C
on la punta delle dita si picchietta il mento, scavando alla ricerca di qualche ricordo.
«Kyros…» La sagoma nebulosa di un ragazzino dai capelli scuri, smilzo e dall’accento irlandese, pian piano si fa largo tra le tante altre.
«Kyros, sì, penso di aver capito chi è. Dai, davvero è tuo fratello?! Non fatico a credere che non andiate d’accordo, ce ne vuole per essere amico di Zacharias! Sai, la storia del muffin avvelenato che ho rifilato a Jake Roberts in Sala Grande aveva un che di autobiografico, a ruoli invertiti. Ma lasciamo perdere, va» un riso un po’ amaro, un po’ autoironico, e occhi al cielo per tagliare corto la faccenda.
«Mi spiace che le cose non vadano bene tra voi. Spero che possiate riconciliarvi presto» aggiunge, con uno sguardo e un tono che stavolta sono carichi di sincera empatia. Dichiarare addirittura di
odiare il proprio fratello è un qualcosa molto, molto forte. Schiude le labbra per dire qualcosa, perché vorrebbe sapere di più, chiederle come mai, se tra loro è successo qualcosa di serio o semplicemente il rapporto è andato a deteriorarsi per qualche futile motivo. Ma lo sguardo truce che poco prima Lyvie le ha rivolto è ancora vivido nelle iridi di Helena e il desiderio di rievocarlo è pari allo zero. Non emette quindi alcun suono e la conversazione passa oltre.
«No, non ho fratelli» risponde, asciutta. Abbassa le palpebre e si osserva i palmi delle mani, mentre le dita della destra e della sinistra si vanno ad intrecciare tra loro creando una trama simmetrica:
chissà se anche lei ha le vene dello stesso colore delle mie.«Ho una sorellastra che studia ad Hogwarts. Lo so che può sembrare assurdo, ma non ho idea di chi sia. L’unica cosa che so è che prima o poi riuscirò a trovarla» si confida a Lyvie rivolgendole uno sguardo serio, da cui traspare una scintilla di determinazione. Nonostante il tono neutro, è sicura che non sarà difficile per l’altra comprendere quanto l’argomento sia per lei impattante.
«È una storia lunga. Sono sicura che più avanti avremo occasione di parlarne con calma» chiude l’argomento con garbo, con la promessa di un nuovo incontro: non è il caso di affrontare la questione ora, troppo delicata per una circostanza così leggera e troppo privata per una socializzazione così fresca.
La piacevole passeggiata continua, finché l’argomento Draven non rispunta fuori ribaltando il mood della situazione. Ridacchia in risposta allo spintone della serpina, schiacciandosi una mano sulla fronte
«Draven, che tipo strano! C'è poco da dire, solo che...» si blocca. Poco oltre, il preside Peverell guadagna terreno fino a salire sul palco. Pochi convenevoli, finché
«[...] Invito quindi M.me Whisperwind e Min a raggiungermi, preparandosi al... peggio?» Regina del Ballo? una sensazione di calore la pervade, lo stupore di una notizia che non si aspettava di ricevere le arrossa il viso fino a renderlo
en pendant con l'abito di seta scarlatta
«Lyvie, io... mi sa che devo andare» si volta e osserva lei, poi Peverell, di nuovo lei e di nuovo l'uomo. Le premesse non sono ideali (
prepararsi al peggio, COSA?), ma ignorare una chiamata pubblica del preside non sarebbe una mossa saggia, specialmente non prima di aver consegnato i temutissimi compiti di Storia della Magia.
Vorrebbe correre a cercare Haru ma svignarsela così su due piedi non sarebbe carino nei confronti della compagna verdeargento
«Sono contenta di aver trascorso questa serata con te, sono stata bene. Penso che dovrem-...» «[...]Tassorosso vince la Coppa delle Case!» un grido all'unisono fa impazzire i figli di Tosca, nel caos generale.
La sua amica Ingrid, la sua nuova fiamma (un vichingo di quasi due metri) e altri due del secondo anno sbucano fuori da chissà dove, e urlanti e saltellanti la placcano senza troppi convenevoli, con una presa degna del più forte tra i rugbisti
«Hel, che ci fai qui in mezzo al nulla? Andiamo a cercare Haru, poi fila sul palco, FORZA! Dovete farci S-O-G-N-A-R-E!» Troppi input per la giovane tassina. Un po' sconvolta, un po' eccitata, un po' desolata, saluta Lyvie con la mano, le lancia un'occhiata impotente e poi si lascia trascinare via senza opporre resistenza.