Il Ballo dei Draghi

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view post Posted on 21/1/2024, 18:32
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Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente. (William Shakespeare - Romeo e Giulietta)

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Vorrei dirti che forse siamo dei pazzi ad aver acconsentito, che ci conviene sventolare bandiera bianca e arrenderci finché ci viene concesso. Ma taccio, è troppo tardi, non è da me rimangiarmi le promesse e prima o poi quest’abitudine mi si ritorcerà contro. Infrangiamo quindi una barriera fatta d’incantevoli illusioni che carezzano la pelle, riesco a malapena ad intravederle però perché serro le palpebre d’istinto. Inconsciamente so che non corriamo rischi, che siamo al sicuro, ma il corpo agisce per conto suo. E come se il cervello mi dicesse: se ti accade qualcosa, non voglio assistere.
Finalmente atterriamo, il tonfo causato dal nostro peso lo conferma. Ma io non me ne convinco facilmente, tanto da rimanere aggrappata saldamente a te per qualche secondo mentre mi riprendo. Appena ritrovo la naturale stabilita, controllo se sono illesa o meno. Con i palmi spolvero convulsamente l’abito, come se qualche fiammella avesse attecchito «Arti a suo posto, no preoccupi zignorina.» ringrazio silenziosamente per la precisazione, cercando di mantenere quel poco di dignità che mi resta. Mi sento meno sola quando che anche tu mostri qualche incertezza sull’incolumità fisica «Ehm, ecco, come posso dirtelo….» fingo un’espressione preoccupata, avvicino con cautela l'indice della mancina al tuo volto – come se ci fosse qualcosa di sospetto –, per poi ritrarmi lesta l’istante successivo «No, niente stranezze. Sei sempre tu per fortuna.» è così bello tornare a scherzare, almeno per stasera. Un po’ come Cenerentola, che vede infrangere l’incantesimo allo scoccare della mezzanotte. Vorrei che domani non arrivasse, perché significherebbe separarsi di nuovo – anche se solo per le vacanze natalizie, almeno spero – e stavolta so già che farà molto male.
Ma non ho motivo di crucciarmi per questo, non adesso che posso bearmi a pieno di questa spensieratezza. Tutto si dissolve come fumo, torno con i piedi per terra quando nomini le adozioni. Ci sono molte domande che vorrei farti a riguardo, ma per il momento le accantono, ci tornerò dopo. Nonostante le curiosità che ancora devo ancora soddisfare, ammetto di aver ponderato con estrema cura la scelta dell’esemplare. Di averci riversato ogni briciola di entusiasmo nelle ultime settimane, l’unica gioia in giorni pieni di caos per la preparazione all’evento. Ma devo attendere a divulgare immediatamente tutti i dettagli, mi mordo la lingua o potrei vanificare la prossima mossa. Non si svelano le sorprese in anticipo, giusto?
«Quale drago vorrei adottare eh?» mi faccio riflessiva. La risposta per me è scontata ormai, ma non sarò io a rivelartela che ti piaccia o meno «Beh, temo che a breve dovrai indovinarlo un occhiolino, ti sfioro delicatamente l’avambraccio «Guarda.» e con gentilezza t'invito a riportare l’attenzione sul circense che ci ha sfidato, lui è già pronto per l’ennesima esibizione. Stavolta però è esclusiva, solo per te. Una fiammata fende l'aria, si tramuta in un piccolo draghetto che ci viene incontro spalancando la bocca e sguainando i canini appuntiti. È innocuo ovviamente, nemmeno osa toccarci come intende far credere. S’innalza nei cieli e prima di scomparire lascia cadere una lettera, leggera come una foglia in autunno. È esattamente come la precedente, cambia solo il messaggio al suo interno:

“Qui è tutto capovolto, è tutto l’opposto. Persino le stelle tra cui volo sono diverse, nessun carro, ma croci. Le osservo da immense valli, territori incontaminati. Luoghi pacifici, come me. Puoi avvicinarti senza paura straniero, specchiarti nelle mie scaglie. Lucenti come vetri, riflettono persino l’anima nascosta nei tuoi occhi."


«E non è finita qua.» ti anticipo con tono dolce, confidenziale. Il mio complice, infatti, si appresta a sostenermi una seconda volta «Kostyantyn.» al richiamo risponde un giovanotto non molto alto, ma atletico. Guance fuligginose, capelli biondi e arruffati. Sembra molto simpatico, ci rivolge subito un sorriso colmo di calore. L'altro gli parla fitto, in una lingua che non comprendo. Ma non c’è bisogno di traduzione, perché le parole diventano presto fatti. Kostyantyn estrae dalla tasca dei pantaloni un frammento quadrato di stoffa, senza troppe cerimonie lo lancia in alto. Porta le punte delle dita alla bocca, per poi staccarle rapide e liberare un bacio infuocato. Come un cecchino professionista, va ad infrangersi sulla stoffa che ricade nella sua mano. Quando te lo porge, ti accorgerai che si tratta di un fazzoletto. Candido e morbido, in un angolo sono ricamate le sue iniziali “K.M.” incorniciate da due piccole ali di drago stilizzate, al centro invece c’è l’impronta delle sue labbra «Per zia, splendida come musa di cui porta nome.» è dunque un omaggio ti spiega, mentre esegue un leggero inchino in onore della sua destinataria.
Ben presto però sono entrambi costretti a tornare ai propri doveri, la folla inizia di nuovo a radunarsi attorno a loro. Un altro capitolo, però, attende anche noi. Dove, sta a te scoprirlo.

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view post Posted on 22/1/2024, 13:27
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MEGAN M. HAVEN || o u t f i t


Dove? Bar
Menzioni: Draven; Thalia
Interazioni: Lyvie; Helena; Draven

Lyvie sussulta, con pacata gentilezza mi ammonisce. Tendo le labbra mortificata e le sorrido.
«L’ho visto lì, era con Thalia. E un tizio che non conosco.»
Seguo le sue indicazioni mentre un brivido accentua il tremore sulle mani che stringo più forte. Thalia. Cosa ci fa con lei? Lo sguardo si fa più serio mentre gli occhi si riducono a fessure. Cerco tra la gente, distinguo sagome che conosco, altre sconosciute: di loro non c’è traccia.
Torno su Lyvie. Mi sforzo di nascondere il turbamento, la rabbia e la paura infiammano i pensieri. Nel poco tempo che ho, provo a trovare una spiegazione che alleggerisca il fastidio all’altezza dello stomaco.
Chi è il tizio che Lyvie non conosce?
Non distolgo lo sguardo, l’ascolto. Il viso dolce di lei mostra un’espressione turbata. La costellazione di lentiggini che dipinge la sua pelle si accende al bagliore del tramonto e accentua l’intensità con cui mi guarda; i capelli rossi fuoco incorniciano la bellezza nel fiore dei suoi anni.
«Tutto bene» rispondo gentile, «vi ringrazio, proverò a cercare Thalia. Magari è… Con lui» continuo, gli occhi incontrano quelli di Helena. Le rivolgo un piccolo cenno del capo in segno di ringraziamento e lo stesso riso cordiale.
«Beh, se lo vedete prima di me ditegli che lo sto cercando» aggiungo abbassando per un attimo le palpebre sulla pochette fissata al fianco. Avrebbe dovuto chiamarmi. Quanto tempo è passato?
«Vi auguro una buona serata, siete incantevoli.»
«Lyvie, mi spiace non volevo turbarti. Sono sicura che sta bene, probabilmente è stato rapito da sua nonna» annuisco accennando un sorrisino, il viso torna a far spazio ad una apparente tranquillità.
Le saluto e volto loro le spalle. I passi accelerano lungo il percorso, seguo le indicazioni di Lyvie. Mi faccio spazio tra la gente, file di maghi con i nasi all’insù a fissare le enormi ali di un Dorsorugoso di Norvegia. Danza nel cielo che accoglie le tenebre, passa sopra centinaia di persone senza accorgersi della loro presenza. La luce del sole riflette nelle scaglie nere come la pece, brace accesa.
Finisco per ricevere qualche spallata, sento mormorare scuse e imprecazioni. Non ascolto. Continuo dritta. Lo sguardo si posa in ogni lato che mi circonda, sino ad incontrare il tessuto di due tendoni ai quali mi avvicino. Cinquanta e cinquanta, penso.
Vado a destra.
Mi faccio spazio tra i drappeggi, supero un gruppetto di studenti nel pieno di un dibattito e mi soffermo su di loro lasciandomi sfuggire alcune persone alla sinistra.
Raggiungo il centro. Gli occhi cercano tutt’intorno, mi muovo in ogni direzione rimanendo ferma sul posto.
Non c’è traccia di Thalia.
Non c’è traccia di Draven.
Poggio la mano sul petto, il cuore palpita forte e arriva in gola. Cerco la calma. Ho bisogno di bere. Ho bisogno d’aria. Torno indietro ed esco da lì. Mi sposto in direzione di un piccolo bar esterno. Prendo l’ultimo posto libero a ridosso del bancone accanto ad un uomo, a cui distrattamente non rivolgo attenzione. «Whisky, grazie» alzo la mano, con l’altra frugo nella borsetta e prendo lo specchio.
«Hai deciso di farmi preoccupare?» ammonisco fissando il vetro, nell’attesa di vedere Draven comparire da un momento all’altro.

 
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view post Posted on 22/1/2024, 14:17
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𝑤𝑒'𝑟𝑒 𝑎𝑙𝑙 𝑚𝑎𝑑 𝘩𝑒𝑟𝑒

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15 anni • studentessa • II anno • Serpeverde • Scheda • Ballo dei draghi

« Non hai le rughe. »
E fin qui.
« E non sei nemmeno velenosa come vorresti far credere. »
Fu per quelle parole che Lyvie lanciò la prima occhiataccia truce della serata. Fin a quel momento, sperò di non doverlo fare proprio con la sua compagna. Eppure, le sue parole in lei ebbero effetto istantaneo: non le piaceva la piega che stava prendendo quella conversazione.

