Il Ballo dei Draghi

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~ Nieve Rigos
view post Posted on 4/1/2024, 23:06 by: ~ Nieve Rigos
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entropia.

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È tutto sbagliato. Io sono sbagliata. Qui, in un contesto che risveglia spaventi e fobie, non sono al mio posto.
È a questo che penso, mentre osservo il mio riflesso allo specchio e mi soffermo sulle scaglie di cui è adornata la giacca sulle mie spalle. Il ricordo di quel giorno — il giorno in cui ho perso Ỳma e l’argento ha sostituito il nero abissale tra le ciocche di capelli — lo conferma a gran voce. Io non sono fatta per i draghi e i draghi non sono fatti per me. Ne respingo la natura e il fuoco, il messaggio di distruzione che ha già toccato la mia vita.
Gli assomigli più di quanto credi. Sembri ghiaccio e, invece, sei fiamma.
Arriccio il naso, contrariata. Gli Abissi parlano una lingua dura, che non ammette sconti. E io ricaccio le loro verità sul fondale di sabbia che nasconde tutti i miei segreti, perfino quelli che non oso sbirciare. Come potrei mai accettare l’idea di serbare la stessa capacità devastatrice delle creature che mi hanno portato via una delle persone più importanti della mia vita? Come possono gli Abissi paragonarmi alle bestie che hanno infestato i miei incubi di bambina prima e di ragazzina dopo?
Afferro i lembi della giacca, aperta sul davanti per ricordarmi che, a differenza dei draghi, non sono prigioniera della mia stessa pelle. Per ammettere — senza volerlo — di non essere brava abbastanza da rinforzare la scorza con la quale potrei (dovrei?) proteggermi. Scuoto il capo, do una scrollata di spalle nel tentativo di rispedire al mittente le immagini dei sogni ai quali ho concesso di strapparmi al sonno; le diapositive del corpo carbonizzato della mia balia.
Se non andassi, mi dico, perderei ancora. Se rimanessi al castello, li lascerei vincere e non renderei giustizia alla memoria di Ỳma.
Mi avvio in direzione del dormitorio, percorro i corridoi del castello, ne discendo le scale. Sollevo lo sguardo per un attimo, persuasa di trovare il verde scintillante di una maledizione senza perdono gravare sulla mia intera persona — la promessa è di abbattersi su di me al primo passo falso.
Raggiungo l’esterno quasi senza rendermene conto, sospinta dall’annullamento della coscienza nel quale trovo conforto. Faccia a faccia con un uovo di drago, mi fermo. Indugio. Arretro. Non voglio toccarlo. Non importa che sia una Passaporta, un mezzo per raggiungere una meta. Rappresenta tutto ciò che aborrisco, l’emblema di un’infanzia di privazioni.
Un primino inciampa alle mie spalle, sbatte sulla mia schiena, mi sbilancia in avanti. Mi ritrovo con la mano sull’uovo di drago appena in tempo per la partenza. Cazzo!

Atterro di malagrazia sul terreno, accusando il colpo di un viaggio finito male. Se di conferme sull’erroneità della mia scelta ne stavo aspettando, eccone una condita di perdita della dignità. Perfino gli studentelli del primo anno sono atterrati sulle loro gambe. Io, invece, sembro un polpettone piazzato con troppa foga al centro della tavola. Mi domando, non senza un certo timore, se per i draghi avrò la stessa funzione di pasto.
Rabbrividisco e mi stringo nelle spalle. Un ruggito selvatico investe quel po’ che rimane del coraggio raccolto, generando una scossa elettrica che ridiscende la linea della colonna vertebrale. Avanzo con cautela per liberare il posto all’arrivo di nuovi invitati e mi concedo un minuto in disparte.
«Puoi farcela, puoi farcela, puoi farcela» ripeto come se le sole parole potessero fungere da anatema contro un attacco; soprattutto contro la paura. Se solo sapessi infondere la nenia di un briciolo di convinzione…
Serro i pugni, mi guardo intorno, prendo le distanze dall’esemplare che si staglia a pochi metri da me, oggetto dell’osservazione intenta di alcuni ospiti della scuola. Non ho il fegato di incrociarne lo sguardo, scossa dal timore di destarne la furia. Razionalmente, so che il Preside e il Ministero della Magia non metterebbero mai a repentaglio la vita di maghi e streghe con una tale leggerezza. So che l’isola dev’essere stata dotata delle più svariate protezioni. Emotivamente, non mi sono mai sentita così piccola come in questo momento.
L’allestimento dei tendoni non cattura la mia attenzione dapprima; e così la pista di pattinaggio, la piattaforma sospesa a mezz’aria, perfino il bar con il suo canto da sirena. Vorrei solo tornare indietro, svestirmi e rimanere sotto le coperte fino a sedare il tremore che mi scuote dal di dentro, anima e midollo. Il peregrinare di chi trova nell’evento un’occasione più unica che rara riesce a distrarmi il tempo necessario a sprofondare in un’altra brutale presa di coscienza.
Grimilde. Grimilde lavora con le creature magiche e, in particolare, con le bestie classificate come le più pericolose. Grimilde ha salvato me dalla furia del drago che ha ucciso Ỳma. Grimilde è la sola persona capace di rendere questa serata ancora più caotica e terrificante di quanto non sia già.
Non posso incontrarla, non qui, non di fronte a così tante persone che, della mia reazione, farebbero un argomento di discussione per le settimane a venire. Sopra ogni cosa, non posso perdere il controllo come al Ministero e correre il rischio di rovinare con la mia magia qualsiasi cosa sia a tiro d’ira.
Mi confondo tra la folla, inconsapevole di aver drizzato le spalle e indurito l’espressione. Sono pronta a dar battaglia, a urlarle contro tutto il mio odio, a mostrarle la deprecazione che infiamma ogni goccia del mio sangue.
Vedi? Ne condividi l’indole spietata, la tensione inarrestabile verso la rovina — tua e altrui.
No, non è così. È soltanto per Grimilde e il suo crimine che consento al fuoco di divorarmi, fauci su carne. L’ho bruciata, sacrificata durante lo scorso ballo, accettando un dono che giace, dimenticato, sul fondo del mio baule. Ho profanato il suo ricordo come lei ha profanato la mia mente. Non le permetterò di invadere il mio spazio, la mia casa, neppure se l’ordine di presenziare all’evento venisse dal Ministro della Magia in persona.
Ma sto mentendo: Grimilde non è la sola persona per la quale mi lasci divorare dal calore dell'Inferno.
È il rosso fulgido di una chioma che conosco bene ad attirare la mia attenzione, rallentando il battito del cuore che brandisce, in petto, l’arma del risentimento. Shaw l’accompagna, conversando con lei come si fa con un amico… o forse qualcosa di più. Non so più nulla della mia ex migliore amica. Mi scappa comunque un ghigno: meglio lui di quel pappamolle di Minotaus. Il divertimento, tuttavia, fa presto a dileguarsi. Non sono più una presenza gradita nella sua vita.
Imbocco l’entrata di un tendone. La protezione offerta dalle stoffe mi restituisce una sensazione di controllo. Qui, mi illudo, sono al sicuro.

©Mistake (layout e codice) ©petrichor. (codice)


Menzioni: Thalia e Draven
Luogo: uno dei tanti tendoni


Edited by ~ Nieve Rigos - 5/1/2024, 15:03
 
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