni, poi è dentro.
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Si può dire una cosa di Alexander: che è sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato, ed a volte non perché si cacci nei guai con una statistica allucinante, ma perché non sa orientarsi.
Si direbbe il contrario, soprattutto di un viaggiatore tanto assiduo. Tuttavia il suo concetto di sopravvivenza è peculiare.
Diciamo che si basa molto sul riuscire ad instillare una discreta dose di pena nel prossimo. Però, ecco, oggi non è uno di quei giorni.
Oggi lui è al posto giusto ed al momento giusto. O almeno così gli ha confermato Maps, ed il link che Camillo gli ha previdentemente attaccato al messaggio. Neanche il tempo di alzare la serranda, e già si scrocchia le dita, pronto a fare qualcosa di utile per la società.
Nah, non scherziamo, è solo che da come gliel'ha messa l'amico, questo posto sembra perfetto. Fatto su misura per le loro stravaganze.
Tanto che un po' Lex ha saputo commuoversi, soprattutto nel ricordare i discorsi sconclusionati tra lui e Camillo quando erano più piccolini. Dio, ci è riuscito davvero. Camillo sta aprendo il suo negozio e ci può essere qualcosa di diverso da un sorriso sulle labbra di Lex? No. Si comincia.

Mamma sta piangendo, solo che non lo vuole ammettereTh3o


Ma come? Credeva così poco in me? :/ Dalle un bacio, poi la chiamo Lex(y)


Daglielo tu quando torni, io sono un adultoTh3o


Guarda che riempio pure te di baci, stai attento a quello che dici!Lex(y)



Gli scatoloni un po' alla volta prendono forma, accartocciati in condomini - no, non è un tipetto ordinato, dovreste vedere il suo Van - si trasformano in quella merce che prende vita sugli scaffali. Armato di canotta e camicia leggera, Lex si da da fare già da un paio d'ore.
Lo fa ancheggiando, balla secondo le note che sente solo lui. E non si fa problemi per nulla, che se non ha alzato il volume - reale - in tutto il negozio è solo perché non ha ancora capito come funzioni nel dettaglio.
Oh ma imparerà, e poi sarà un problema tutto vostro.
Si sta un po' arredando a modo suo, ma non pensa ci siano grandi problemi per questo - è anche vero che si aspetta che arrivi Camillo da un momento all'altro - ma è tranquillone Lex. Sa che in fondo se è stato buttato qui dentro al volo, significa che l'amico un pochino in lui ci crede e non è proprio capace di vivere d'ansia.
Come diceva sempre sua madre "in qualche modo si fa", e lui è assolutamente figlio di quel concetto portante. Ed in qualche modo fa davvero, con un sorriso che non gli si vedeva da un po', complice la pioggia di Londra. «Oh, tu qui sei perfetta» sfiora una cotterocamera.

Ed è quasi certo di sentire un borbottio quando tra una pila di scatole vuote e l'altra - giura che le fa sparire a brevissimo, promesso - si districa fino alla ragazza che è entrata.
Reduce dei consigli del fratello, si toglie il cappellino per agganciarlo dietro i pantaloni larghi e ravviva i capelli con una mano. Poi la guarda. Cerca di capire se è una cliente o solo una curiosa, oppure in genere entrambe le cose? «Ohi» saluta, con un sorriso che si allarga piano.
«Apriamo tra poco, ma ehi, se vuoi girare un po': fai pure» alza le spalle, un ghigno leggero sfila oltre l'espressione curiosa. E' felice, stupidamente e come sempre.
«L'unica cosa -» corruga la fronte, teatrale, la indica arretrando per tirar via altre scatole. «- non rubare niente, ti prego, è il mio primo giorno, piuttosto chiedi, o avvisa?» impietosire, sempre. Congiunge le mani.
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Niahndra Alistine
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Come possa Breendbergh mollarle un negozio da gestire, senza preavviso o preparazione alcuna, e andarsene a bighellonare da qualche altra parte è qualcosa che Niahndra non riuscirà mai a comprendere. Si tratta di un livello di nonchalance che la spedirebbe direttamente da uno psichiatra se solo si azzardasse a imitarlo.
*Chi vuoi prendere in giro, sei già da psichiatra senza imitarlo*.
Sta ancora imprecando tra sé e sé mentre si richiude la porta alle spalle; nello spostare il peso in avanti un piede urta contro qualcosa di duro e, solo a quel punto, Niahndra nota gli scatoloni vuoti che affollano l'ingresso. Sposta lo sguardo ancora oltre e intravede un paio di scarpe, un paio di gambe, un cappellino che sparisce dietro alla schiena; a quel punto intuisce che c'è qualcosa —qualcuno— di strano e si affretta a salire ancora un po' più su per incrociarne gli occhi.
Rimane immobile mentre la testa cerca di computare il più rapidamente possibile le alternative che le si parano davanti. La presenza del ragazzo l'ha presa in contropiede e adesso non è certa di come proseguire finché non è soddisfatta di aver collocato la sua figura in maniera appropriata all'interno del contesto. È un magazziniere ingaggiato per sistemare gli ultimi ritocchi? Un amico di Camillo arrivato a dargli una mano? Il socio in affari? Sembra giovane ma, in fondo, anche Camillo lo è.
Il biondo continua a parlare, ma Niahndra non si sbilancia. Si guarda attorno sperando di trarre più informazioni dal contesto, ma per il momento la conversazione decisamente non sta andando come si aspettava.
Dare un'occhiata in giro si rivela la mossa più sbagliata, perché gli scaffali brillano di luce riflessa e la varietà di articoli esposta la confonde con le sue forme e colori. In quel momento si accorge che una parte di lei aveva nutrito seri dubbi circa la fantomatica attività di Camillo; persino entrando si era aspettata di ritrovarsi in un qualche buco dimenticato dal Signore, rapita e venduta al miglior offerente, organo per organo.
Invece, quello—
«È davvero un negozio come si deve». Le sfugge prima che possa controllarsi e la sorpresa sul suo volto fa eco a quella nascosta nella voce.
Gli occhi saettano di nuovo verso il ragazzo in canotta e camicia, attirati dal cambio di espressione e tono; proseguono in direzione contraria rispetto a prima, dal volto s'abbassano sulle mani congiunte. Niahndra è brava in quello, nel cercare elementi che stonano, pattern interrotti. Il disagio si placa appena quando capisce che l'altro è all'oscuro quanto lei. Fidati di Breendbergh quando si tratta di creare il maggior quantitativo di caos da una situazione.
«No, io in realtà qui ci lavoro....?» La frase assume un'intonazione ascendente sul finire, proprio come le sue sopracciglia. «Credo».
Niahndra si passa una mano sugli occhi, ai lati del naso, dove sente iniziare la solita emicrania da Camillo. Un'altra scarica di imprecazioni le squarcia la testa. Poi si ricorda del povero cristo lì davanti e pensa che anche lui, pace all'anima sua, si meriti una spiegazione.
«Breenbergh, mmh Camillo— con il pollice indica alle sue spalle, fuori dalla porta d'ingresso, dove l'amico è sparito dopo averla lasciata come uno stoccafisso— mi ha lasciato qua prima di andare... *Dove? Non l'ha detto. Non ha detto niente in realtà* Insom...aspetta–».
A rallentatore, un pensiero l'attraversa. Inclina la testa e scocca un'occhiata incredula al biondo. «"non rubare o almeno avvisa"?» Trattiene a stento il sarcasmo mentre gli fa il verso. «È questa la tua strategia? Cioè, se tipo io...»
Mentre continua a parlare, Niahndra prende a muoversi lenta verso uno scatolone, caccia dentro la mano alla cieca e chiude le dita su un oggetto a caso (un paio di occhiali?). Si risolleva piano, senza staccare gli occhi di dosso dal suo interlocutore, curiosa di sapere fino a che punto le permetterà di arrivare. «Ti dicessi storubandograzieciao e me la filassi?»
L'altra mano è già sulla maniglia della porta.