« Questo è quel che pensi tu. » innalzò lo scudo, perché di certo non aveva voglia di parlare di sentimenti.
Anche solo partecipare ai balli scolastici riusciva a provocare delle sensazioni che solitamente non provava, il tutto arricchito da un mix di ansia sociale e voglia di ritornare nel proprio dormitorio. Non le piaceva parlare di sentimenti, opprimerli era la cosa migliore da fare.
Presto l’argomento cambiò, così la riccia si tranquillizzò.

« Sì, Millo stranamente mi sta simpatico. Ora ancora di più. » rispose, dopo aver rivolto un’occhiata d’intesa al suo nuovo animaletto. Era risaputo quanto la giovane fosse innamorata delle creature magiche, quindi l’ex-Tassorosso aveva proprio fatto breccia nel suo cuore con quella mossa.
Ascoltò le parole di Helena, sollevando le sopracciglia dalla sorpresa nel momento in cui apprese delle sue origini giapponesi. Non poté che sorriderle ora, piacevolmente incuriosita.
« Ma non penso che i draghi facciano tanto caso alla geografia! »

« No, sicuramente no. Davvero hai delle origini orientali? Sono curiosa. » ammise, cercando con le iridi verdi il suo sguardo.

« Io invece sono irlandese al 100%, la mia famiglia è purosangue. » evitò di aggiungere altri dettagli, camminando al suo fianco verso il tendone del Petardo Cinese per accompagnarla.
Erano anni che i maghi della zona in cui abitava trattavano in maniera diversa sia lei che la sua intera famiglia. Il motivo non lo conosceva ma, dopo anni e dopo essere cresciuta abbastanza, si rese conto che probabilmente il perché girava proprio attorno a suo padre. Tutto quel che sapeva di lui era, ormai, fossilizzato a quello che sua madre le aveva detto quando era molto, ma molto più piccola. Era partito per lavoro, le disse. Non sapeva altro, né voleva pensarci.
E così giunse Megan come un fulmine a ciel sereno, destando le preoccupazioni - inevitabilmente - della Serpina. Ben presto, ebbe l’appoggio di Helena; non si accorse del suo turbamento, perché la preoccupazione nei confronti di Draven fu più grande di lei in quel momento.
Ci pensò, comunque, la Caposcuola davanti a sé a calmare le acque. Stava per congedarsi, quando accennò alla nonna di Draven. Lei la conosceva bene e non era difficile immaginare la scena inventata da Megan sul momento.

« Oh, c’è la signora Shaw in giro? » domandò, una volta tranquilla, in un sorriso sincero.
Lilien Shaw e sua nonna Iris erano grandi amiche e fu proprio il loro legame a consolidare il rapporto che lei aveva con Draven. Non voleva intromettersi tra lui e Megan, dunque fece un passo indietro, certa che - se fosse successo - avrebbe salutato calorosamente la signora Shaw. E, ovviamente, avrebbe scritto anche a sua nonna di lei, il giorno successivo.

« Se lo vediamo, sarai la prima a saperlo! Buona serata anche a te. » così annuì, lasciandola andare a cuor leggero con un cenno della mano.
Si rivolse, a quel punto, nuovamente verso Helena e cercò le sue iridi di ghiaccio.

« Draven è un tipetto particolare e gli eventi come questo sono un po’ ostici per lui. Beh, non che io non lo capisca. Scusa, è che pensavo gli fosse successo qualcosa. Tu lo conosci? » chiese con occhi vispi, nascondendo le mani nelle tasche della giacca mentre attendeva risposta, ai piedi dell’ingresso del tendone asiatico.



Interazioni: Helena, Megan
Menzioni: Draven

 
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view post Posted on 22/1/2024, 19:07
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Isola di Hirta Come posso dirtelo. Ecco, mi ripeto. La magia è sempre stata imprevedibile, e io sempre stato sfortunato (almeno in parte). Mi convinco, a malincuore, di essere stato trasformato in una creatura vera e propria: fauci, zanne, squame lucenti, e via di un guizzo di fuoco pronto all'occorrenza. Il punto, d'altronde, è crederci. In altre circostanze non lo farei, gli effetti dei sortilegi — ancor più in un contesto giocoso come questo — restano solitamente limitati. Il problema è molto vicino, appena pochi passi. C'è un ragazzino che ha letteralmente la faccia da Drago: un cipiglio minaccioso, un musetto appuntito, perfino un paio di corna aguzze sulla testa. Il mio sguardo, un po' terrificato, si trattiene sullo stesso un po' più a lungo del dovuto. E mi becco pure un'occhiataccia. Finché le tue parole, Camille, mi riportano al momento. Lascio scivolare le mani dalle guance, una nota d'imbarazzo passeggera sul volto. Quand'è stata l'ultima volta che abbia vissuto la semplicità di un incantesimo bizzarro? Quasi torno indietro, alle avvisaglie della stregoneria, agli esperimenti al Castello di Hogwarts in compagnia di Fred. Già, è passato tanto, tantissimo tempo. In parte, lo ammetto, risento la nostalgia. Anni addietro ero più ingenuo.
«Non scherzare più così, perché ti avviso che dietro di noi ci siano veramente persone con faccia da Drago. Non so come, non so perché, ma ci sono.» Ti indico poco oltre, alle tue spalle. In un lampo, però, il tipetto è scomparso, forse diretto altrove. O forse miraggio della mia mente? Mi instilla un dubbio... sorprendente. Potresti prendermi per pazzo, e pure avresti ragione. Per fortuna il seguito mi lascia con il fiato sospeso: dapprima l'estro creativo del circense, il volo d'ardesia del fuoco e del Drago di luce; è come una giostra che mai s'arresta, un firmamento in esplosione costante. Vorrei dire che il fuoco mi sia nemico, che mi abbia inferto ferite più lunghe (e di certo ben più intime), ma... è forse l'elemento che più mi s'addice, e che più mi affascina. Riverbera in gocce luminescenti, impresse sulle miri iridi smeraldo. C'è un ché di universale, in questo momento. Qualcosa che lascia il segno e che neanche il tempo potrebbe mai dissolvere. Mi scappa un'espressione infantile, di pura estasi. Il rettangolo di carta che vi appare in discesa, poco dopo, risveglia i sensi di giocatore di Quidditch; è una presa d'assalto, quasi frenetica. Voglio divorare le sue parole, il suo messaggio. Mi hai regalato un'avventura, e non avrei mai potuto chiedere di meglio.
...specchiarti nelle mie scaglie / lucenti come vetri. Mi piace infinitamente. Mi accorgo, con dolcezza, di riconoscere la tua impronta in queste frasi; il modo in cui tu riesca a solleticare la curiosità, a tenderla all'inverosimile: è una tensione che scivola in cuore, in nuova vita. Ho quasi certezza d'aver indovinato la tappa seguente, un po' per i richiami astronomici e geografici, un po' per il gioco d'incastro e simbologia che hai ricamato magistralmente. Kostyantyn, però, mi manda in visibilio. Capisco che si origini dal tuo sussurro segreto — tu, Donna Camilla... hai la stoffa per grandi cose. C'è partecipazione, tra voi. E, gentilmente, coinvolgete anche me. Il bacio del mangiafuoco zampilla in luce, s'imprime infine sulla pergamena. Stringo la dedica a me come un tesoro infinitamente prezioso, e mi scopro a sorridere più di quanto non abbia fatto fino ad ora.
«Spettacolare Letteralmente. In ogni senso, in ogni forma d'arte. Mi appunto di dedicare una pagina interamente per The Ironbelly Circus, alla Gazzetta del Profeta. Meritano tanto, e chissà, potrei avere modo di rivederli entro fine serata. Ringrazio il giocoliere, ringrazio soprattutto te.
«Hai appena conquistato un biglietto di sola andata per la Spagna, zia Calliope vorrà averti accanto per abbracciarti e ringraziarti. Ma—» Cerco di farmi strada verso la folla, invitando a seguirmi. Cammino all'indietro, pochi passi, con gli occhi volti a te. E ti sorrido, con un ghigno.
«Non ci andrai in sella ad un Opaleye degli Antipodi, vero?»
Indirettamente, rivelo la mia risposta all'indovinello. Un po' spero di aver beccato il luogo giusto, soprattutto perché — e mi perdonerai — ti provo a stringere il braccio e tirarti via, di nuovo. Il passo è più rapido, si fa ardito. Poco ci manca che muti in corsa, per me. I tendoni, lontani dal circo, si estendono a vista d'occhio. Sono tantissimi, gremiti di lunghe, lunghissime file di maghi, streghe e bambini. Risaltano come in una tavolozza di colori — oro, arancio, verde bottiglia. C'è da perdersi, senza ritorno, ma è un gioco cui mi presto più che volentieri e mi auguro tu possa farlo a tua volta. In effetti, il tendone dell'Opalaye degli Antipodi — una delle specie più incantevoli al mondo — brilla maestoso, in una tinta d'avorio, madreperla e conchiglia che lascia di stucco. Spicca rispetto agli altri in modo vivace, così tanto che attira moltissimi visitatori. Mi infilo in tendone ancor prima di pensare di poter fare la fila — mi seguirai? A tuo rischio e pericolo, occhiatacce già pronte da chi vicino. Dentro... è come un colpo al cuore, un idillio senza capo né coda. Molto, molto più grande del previsto, è un luogo che potrebbe accogliere tanti di noi senza alcun tipo di problema. Le pareti trattengono una venatura iridescente, con riverberi arcobaleno in lungo e in largo; è come se la stoffa del tendone potesse muoversi a sua volta, animata dalla magia di un mare in gorgoglio. Al centro sorge una pozza d'acqua naturale, circondata da rocce calcaree, conchiglie e...
«Non — ho — parole.» Potrei aver parlato al vento. Mi sento... infinitamente piccolo, ora. Oltre le fonti variopinte d'intorno, l'emozione di tutti è per la creatura che si destreggia al centro. Circondata da maghi e dragologhi, e tuttavia liberissima: un velo di magia potenziata, quasi invisibile, le si tesse intorno affinché abbia modo di muoversi senza pericolo per tutti. Non è grande, appena un cucciolo, ma è incredibile.
«Camille. Devi adottarlo ora
Di fronte, il Drago di Vetro ricorda un dipinto vivente.
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view post Posted on 23/1/2024, 10:19
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Megan

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Il malto del whisky mi annebbia, fa capolino come falsa illusione; s'insinua lungo il pensiero più profondo, il contrasto della mente che mi spinge all'interno di una trappola mortale. I sentimenti, nel mio caso, hanno l'innata capacità di annullare ogni parvenza di sana lucidità; è complesso, per me, tracciarne un confine lineare: il battito di un cuore in tumulto, il tremito atipico dello sguardo, le memorie più nostalgiche che a stento mi lasciano in pace. Non sono in me, non del tutto. Mi sono gettato a capofitto nell'alcool, quasi come a pretendere che mi fosse cancellato l'incontro precedente con Thalia: è una serata subdola questa, merito un po' di spensieratezza, dopotutto. Oppure, al contrario, sono stato un emerito idiota ad esternare le mie debolezze, e quindi merito come punizione il supplizio della sofferenza? Con un guizzo di vergogna, mi accorgo di come sono caduto per l'ennesima volta in errore, di come abbia cercato il sentiero, laddove esistono solamente burroni. Alla fine, è questo quello che sono, uno scherzo della natura che pensa erroneamente di poter cambiare il proprio destino. Appello la visione intorno: nulla di più che un rumore di sgabello, di una voce familiare che mi ronza vicino. Mi volto e ne traggo l'origine; un po' distratto, un po' rallentato nei movimenti, e la beffa conclusiva del momento muta in un’immagine che a stento riesco a trattenere.
«Bè, chi si assomiglia si piglia, vedo.»
il mio stupore, ora, palesa il velo di sarcasmo verso una Megan apparentemente preoccupata.
Cerco di catturare la sua attenzione presente, privo d'incertezza e di titubanza: necessito, desiderio questa minuscola soddisfazione personale. Le mie intenzioni, infine, si concentrano verso lo specchio che l’altra trattiene tra le mani.
«Non disperare Millford.. sono certo, che il tuo ego smisurato, possa sopperire all'assenza di un cavaliere stronzo.»
ho parlato in modo beffardo, è ovvio: le parole si affrettano, nonostante la tensione si sia affievolita. Respiro e volgo il calice sulle mie labbra, mi concedo un lungo sorso; la gola è in fiamme, gli occhi si mescolano all'infinita notte.
I miei ultimi pensieri si trasfigurano in vertigini consapevoli. Mi sembra di perdere ogni riferimento, di non ricordare neanche più il filo logico del mio discorso. Perfino la figura della Caposcuola scompare all'orizzonte, un lampo di fuoco che mi riporta al solito cruccio di partenza.
«Anche Thalia è una stronza.»
sussurro così, quasi parlando con me stesso. Lo sguardo è basso, fissa nel vuoto, una stilla di rassegnazione e di contrasto s’inerpica senza che possa celarla del tutto; ho gli occhi stanchi, occhi che cercano riposo. Istintivamente, mi volgo di scatto e faccio per alzarmi. Non ho intenzione di condividere le mie noie con Megan Millford.
 
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view post Posted on 23/1/2024, 18:17
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entropia.

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Mi blocco e, con me, i miei pensieri. Nella frazione di un istante, qualsiasi intenzione abbia avuto nei confronti dello sconosciuto dalla zazzera bionda — presunto carnefice della mia (ex?) amica — perde consistenza. Anche se lo desiderassi con tutta me stessa, realizzo dopo circa un minuto di sgomento, non potrei scagliarmi contro di lui. Breedenbergh mi ha pietrificata. Due colpi di bacchetta e la mia mobilità è bellamente finita nel gabinetto. Riesco quasi a sentire lo scroscio dell’acqua e il risucchio finale. È più facile così che soffermarmi sulla frase che hai pronunciato prima, Thal.
Allora, inerme, attaccata al fianco di Breedenbergh e pericolosamente vicina alla sua ascella, mi lascio trascinare per l’isola come un corpo nel pieno del rigor (Rigos?) mortis. Ad ogni sobbalzo dovuto alla camminata di lui, le cervella sbattono contro le pareti del cranio e le budella mi si attorcigliano. Non pende a favore della mia stabilità neppure il fatto di vedere il mondo con un’inclinazione di 90 gradi in eccesso. Quello mi ha afferrata, rivoltata e procede a portarmi a passeggio come uno dei suoi cani. Aspetta… che ci fa con tre cani al ballo?
Rido dentro di me, la faccia ancora immobile in un concentrato di severità pronto a esplodere. Mi sto davvero chiedendo cosa ci facciano dei cani qui, quando Breedenbergh ha una scimmia sulla spalla e il luogo pullula di creature sterminatrici? Il mio aguzzino deve aver preso alla lettera il tema del ballo, più di quanto abbiamo fatto noialtre creature mortali: l’evento è dei draghi non “con i draghi”; noi siamo solo stuzzichini messi in mostra per accentuarne la fame, cani e scimmie comprese.
In questo marasma privo di logica e razionalità, io cosa sono? Un rollò con i würstel? La versione verticale di un voulevant? In tutta onestà, non l’ho ancora capito. E potrei dire lo stesso della situazione in cui mi trovo e del suo perché.
Il mio ruolo, al momento, consiste nel rimanere ferma e assistere a ciò che accade intorno senza fare nulla. Forse è la giusta punizione per aver lasciato dietro di me una scia di caos, rabbia, lividi e nasi rotti quest’anno e quello prima. Non è passato poi così tanto tempo dal ballo anni ‘20, a ben pensarci, dove ho dato sfogo alla mia protervia scatenando l’inferno.
Breedenbergh mi sistema come si fa con un pezzo di libreria non proprio stabile sulle gambe. Non saprei dire se ha l’aria contrita e se gli credo. Non ho nemmeno pensato a come mi sento nei suoi confronti, quasi che il Petrificus Tothalus avesse lasciato tutto in sospeso. So però che non mi piace essere qui a fare la candela, mentre loro due si scambiano smancerie da amichetti dell’asilo. Lo penso con una punta di invidia, è chiaro, perché so che una cosa del genere non accadrà mai più tra me e te, Thal.
La mobilità torna come se n’è andata. Un’ondata di acqua fresca scorre sulle mie membra a mano a mano che il controincantesimo fa effetto. La sensazione di libertà mi provoca un tale sollievo che mi limito a godere del momento, all’inizio. A occhi chiusi, sospiro e comincio a sgranchire il collo, le spalle, il bacino, le gambe e i piedi. È stupendo non sentirsi più uno stoccafisso.
«Tu!» Il momento del confronto doveva pur arrivare, Breedenbergh. «Tu!» Ho così tante emozioni dentro e così tante parole pronte a lanciarsi oltre l’orlo delle labbra che non so da dove iniziare. «Cosa cazzo…»
Qual è la prima cosa da recriminargli? Il fatto di avermi colpita con un incantesimo senza apparente motivo? Avermi presa e trascinata sottobraccio come una baguette? Avermi costretta ad assistere a un siparietto svenevole?
Punto l’indice verso Breedenbergh. «Che diavolo hai in testa? Per chi mi hai presa? Per… per…» Mi blocco. Non mi sono mai trovata in una situazione altrettanto assurda. Avanzo di un passo, accigliata, il pugno in canna. «Perché mi hai presa?» E, qui, intendo “caricata”. «Io… tu… lei… Lei! È tutta colpa sua e te la prendi con me?!»
Ci risiamo. Ancora una volta, il mio brillante cervello si è attivato per arrivare alla soluzione sbagliata. Non soltanto sto provando a scaricare la colpa (di cosa poi?) sull’unica persona che non avrebbe voluto nulla di tutto ciò, ma sto proprio omettendo ogni mia responsabilità nell'accaduto. In fondo, nessuno ha chiesto il mio intervento: non tu, Thal, men che meno il tizio al quale eri stretta e Breedenbergh… Già, Breedenbergh.
Lo spintono a mani piene. La rabbia corre sotto pelle adesso che la confusione ha iniziato a diradarsi. Lo spintono di nuovo e ringhio. A essere onesta, è la prima volta che mi brucia non poter ricorrere alla magia.
«Perdonarti?!» Il mio tono di voce guadagna un’ottava. «Perdonarti?!» ripeto, mentre osservo la faccia di lui trattenere a stento le risate. Lo odio perché, in qualche modo, quella sua espressione fa ridere anche me. «Tu mi hai presa, messa sotto sale e fatta passare per un pezzo di baccalà!»
Okay, ora comincia a diventare difficile non ridere. Il suono stesso delle mie parole è ridicolo. Ma Nieve Rigos non può lasciar passare un simile affronto. A scuola lo sanno tutti che non perdono. Eppure, Breedenbergh ha degli occhi così limpidi e un viso naturalmente birbante che, non so, qualcosa mi impedisce di considerarlo davvero colpevole di chissà quale crimine ai miei danni. Inspirò l’aria, la trattengo e infine la rilascio.
«È questo il prezzo di un Minichino?»
Il bastardo ce l’ha fatta: sto ridendo anch’io.