--
Sono un sacco di azioni scus non ho resistito: Gestisci pure come ti torna meglio :<31:
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«Puoi dirlo, si» E' davvero un negozio come si deve, si. Lo pensa anche Alexander, nel seguire l'eco della ragazza. La guarda negli occhi, perché è abituato a parlare così con le persone. Le sue intenzione restano tra le più pure, e così neanche il sorriso vacilla.
Non fatica a pensare di essere fiero - in qualche modo - del suo amico. Camillo che ha aperto un neogio, che sta per lanciarsi nel mondo del lavoro con un'attività cucita alla perfezione su di lui.
Farne parte significa tanto per Lex, soprattutto dopo quel tempo in cui un po' le distanze erano sembrate voragini.
Si beh, lui ha sempre pensato che sarebbe tornato, gli avrebbe fatto la giusta imboscata e - insomma - alla fine così è stato.
Appoggia l'avambraccio ad una pila di cartoni, uno degli ultimi condomini torreggianti che ha svuotato. Potrebbe far sparire tutto con un evanesco ben castato, ma non ci è abituato. Gli viene automatico muoversi come un no-mag. Si, nonostante le scuole, nonostante tutto.
Per questo è pacifico in ogni intento, o forse ha solo la speranza che non si arrivi sempre a tirar fuori la bacchetta, ma che ci si possa fermare prima. Figlio della convinzione che con un po' di paraculaggine ed il giusto apporto recitativo, niente sia insuperabile.
Ad esempio, ecco, la ragazza che è entrata è stata letteralmente scaricata lì da Camillo, come un pacchetto espresso. Non sembra aver gradito. Tuttavia, Lex non muove un muscolo. La guarda solo per studiarla, per capire dai suoi gesti come andrà a finire.

«Oh, tu devi essere-» stringe gli occhi, come se dovesse ricordare informazioni assolutamente non pervenute da Camillo.
In effetti non ne sapeva niente, ma - al solito - non si fa un problema a riguardo. «- no scherzo, neanche io ne sapevo nulla » ma lo afferma con una risata cristallina che gli fa scuotere il capo.
Guarda appena oltre la spalla della ragazza, ma di Camillo ovviamente neanche l'ombra. «E la cosa non mi stupisce» si gratta la nuca. Ride.