©Mistake (layout e codice) ©petrichor. (codice)


Menzioni: Thalia, Lucas
Interazioni: Camillo
Luogo: dove ci ha portate Breedenberg
 
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view post Posted on 24/1/2024, 19:05
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I circensi rendono tutto perfetto, la loro arte cattura e ipnotizza, nonostante all’inizio mi abbia intimorita. Mi concentro sulle loro acrobazie, godere di uno spettacolo intimo come questo mi fa sentire fortunata, privilegiata persino. Mi hanno talmente coinvolta da salvarti da un mio giocoso “vuoi vendicarti con i miei stessi trucchetti?”, appena tenti di farmi notare qualcuno con un musetto di drago. Quando mi volto non c’è, ma vedo un gruppetto di primini scorrazzare qui e là e allora comprendo, non fatico a darti ragione. Sono pronta a scommettere che si sono divertiti a sperimentare qualche altra attrazione, o ad assaggiare chissà cosa a loro rischio e pericolo. Spero però gli effetti siano temporanei, non ci tengo a dover dare spiegazioni all’infermiere di turno per le mie disattenzioni nei loro confronti.
Ma come tali effetti, anche l’incanto lanciato dal fuoco svanisce in fretta in una nuvola di calde scintille. Ringrazio anch’io Kostyantyn per essersi prestato, lo faccio di cuore. Non potevo sognare esito migliore lo ammetto, le sono infinitamente grata. Il biglietto per la Spagna poi è la ciliegina sulla torta, non mi dispiace l’idea di abbracciare Calliope. Me l’hai descritta con poche parole, ma mi sono bastate per immaginarla ed apprezzarla a pelle «Oh!» metto su un’espressione triste, come un cucciolo a cui è stato sottratto il giochino preferito «Mi stai dicendo che tua zia non ha abbastanza spazio in giardino per il mio futuro amichetto?» mi fingo dispiaciuta, una maschera con cui celo la fierezza per la risposta – ancora una volta – corretta. Ti do così conferma della meta successiva, seguendoti verso di essa con gioia, incurante del resto. Tutto attorno scorre veloce come attraverso i finestrini dell’Espresso, ci addentriamo nel vivo dell’evento e lì inizia la vera magia. Non m’importa delle persone in fila che superiamo senza rimorso per entrare nel tendone, delle loro occhiatacce che si conficcano come pugnali nella schiena. Non m’importa delle regole, stasera sono disposta ad infrangerle tutte – una per una – con il sorriso in volto. Ne vale davvero la pena, ogni secondo che passa: per te, per la meraviglia che si para davanti a noi. È una tavolozza di colori, ma non solo per la vivacità della stoffa che funge da riparo, ma anche per il quadro che custodisce con tanto amore. Il piccolo drago nel suo habitat – appositamente ricreato – è unico, mi lascia estasiata.
«È bellissimo!» esordisco in un sospiro, è colmo di tenerezza mentre lo osservo «È incredibile poterli ammirare così da vicino!» ho gli occhi spalancati, grandi quanto quelli di un bambino impressionato dal mondo «Vieni!» la folla comincia a liberare alcuni anfratti, in modo da far passare nuovi e vogliosi esploratori. Io sono talmente entusiasmata da trascinarti con me in direzione all’esemplare, intrufolandomi tra i corpi in movimento fin dove le barriere di sicurezza ci consentono.
«Dici che, se lo adotto, si lascerà cavalcare?» il naso si arriccia con far malandrino, tono scherzoso. Pochi istanti soltanto però, i tratti poi si addolciscono al pari della proposta che spontaneamente ti rivolgo «Ma soprattutto, mi aiuteresti a scegliere il nome?» a molti può sembrare una sciocchezza, ma non a me. Coinvolgerti con tanta naturalezza in queste piccole cose, dal mio punto di vista, è come dirti “sei parte integrante della mia vita” nella maniera più esplicita che conosco. Sto per dar voce ai miei pensieri, inserire le prime opzioni alla lista che ho in mente, ma vengo interrotta «Ragazzi, scusate l’intromissione, se volete adottare il mio collega Sebastian è a disposizione!» a parlare è una giovane donna, indossa la divisa dello staff e ci indica un tavolo posto nell’angolo est del tendone «Vi darà con piacere informazioni in più sui nostri esemplari, inoltre è autorizzato a mostrarvi qualche scaglia o dente che abbiamo raccolto e che a fine serata consegneremo ai biomaghi per la loro ricerca!» non aggiunge altro e si congeda cordiale, ci augura buon proseguimento scomparendo poi oltre l’ingresso per accogliere gli ospiti in attesa. Si allontana e io assimilo le dritte che ci ha fornito, pronta ormai a compiere il passo definitivo e creare un legame con una creatura così maestosa «Andiamo da Sebastian, allora?» è un momento che tengo a condividere con te e basta, nessun altro sarebbe in grado di renderlo altrettanto speciale. M’incammino e spero sarai al mio fianco, ne vorrei approfittare anche per togliermi un paio di curiosità che finora mi sono tenuta dentro «E, tornando ai nomi.» il mio braccio cerca nuovamente il tuo, la tua figura un’ancora a cui stringermi con gentilezza «Come si chiama l’esemplare che hai adottato?» un dubbio mi coglie però, che traspare anche dalla mia espressione «Ha un nome, vero?» le palpebre, indagatrici, si assottigliano lasciando aperta solo una minuscola fessura da cui intravedere le iridi «Perché, ecco, forse più tardi ti servirà.» ti sto rivelando troppo? Non lo so, ma è certo che servirà a mantenere i tuoi sensi da “cacciatore provetto” ben allertati.

code by Camille


Interazioni: Oliver :<31:

Per l'adozione (io bimba felice :sbrill: ):

NOME COGNOME: Camille Donovan
DRAGO ADOTTATO: Occhiodopale degli Antipodi
INDIRIZZO DI POSTA: Sala Comune Tassorosso, dormitorio femminile n° 2

 
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view post Posted on 25/1/2024, 00:55
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Triste, come chi ha perso il nome delle cose.

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Se Camillo avesse desiderato dare voce ai suoi pensieri, non avrebbe adornato con espressioni dignitose la figura di Lucas Scott, né avrebbe dipinto con entusiasmo la relazione che lui e Thalia sembravano aver intessuto. I suoi occhi non avevano potuto evitare di osservare, di testimoniare quella scena. E più la riviveva, in un ricordo che si ripeteva ciclicamente, più sentiva montare in sé un'ira che raramente aveva sperimentato nella sua esistenza. Tuttavia, si trattenne dal mostrarsi troppo apprensivo, poiché, in fondo, la sua fiducia in lei era salda. Thalia aveva dimostrato, in diverse occasioni, di possedere un giudizio equilibrato e maturo.
Nonostante queste considerazioni, esisteva un'incognita a cui nessuno poteva sfuggire, nemmeno la Moran: lei non era un automa, ma un essere umano, con tutte le implicazioni che ciò comporta. Emozioni intricate – come lei stessa aveva implicitamente ammesso – scavavano abissi profondi nell'animo. Questi sentimenti erano la più intensa fonte di vulnerabilità, soprattutto quando entravano a contatto con le brame di qualcuno che in quegli abissi trovava un confortevole rifugio.
Camillo si distese, assumendo un'espressione mite e un volto addolcito da pensieri meno funesti, in cui spiccava uno sguardo indulgente. Il suo atteggiamento sembrava suggerirle che anche lui aveva vissuto in prima persona qualcosa di simile, sebbene i percorsi individuali fossero unici e inconfondibili. Dopotutto, ogni essere umano è il custode di un bagaglio di esperienze unico, personale. Niente doppioni, quindi. E poi erano affari suoi e suoi soltanto.
Ad essere del tutto onesti, l'ultimo evento che Camillo avrebbe potuto immaginare, che coinvolgesse lui e Thalia, era un abbraccio. Nel corso di quasi un decennio di conoscenza, neanche ci erano andati vicini; di fronte a questa sorpresa, inizialmente si ritrovò smarrito, un po’ autistico ed incapace di decidere come comportarsi. Gli ci volle un istante per comprendere che, in fondo, un abbraccio rimaneva un abbraccio, anche se permeato di sentimenti genuini e profondi, e si lasciò andare a quel contatto, rispondendo con la stessa intensità misurata. Certo, sarebbe stato meglio se entrambi avessero fatto attenzione, perché l’ultima cosa che desiderava in quel momento era ferirla con le scaglie che ornavano il suo braccio. Una sorta di arma impropria, avrebbe dovuto pensarci prima di fabbricarle.
Sun Wukong, nel frattempo, aveva lasciato la spalla di Camillo per rifugiarsi nel drappo orientale, per poi risalire sulla schiena del suo padrone a contatto terminato. Sembrava così confuso, ma non era stato creato per pensare. Ancora reggeva la sua cola.
«Scherzi? Ho fatto solo il minimo indispensabile». Camillo glielo spiegò, con il viso illuminato da un sorriso giocoso ed un po’ incredulo, con gli strascichi della scenetta appena vissuta ad accartocciarlo. Era evidente che il gesto affettuoso di Thalia era riuscito a detergere i suoi pensieri piú triviali, come se avesse gettato candeggina sulle macchie che Lucas Scott aveva lasciato.
«A proposito, non mi è sfuggito quel graffio, dopo gli diamo un'occhiata». Aggiunse voltandosi, nel tentativo di mascherare la sua apprensione nel confrontarsi con una Nieve Rigos finalmente libera da ogni vincolo.
L'incantesimo che la teneva pietrificata era stato spezzato. Camillo la osservava con curiosità mentre si stiracchiava, riacquistando la propria mobilità. Nonostante la fama che la dipingeva come una guerriera implacabile, a lui appariva piuttosto buffa, tanto che fece fatica a trattenere una risata. Quello, si disse, sarebbe stato il colpo di grazia.
La sfuriata non tardò ad arrivare. Gli diceva “Tu” “Tu”, come quando provava a richiamare i numeri di spam e dall’altra parte della cornetta non c’era nessuno. In quel momento il suo cervello era un po’ così. Si chiedeva se avesse senso porre domande così ovvie.
Quando la biondina incolpò Thagliatella per quanto accaduto, un cipiglio un po’ incerto campeggiò per qualche istante sulla sua faccia da ebete. No, lei non c’entrava. Se c’era qualcuno da incolpare era l’entità che aveva fatto dono a Breendbergh del libero arbitrio. Ma a conti fatti, si disse che preferiva avere anche Nieve lì, con loro, e che si sarebbe divertito molto di meno se l’avesse piantata a bisticciare con il Campione.
Quando lei lo spintonò a mani aperte decise di assecondarla ed indietreggiare piano. C’erano almeno quaranta chili di differenza tra le loro figure, sebbene non si potesse dire lo stesso dei pochi centimetri che li separavano in altezza. La scena, dalla prospettiva dell’olandese, ormai era diventata comica. Dalla prospettiva dei tre Sant’Umberti che si portava appresso un po’ meno. Li stava spaventando e – metti per la sua aggressività, metti per il tono minaccioso – l’agitazione generale divenne presto evidente.
Quando una risata sincera affiorò dalle sue labbra, un clima più disteso si fece spazio nell’animo di Camillo e di tutto lo zoo che si portava al seguito. Decise di punzecchiare un po’ la Grifondoro, perché la vibe generale glielo permetteva, perché era troppo fatto per accampare scuse che, in tutta onestà, non poteva concedersi.
«Scusa, preferivi passare la serata con un noiosissimo giornalista, invece che con i tuoi amici? Fammi capire bene». Si finse offeso, affacciandosi minaccioso in direzione della gracile figura di Nieve. Fu lui a puntare il dito contro di lei, questa volta, quasi sfiorandola. Quello draconico. Quello che graffiava.
«E di cosa avresti parlato tutto il tempo, del magonò Robin Rock o del contrabbando illegale di lampade magiche a Peckham Street?» La incalzò, falsamente severo. Gli articoli sul campionato non se li era mai cagati e questo era quanto gli era rimasto della produzione del gazzettiere. Era ovvio, non ci credeva nemmeno lui. Sicuramente, si disse, gli avrebbe frantumato le palle per tutto il tempo sull’argomento Thalia Moran. A quello non gliene fregava assolutamente un cazzo di ciò che pensava una ragazzetta furibonda, lo aveva capito da come aveva morso la piadina. E poi era dell’idea che piantarlo lì come un fico moscio lo avrebbe infastidito di piú di un esame prostatico, in inverno e senza riscaldamento. Dar noia alla gente era un’arte e se c’era una cosa che Camillo non sopportava, erano le cose fatte alla cazzo di gramo.
Si ricompose, questa volta fu lui a farsi una mezza risata. Prese la bibita, gentilmente offerta dal Wukong, fece un lungo sorso e gliela diede, perché potesse tornare a sorreggerla.
«Hai grinta. C’è qualcuno che vorrei farti conoscere». Aggiunse. Un ragionamento completamente scollegato da quanto appena discusso. Sì, c’era qualcuno, non lo avrebbe definito esattamente una “persona”, ma era certo che la chimica tra di loro non sarebbe mancata.
«Fatti le vacanze in santa pace, poi i sabati successivi ritieniti prenotata, ti passo a prendere io». Le disse, con la naturalezza nella voce di chi parlava del meteo, come se tutto fosse stato già deciso. Il “non te ne pentirai” era implicito.
Si portò l’indice al mento per darsi una grattatina, quasi sfregiandosi, mentre guardava all’insù con fare pensieroso. Vide un drago e si disse che la pastiglia che aveva preso era buona. Poi si ricordò che in effetti c’erano davvero dei draghi che svolazzavano qua e là, solcando i cieli dell’isoletta di Epstein. Pace all’anima sua. Posò nuovamente lo sguardo sulla Rigos.
«Non sarò sempre presente, immagino che nei weekend sarò impegnato a bombarmi mia moglie un po’ dove capita in giro per la Scozia, ma potresti trovare anche Lex, il biondino che ti ha venduto lo Skyteboard». Gli tornò in mente il motivo per cui era lì. Gettò l’ennesimo sorriso a Nieve e non mancò di farle un occhiolino d’intesa.
«A proposito, la sto cercando, l’avete vista in giro?». Indicò i cani, suggerendo che etano lì per la caccia, e si voltò, tutto storto, tornando da Thalia.
Le porse nuovamente la mano, invitandola implicitamente a distendere il braccio graffiato.
«Ah comunque, il prezzo di un minichino in realtà è un momento musical». Aggiunse, buttando la testa all’indietro per guardare Nieve. Poi si ricompose, bacchetta nella mano libera.


🎼«¿Conocéis ya a Adeline?
Sus ojos son bicolores
Sus dientes chuecos y tiene tres
Con sus uñas el suelo rayó
Sus trenzas son de alambre
Arqueadas sus piernas están
E se non fossi in ritardo
Anche lei sarebbe qua»
.


Canticchiò, tra un Mundo Vulnus e un Medeor Vulneratio, se la signorina Moran gli avesse concesso l’onore di lasciarsi guarire.
«In piú vi insegna pozioni». Info extra, buttata lì a caso. Si domandava se Thalia avesse deciso di continuare con la materia o se avesse deciso di piantarla dopo il quinto anno.
«Ho dei cerottini con gli unicorni, vuoi?» Le avrebbe detto, se non si fosse opposta alle cure. Poi avrebbe provveduto. Tra lui e la signora Breend— la signorina Walker, c’era da portarsi sempre appresso una farmacia.
«E non è amore se non ti fa sentire immensa. Al contrario, alla meglio, è un passatempo». Le avrebbe detto, serio, un po’ per ripicca.
Bello l’abbraccio, bello il volersi bene, ma aveva ignorato la domanda piú importante.


INTERAZIONI: Thalia, Nieve. Prendetemi al condizionale
MENZIONI: Un po’ tutti e un po’ nessuno, niente di troppo speziato

 
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view post Posted on 25/1/2024, 19:08
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You can take the darkness out of the man, but you can't force him to step into the light.

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5UqsuVP
Non so come gestire la versione di Camillo che mi si pone di fronte: sono abituata ai suoi modi da ciarlatano, non certo a quell’aura un po’ protettiva e matura che sembra aver acquisito da quando ha abbandonato i banchi di scuola. So che adesso ha un negozio a Diagon, le voci girano dopotutto, ma non immaginavo di certo che ci fosse tanta novità nel suo percorso fuori da Hogwarts.
«Credo dovresti pensare a lei…» dico, guardando Nieve risvegliarsi dal suo torpore. Camillo non lo sa, ma pietrificandola ha appena firmato la sua condanna a morte, perché oltre ad essere immobile Nieve non aveva potuto esprimere il suo pensiero e questo - molto più della passività del corpo - la faceva imbestialire. Tremo all’idea di che cosa possa dire nei confronti di Lucas, della scena in sé e del contatto tra noi che le ha fatto scaturire l’obbligo di intervenire. Non che ne abbia diritto, intendiamoci, ma perlomeno ho ravvisato una vaga somiglianza tra questa versione della Rigos e quella che mi era stata amica, se non addirittura sorella.

Assisto in disparte alla scenata di lei, con frasi smozzicate e gesti inconsulti, l’espressione corrucciata prima e ilare poi. Io stessa mi sono ritrovata a provare emozioni contrastanti: fastidio per i decibel raggiunti da Nieve, il divertimento per l’espressione di Camillo - che figurarsi, se la gode proprio - e per finire il sollievo nel vedere Nieve, finalmente, ridere.
Quella risata, benché diversa dal “prima”, è comunque uno sfoggio di divertimento che ho creduto non avrebbe più fatto breccia nel suo cuore di ghiaccio, fino a risalire al volto e agli occhi. Mi manca questa Nieve, quella capace di ridere e godere della compagnia altrui senza pensare che sotto vi sia altro, qualsiasi altro secondo fine. Mi manca a prescindere da questo, ma ormai abbiamo stabilito ampiamente di non essere più quelle di un tempo.

«Qualche sabato tienilo libero…» le dico ammiccando, sperando colga il riferimento alle nostre ricerche. Non ho dimenticato certo che passeremo insieme i prossimi cinque mesi sperando di ridarle la magia di cui ha bisogno per proseguire gli studi e la vita. Come se non bastasse, devo anche pensare alla mia casa - come mi fa strano pensare di avere un posto tutto mio! - da sistemare. Questi però sono pensieri labili e laterali, che mi fanno perdere per un secondo il filo della conversazione e mi allontanano dai pensieri funesti che mi hanno condotta qui, con questi due matti da legare.
«Santo cielo, chi ha avuto il coraggio di sposarti?» ironizzo, mordendomi le labbra per trattenere una risata del tutto spontanea. Immagino che Camillo non passi le sue serate sul divano da solo, ma che ci sia addirittura una moglie? No, questa storia non mi convince e so che sta per arrivare una rettifica totale sull’argomento. Prima di questo, però, lo ascolto deliziarci con un pezzo del tutto inventato e stringendomi nel mio abito - un po’ per il freddo e un po’ per l’imbarazzo - mi chiedo che cos’abbia ingerito, senza distinzioni tra liquidi e solidi, per essere ridotto in questa maniera.

Quando mi prende il braccio lo esamina giusto per un secondo - anche se non sono ancora convinta di volermi far guarire da lui - e, improvvisamente, i graffi svaniscono, mentre la pelle si risalda insieme: peccato per l’abito, la macchioline di sangue le laverò via in un secondo momento. Non ci farei caso se non sapessi di dover ritirare un certo premio.
«Santi numi. La Walker? Frequenti lei?» ritraggo la mano con la mia espressione scioccata migliore «Non voglio sapere niente!» aggiungo ridendo, pronta come sono a sentir sciorinare dettagli privati alla bell’e meglio. Del resto, Camillo non è lucido di norma, figurarsi in una serata del genere. Confesso, però, che mi manca averlo intorno, lo ammetto e lascio che quel sentimento traspaia pienamente. Senza di lui, ad Hogwarts, ora mi resta solo Pix e la questione lascia aperti molti spunti di riflessione che non vorrei approfondire. Non ora, comunque.