In qualche modo, questa cosa a lui sembra divertente, non nel prenderla in giro, solo simpaticamente ironica. Non un punto di stress, quanto più un momento perfetto per integrarsi: nella stessa sfortuna si creano i legami, no? «Mh?» tamburella con le dita su una cassa in legno vuota, l'accarezza. Ma poi si rende conto di ciò che sta succedendo, e con un paio di falcate si sbilancia fino a bloccare l'uscio con il palmo della mano. Delicato, però.
«Si, cioè.. non sono molto pratico, non sono il tipo che rincorre a bacchetta sguainata.»
Deglutisce, un velo di insicurezza negli occhi, solo un pizzico nel ricordarsi che è in un mondo a cui non sente ancora benissimo di appartenere. Ma farà del suo meglio, questo è certo.
«E' che-» fa scivolare via la mano tornando ad infilarle entrambe nelle tasche dei pantaloni. «- per favore, non farlo. Ci tengo a questo posto e voglio solo che abbia la miglior apertura possibile» Perché è di Camillo. E Camillo è importante. «Mi dai una mano?» elemosina.
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Niahndra Alistine
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Dire che Niahndra non abbia mai rubato sarebbe dire una bugia. Sgattaiolare di nascosto nella dispensa dell'orfanotrofio, raccattare un dolcetto, un frutto o soltanto tozzo di pane è stato l'apice di molte delle giornate che ha passato lì dentro; almeno finché Sam non le ha chiesto di smettere e Suor Prudenzia si è assicurata che ubbidisse. A quel punto è diventata solo più furba.
Eppure, non si sognerebbe mai di rubare ad un suo amico; solo l'idea le fa rivoltare le viscere. E per quanto la faccia dannare, per quanto da quando lo frequenta Niahndra soffra di reflusso gastrico, per quanto stare in sua compagnia equivalga a tracannare tre fiale di pozione invecchiante d'un colpo, Camillo è suo amico.
Però. Però, però, però.
Non c'è modo di negare la scarica di adrenalina che la percorre mentre si avvicina alla porta e sfida apertamente lo sconosciuto. Al posto della confusione, sul suo volto danza adesso un'espressione accesa e vibrante; stuzzica, stana, interroga: fino a che punto può tirare la corda?
Quando l'altro si muove, Niahndra sente i muscoli irrigidirsi. *Bingo*.
Se non le compare un ghigno sul volto è solo perché è troppo concentrata a seguirlo. Bastano due falcate —maledette gambe lunghe— per raggiungerla, basta un braccio a bloccarle il passaggio.
Benché sia stata Niahndra a lanciare volontariamente l'esca, una parte di lei non può fare a meno di attivarsi sul serio e al di là del gioco; sente il corpo reagire come se potesse davvero essere in pericolo e, per un attimo, intrattiene la possibilità. Valuta le sue probabilità di riuscita, i suoi svantaggi, identifica un paio di alternative su come cavarsi da lì.
L'altra parte di lei, o magari la stessa sotto mentite spoglie, registra nel mentre le parole supplichevoli. Capta...non esattamente debolezza, ma uno spiraglio, quello sì. Il ragazzo è abbastanza vicino perché lei possa distinguere il movimento del suo pomo d'Adamo; abbastanza vicino perché lei possa notare l'incrinatura nella farsa. Niahndra è tanto brava a scovare incertezze, quanto uno squalo lo è a fiutare tracce di sangue. Ed è altrettanto famelica.
Si accorge di star passando la lingua sui denti solo nel momento in cui l'altro ritrae il braccio, ed è come se un incantesimo venisse sollevato. Il campanello d'allarme che si è acceso nella sua testa, e di cui non si è veramente resa conto fino ad adesso, s'affievolisce e Niahndra è di nuovo padrona di sé. Sono nel negozio di Breendbergh, stanno inscenando uno sketch divertente, non c'è un pericolo reale.
La ragazza fa un "mmh" di gola, come se avesse concluso un qualche tipo di valutazione e fosse soddisfatta del risultato. Quindi, come se nulla fosse, raddrizza la schiena e distende le spalle. Un sorriso rilassato fa la sua comparsa.
«Stavo solo scherzando. Ecco, tieni».
Prestando attenzione a risultare mansueta, allunga il braccio col palmo inchiostrato rivolto verso l'alto per offrire il paio di occhiali che ha "sgraffignato". La nota calcolatrice nel suo sguardo, come di chi sta sempre ragionando oltre, non viene camuffata del tutto, ma è un suo tratto distintivo e Alexander avrà modo di rendersene conto lavorando insieme a lei. Per adesso, tuttavia, hanno un obiettivo comune e, qualunque informazione Niahndra abbia registrato finisce catalogata diligentemente nella sua testolina ad uso futuro.
«Certo», concede. «A quanto pare, sono qui apposta».
Si guarda un po' intorno, muovendosi di un paio di passi per allontanarsi dalla porta e svincolarsi dal raggio d'azione del ragazzo. Tenta di sminuire quel gesto fingendo indifferenza, con la punta del piede sfiora qualche scatolone. «Cosa rimane da fare?»
È tornata la persona analitica di sempre. Fa pivot su una gamba e compie una mezza giravolta per tornare a guardare nella direzione del biondo. Ancora non sa chi è, ma ha altre priorità. Per esempio, «e quanto tempo abbiamo per farlo?»
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La facilità con cui Alexander perde un battito è la stessa che si può usare per raggirarlo. E' facile come rubare le caramelle ad un bambino, salvo poi che bisogna fare i conti con le sue stesse rimostranze. Quei grossi lacrimoni tristi che non vorresti mai vedere su un muso tanto carino. O così diceva sua madre quando - da piccolo - le scampava tutte.
Diciamo che diventare uno spilungone in adolescenza gli ha tolto quell'aria innocente completa, per dargli un po' il ghigno dell'astuto. Niente di più falso.
Anche se adesso assume i tratti di un uomo, lo sguardo dolce è tornato alla carica. Fa ben coppia con il sorriso che si incastra troppo spesso trai denti. A lavorarci assieme si può imparare come i sorrisi di Lex parlino più dei suoi gesti. Ci sono sorrisi di entusiasmo, di scherno, o sorrisi per ringraziare e perfino sorrisi soddisfatti.
Ecco, come quello che sfoggia ora. Immaginava fosse uno scherzo - almeno lasciamogli credere sia così - ma non è mai un problema per lui aprirsi.
Le avrebbe detto quelle cose anche se avesse voluto rubare gli occhiali sul serio. Mettersi a nudo è parte del suo essere. Ha sempre detto che non gli piace mentire, e non perché non possa "fingere" - le sue doti teatrali usciranno presto fuori - ma perché sa bene che non avrebbe la testa per tener conto di ogni bugia detta, e far filare così i discorsi senza ingarbugliarsi mai.
No, se Lex mentisse, ne uscirebbe pazzo. Non omette neanche.