«Dammene uno, va’» agito la mano col palmo aperto come ad invitarlo a dar seguito all’offerta. Quando lo fa, ne approfitto per avvicinarmi un po’. Quello che ho da dirgli è meglio resti tra noi, al momento.
«Passerò al negozio un giorno di questi e allora parleremo anche dell’immensità di questa storia… ok?»
Ce ne sono di cose da dire su me e Scott, ma non posso cominciare adesso. Nieve sta ancora ridendo come una matta ed io, d’altro canto, non voglio rovinare questo momento.
«Sono passata davanti agli stand prima, voglio andare a sbirciare…» afferro la gonna e la sollevo un po’ per non calpestarla, dopodiché mi rivolgo ai miei compari e agli animali da compagnia «Se venite, magari, troviamo anche la tua dolce metà, signor Breendbergh.»



THALIA J. MORAN | 20 Y.O. | HUFFLEPUFF HEADGIRL |
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Menzioni: Lucas, Adeline
Interazioni: Camillo, Nieve
 
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No rain, No flowers

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HELENA S. WHISPERWIND • 13 Y.o. • 1st year • Outfit
S
e per Helena quel commento audace può rappresentare un’occasione per entrare un po’ più in confidenza con la serpina, la risposta asciutta e il bombastic criminal offensive side eye di quest’ultima rendono chiaro fin da subito che quell’argomento deve restare off limits. Almeno per il momento.
Annotazione mentale: cercare di smetterla di dire tutto quello che mi passa per la testa ed evitare discorsi personali su Lyvie, con Lyvie.

L’arrivo di Megan e la breve interazione con lei ha il superpotere di stemperare un po’ la situazione. O meglio, focalizzare l’attenzione su un’altra questione che cattura maggiormente Lyvie: la preoccupazione per un Draven disperso.
Helena non ha idea di quale sia il rapporto che intercorre tra Megan e Thalia, o Thalia e Draven, Draven e Lyvie, Lyvie e Megan, non è mai stata particolarmente incline ad immischiarsi negli affari altrui. Ma per quanto la caposcuola corvonero può apparire abbastanza serena, non è da escludere che in cuor suo possa provare una certa apprensione.
«Oh, ma senti chi parla! Buona serata a te, Megan» la risposta al complimento della ragazza arriva spontanea, con un tono dolce quanto sincero. La guarda andar via, realizzando d’improvviso quanto alcune loro caratteristiche siano simili: capelli scuri, occhi del colore del mare, lentiggini. Non conosce Megan, ma già solo per l’impressione che si è fatta di lei e per la carica che ricopre, è sicura che si tratti di una strega brillante, forte e determinata.
Di colpo un dubbio la fa sussultare e ghiacciare il sangue al tempo stesso. Pochi attimi, la gelidità si fa calore e dallo stomaco irradia il resto del corpo di energia, stupore, aspettative.
Ma se io e lei fossimo sor-… ?
Tutto si ferma.
No, impossibile. Non è che solo perché abbiamo gli stessi colori allora significa che abbiamo pure lo stesso sangue. «E… buona fortuna!» aggiunge, quando forse è un po’ troppo lontana per poterla sentire.

Di nuovo sola con Lyvie, uno sguardo discreto e un istante di silenzio le permettono di testare il suo stato d’animo. A proposito di sangue, poi: «Mamma è babbana, di padre inglese e madre giapponese. Papà invece è scozzese, antica famiglia di purosangue. Sono tanti, i Whisperwind. Tranne mio padre e zia Juls, praticamente tutti con una certa fissazione per la purezza e tutte quelle robe lì…» un sospiro profondo e una smorfia increspano il viso di Helena. Il suo sguardo si posa in un punto non ben definito del terreno.
«La maggior parte dei miei cugini sono stati o sono attualmente tuoi concasati. Probabilmente ne conosci qualcuno, almeno di vista: Hannah, David, Alexandra? Ah e ovviamente Zacharias, che è un cretino più o meno quanto quel Jake Roberts. Non mi stupirei se fosse il suo migliore amico, ora che ci penso» ridacchia. Almeno una cosa buona, questo Jake Roberts, l'aveva fatta: con ogni probabilità, se non fosse stato per la sua insolenza, Lyvie ed Helena sarebbero state ancora due totali sconosciute.
«Insomma, avrai capito che non abbiamo un buon rapporto, purtroppo. O per fortuna, a seconda dei punti di vista! Sai, io e papà siamo gli unici tassorosso della famiglia» si interrompe un attimo e aggiunge, quasi bofonchiando tra sé e sé «Che io sappia». Il dubbio di prima le informicola le idee.
Scuote la testa, Helena, come a voler mandar via ogni pensiero invadente. Lyvie ancora non sa nulla, di suo padre, della sua sorellastra ignota, del fatto che vorrebbe trovarla. Non sa ora, ma non è detto che non saprà mai. Ora basta però. Siamo al ballo, per Merlino! Pensa a divertirti!
«Non so nemmeno perché ti sto raccontando tutto questo...» sussurra, mentre il sorriso lievemente imbarazzato che emerge sul viso lentigginoso fa da ponte verso un altro argomento imbarazzante: Draven.
«Draven non lo conosco. Cioè, sì, un po’» si schiarisce la voce, in difficoltà. Può dire di conoscerlo? «No, in realtà so solo che è il prefetto Serpeverde, che sta con Megan, che lavora da Magie Sinister e poco altro» L'uccelletto variopinto sulla sua spalla cinguetta severo.
outfit-Helenina
Interazioni: Lyvie-Megan • Menzioni: Thalia-Draven
 
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view post Posted on 28/1/2024, 16:57
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CodiceMentre si spostavano a metà tra il tranquillissimo e noncurante ed il ninja sotto copertura tra la folla sempre più numerosa – Adeline Walker aveva elencato sottovoce i trucchetti preparati – ricordando ad entrambe le armi a loro disposizione.
Innanzitutto – girovagando qua e là tra gli stand prima dell’arrivo della maggior parte degli invitati, tecnicamente il loro accidenti di odore/profumo doveva essere altrettanto sparso qua e là, per quegli accidenti di cani da tartufo del suo ragazzo.
Poi il mantello della Disillusione, la cappa dell’oscura mimetizzazione a portata di pochette magicamente incantata ops - la smaterializzazione congiunta doppio ops - l’Animagia triplo ops signori perché qua il divertimento lo prendiamo seriamente mh - più qualche piccolo bonus come fialette di pozioni utili, gli stessi Maleficium appena acquistati, qualche altro piccolo strumentopolo *coff coff*..
Insomma.
Si sarebbero divertite.

-Haru- aveva sussurrato Londra con fare complice, spostandosi insieme alla Tassina dietro ad uno dei tanti stand -Tu inizia a prendere queste – puoi usarle come credi - l’obbiettivo intanto, è solo uno..- fargli più dispetti possibili -Divertirsi un po'.-
Come se quel muto non detto non fosse stato ben trasmesso e recepito.
Dalla piccola pochette così, la docente aveva tirato fuori diverse pozioni dissimulanti – ogni fialetta ben etichettata – dilatanti e restringenti, pronta per essere spruzzata quella confondente, pozioni della bruma e del fumo e…
Aveva buttato giù una delle fialette dell’intruglio dissimulante – suggerendo silenziosamente alla sua adorata figlioletta fresca di adozione Giallo Nero di seguire il suo esempio.
Poi, zompettando tra gli stand e scivolando tra gli invitati – intravedendo in lontananza ma chissà da quale direzione il bar.. -Vuoi avere l’onore?-
E dalla borsetta dorata era uscito l’ennesimo trucchetto a loro disposizione: il Corno dei Lupi celesti – uno degli acquisti, in effetti, dell’ultimo ballo scolastico al quale aveva preso parte – e che una volta soffiato avrebbe oscurato in eclissi assoluta sino a cinquecento metri di area a loro circostante.
-Uh! E dalla nostra abbiamo anche.. Abith!-
La piccola elfa era probabilmente la più malignamente entusiasta delle tre – e senza neanche comparire (per il momento) si limitò a quanto concordato precedentemente:
ovunque si fosse trovato Breendbergh infatti, sarebbe stato raggiunto a breve da.. beh, qualcuno di particolarmente familiare.
Il Menichino di Adeline – in versione “Buona Fortuna!” (ovviamente) e adornato di tutto punto (ovviamente - era o non era un Ballo, quello?) - pronto a infastidire il suo olandese, si sarebbe materializzato in quegli istanti ovunque lui fosse: okok non attaccava né feriva – né era comunque l’intento della Walker – ma come molesto ostacolo e potenziale perdita di tempo.. anche il minimo vantaggio temporale sarebbe tornato utile - e sarebbe stato divertente in ogni caso.
Abbiamo capito sì, che piuttosto che niente sarebbero volati dei Frenonectio per il solo gusto della semplice risata?
La magia elfica era servita principalmente solo per aizzare un po' lo strumento, gran orgoglioso e offesone per definizione, e per re indirizzarlo verso Camillo stesso – facendo leva sull’acquisto che, di fatto per pura pignoleria e precisione mh, era stato effettuato da.. lui.
E per quelle poche ore di puro divertimento, era stato più che sufficiente.
Quando se ne fosse liberato – sarebbe apparso all’altezza del naso dell'olandese un piccolo biglietto:
"Love u.
Coccola Pane, Burro e Marmellata da parte nostra!"


-Quando vuoi, soffia. La prima fase è ufficialmente... iniziata.-
E l’occhiolino a seguire rivolto alla sua piccola Haru, era stato solo che la ciliegina sulla torta.



***

Location: Ad un certo punto intravedono ad una imprecisata distanza e da un'altrettanto indefinita prospettiva e posizione - il bar.
Interazioni: Haru :<31:
Menzioni: Camillo :<31: (nb: il Menichino indossa un elegantissimo vestito da sera. Da donna. Ci teneva a presentarsi come si conviene.


[A brevissimo una buona fetta di area circostante - tra il bar e gli stand , sino a 500 m circa - cadrà nel buio di un'eclissi diurna evocata con il Corno dei Lupi Celesti.]