«Cielo, grazie! Posso tenermi il lavoro ancora un giorno» ridacchia, sollevato, tornando a quella distanza utile a permetterle di farsi strada trai suoi condomini di cartone. Avrà meno tempo di lui per adattarsi.
Rientrato in possesso degli occhiali, li ripone sulla mensola che ne contiene quasi una decina.
«\Vediamo...\» senza rifletterci, le dita si muovono in cerca di quelle parole che a voce spesso non escono. E' solo l'altro modo che ha di parlare.
La lingua dei segni è come una lingua madre, dovuta al fratellino Theo non è mai stata un peso da imparare, anzi. Lex si è sempre sentito fiero di averla imparata, di conoscere un linguaggio segreto con cui comunicare a casa, o in giro. Anche al campo estivo... quello - insomma - quello in cui ha conosciuto Camillo.
« Vanno ripiegati i cartoni e penso ci siano degli Skat-...Skyet-.. che vanno appesi in quei ganci» le braccia lunghe vanno ad indicare gli appigli utili a mettere tutto in mostra.
«Poco, mi sa che-» guarda in sù verso un piccolo orologio «- cazzo, mezz'ora?» ma ride. Si perché così fa con ogni cosa che lo metta alle strette. Più la situazione può complicarsi, più si diverte: una forma di sadismo. «Ma possiamo farcela!»

«Ah, \io sono Lex\, semmai dovessi urlare il mio nome qui e lì, ti giuro che arriverò immediatamente a rendere conto dei miei danni»
In parte qualcosa gli dice che ne farà, magari non troppi, ha comunque lavorato qualche inverno nel negozio di fiori di sua madre, ad Amsterdam. Si aggira, trai cartoni, la guarda. «\Bei tatuaggi\» sussurra.
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Niahndra viene premiata con un sorriso aperto e adorabile, in cui —benché la cerchi— non scorge traccia di malizia o ironia. Deve preoccuparla il fatto che l'altro ritenga altamente probabile il proprio licenziamento? Implicitamente diffida di tutte le compagnie di Breendbergh, così come diffida della sua facoltà di intendere e di volere; diamine, l'ha assunta via gufo senza che lei si fosse offerta e l'ha scaricata in negozio senza dirle niente poco prima della sua apertura. Per cui, no, non si sente troppo in colpa per i pregiudizi che chiaramente ha in quel momento.
Non che abbia troppo tempo per crucciarsene, per adesso.
«Mezz'ora??» Strabuzza gli occhi sputando quella domanda come se fosse un'imprecazione. «Merlino ladro, okay».
Se non altro, il...collega? se la ride, e Niahndra ha il tremendo sospetto che lui e Breendbergh condividano una qualche tendenza suicida di troppo. Quasi sogghignerebbe anche lei della reazione diametralmente opposta che stanno avendo —golden retriever energy lui e black cat energy lei—, ma trova molto poco da ridere in quella situazione. C'è una parte non indifferente di lei che si rammarica di non aver fatto ingoiare a Camillo qualche pillola in più durante il Ballo dell'Eclissi di Sangue. Si propone di rimediare appena ne ha l'occasione. Adesso le basta concentrarsi sul far passare il pomeriggio, aiutare Camillo ad inaugurare il negozio e vedere come va; dopodiché, si riserva il diritto di dire grazie e a mai più.
Anche se non riesce a eguagliare il livello di entusiasmo dell'altro, si sforza di indirizzargli almeno un pollice in su di incoraggiamento mentre estrae rassegnata la bacchetta dalla tasca. Adesso deve solo trovare gli sky-cosi.
«In pratica cosa vendiamo qui? Tu lo sai?» Domanda mentre sbircia qui e là la merce già esposta su mensole e scaffali. Sono oggetti inusuali da vedere nel mondo magico, ma se conosce un po' la mente che li ha partoriti è pronta a scommettere che il loro utilizzo sia anche più singolare. Okay, forse è un pochino curiosa; e forse è anche un pochino orgogliosa.
*Bleah*
La voce del collega la distrae nel bel mezzo di un leviosa, ricordandole le buone maniere. Un velo di imbarazzo le copre le lentiggini, specialmente quando Niahndra lo coglie di nuovo a gesticolare strano con le mani. Alla menzione dei tatuaggi, poi, è costretta a distogliere gli occhi.
Non ci ha ancora fatto l'abitudine. E per quanto le sembri giusto avere quei segni sulla pelle, per quanto sappia che sono passeggeri, ancora non riesce a fare del tutto i conti con le attenzioni che attirano.
«Grazie». È rigida, abbozza un sorriso prima di tornare a guardarlo. Da qualche parte, nel suo cervello, qualcosa sembra ricordarle che per buona norma sociale dovrebbe ricambiare il complimento —e vorrebbe, ha notato i tatuaggi immediatamente—, ma è troppo impacciata per farlo. E poi, al momento, tutte le sue energie sono devolute a richiudere nei cassetti della memoria un Lex differente —torreggiante, tozzo e dal grugno decisamente più cattivo.
Sono nel negozio di Breendbergh, non c'è un pericolo reale.
Le serve uno sforzo notevole per ricacciare in gola la bolla acida di rabbia.
«È un piacere», mente. «Io sono Niahndra».
È tornata a far levitare uno a uno gli skateboard rimanenti, ma poi la curiosità ha la meglio. O forse, per una volta tanto, non riesce a sostenere il silenzio.
"È lingua dei segni quella che usi?", è la domanda che vorrebbe fare.
«Quindi, come conosci Breendbergh?», chiede invece.
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E' probabile che - ogni tanto - Alexander manchi di senso pratico, in fondo per lui mezz'ora è più che sufficiente per aprire i battenti, e prepararsi a qualunque cosa comporti la riapertura.
Cambia poco l'essere stato spinto a prendere parte a quest'avventura, lo avrebbe fatto anche se Camillo non glielo avesse chiesto. E non solo per recupera gli anni che - vuoi o no - hanno perso, ma anche perché lo elettrizza sfidare i propri limiti.
C'è solo una piccola nota agrodolce, una punta amara sulla lingua, come se ad una caramellina morbida a liquirizia e menta fosse aggiunto il frizzantino del limone. Sembra solo ingestibile, ma non lo è, basta lasciarsi andare. O forse è giusto un vaneggiare suo dolce in quel mar di cartoni e imballaggi.
Tant'è che per qualche istante si perde nel ricordo del negozio di mamma. Era piccolino quando si aggirava tra gli scaffali ricolmi di vasi e, con i grandi occhioni azzurri, si soffermava qui e lì. Ammirato per quanto Loreen avesse lavorato e sudato per quell'attività.