Edited by Adeline Walker - 28/1/2024, 18:53
 
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KEVIN P. CONFA


Dove? Frasche
Menzioni: Megan
Interazioni:Lex / Draven

Il mio ingresso in scena non poteva andare peggio di così. Qualcosa di viscerale sembra scattare in Shaw non appena scorge il mio volto. Qualcosa che, tuttavia, non comprendo fino in fondo. La sua reazione è immediata, il lamento quasi teatrale, ma non ha nulla a che vedere con la finzione. Ne è l’esatto opposto. É il più onesto disappunto che esista, perché nell’alcol si cela spesso la verità.
Avverto una chiara sensazione di rammarico risalire dal ventre e stamparsi sui lineamenti del mio viso: le mie iridi si assottigliano, dubbiose, mentre sento le labbra irrigidirsi appena. Per quanto mi sforzi, tuttavia, non riesco a capire le ragioni del comportamento del Serpeverde. So solo che, in tempi recenti, è la prima volta che mi sento indesiderato a tal punto.
Rimango sospeso in un limbo, nel quale vacillo tra l’ipotesi di essermi immaginato tutto in maniera esagerata e quella – ben più preoccupante – di essermi invece perso qualcosa di importante. Forse la risposta più ovvia è che Shaw, molto semplicemente, sia uno stronzo di prima categoria. Non la reputo un’ipotesi da scartare a priori, ma la coscienza mi suggerisce che c’è dell’altro. Ho bisogno che ci sia una ragione più complessa, perché non riesco a tollerare una simile incertezza.
Il mio umore muta rapidamente e sono già a maledire il momento in cui ho varcato la soglia della Sala Comune per giungere a quella dannata festa. Guardo Draven perplesso, mentre questi si lascia andare all’indietro distendendosi sull’erba, proprio come gli era stato suggerito in modo malsano dallo sconosciuto. Sei un idiota.
Faccio per voltarmi ma, prima ancora che la mia attenzione riesca a posarsi nuovamente sul biondo di cui ignoro il nome, le parole di Shaw grandinano su di me. Impattano inaspettatamente, destabilizzandomi ancora. «Megan non è con me, non hai interesse a rompermi i coglioni. Andate via.» Dice anche altro, ma sento le parole successive sfumare nel nulla e lasciarmi ancorato al nome con cui il Serpeverde ha aperto il suo discorso. Megan. Rifletto. Cosa cazzo c’entra Megan?
Respiro poi, non senza fatica. Avverto l’irregolarità del battito del cuore nel mio petto. Proprio quando credevo di aver superato quanto accaduto al Campo di Quidditch, la realtà dei fatti è giunta con tutta la sua prepotenza. Comprendo che non sarò mai totalmente indifferente a quel nome, a Megan.
La sensazione di incertezza si è fatta improvvisamente più intensa e non la sopporto. Muovo un passo verso il ragazzo disteso a terra, la mia attenzione è ormai tutta su di lui.
Il suo discorso non ha alcun senso per me. O probabilmente sono io a non riuscire a coglierlo. Perché menzionare Megan in mia presenza? Forse, Draven sa di me ben più di quello che io so di lui.
«Avrebbe dovuto essere con te?»
Gli chiedo semplicemente, con una calma che suona strana persino alle mie orecchie. Il dubbio mi sta assalendo, ma non intendo lasciarlo a vedere. Non ho la minima idea di che tipo di rapporto leghi Shaw a Megan, e detesto il fatto che mi interessi così tanto saperlo.
La lucidità mi impone, comunque, di prendere con le pinze le parole del Serpeverde, viste anche le condizioni in cui versa. La stessa lucidità che, tuttavia, sento scivolare via dalla mia testa man mano che resto in attesa.
Vorrei maledire Shaw e seguire il suo consiglio. Sento che andarmene sarebbe la soluzione migliore, ma so al contempo di non poterlo fare. Se anche ci provassi con tutte le mie forze, miei piedi non si muoverebbero. Devo restare, e sapere.
Torno per un attimo a prestare attenzione allo sconosciuto. Sostengo il suo sguardo cristallino, che trovo inaspettatamente fisso sul mio. È come se mi stesse analizzando con quegli occhi penetranti; la cosa non mi turba, almeno fino a quando non noto la sfumatura nascosta nel suo sorriso. È il brivido inquieto di un attimo fugace, effimero come il respiro del vento, ma altrettanto pervadente. Cosa vuoi? Vorrei chiederglielo, ma le parole non trovano modo di uscire dalle mie labbra.
Lui si è alzato in piedi, nel frattempo. Sta allungando una mano verso di me. «Se t'avanza, io ho ancora sete» Mi sorride, ma qualcosa mi fa credere che quel riso non si estenda ai suoi occhi.
Non sorrido di rimando, bensì lo scruto a mia volta. Noto solo ora le sfumature negli occhi cristallo: lacrime di grigio che ne incupiscono appena la lucentezza, tuttavia esaltandone la finezza. Sono sicuro di non averlo mai visto prima, perché mi sarei ricordato di quel volto.
«É tuo.» Sentenzio, ma la frase resta sospesa nell’aria che ci separa. Le mie iridi eterocromatiche saettano verso il punto in cui lui ha riposto lo svapino. Faccio in modo che lui lo noti, prima di continuare. «In cambio di… qualsiasi cosa sia.» Un accenno di sorriso increspa le mie labbra, infine, sulla scia di quell’offerta al rialzo. Solo a quel punto la mia mano si alza, ben decisa a lasciare andare il bicchiere esclusivamente in cambio di quanto richiesto.
Non so perché io lo stia facendo, ma sento di non potermene stare lì ad aspettare i capricci di Shaw. Anzi, una parte di me vorrebbe addirittura dimenticare di averlo incontrato. Forse, è proprio quella la risposta.
Non posso certo prevedere che sarà tutto inutile, per via di quello che sta succedendo nella tasca di Draven.


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Edited by Kevin ¬ - 28/1/2024, 22:34
 
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Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts

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Il moto di rotazione terrestre non è mai stato così destabilizzante come in questo momento. Mi gira tutto. Gira e gira e gira. Anche tenendo gli occhi chiusi. Percepisco il vorticare del terreno attraverso la schiena. La sensazione di umido non aiuta; se penso alla quantità di batteri su questo terriccio mi risale la bile. Ma a qualcosa di drammatico dovrò pur pensare nei miei ultimi istanti di vita. Sì, perché penso proprio di stare per morire. Credo di aver perso ogni capacità motoria. Mi fa una fatica immane anche solo pensare di muovere un dito, men che meno provare a rialzarmi, non sento di avere ancora i nervi agganciati al cervello. Col senno di poi, penso proprio che non sia stata una buona idea distendermi. Vorrei solo dormire, ma qualcosa nei meandri della mia mente mi suggerisce di non farlo; forse è quel po’ di istinto di sopravvivenza che mi rimane. Comunque, da disteso sto peggio di prima. Mi arriva più aria, questo sì, ed è buona e piacevole, ma… Cazzo, non riesco a muovermi. Non ci riesco nemmeno quando vorrei togliermi le braccia da davanti al viso e imbruttire Confa con un’occhiattaccia in risposta alla sua domanda. Cioè, mi prende in giro?! Ok che vive in culo ai sotterranei e i fumi delle cucine sicuramente gli avranno dato alla testa, ma ormai tutti a scuola sanno di me e Megan e non di certo perché lo voglia. Che razza di vita da relegato fa?! Non parla con nessuno? Non credevo potesse esistere qualcuno più recluso di me. Cazzo, è triste. Proverei pena per lui se non fosse che mi sta sui coglioni da quando ho saputo dell’incontro al campo da Quidditch con Meg e della loro resa dei conti. Non credevo di essere il tipo da serbare rancore, ma a quanto pare lo sono eccome. Più ci rimugino e cerco di mandare giù il semplice fatto che esista, più considero veritiera la possibilità che non sappia di me e Megan e, soprattutto, che quest’ultima non abbia sentito l’esigenza di fargli sapere che fosse impegnata quando si sono incontrati di nascosto. Non dovrei essere in grado di fare questi ragionamenti da ubriaco, cazzo. Odio la mia mente brillante.
A metterci il carico, perché tanto sto da Dio insieme al suo ex e disteso in mezzo a presumibile merda di drago, ecco la voce della diretta interessata palesarsi nel mio udito. Le avrò fatto fischiare le orecchie a furia di pensare a lei, perché di certo non possono essere passati dieci minuti; anche se, nelle condizioni in cui riverso, potrebbe essere passata anche un’ora senza che me ne rendessi conto.
Non berrò mai più.
Non voglio dirle dove mi trovo, verrebbe qui e non ho alcuna intenzione di renderle la vita facile facendola ricongiungere al suo amichetto. Al contempo, se le dicessi di non venire, so che farebbe di tutto per trovarmi e finirebbe per incazzarsi ancora di più capendo che volevo impedirle di venire per via di Confa, a cui a un certo punto dovrei spiegare che Megan è la mia ragazza. Ma, se sfruttassi a mio favore l’attuale, pessima condizione in cui riverso potrei semplicemente attirarla qui, facendole credere che sia una sua decisione, così da costringerla a chiarire con Confa la nostra situazione e riassestare gli equilibri. È un piano perfetto, cazzo. Adoro la mia mente brillante.
In qualche modo, riesco a convincere il corpo a rotolare leggermente su di un fianco per fare leva sugli avambracci e rimettermi seduto, incrociando le gambe sul terreno; tanto sono lurido, ormai non ho più remore.
Con la coda degli occhi mi accorgo che lo spilungone è ancora qui con noi. Invece di svapare, avrebbe dovuto munirsi di popcorn.
Non posso dire quanto tempo sia passato dal richiamo all’attenzione, ma finalmente riesco a estrarre lo specchio e a posizionarmelo più o meno davanti la faccia. Con la schiena ricurva in avanti, inquadro più il drappeggio di colori del tendone alle mie spalle che il mio viso, ma va bene così. Anzi, mi torna perfettamente comodo.

Scusa, Stella. Ho perso la cognizione del tempo. Ti raggiungo io, dimmi dove sei… Mi dispiace tanto. Temo di aver esagerato un po’ col whisky. - bofonchio, strascicando le parole, e non so se lo stia volutamente facendo per convincerla che non sono affatto in grado di andare in giro a cercarla o se per davvero questo sia il meglio che riesco a fare per via delle condizioni in cui riverso.

Menzioni: Lex, Kevin
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Posizione: Sempre dietro alla stessa frasca, ormai è come una seconda casa.


Edited by Draven. - 28/1/2024, 22:27
 
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«Andrà meglio, resta giù» soffia piano, quasi come un vento delicato, verso il moro che ha deciso di mettersi nella posizione giusta.
Quanti notti salvate dall'erba umida sotto la schiena. Dio, a ricordarle vorrebbe tornarci, come anche evitarle brutalmente. Ma certo lui non è mai rimasto da solo, c'era sempre qualcuno a ridere con Lex, a rotolarsi nell'erba e a sospira sulla scia di sogni e costellazioni.
Qui è chiaro come le cose siano tristemente diverse.
Parte della sua esistenza si riassume nell'essere nel posto sbagliato ma al momento giusto. E lo percepisce anche adesso, quando il dialogo stretto trai due riassume un nome che si fa avanti piano piano.
Qualunque sia il punto che li lega, non dev'essere piacevole. E, tuttavia, al buondo sfugge quasi per intero tutta la dinamica. Le rimostranze del ragazzo a terra non lo toccano più di tanto, il suo è quasi un miagolare lento, un tirare su le labbra per mostrare le zanne. Ne ha visti talmente tanti reagire così al troppo bere.
Certo, non che Lex si senta responsabile per gli altri, in fondo non gli ha riempito il bicchiere, sta solo evitando che qualcun altro lo faccia.
Gli fa piacere notare come nessuno dei due voglia davvero lasciar annaspare da solo il povero malcapitato. Almeno si è disteso, un passo avanti per tenersi la bile, e la cena, in corpo.
La sua attenzione però si fossilizza sul nuovo ragazzo. Aspetta il suo responso con quella mano docilmente in avanti, lungi da sé nascondersi dietro un siepe o dentro un armadio.
Quel che si può dire di Alexander, è che quando vuole qualcosa, questa gli diventa lampante in muso. E, ora come ora, vorrebbe giocare.
Vorrebbe scendere in campo su un terreno comune, quello della malizia e delle insinuazioni stupide, e trovare qualcuno a cui piaccia fare altrettanto. Dovrebbe solo ricordare che qui quasi nessuno è uscito da scuola.
AH sì, al gioco delle età è pessimo. Non riesce a sentire dentro quel chiaro confine tra minorenni e maggiorenni, ed ogni tanto può essere un problema. Magari lo è ora, quando gli si chiede in cambio lo svapo d'erba che si è rimesso in tasca (non che sia l'unico che ha).
Il sorriso non si placa, non il suo, sia chiaro. Anzi, se potesse scodinzolerebbe all'idea di avere un dilemma davanti. Prendere il bicchiere e dargli indietro l'erba, o evitare di istigare al fumo dei ragazzini?

La mano sfila piano lungo il fianco, si tratta comunque di una dose personale, può andar bene no? Ovviamente non tira fuori il suo svapino, ma quello "nuovo" che tiene a riserva.
Non si fa problemi - o meglio, smette di farsene - e glielo porge. In fondo lui è cresciuto in un ambiente molto meno rigido e non sa sentirsi in errore in questo momento.
Divertirsi non dovrebbe essere illegale, e poi l'erba che c'è lì dentro è solo un rilassante, magari al limite di qualche picco di fervida immaginazione notturna, niente che intossichi veramente qualcuno.
«Giocatela a scatola chiusa, scopri tu cosa c'è qui» lo affermo solo perché sa bene che non c'è niente di che, ma che sicuramente vorrebbe vedergliela fumare adesso, qui su due piedi davanti a lui. E non perché Lex sia "l'adulto responsabile", in quello è più bravo il fratello sedicenne.
Il bicchiere che prende in cambio, lo butta giù come uno shot che brucia anche i piedi. E' come bere benzina, un drink per vecchi - a suo dire - ma ehi, meglio in lui che in chi a momenti vomita anche l'anima.
Gli occhi, dal biondo, non si staccano. «Che fai ora?» mezzo passo avanti, il bicchiere vuoto appoggiato su un mezzo tronco.
Tentare non nuce, finché può restare nei limiti del legale.
«Hai già qualcuno con cui ballare? O sei il tipo che non balla e beve solo benzina agli angoli della pista?» allude divertito ma non ironico. Solo dolce, quasi, fintamente disinteressato, ecco. Mentre ignora completamente le lamentele del moro a terra.
Non si accorge del secondo richiamo a "stella", ma d'altronde, sta facendo tutt'altro.

Interazione: Kevin & Draven

Menzioni: //

Posizione attuale: Nelle frasche

 
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view post Posted on 29/1/2024, 23:19
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Una cosa va detta: Breedenbergh non è uno come tanti. È unico nel suo genere — alcuni direbbero “per fortuna!” — e sa creare scompiglio in un modo che differisce del tutto dal mio, ma in grado di generare una confusione della stessa portata. Mi trovo ad assistere alla sua contro arringa senza trovarvi alcuna falla, ma facciamo un po’ di chiarezza su quel che intendo; altrimenti, detta così, sembrerebbe quasi che io abbia capito tutto ciò che ha tirato fuori negli ultimi trenta secondi. Effettivamente, sì, se fossi restata in compagnia dello spilungone, non mi sarebbe rimasto altro che torchiarlo per cavargli di bocca cosa diavolo volesse da Thalia; oltre che minacciarlo, s’intende. Allo stesso tempo, eccezion fatta per il punto appena menzionato, non ho idea di quale sia il filo della conversazione da lui seguito. Da quando in qua siamo amici? E chi è Robin Rock e perché contrabbanda lampade? Ma poi da cosa: da salotto, da camera, da esterni.
Non sono babbana, ma è impossibile vivere a Londra e rimanere del tutto immuni alla cultura no-mag. Anche volendo, tra cartelloni pubblicitari e vetrine con giganti quadri moventi un po’ diversi dai nostri, un’idea cominci a fartela su qualcuna delle loro stramberie… più o meno. Inoltre, conoscere Isabella Cunningham e non assorbire la travolgente ondata di babbanità che la rende, tra le altre cose, unica è praticamente come mettere in discussione Olivander e parlare di bacchette.
Per tutta questa serie di informazioni di dubbia provenienza, la mia espressione oscilla tra il “okay, non hai tutti i torti” e il “perché dovrei parlare di contrabbandieri con quel tipo?”. Forse, mi dico, Breedenbergh sa qualcosa che io non so. Di certo, è più vicino lui a Thalia di me. Questa piccola notizia decontestualizzata mi porta alla conclusione che ci avevo visto giusto sul biondino e che intervenire fosse la sola via da percorrere.
«Non dirmi che vuoi farmi conoscere il contrabbandiere?!»
La domanda nasconde un velo di curiosità, che raggiunge i miei occhi e si fa scintilla. Potrei stupirti, Breedenbergh, e conoscere il losco individuo che mi è parso rientrare nel tuo giro, anche se invero sto solo congetturando. Ti stupiresti anche tu, probabilmente, nel sapere che storpio il tuo cognome da quando l’ho sentito una volta di sfuggita e ho pensato che la mia versione suonasse identica all’originale. Ma immagino che questa sia una storia per un altro giorno, possibilmente seduti su una spiaggia attorno a un falò con qualche sigaretta simpatica a farci l’occhiolino.
Rido, di nuovo, ché con lui sembra impossibile fare il contrario. Porto una mano alla tempia, imitando un saluto che ho visto fare ad alcuni protagonisti di un quadro babbano vestiti di verde. «Braccio, gamba, sono tua.»
Non parrebbe molto saggio affidarsi così stoicamente a un ragazzo del quale si conoscono a stento le generalità, ma io non ho mai brillato in avvedutezza e si potrebbe dire che più è torbida una situazione e con più entusiasmo mi ci ficco.
Il mio sguardo fa presto a posarsi su di te, Thal, quando mi rivolgi la parola e ammicchi con una complicità che credevo sepolta sotto anni di silenzio assordante. Sorrido e ricambio l’occhiolino; la fossetta sulla guancia spicca sul mio visino pallido. Sono patetica ad entusiasmarmi per così poco, non è vero?
«Te la fai con la Walker?!?!» faccio seguito alle intuizioni di Thalia, del tutto dimentica del momento musicale cui ho appena assistito e per un attimo anche dell’autocritica sbucata sulla soglia con la puntualità del ciclo in un giorno di mare. Per qualche ragione, il fatto che siano sposati (?) non mi turba. Ma che vadano a letto sì. Ci ho pensato anch’io una volta o due, quando l’ho vista a lezione bella come un raggio di sole e mi ha sorriso in un modo che ha suonato ogni vertebra della mia spina dorsale. «Cazzo, che storia! Ma complimenti, Breedenbergh — eccolo, il momento della verità, servito su una frase d’argento — tu sì che hai trovato un modo per cui valga la pena non lasciarsi del tutto la scuola alle spalle.»
E, cazzo, se lo penso!
Vorrei chiedergli se è brava a letto come ho immaginato sia, se le sue labbra sappiano di vino elfico di eccellente annata e la sua pelle bisbigli alle peggiori intenzioni, imponendoti di continuare anche quando il tuo corpo è esausto. Mi trattengo perché, una volta tanto, do una chance alla saggezza. La gelosia può essere una brutta belva…
«Sì, sì, andiamo» dico, incamminandomi insieme al duo, con la mente ancora incastrata nei pensieri sulla Walker.
Sono una donna. Non sono una Santa.

©Mistake (layout e codice) ©petrichor. (codice)


Menzioni: Adeline, Isabella (png)
Interazioni: Camillo, Thalia
Luogo: da qualche parte fuori dai tendoni


Edited by ~ Nieve Rigos - 29/1/2024, 23:37
 
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