«Oh ehm, si!» No? Cos'è che vendono esattamente? No dai, un po' lo sa, è stato attento nel velocissimo giro di presentazione, quindi un po' potrebbe anche istruire la nuova arrivata.
«Quegli omini liggiù-» indica allungando le gambe come una lunga cicogna per avvicinarsi cheto a Minichini e Menichini. «- servono per diventare dei grandi duellanti» sorride, ma solo perché lui probabilmente nemmeno con quelli ne sarebbe capace.
Non è mai stato il tipo da darsi al duello, neanche per diletto: proprio lo stretto indispensabile ha sempre fatto. Ha preferito imparare le cose più utili per la sua idea di sopravvivenza.
«Questi-» cammina all'indietro, ha imparato a percepire gli spazi del negozio, indica machinine e piccoli droni. «-volano e corrono, e riprendono quello che vedono e con quelli- » sfiora gli occhiali, «- migliora tutto»
Ecco si, su questo è rimasto un po' vago, ma c'è da dire che era tutto un treno in corsa, prima.
Sfiora le scatoline con gli assi nella manica. «In questi si può caricare un incantesimo per volta e, OH SI anche quelli volano» gli Skyteboard, ovviamente. «Mentre loro-» le ultime coloratissime scarpe posizionate sugli scaffali «- sono la cosa più utile per la gente come me» sospira, adorante. «Aiutano a trovare un punto da raggiungere» Ma se le indossasse, probabilmente lo riporterebbero in Atelier.

Piegare cartoni è quasi rilassante, lo fa a mano e con la schiena appoggiata al bancone, guardando di tanto in tanto Niahndra.
"Siamo amanti" direbbe in risposta a quell'ultima specifica domande, ma certo non ha percepito quel senso di ironia che potrebbe creare appigli, o capirsi insomma. Quindi per una volta, evita e fa scivolare una verità più profonda.
E' solo la calma prima della tempesta. «Sono olandese anche io» marca l'accento solo un pochino, ha le mani occupate, altrimenti si muoverebbero a rimarcare queste parole.
«Andavamo allo stesso parco giochi ogni estate.» Piega un altro cartone «Siamo figli della stessa città .. e a quanto dice lui, anche dello stesso postino» si lascia sfuggire un sorriso più onesto ancora.

"Quindi Camillo è il tuo miglior amico?" "Si!" "Per sempre?" "Per sempre"
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Non fidarti delle informazioni di Lex sulla merce. Ecco diciamo che era un po' distratto. :flower:
 
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Dei grandi duellanti, mmh?
Con gli occhi Niahndra segue il movimento di Lex verso i manichini che fanno bella mostra sugli espositori senza poter fare a meno di rubare un'occhiata anche al cartellino con il prezzo. Magari con la prima paga da dipendente, pensa, e subito dopo aggrotta la fronte: perché improvvisamente stava dando per scontato di voler rimanere?
Seguì il resto della spiegazione. Lex la tenne vaga e ridotta all'osso, tanto che Niahndra si chiese dubbiosa se ciò dipendesse da ragguardevoli capacità riassuntive ed espositive o, piuttosto, dal fatto che il funzionamento fosse rimasto un po' oscuro anche a lui. Magari avrebbe potuto recuperare un qualche libretto delle istruzioni perché così, con delle istruzioni verbali scarne e caotiche al tempo stesso, lei stava facendo una fatica del diavolo a comprendere e memorizzare.
Bouncer, stalker o influencer e disorientati —ecco il target a cui sembrava rifarsi il negozio di Camillo. Tutto sommato la cosa non la sorprese.

Di solito Niahndra non era una grande fan delle domande personali. Né quando si trattava di farle né —Merlino ne scampasse— quando si trattava di rispondere. Però con gli anni si era fatta un'idea di come le interazioni sociali dovessero svolgersi e una cosa che aveva notato ripetersi sia nelle interazioni più superficiali che in quelle maggiormente profonde era il dimostrare curiosità reciproca. Così, ogni tanto, aveva preso a fingere: se non aveva nulla da divulgare di interessante, tanto valeva mostrarsi interessata. E, poi, doveva ancora inquadrare quel Lex.
Niahndra alzò gli occhi dallo skyteboard che si stava rigirando tra le mani quando il biondo rivelò di essere un compaesano di Breendbergh. Erano amici di infanzia, quindi? Lui non le aveva mai raccontato niente, ma in effetti —si rese conto Niah— il passato, così come il presente, di Camillo era per lei avvolto dal mistero. Sul futuro era invece già più certa: sarebbe finito scaricato sotto un ponte, o comunque vicino a una pozza d'acqua.
C'era da dire poi che qualunque cosa uscisse dalla sua bocca veniva presa dalla ragazza con settordici pinze e altrettanti gradi di separazione, tanto che risultava impossibile adesso discernere la realtà dalla leggenda.
«Figo», buttò lì non sapendo bene cosa aggiungere.
Il fatto che Breendbergh avesse scelto di assumere il suo amico d'infanzia e la tizia che aveva reso un inferno i suoi primi anni ad Hogwarts la lasciava perplessa.
Almeno la battuta sul postino le strappò uno sbuffo divertito e gutturale. Sembrava esattamente qualcosa che Camillo avrebbe potuto dire.
«Non vedo l'ora di sentire come fosse baby-Millo. Mi aspetto una caterva di indiscrezioni da far vergognare anche la rubrica scandalistica del Settimanale delle Streghe». Era tempo di aggiornare il proprio arsenale di munizioni se avesse davvero continuato a lavorare lì dentro.
Ehi, doveva mantenere il titolo di gran bulletta di sto-boccino-d'oro.
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Può non essere il più sveglio della cucciolata, ma Alexander ogni tanto è perspicace.
Abbastanza da sorridere nella consapevolezza di non aver spiegato le cose veramente a dovere. In fondo a lui non sono stati dati dettagli più specifici e di certo non gli è mai mancata la fantasia per tappare i buchi.
Theo se le ricorda bene tutte le store inventate dal fratello, gli bastava indicare qualche elemento casuale del paesaggio - soprattutto in quei lunghi viaggi con mamma e papà - per finire in un mondo di fantasia raccontato con ardore.
Ad ogni modo sorride davvero, consapevole di come il girare attorno - fisico e verbale - di Niahndra sia un modo carino per studiare le persone. Magari un po' diverso da quello a cui è abituato, ma fosse per lui non cambierebbe questa dinamica.
La immagina come un'ombra che si estende qui e lì, ma non per inglobare o distruggere, solo per curiosità, come quelle creaturine nere e saltellanti alla Miyazaki.
In un modo tanto stupido quanto personale, si sente interessante per lei.
Gli piace che qualcuno lo veda come il tipo curioso, quello con una storia scritta con l'inchiostro sulle braccia o con il ferro lungo i lobi. O forse come il tipo che pur trovandosi qui, non si vorrebbe come collega - ma ecco, è l'ultimo dei suoi problemi o pensieri, questo.
Comprensibile ma non preoccupante, lo decide piegando l'ultimo cartone, traendo così un sospiro soddisfatto.
Potrebbe facilmente far sparire tutto l'ingombro con un movimento di bacchetta, e tuttavia non l'ha mai tirata fuori da quando è a Londra, ad eccezione del pettirosso per Camillo.

Oh, poi si, gli piacerebbe raccontare tutte le scemenze che lui e Cam hanno pensato, ideato e organizzato quando erano ancora dei bambini - come se non lo fossero anche adesso.
E, tuttavia, questa realtà gli blocca il respiro in gola. Certo, si, il passato è qualcosa che li ha legati tantissimo, ma è indubbio che il buco nero degli anni di scuola faccia ancora male. E quando qualcosa gli fa male, Lex non sa mascherarlo.
Ci prova, per carità, figuriamoci, non vuole mai appesantire nulla. Allunga le gambe, percorrendo il negozio a grandi falcate per nascondere i cartoni in magazzino. Sorride, sia mai che se ne dimentichi, ma il suo tono è più dolce, quasi una carezza scaltra.
«Solo se posso rimediarci le disavventure scolastiche che ho-» perso. Tentenna, a corto di fiato, ma poi lo ammette «-perso»
È che all'improvviso ha voglia di alzare un attimo la posta in gioco, o anche solo di continuare a giocare. Ché per fortuna lui e Camillo non hanno avuto bisogno ancora di chiedersi scusa per i silenzi, ma solo di mandarsi a fanculo con quei baci trai capelli. Qui e lì, per confermarsi che non stanno sognando, sono davvero qui tutti e due, di nuovo nella stessa linea del tempo.
E poi lo sa che delle loro avventure olandesi se ne parlerà per giorni, forse addirittura anni - se riuscirà a tenersi il lavoro - di quello non si preoccupa.
Lex è trasparente. Ogni tanto colora il suo vetro e lo dipinge a pennellate grossolane, giusto per dargli un nuovo aspetto: ma resta trasparente.
Tuttavia Camillo è una faccenda diversa, a volte tremendamente privata, ed una parte di lui non può fare a meno di chiedersi l'uso che se ne potrà fare Niahndra di quei loro ricordi. Non immagina che possano venir usati "male". Un po' perché ci tiene, sa che per quanto ironici e stupidi, sono ricolmi d'affetto come una focaccina olandese.
Sono i suoi, certo condivisibili, figuriamoci, ma suoi.

Ridacchia, però, soddisfatto da quanto è convinto di aver letto tra le righe di quella domanda.
Si sposta, un po' più vicino a Niahndra, quasi si appoggia al punto su cui andrebbe appeso l'ultimo skateboard volante.
La guarda. Negli occhi cristallini è leggibile ogni fonte di fastidiosa sincerità.
Il sorriso candido si allarga piano in un ghigno ed un sopracciglio biondissimo si solleva.
Le braccia conserte ma solo perché deve un po' aver capito che aria tira, le dita che si muovono mentre le parla.
«\Quindi resti?\» "Con noi." sembra dire senza proferir parola. Perché lui ha già deciso che c'è un "noi" e non solo un Camillo che li molla lì e chi si è visto si è visto. Lex lo sa e basta, che saranno assieme. Certo considerando che l'amico come olandese fa più parte della sottoclasse volante, rispetto a lui. Ma lo sa. In qualche modo lo sa e basta.
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view post Posted on 30/9/2023, 13:38
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I tentativi di conversazione di Niahndra somigliano più ad un terzo grado che ad una chiacchierata amichevole. Lei, però, spesso non se ne accorge e, anzi, si dà segretamente delle pacche sulle spalle perché *brava, ci stai prendendo la mano con questi rituali sociali*.
Si muove a passo felpato, saggiando questo o quel filo della ragnatela, tirando un po' qua e dando un pizzico là; poi, semplicemente, aspetta l'eco di ritorno per trarre le sue conclusioni. Di rado la ragnatela mente. Eppure, Lex non risponde mai come Niahndra si aspetta, e questo la innervosisce in un modo nuovo spingendola ad alzare la posta in gioco.
Pur essendo ancora voltata col corpo verso i ganci degli skyteboard la sua attenzione è focalizzata sul ragazzo, come in attesa. La trama sottile di fili vibra bassa anticipando paura, no...rammarico? Dolore. Resistenza. Opportunità; almeno per lei. Cerca di accantonare quel pensiero.
Lo sguardo di Niahndra guizza alla schiena di Lex, che trasporta gli scatoloni ripiegati in quello che lei immagina essere il magazzino. Registra l'incrinatura nella voce dell'altro e un po' del pudore che ancora le rimane la costringe a distogliere lo sguardo per concedergli spazio nell'unico modo che può. Può rispettare il desiderio di tenere qualcosa più vicino al petto.
Eppure, meschinamente, una parte di lei si rincuora perché Lex ha inconsapevolmente risposto ad un dubbio che la stava corrodendo: lui e Camillo sono amici d'infanzia, sì, ma si sono verosimilmente persi di vista durante Hogwarts. Anche a lui, quindi, mancano dei pezzi importanti. Niahndra non può fare a meno di sentirsi più tranquilla a quel punto, meno minacciata; aggiunge le cartucce nel caricatore mentale e sgancia il carrello della semiautomatica. Ci pensa un attimo, poi inserisce la sicura.
«Oh, sì», promette con leggerezza. «Ne ho un milione di quelle».
Lo sente ridacchiare, ma attribuisce erroneamente la reazione ad un condiviso desiderio di sfottere Breendbergh. Solo quando Lex si muove a coprire apposta lo spazio in cui lei dovrebbe agganciare lo skyteboard che ancora tiene in mano, Niahndra è costretta ad osservarlo con maggiore attenzione. Non ha bisogno di interrogare la ragnatela per sapere che si è persa qualcosa. Né per spiegare il sottile cambiamento che attraversa i lineamenti del ragazzo permettendole di scorgere qualcosa di più oltre alla facciata pulita da "I will have her home by 9, sir".
*Hai capito 'sto fijo di—*
Sbuffa e scuote il capo fino a mostrargli solo il profilo. «Non guardarmi così». Prova a nascondersi dietro le ciocche di capelli, ma un sorriso preme per uscire. «Sembri un cucciolo al canile». Uno di quelli che semplicemente non puoi non portare a casa.
Niahndra sa riconoscere quando è sotto-scacco ed è in grado di apprezzare il modo col quale Lex si muove lungo la ragnatela. Così leggero da passare inosservato se non sai dove guardare; ma Niahndra adesso lo sa, e continuerà a guardare.
«Vediamo come va oggi, okay?». Un camuffato male. «Adesso fammi appendere questo ché è quasi orario di apertura». Più brusca del necessario, quasi a compensare l'imbarazzo.
Si dice che lo fa per senso civico perché, per quanto abbia assoluta fiducia nel fatto che Camillo se la sappia cavare perfettamente da solo, non è altrettanto sicura del fatto che sappia farlo senza finire al gabbio. E forse, solo forse, pensa, non sarà così male lavorare lì dentro.
Lascia stare la bacchetta e si fa avanti per appendere l'ultima tavola magica.
«Cosa sono quei segni con le mani che fai?» L'ennesima domanda, ma questa volta dettata da genuina curiosità.

--
Continuo a rimbalzare tra presente e passato coi tempi verbali, scusami. Sono così confusa da colpirmi da sola.
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view post Posted on 2/10/2023, 08:18
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«No?» "Non posso?", sembra dire, sornione e fin troppo divertito.
Trattiene un morso alle labbra per non peggiorare quella dolce situazione precaria. Non c'è macchia nei suoi movimenti, per quanto a volte impercettibili ed altre molto più eclatanti.
Lex sa di potersela cavare bene con uno sguardo pietoso ed un'abbassata di orecchie.
Se fosse disperato aggiungerebbe anche un lento scodinzolare e qualche mugolio di lamento.
Ma per fortuna di questo non c'è bisogno, perché legge una presa meno forte non appena rincontra gli occhi di Niahndra. Forse non è una grande vittoria, magari non andrebbe festeggiata come tale, perché palesemente le difese della ragazza sono belle alte.
Forti e possenti mura di amianto, in attesa solo di quel povero disperato che si armerà di piccone per risalirle.
Già si immagina come siano nascosti altri ingranaggi segreti. Qualche trappola con frecce e pietre aguzze sotto botole di legno. Per non parlare dei massi lanciati giù dalle torri rafforzante. Ovviamente chiodate.
Tuttavia Alexander non è questo.
Non è un cavaliere nè un coraggioso avventuriero, o meglio, forse più un avventato avventuriero ma è diverso.
È più il tipo che si siede a gambe incrociate fuori dal portone in pietra, e aspetta.
Qualche parola dolce, qualche racconto al di là del muro.
Non è neanche il tipo convinto che basti un sorriso per appianare tutto ma, insomma, perché non provare un po'?
Quindi si. Si accorge dell'enorme concessione che gli viene fatta, e accenna un modestissimo "sta bene" solo con il capo. Così da chiarire che certamente non staranno lì a saltellare di gioia su un piede solo.
Ma cavolo, l'osso duro è il migliore da rosicchiare.

«Si, si mi sembra giusto» tossicchia, sposta il peso per sbilanciare le gambe da giraffa in avanti. Così può togliersi dalla traiettoria e risparmiarsi il venir appesto come uno degli Skyte.
Uno sguardo all'orologio, con quel ghigno che usa per passarle accanto e controllare che non ci sia quasi più niente fuori posto - sebbene, insomma, il caos sia casa sua - e poi, quella domanda.

«Oh...»

Il passaggio da un sorriso scaltro ad un sorriso dolce, è veloce. Alexander sa trasfigurare il suo volto senza l'uso di alcuna magia, solo espressioni che si muovono a bilanciare il suo equilibrio.
In fondo, lui non si accorge di quando le mani agiscono da sole, talmente abituato a parlare fitto fitto con Theodore, da non curarsi di quando - e solo nelle occasioni più accorate - i segni tornano in suo aiuto, accompagnano la voce.
Ma la loro storia di famiglia non è qualcosa che nasconde sotto il tappeto, piuttosto gli piace raccontarla come un agrande avventura, ogni volta è capace di inventarsi una storia nuova.
Con Niahndra però non farà così. Ha il sospetto che ci voglia la sincerità più pura per non lasciare che nulla si depositi non visto oltre il letto del fiume. Come le sue iridi, Lex è un fiume di montagna, uno di quelli attraverso cui puoi contare i sassolini nel fondale.

«E' la lingua dei segni. L'ho imparata per comunicare con mio fratello, lui è sia sordo che muto dalla nascita»
E questo non gli pesa, non ha mai pesato, ha sempre pensato che fosse perfetto, speciale. Poi il fatto che sia cresciuto come un cervellone tanto opposto a Lex, è un'altra storia. Lo ama a prescindere.
«Lo facciamo da quando siamo bambini, è come una di quelle abitudini che ti porti via per sempre. Per i messaggi segreti è perfetta»
Ride, piano piano. Non si preoccupa mai di essere strano o fuori luogo, né si vergogna di ciò che è.
Si allunga oltre il bancone per far scivolare le dita verso un gancetto, lì dove Camillo gli ha fatto riporre le chiavi.

«Hai delle ultime parole prima che la pace finisca e mandiamo tutto a rotoli?» le fa tintinnare tra loro.
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view post Posted on 9/10/2023, 13:27
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Lex non ha mosso un dito contro di lei né si è rivelato una minaccia esplicita in alcuna altra maniera, eppure qualcosa si agita lo stesso nel petto di Niahndra. Adesso che ha visto e riconosciuto in Lex quella scintilla di astuzia e soddisfazione sotto la maschera di apparente innocuità, Niahndra avverte il proprio cuore accelerare i battiti all'idea di scoprire cosa lo faccia scattare; il bisogno viscerale di metterlo alla prova, strattonarlo fino ad un soffio dal punto di rottura solo per il piacere di scoprire come lui reagirebbe —mostrerebbe i denti o si piegherebbe docilmente al volere di Niah?— quasi le fa venire l'acquolina in bocca. Ha voglia di rivalsa, è evidente. Per una stupida partita di uno stupido gioco che esiste soltanto nella sua immaginazione. Per il momento, tuttavia, può aspettare; e Lex è accondiscendente a sufficienza —con quel cenno modesto del capo a indicare "sta bene"— da non far innescare irrimediabilmente i suoi meccanismi, quegli stessi ingranaggi segreti, le trappole con frecce e pietre aguzze sotto botole di legno di cui il ragazzo già sta immaginando l'esistenza.

Niahndra ha il tempo di chiedersi se con quella domanda non abbia infranto qualche regola implicita. Ha le mani libere adesso, non c'è niente a distrarla e la sua attenzione è tutta per il gigante biondo.
«Se è personal—», comincia a dire prima di accavallarsi alla voce di lui. Chiude in fretta la bocca per permettergli di rispondere.
Una smorfia dispiaciuta passa rapida sul suo viso; è fulminea e poco accentuata, a malapena l'accenno di una rughetta tra le sopracciglia e gli angoli delle labbra rivolti all'ingiù. Una risposta automatica prima di realizzare che l'espressione di Lex non le fa eco. Forse perché ha avuto tutto il tempo del mondo per abituarsi, forse perché non lo vede come un impedimento, forse perché suo fratello è tanto, tanto di più; non sembra esserci rammarico, rabbia o fatica nelle sue parole.
Per cui, veloce com'era comparso, il dispiacere di Niahndra viene sciacquato via da curiosità e ilarità —lo stesso movimento fluido di una mareggiata sul bagnasciuga. Addirittura sorride all'accostamento tra lingua dei segni e lingua in codice che nasconde la tenerezza e complicità tra due fratelli cresciuti insieme ed affiatati. «Immagino».
Pensa a Sam, il cui udito è solo parzialmente compromesso, e subito si ammonisce. Non sono affatto due situazioni comparabili, eppure la casualità un po' le fa strano.
Pensa anche a cos'altro dire, ma per fortuna Lex la solleva dall'impaccio col tintinnare delle chiavi. A quel punto la realtà torna a bussare alla porta (a breve anche letteralmente) e Niahndra riacquista lucidità: hanno un lavoro, un obiettivo, nessuna regola o preparazione. Sarebbe abbastanza da innescarle un episodio d'ansia, ma l'approccio spensierato del collega la rassicura.
Gli indirizza un sorriso scaltro. «Sì. I drink dopo il turno sono a carico del boss».
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